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Autore: The Theory    04/10/2011    6 recensioni
Questa è la mia primissima FanFiction sul pairing Ben/Gwen! Spero sia di vostro gradimento in quanto la mia esperienza relativa a questo cartone è poca...
La vita di Ben subì un poderoso cambiamento quattro anni prima, quando l'Omnitrix si spense. I sentimenti di Ben sono da allora un altalena confusa tra la voglia di recuperare la sua passata natura aliena e l' abbandonare l'impresa. Una corsa contro il tempo, una pericolosa storia d'amore ed un racconto dal sapore dolce di ciliegia, rivisto in chiave allo stesso modo comica e triste, che spero faccia sorridere sul primo grande amore e le follie che per esso si fanno.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Ben si portò alla bocca il dito imbrattato di sangue di Gwen e, guardandola negli occhi, cercò di bloccare l’afflusso insistente del sangue succhiando. Era la più ovvia e popolare tecnica fai-da-te che aiutava in casi analoghi. Gwen abbassò lo sguardo, spaventata ed attratta allo stesso modo da quel gesto. Ma le parole di sua madre le continuavano a rimbombare in capo mettendole una certa ansia. Via, si disse, le stava solo disinfettando una ferita. “Sì ma…” pensò Gwen “perché mi sento così maledettamente ansiosa?”. La rielaborazione psicologica che andava via via contornando l’accenno dato dalla madre preoccupò Gwen.
Ben, dal canto suo, si sentì quasi mortificato nel vederla abbassare il capo.
Così mormorò: – toglilo…se ti fa schifo.
Gwen sentì il cuore rullare come impazzito. Era solo una stupida domanda, per la miseria. Eppure era così dannatamente difficile decidere. Si sentiva in colpa. Se avesse però persistito quella cura così disinibita avrebbe provato rimorso verso sua madre ed il proprio orgoglio che le imponevano la massima castità. E se avesse risposto male a Ben? In fondo la stava aiutando. E poi era suo cugino.
– No…non…
Ben la osservò cominciando a crucciarsi. Gli pareva di aver pronunciato una terribile bestemmia in Chiesa, di aver violato un territorio inaccessibile. Forse era stato un po’ sfacciato.Allora fece per sfilare il dito.
Gwen però, ancora per una volta distogliendo lo sguardo, con una mano lo bloccò. E disse: – non voglio. Lascialo…lì dove sta.
Ben allora non contestò.
 
Sienna osservò Kevin mentre la rimproverava. Sapeva di aver sbagliato e di meritarsi una buona lavata di capo, ma forse un pochino si scusava. Scusava se stessa per essere così permissiva nei propri confronti. Perché infondo, si disse, essere soli di fronte al proprio destino non era poi male.
 
– Forza…– mormorò Ben prendendo Gwen in braccio – ce ne siamo dette abbastanza, per oggi.
La ragazza tacque ma poggiò il capo al collo del cugino respirando piano e profondamente. Il torpore che le bolliva in corpo si mischiava danzando a quello del petto di Ben. Gwen si sentiva stanca, sfibrata dalla lite come pure dalla malattia, dal proprio egocentrismo e soprattutto da quella giornata così densa e ricca d’emozioni complesse. Ma anche appagata dalle attenzioni che il cugino si prodigava a farle avere.
Ben varcò la soglia della camera da notte di Gwen e l’adagiò sul letto adoperandosi a sistemarla come meglio poté sotto le coperte. Il sangue gli gorgogliava turbinoso e bollente nelle vene e martellava il suo cervello, ingarbugliato di pensieri. Non sapeva perché ma lasciò correre. Sospirò esasperato e sedette per un momento ai piedi del letto, dopo essersi accertato che alla ragazza non mancasse quantomeno lo stretto necessario. Cominciò a riflettere riavvolgendo ogni episodio di quella stupida giornata. Cominciava a vedere Gwen come fosse quasi un’amica, più che una cugina. Ripensava a con che sguardo lo aveva contemplato, come avesse subito, seppur per poco, le percosse pur di averla vinta intellettualmente. Era maledettamente forte, sostanzialmente a livello razionale. E iniziava ad avere grosso peso su di lui. Ben si accorse che, scorrendo i fotogrammi della loro lite aveva ripetutamente osservato le movenze del corpo di Gwen. Erano così diverse da quelle di un Tennyson da inculcare qualche dubbio. Ma i suoi capelli erano rossi, i suoi occhi verdi. E quella strana speranza che Ben non si rese nemmeno conto di stare coltivando, svanì sotto i suoi occhi.
– Che fai? – chiese Gwen con un sussurro.
– Vuoi che me ne vada? – mormorò Ben facendo per alzarsi in piedi. Forse Gwen desiderava riposare.
– No – lo fermò Gwen sfiorandogli il braccio sinistro con le dita.
Prendendo con delicatezza un risvolto della felpa di Ben aggiunse: – …ti ho solo chiesto cosa stai facendo…non posso?
Ben rimase zitto, assottigliando gli occhi in una smorfia stanca. Si lasciò scivolare a terra ancora una volta.
– Passeremo il Natale assieme… – asserì allora Gwen.
– Esatto…
– Mia madre mi ha telefonato prima…i miei partiranno per Madrid. E saremo da soli
Ben tacque solamente.
Calò il silenzio. Ancora.
– Era…vero quello che hai detto…di me? – domandò poi Gwen cercando di spezzare quella barriera chiamata “silenzio”.
– Cosa ho detto? – chiese Ben.
La ragazza titubò per un attimo poi specificò: –  che mi odi.
Ben sospirò: – non lo so. Mentirei se ti dicessi di no.
Gwen si sentì come se le fosse stata data una poderosa sberla.
– Ma infondo – aggiunse Ben – non importa né a me né a te, alla fine, quindi possiamo pur lasciar correre. Sai che parlo senza ragionare.
– La smetti di comportarti così?! – sbottò Gwen scostando le coperte con violenza.
– Io mi comporto come sempre…– obiettò Ben.
– Menti! – Gwen alzò la voce.
– No…
Gwen scese dal letto, accovacciandosi accanto al ragazzo: – Piantala! Ben…non raccontarmi storie…! Dovremo passare le Feste assieme, chiariamoci: ti scongiuro. Non potrei sopportare di vederti così. Prima mi odi, poi mi soccorri, poi urli, poi mi picchi!, poi, poi, poi! Che ti succede?!
Ben spostò lo sguardo altrove. Improvvisamente si scoprì a cercare una via di fuga da quella situazione di contatto. Vide solo le dita e le mani affusolate e morbide di Gwen posarsi sul suo braccio, il suo corpo farsi più vicino; sentì il suo profumo crearsi un varco sino alle viscere più nascoste della sua mente (e del suo corpo). La vicinanza faceva paura, o meglio, ne era intimidito personalmente. Ben avvertì un pericoloso torpore in sé e, sicuro che un contagio influenzale non potesse chiaramente essere sviò lo sguardo provando a pensare a quanto bello fosse il mondo ( od altre corbellerie).
Gwen però era seria e cercava a tutti costi un chiarimento; era una persona concreta, non solo molto intelligente, e proprio per questo voleva dipanare ogni dubbio. Ormai la pietra era stata gettata.
– Mi guardi?! – insistette dunque scuotendo le guance di Ben.
Ben entrò in ansia. Che gli succedeva? Stava man mano preoccupandosi. Doveva stroncare quella situazione così pericolosa prima che accadesse qualcosa. Cosa stesse per “qualcosa” preoccupò il ragazzo.
– Non…
– Non toccarmi!– disse poi allontanandola con uno strattone.
– Ben…! – ribatté scocciata la ragazza cadendo di schiena.
– Gwen, sant’Iddio! Smettila di provocarmi, di toccarmi, di parlarmi! Fai le cose con una naturalezza scandalosa! E magari nemmeno ci pensi!
– Che? – balbettò la cugina turbata da quell’ennesimo cambiamento.
– Maledizione, ti è così difficile capire che, visto il tempo che dovremo passare assieme, ho una grossa, enorme, assurda responsabilità?! Tu vuoi spiegazioni, chiarimenti…ma non pensi mai che tante volte sradicare da sé stessi ed ammettere qualcosa di intimo possa risultare complicato? Che diamine, sveglia! Io sono pur sempre un ragazzo, Gwen! Tuo cugino, benissimo, ma un ragazzo!
– Un ragazzo? – ripeté confusamente Gwen.
– Esatto! Non capisco perché i nostri genitori abbiano accettato una simile situazione! Non è perché siamo parenti che io diventi  improvvisamente un essere “neutro”! Capiscimi, Gwen! Se sei un adolescente di sedici anni, chiuso in casa con una ragazza che, ok, è tua cugina ma fondamentalmente è una femmina, certe volte non è poi così scontato riuscirti a controllare! E inoltre, te ne arrivi tu che mi ti si appiccichi addosso come una…!
La voce di Ben tremolò. Il suo viso era acceso da un profondo rosso carminio, evidente marchio dell’imbarazzo cosicché lo nascose tra le mani madide.
Gwen rabbrividì: –  cosa…?
– Hai capito…- mormorò Ben sempre più rosso e agitato. Si sentiva male ad ammettere quelle cose.
– Ma io mi fido di te, sei mio cugino…– sussurrò allora corrugando la fronte con una vena di preoccupazione nella voce.
Ben si strofinò la fronte con ansia e proruppe: – Te l’ho spiegato, ti ho parlato di questo…! E comunque sono io! Sono io che…mi presto a dirti queste cose, avrei potuto tacere, idiota, idiota che non sono altro! Se fai così potrei non rispondere più delle mie azioni…
– Tu mi metteresti le mani addosso?! – mormorò la ragazza spaventata. Le parole della madre le rimbombavano in capo, ossessionandola e imbottendole il cervello di pensieri ed illazioni.
– Non intendevo questo! – convenne Ben ripresosi – certo che no! È che…! Maledizione!
A dire il vero non era molto convinto del fatto di “non intendere proprio quello” . Una gran confusione gli soffocò il capo.
– E allora che altro? – domandò la ragazza sempre più tesa – che altro volevi dire?! A che alludevi?! Spiegami!
– Cerchiamo di fare i bravi cugini… ecco - asserì il ragazzo inquieto.
– Io non capisco, Ben… – si lamentò Gwen sgomenta.
– Mi stai mettendo in seria difficoltà, Gwen! Cosa c’è da capire?! Se non ve n’è motivo non vedo come io possa…toccarti. Ti ho solo detto di non appiccicarti a me, Cristo!
Gwen tacque, rannicchiatasi in un cantuccio. Quindi vi era la possibilità che la predizione della madre si avverasse? Tremò; non capiva più nulla, il senso di quelle parole, il loro suono: le pareva tutto così strano e privo di significato da impazzire, avvolgerle il capo in una stretta di incomprensione poderosa. Non sapeva più cosa fosse realtà e cosa fosse parto della propria mente. Dunque si sentì una domanda nascere in gola; una domanda la cui eventuale risposta le metteva una paura folle. Ma che doveva fare per salvaguardare la propria incolumità.
– Ben…io…ti faccio venire voglia…?  – mormorò allora abbassando gli occhi.
– Che stai dicendo?! – balbettò Ben arrossendo selvaggiamente.
– Nulla! –  mormorò Gwen imbarazzandosi.
Calò un certo e dispotico silenzio.
– Me ne vado…ho creato fin troppi disastri oggi… – disse allora il ragazzo facendo per alzarsi nuovamente.
Gwen prese tra le mani la gamba di Ben facendolo quasi inciampare: – smettila di dire sciocchezze!
– E tu smettila di toccarmi, lo capisci o no?! – ribadì il ragazzo quasi urlando.
– Voglio fare finta di non capire!– asserì Gwen.
Il cugino rimase ad occhi sgranati. 
Gwen iniziava a intendere. La paura parve attenuarsi lasciando spazio alla ragione. E all’intelligenza.
– Ho ammirato la tua sincerità Ben! Se tu non me lo avessi mai detto forse avrei continuato ad irritarti senza saperlo!– disse Gwen tutto d’un fiato, guardandolo da terra completamente spoglia del proprio orgoglio.
Ben rimase di stucco: Gwen adorava bistrattarlo! A cosa era dovuto quel cambiamento subitaneo?
Ed appunto espresse questo concetto:- ma che dici, Gwen? Sembra che tu goda quando mi maltratti, perché ora fai così?
La ragazza rabbrividì:- però…non dirla!
– Dire cosa? – chiese Ben.
– Quella parola maledetta…!– implorò Gwen coprendosi le orecchie.
Ben realizzò di aver ferito profondamente la ragazza mostrando alla luce del sole quei suoi così personali ed impulsivi sentimenti; l’orma di disappunto e paura che aveva impresso con quelle poche parole stava risucchiando Gwen e la sua tranquillità, l’aveva destabilizzata. E dunque Ben si pentì per quella che gli parve la centesima volta in quella maledetta, lunga, estenuante giornata.
Gwen invece incominciava a riflettere sulle parole del cugino e iniziava ad aver chiari i propri sentori. Così lo ammise: –  Mi dispiace per tutte le noie che ti ho dato, Ben. Se tu non…fossi stato così chiaro non mi sarei mai resa conto che l’unica sciocca ad aver sbagliato sono stata io…e per questo devi scusarmi – asserì la ragazza abbassando il capo e lasciando scivolare la mano lungo la caviglia del cugino.
Ben sedette nuovamente e le mise una mano tra i capelli: – adesso non esagerare…anche io ho combinato la mia buona parte di disastri…
Gwen lo osservò alzata la testa. Improvvisamente sapeva che quello che doveva fare. Poteva essere frainteso, certo. Ma sarebbe bastato puntualizzare di non farlo. Semplicemente voleva farlo, in segno di ringraziamento. Abbracciò Ben cingendogli il capo con la mano destra e mormorò: – Ben,io mi fido di te. Tutto il tuo aiuto di oggi, la tua disponibilità…grazie. Dico davvero.
Ben rimase colpito : sia dal gesto che da cotanta spontaneità. Quindi ricambiò l’abbraccio.
Gwen aggiunse: –  non fraintendere, sia chiaro. È che nessuno era mai stato così aperto con me…per un momento vedere le cose come stanno è stato insopportabile. Ma mi sono resa conto che, effettivamente il tuo ragionamento ha un senso. Scusa la mia disattenzione…
– Non fraintenderò perché questo è un tocco diverso. Immagino tu possa intendermi.
– Riposa, ora – fece poi alzandosi.
Porse il palmo a Gwen, per darle una mano ad alzarsi da terra.
La ragazza lo lasciò andare: – te ne vai?
– Ora devo proprio…scusami.
– Figurati.
– Dormi, hai una faccia orribile – rise Ben.
– Tante grazie…– borbottò Gwen.
Ben le sorrise e chiuse la porta.
– Ciao…– sussurrò la cugina scostando le coperte.
 
– Parliamo d’altro! – Sienna sviò il discorso magistralmente.
– Cosa ci fa in questa piccola cittadina il celeberrimo Kevin Levin? – chiese ridendo.
– Smettila! – la riprese il ragazzo arrossendo – diciamo che sono qui per caso.
– Caso…dopo che ti sei messo con quella…Julie? Oh, me l’hai nominata prima…comunque: non ti si vede poi molto, anzi proprio per nulla in Canada.
– Ovvio, ora vivo qui. – sorrise Kevin.
– Ah, bello – rispose Sienna bevendo.
– Che meraviglia, sembri proprio contenta – commentò sarcastico il ragazzo.
– Ho sempre odiato Julie, lo sai, è per quello che sembro così acida.
– Via, è una così brava ragazza! – si lamentò Kevin.
– L’unica che potesse risollevarti dall’abisso… – sussurrò Sienna.
– Sinceramente…io sto ancora risalendo… ora ho altre faccende per le mani. Devo portarle a termine e poi ci arriverò in cima e sopprimerò il mio problema. Per ora ho il canale di fornitura Hallward.
Sienna rimase col bicchiere a mezz’aria: – vuoi dire che la roba fa tuttora lo stesso giro? Amministra ancora quel Josh?
– Esatto, Hallward stava in Ontario fino a un anno fa, ricordi quando abitavamo nello stesso quartiere? Lo conoscevi anche tu, no? Io e lui ci siamo trasferiti qui per motivi diversi, i suoi più nobili dei miei, studio si dice. Ma continua a spacciare.
– Ma quanti anni ha? A me ha sempre detto di averne due più di me…vorrebbe dire diciotto.
– Macché. È stato bocciato un numero di volte innumerevole, deve aver perso sei anni. Fatti il calcolo…
Sienna sgranò gli occhi: – oh, Signore!
– E tu? Sei riuscita a venderla? Dico…la roba vecchia. – chiese Kevin.
– È sparito tutto.
– Brava.
– Cambiare vita…mi ha aiutato parecchio. Fallo anche tu… – suggerì Sienna adottando un tono di voce mellifluo.
– Sienna…lascia che ognuno viva la propria vita come meglio crede – obiettò Kevin ingerendo una sostanziosa sorsata di bibita.
– Certo…dovrei solo tacere.
 
Ben scese le scale e vedendo la porta d’entrata aprirsi disse: –  Ciao zia!
– Ben, tesoro cosa ci fai qui? – chiese Lily Tennyson appendendo il cappotto all’entrata.
– Gwen ha la febbre e dato il fatto che ero con lei quando ce ne siamo accorti, ho preferito assisterla fino tuo al ritorno o quello di zio Frank... – spiegò Ben infilando le scarpe che aveva lasciato all’entrata.
– O cielo caro, tutto questo disturbo ed ora te ne vai così difilato? Lasciami almeno offrirti la cena… - fece preoccupata la zia.
– Non preoccuparti zia, devo rincasare per forza perché stasera ci sarà solo papà a casa. E temo che per questo Natale…sarà l’ultima volta che lo vedrò.
– Certo, Ben, capisco. Sandra mi aveva telefonato. Sapessi come mi dispiace…– Lily assunse un’espressione contrita ma per rimediare al piccolo disagio creatosi provò a scherzare: – sarai costretto a passare il Natale con quella scorbutica di Gwen! Ed è pure malata, che brutte Feste, Ben…
– Non dire così, zia – provò a sorridere Ben – siete stati fin troppo disponibili.
– Sei troppo buono!– rimandò la donna – e poi…ecco…c’è una cosa che non sai. Io e zio Frank partiremo per Madrid la mattina a venire. Era parecchio che avevamo prenotato il volo e …avevamo piacere di andarci. Madrid cela ricordi molto importanti per noi. La casa sarà tutta per voi, sei contento?
Ben lo sapeva di già per cui, finto gran stupore, non si meravigliò più di tanto.
– Lo sapevo – ridacchiò la zia – povero caro costretto alla convivenza forzata!
Il ragazzo si indispettì un tantino poiché, si disse, non v’era proprio alcuna ragione di ridere.
– Ho una piccola ricompensa per la tua pazienza, in ogni caso – gli sorrise la donna arruffandogli i capelli.
– Una ricompensa,dici? Non osare disturbarti per me, non ce n’è alcun…
Fu interrotto prima che potesse terminare la frase: – Ho già avvisato Gwen che per la durata delle Feste potrete organizzare un party con gli amici, o se preferite potrete uscire. Quante volte voi vogliate. Vi autorizzo io.
– Cosa? Zia sei sicura? – chiese Ben non credendo alle proprie orecchie.
–  Certo! Basta che teniate la casa in ordine e la chiudiate ogni volta che uscite. È sufficiente questo. Per i pasti potrete ordinare qualcosa di pronto, o magari uscire a mangiare. Se preferite restare a casa allora c’e il supermercato a poco da qui…lascerò ora qualche soldo a Gwen. A proposito…dov’è mia figlia?
– Dorme in camera sua – rispose il nipote – febbre è salita, solitamente è normale, verso sera.
– Capisco, grazie caro.
– Figurati. Ora io devo proprio scappare si è fatto tardi – mormorò Ben.
– Vuoi che ti accompagni io? – propose la donna.
– Non disturbarti oltre, zia Lily. Sono cinque minuti a piedi, mi arrangio – sorrise Ben.
– Certo. Allora grazie di tutto! – cinguettò la zia dandogli un bacetto sulla guancia – saluta papà mi raccomando e stai attento per strada, non farmi stare in pensiero.
Il giovane annuì con il capo e salutò ma all’improvviso la zia lo bloccò ricordandosi di qualcosa a Ben ancora per poco sconosciuto: –  Ben, ora mi viene in mente!
– Cosa c’è?
– Io…devo chiederti un favore.
– Ben…io voglio pregarti…scongiurarti di…
Il ragazzo corrugò la fronte.

Continua!
 

   
 
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