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Autore: Montana    07/10/2011    4 recensioni
Una ragazza scampata alla strage della sua famiglia a soli 5 anni, non parla, si esprime solo con la musica.
Il suo serial killer è tornato a cercarla.
Ma questa volta con lei ci sarà un ragazzo dai capelli castani, e la sua squadra di esperti, pronti a proteggerla.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Veronika Gordon 2007-2012'
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Le sirene mi rimbombavano nelle orecchie, le luci della strada si fondevano in uniche grandi strisce luminose sui vetri dei finestrini.
Io guidavo come un matto, incurante dei semafori e delle poche altre macchine che c’erano per la strada, un unico pensiero nella testa. Non potevamo perderla.
Non anche lei.
Il telefono suonò “Dimmi JJ.”
“Spence, sono troppi, ci hanno bloccati.”
Maledizione.
“JJ cosa devo fare?”
“Lui è in un magazzino abbandonato vicino al porto. Ha lei con sé. Tu va lì fuori e aspetta, se tra dieci minuti non siamo lì entra, ma sta attento.
Chiusi la comunicazione e accelerai di nuovo, svoltando a destra verso il porto.
Il magazzino abbandonato era lì ad attendermi. L’unico con il cancello aperto, la serratura forzata malamente e in fretta. Parcheggiai lì fuori ed uscii.
Sapevo di aver detto a JJ che avrei aspettato, ma era statisticamente impossibile che riuscissero ad aggirare il blocco, trovare una strada alternativa e raggiungermi entro dieci minuti, considerando che io ne avevo impiegati 25 ed ero partito 10 minuti prima di loro.
Pistola alla mano, giubbotto antiproiettile, una quantità di adrenalina in circolo da far paura, mi avvicinai al cancello ed entrai nel parcheggio.
Era deserto, tranne per la sua macchina parcheggiata in un angolo.
Era davvero così stupido?
La porta era aperta, la lampadina rotta da un colpo di pistola.
Era davvero così stupido.
Percorsi il corridoio nel silenzio più totale, non sentivo nemmeno il rumore dei miei passi. D’un tratto sentii la sua voce “Credi davvero che i tuoi amici federali ti verranno a salvare? Sciocca, sciocca ragazzina. Morirai sola, come tutte le persone su questa terra!”
Trattenni il fiato, sentendola rispondere “I miei amici federali hanno fatto un giuramento, hanno giurato di portare a termine ogni loro missione, e puoi star certo che ti fermeranno! Puoi anche uccidermi se vuoi, ma loro ti fermeranno.”
L’S.I. rise istericamente e ricominciò a camminarle attorno.
Respirai piano, cercando di concentrarmi al massimo. Dovevo solo arrivargli alle spalle senza fare il minimo rumore, e sparargli prima che lui sparasse a lei.
Feci un passo, poi un altro, e finalmente fu nella mia linea di tiro.
Peccato soloche ci fosse una trave di legno appoggiata al pavimento.
E il mio piede la urtò molto rumorosamente.
L’S.I. non si voltò nemmeno subito. Prima le sparò un colpo in pieno petto, poi si girò. Lanciò per terra la pistola, tanto sapeva di non avere più speranze.
Gli sparai una raffica di colpi, anche se probabilmente l’avevo ucciso al primo, poi corsi da lei.
Era ancora viva, nonostante il suo sangue stesse formando una pozza sotto il suo corpo. Mi vide, mi puntò addosso i suoi occhi castani, io cominciai a vederci sfuocato per le lacrime. Le strinsi la mano.
“Ehi, resta con me. Stanno arrivando, ti salveranno. Sei sopravvissuta a peggio...” le mormorai, la voce rotta dal pianto.
Lei abbozzò un debole sorriso; sapeva che non sarebbe sopravvissuta.
“Si vede che non era destino che lo facessi, allora.” mi rispose, la voce ridotta ad un soffio.
“Veronika...”
Lei scosse piano la testa, strinse la mia mano per l’ultima volta e girò la testa dall’altra parte.
 
Mi svegliai di soprassalto, madido di sudore. Ci misi qualche secondo a capire dov’ero, ma quando sentii la lana della coperta e l’odore del legno trassi un profondo respiro di sollievo: era solo un sogno.
Sempre il solito sogno.
Mi tirai su a sedere e mi guardai attorno per controllare che fosse tutto a posto, e per poco non mi presi un accidente quando vidi la sagoma di Veronika seduta sul suo letto che mi fissava.
“Veronika! Cosa ci fai sveglia a quest’ora?” le chiesi sottovoce.
“Potrei chiederti la stessa cosa. Ma ti rispondo che ho paura di addormentarmi.”
“Perché?”
Veronika sospirò “Ho paura di avere gli incubi. Di solito non li ho, ma dopo quello che è successo oggi..”
“Vuoi venire qui? Così mi racconti i tuoi incubi, e io ti racconto i miei.”
“Anche tu hai gli incubi?”
“È per quello che mi sono svegliato.”
Persino nel buio distinsi il sorriso timido di Veronika, che si alzò e si venne a sedere vicino a me. Si mise la coperta sulle gambe.
“I miei incubi si possono immaginare, sogno i miei genitori. Tu, invece?”
Sospirai “Sogno una cosa che mi è successa poco prima di venire qui. Un caso, andato male. È morta una nostra collega.”
Veronika si fece più vicina “Racconta.”
Non era un invito, era un ordine.
“Si chiamava Ashley, Ashley Seaver. Era giovane, bionda, assomigliava un po’ a JJ e aveva preso il suo posto quando se n’era andata. Suo padre era un serial killer, fu catturato proprio da Hotch e Rossi quando lei era ancora una ragazzina. Comunque, lavoravamo ad un caso, una banda comandata da un S.I. che rapiva donne bionde, le torturava per quattro o cinque giorni poi abbandonava i loro cadaveri in autostrada con biglietti d’auguri nelle tasche. Decidemmo, anche se era pericoloso, di usare Ashley come esca. Anzi, si offrì lei. Ovviamente l’S.I. la prese, e mentre i miei compagni erano bloccati dal resto della banda andai io fin dove la teneva prigioniera. Avrei potuto salvarla, ma urtai un pezzo di legno e lui le sparò. Io sparai a lui e cercai di salvarla, ma mi morì proprio tra le braccia. Da allora ogni tanto sogno la stessa scena, ma la vittima cambia. Hotch, JJ, Prentiss, Morgan, Rossi, Garcia, mia madre, questa volta tu. Lo chiamano disturbo da stress post traumatico.”
Ci fu qualche secondo di silenzio.
“Mi diedero il congedo temporaneo, stetti a casa un mese. Sono tornato poco prima di venire qui, è il mio primo caso importante dopo un bel po’. Non sono ancora convinto che sia stata una grande idea.”
Veronika mise una mano sulla mia e la strinse “Ehi, io sì che ne sono convinta. Mi hai salvato la vita, oggi, e mi hai spinta a ricominciare a parlare. Come avrei fatto se non fossi venuto?”
Risi piano “Davvero ti ho spinta a ricominciare a parlare? Non volevi farlo per dare una voce alle vittime precedenti?”
“Anche. Ma anche perché mi sono accorta che mi ascoltavi suonare e volevo fartelo capire senza che pensassi che fossi arrabbiata. Sai, sarai anche un grande profiler, ma come spia sei veramente pessimo!”
Risi di nuovo, Veronika sbadigliò.
“Ah ah! Alla fine ti è venuto sonno!” le dissi per prenderla in giro.
Lei mi guardò male “Ho sonno. Solo, non voglio dormire. Big Bear ogni tanto non basta.”
“E Big Bear chi sarebbe?”
Indicò il suo letto, o meglio l’ammasso di peluche che c’era sopra “Vedi quell’orso grande e sottile, col maglione e i pantaloni? Ecco, lui è Big Bear. Il mio migliore amico, per quanto possa essere patetico.”
“Non è patetico, sono molti gli adolescenti che dormono ancora coi pupazzi.”
“Molti? Nessuna percentuale statistica?”
“Circa il 35%. Sto cercando di smetterla e di cominciare a parlare in modo più scorrevole, comunque.” risposi seccato.
“I risultati sono piuttosto scarsi..”
“Cos’ha quel peluche di tanto speciale per te?” le chiesi, deciso a cambiare argomento.
“Era con me. Sai l’orsacchiotto con cui mi hanno trovata dietro a quelle rocce? Probabilmente no, probabilmente nessun rapporto della polizia l’ha mai nominato. Comunque è lui. Un po’ più in forma e meno spelacchiato di adesso, ma è comunque lui.”
Annuii, grave “E quando Big Bear non basta, cosa fai?”
“Me lo faccio bastare. Penso che accanto a me ci sia la mamma, o papà, o qualcuno, stringo forte gli occhi e dopo un po’ mi addormento. Di solito funziona. Posso dormire con te stanotte?”
Sputò l’ultima domanda come se non ce la facesse proprio più a tenerla dentro.
Ero sorpreso “Ma io non sono tua madre!”
“Sei qualcuno. Un qualcuno che qualche giorno fa mi ha salvato da un incidente d’auto e che lavora ogni giorno per salvarmi la vita.”
Riflettei qualche secondo “Va’ a prendere Big Bear e stenditi qui vicino. Ma ti avverto, quando domattina dovrò svegliarmi prima di te e farò rumore, non provare a lamentarti!”
  
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