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Autore: L_Fy    16/06/2006    24 recensioni
"...Sto parlando della gelosia, che il diavolo la fulmini! Davanti allo specchio, con la faccia di nuovo corrucciata, finalmente lo ammetto. Sono gelosa. Sono così verde di gelosia che Andrea probabilmente ha ragione, dovrei chiamare un esorcista. Però, analizzando i fatti con calma ed imparzialità, devo convenire che qualche ragione ce l’ho anche io… "
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ovviamente, come ho girato le spalle ad Andrea mi sono completamente dimenticata di lui e di Mariàpi per rituffarmi nel mio personalissimo romanzo d’appendice intitolato “il triangolo francese (che non è un tramezzino)”. Arrivo a casa da sola, scalza, col trucco sbavato (ho anche piangiucchiato, tra via del Corso e via Makallè) e sufficientemente triste per far zittire di colpo mamma e fratellame piccolo. E sono solo le nove di sera! Faccio ancora in tempo ad organizzare un suicidio abbastanza coreografico entro la mezzanotte, se mi ci metto di buzzo buono. Mi chiudo in camera e subito dopo la mamma bussa con decisione alla mia porta.

“Non stasera, mamma.” dico con voce drammatica buttandomi sul letto.

“Mi guardo bene dal voler ascoltare le tue confessioni” risponde lei, pragmatica “Io e i bambini andiamo a prendere un gelato. Vuoi che ti porto una coppetta?”

Mi scappa un sorriso, nascosto tra le lenzuola: il gelato, la panacea universale della mamma…

“Oh, Anna, ti sei soffocata con la tua stessa lingua?”

“Fior di latte e nocciola.” rispondo con voce neutra: sento mamma che si allontana, caccia due urli ai poveri pargoli che si stanno mettendo la giacca e, poco dopo, sento la porta di casa chiudersi. Sono sola, adesso: che pace. Finalmente posso piangere con calma, crogiolandomi per bene nel brodo dell’autocommiserazione, usando l’immagine di Odette e Camillo come un cilicio chiodato per farmi del male. Forse dovrei lasciar perdere, mi dico affogata nei meandri del mio masochismo. In fondo, loro due sembrano fatti l’uno per l’altra. Posso inventarmi l’OBF, posso chiamare la CIA, l’FBI e il circolo ARCI come supporto tecnico, ma se questa cosa deve succedere, succederà indipendentemente dalle mie assurde manovre belliche. Col cuore che sanguina, mi tocca ammettere che Odette è molto più adatta di me a Camillo: lei è brillante, intelligente e sicuramente più affascinante; lei ha il nome di un’eroina dei balletti russi, io ce l’ho palindromo e noioso; lei è snella e aggraziata come un giunco, io devo convivere con le mie ingombranti tettone; lei sa giocare a scacchi e a Sudoku, io nemmeno so dov’è nascosta la scatola del Monopoli; a lei piacciono i film d’essai (quelli in bianco e nero, doppiati in ceceno coi sottotitoli in polacco, per intenderci), io a malapena capisco la trama dei Teletubbies; lei legge Tolstoj, io Topolino.

Come ho potuto pensare di poter competere con lei? Che stupida. Ha ragione Odette, Camillo merita di più di una ragazzina in crisi ormonale che si inventa improbabili piani di battaglia dalle sigle fantasiose…

Gesù, quante lacrime: se continuo così rischio la disidratazione!

Il telefono squilla, ma io sono troppo congestionata per rispondere e comunque non voglio parlare con nessuno in questo momento. Poco dopo che il telefono ha smesso di squillare, qualcuno armeggia con le chiavi contro la porta. Mamma e i gemelli sono tornati dalla gelateria, penso soffiandomi il naso e tirandomi su dal letto; i pusher con la mia droga, una dose di gelato in arrivo! Marcio verso la cucina, anelando il primo cucchiaino di nocciola gelata che mi scende in gola come una benedizione…e in salotto quasi mi scontro con Camillo.

Camillo!! Che ci fa qui? Non faccio nemmeno in tempo a registrare la sorpresa che già il cuore ha iniziato a ballare una furiosa rumba nel petto.

“Oh, ah…ciao.” balbetta impacciato mentre io lo guardo con espressione ebete “Tu madre ha chiamato Andrea e gli ha chiesto se lui c’entrava qualcosa col fatto che sembravi pronta per la cremazione a vivo, allora lui ha spiegato che è colpa mia anche se io non credo affatto che questi siano i reali termini della questione visto che…”

“Camillo.” mormoro molto piano e lui si interrompe di colpo: allunga una mano verso di me, quasi spaventato.

“Andrea mi ha dato le chiavi.” spiega un po’ meno agitato.

“Caro consanguineo” sibilo io, incrociando le braccia davanti al petto “Che sei venuto a fare?”

Camillo deglutisce un paio di volte, come aspettandosi un aiuto da parte mia.

“Dobbiamo parlare.” afferma alla fine, sospirando.

Una specie di voragine buia si apre ai miei piedi: il cuore batte ancora ad un ritmo forsennato e l’angoscia sta dilagando nel mio petto come un liquido gelido che mi invade i polmoni. Lo sapevo, dovevo aspettarmelo! Non così presto, forse, ma sapevo che sarebbe successo: è venuto a dirmi che è innamorato dell’Ochette, è venuto a dirmelo qui, in casa mia, con quegli occhioni azzurri e franchi dove vorrei solo perdermi… e invece è venuto a dirmi addio. Devo deglutire a secco un paio di volte prima di riuscire a parlare con voce ferma.

“Ok, dimmi quello che mi devi dire.” annuncio con ammirevole calma.

Camillo mi lancia uno sguardo stranamente triste e allarga le braccia, quasi rassegnato.

“Non avevo nessuna voglia di venire” ammette riottoso “Cioè, sapevo che dovevamo parlare, ma proprio non mi decidevo…non volevo che arrivasse questo momento, capisci?”

E me lo chiedi? Ogni tua parola è una scudisciata nei denti… e tu mi chiedi se capisco?

“Vai avanti.” gli ordino, imperiosa.

“Quando ho capito i motivi per cui ultimamente le cose tra di noi sono cambiate ho deciso che sarei uscito dalla tua vita in punta di piedi…non volevo che tu ci stessi male; la tua felicità, nonostante tutto, conta sempre troppo, per me.”

Ciccio, mi stai spezzando il cuore, o mandando a cagare, per usare un eufemismo più calzante: dalle mie parti questo non è considerato procurare felicità. Anzi: comincio ad essere vagamente incazzata, oltre che triste.

“Sono venuto per dirti che…ti auguro tutto il bene possibile. Sappi che in me troverai sempre un amico fedele e fidato e che il bene che ti voglio non intaccherà in nessun modo la nostra amicizia.”

Lentamente, sento una scia di lava infuocata di puro, autentico furore che mi sale dal petto verso le guance: amicizia? Ha detto proprio AMICIZIA?!?

“…perché siamo ancora amici, vero, Anna?”

Lo guardo: lui e i suoi occhioni azzurri e supplicanti, lui e i suoi riccioloni da cherubino…lui e le sue mani calde, lui e il suo cuore grande così. Siamo ancora amici…?

Sto tremando come una foglia: mi avvicino a lui di un passo, le guance febbricitanti e la voglia di spaccargli qualsiasi oggetto contundente sulla testa, tanto sono furibonda e col cuore a pezzi.

“AMICI…?!” strillo d’un colpo, facendo fare a Camillo un salto indietro dalla sorpresa “Vuoi che restiamo amici?!? Ficcatela nel culo, la tua amicizia! Ficcatela su così tanto da ritrovartela in gola e soffocarti!! Io non voglio la tua stronzissima amicizia!! Io…voglio…questo…! ”

Mi avvento su di lui, gli afferro saldamente il viso con le mani e lo bacio con la bocca aperta. Sono furibonda, rabbiosa, e decisamente stufa di tutto: mi spalmo addosso a lui, strusciandomi contro il suo corpo in un messaggio così esplicito che solo un cadavere non lo capirebbe. E Camillo è ancora vivo, almeno a giudicare dal gridolino sorpreso che gli esce dalla gola quando lo butto sul divano e gli monto a cavallo, spingendolo con brutalità contro i cuscini del divano. Fa quasi per difendersi, puntellandosi con le braccia per respingermi, ma sono troppo furiosa per lasciarlo fare: gli spingo le braccia sopra le testa, brutalmente, continuando a baciarlo con rabbia. A pensarci col senno di poi, che scena assurda!! Ci manca la frusta e il completo di pelle nera e sembrerei una maitresse sadomaso… se solo non cominciassi a provare gusto in quello che sto facendo! Gesù, perché mi piace tanto baciare Camillo? Vorrei mantenere intatta la mia rabbia e la mia frustrazione, ma sento già che tutto il risentimento sta scivolando via, trascinato da una marea di languido e liquido desiderio. Le sue labbra sono troppo maledettamente dolci e succose e sanno di frutta; il suo profumo mi fa letteralmente impazzire di frustrazione. Non va affatto bene così: mi stacco da lui, bruscamente come gli sono saltata addosso, ansimando come una ciminiera a vapore e congestionata come se fossi appena uscita da un giro di centrifuga in lavatrice.

“Ecco!” balbetto con la bocca secca come il deserto di Gobi “Quanto me ne frega della tua amicizia!”

“Anna…” sussurra debolmente Camillo: è ancora spalmato sul divano, gli occhi spalancati e stupefatti, la bocca umida e i capelli arruffati. Perché mi viene da piangere a guardarlo?!?

“Hai finito di trattarmi come se avessi una qualche forma di eczema contagioso!” proseguo io , ancora più arrabbiata “Hai finito di guardarmi con lo stesso amore che metteresti nel guardare una teiera! Ammettilo, Camillo, a te di me non te n’è mai fregato niente!”

Camillo alza di scatto gli occhi su di me e il dolore che ci vedo dentro è così palese che è impossibile che non sia sincero.

“Come puoi dire questo…?” soffia fuori dolente, ma io non lo lascio parlare.

“Non c’è bisogno che ti giustifichi!” scalpito, alzando la voce “Non è colpa tua se ti faccio lo stesso effetto di un merluzzo surgelato, no? Adesso esci di qui e vai a rifarti un po’ gli occhi dall’Ochette!”

Camillo sembra sinceramente sbalestrato.

“Chi?” mormora, e io mi arrabbio sul serio.

“Da Odette!” sbotto, stringendo i pugni e diventando rossa, bianca e verde come una bandiera “Non è per lei che vuoi che rimaniamo amici? Non ti ha travolto col suo fascino da crème brulée? Non ti ha incantato con quel suo merdosissimo humor francese? E allora, vai, no? Corri da lei!”

Camillo si alza in piedi, con un movimento molto deciso: la sua faccia si è incupita e non sembra affatto, affatto tranquilla.

“Tu non sai quello che dici, Anna.” mormora con voce molto misurata mentre un lampo attraversa l’azzurro terso dei suoi occhi.

“Risparmiami le citazioni bibliche!” strillo, lasciando fluire la rabbia che mi brucia dentro, vomitandogliela addosso per ferirlo e cercare di sentirmi meno umiliata e meno triste “Non c’è nessun bisogno che perdi tempo con me! Piantala di guardarmi con quei tuoi ma-maledetti fa-fanali blu, schioda le tue chia-chiappe ossute da casa mia e fo-fo-fottiti!”

Storicamente, quando arrivo alle balbuzie significa che sono alla frutta: mi decido a girargli le spalle e correre verso la cucina, lo sguardo offuscato dalle lacrime e sto per sbattere la porta, convinta che Camillo stia già ruzzolando giù dalle scale con la coda tra le gambe quando me lo ritrovo davanti, improvvisamente. Il cuore mi balza in gola, battendo come in preda ad un forsennato attacco di adrenalina: la faccia di Camillo non è né dispiaciuta né trasognata né dolente, come dovrebbe essere. E’, per la prima volta in tutta la vita, assolutamente e meravigliosamente  infuriata.

“Tu non capisci un cazzo.” scandisce con profonda convinzione prima di lasciarmi senza parole afferrandomi per le braccia e baciandomi con forza sulla bocca.

*          *          *

Subito provo a resistere, cercando di divincolarmi, ma la sua presa sui miei avambracci è insolitamente salda, così desisto subito. E poi, diciamocelo, non credo di avere davvero voglia di staccarmi da lui. Anzi, non mi staccherei nemmeno se venissero a trascinarmi via col carro attrezzi, a dirla tutta. Camillo mi sta baciando con una decisione, una passione così potente e sincera che ne rimango folgorata. La sua bocca sulla mia non è gentile e nemmeno delicata come al solito: è travolgente, calda, squisitamente prepotente.

Gesù, quanto ho sognato di essere baciata così.

Le mani di Camillo lasciano gli avambracci per cominciare a carezzarmi con rude urgenza le spalle, la schiena, i fianchi… io inizio a tremare come una foglia mentre lui mi stringe a sé, premendo coi palmi aperti sulle mie natiche, facendo completamente aderire il suo corpo contro il mio.

Mi sembra, improvvisamente, di essere sotto l’effetto di una potente doccia scozzese: lunghi brividi di calore mi attraversano la colonna vertebrale, alterandosi a folate di ghiaccio che mi atrofizzano completamente mani e piedi, mentre lui mi tocca, mi tocca dappertutto con urgenza, e io voglio solo che lui continui così in eterno.

Non so nemmeno come e ci ritroviamo sul tavolo, mezzi su e mezzi giù: le sue mani sono infilate sotto la mia camicetta e stanno facendo qualcosa che non avevo programmato facessero prima di un paio di sessioni di perlustrazione, ma tant’è, non ho assolutamente la forza (e la voglia) di protestare. Anzi: mi spingo contro di lui perché ogni centimetro del mio corpo urla di desiderio, frustrato da quei maledetti vestiti che ci separano… ma non per molto, decido improvvisamente, non per molto. Gli tolgo la maglietta, staccandomi da lui solo il tempo di un respiro, e gli passo le mani aperte sul petto, assaporando la sensazione meravigliosa della sua pelle calda contro i palmi. Un verso rauco, animalesco, esce dalla gola di Camillo quando gli accarezzo l’addome: la mia camicetta si apre e vola via con un morbido fruscio malizioso che recepisco con i sensi completamente ottenebrati. Ho il cuore che batte così forte che potrebbe uscire dalla cassa toracica: sono mezza morta di desiderio, ma soprattutto sono completamente stordita di felicità. Camillo mi vuole…Camillo vuole davvero ME! Lui mi desidera, lo sento con chiarezza finalmente! Lo capisco da come il suo corpo trema contro il mio, dal suo respiro affannato, dal battito forsennato del suo cuore… e anche da qualcos’altro, a meno che Camillo non abbia in tasca un portachiavi a forma di vibratore. La cosa mi riempie di orgoglio e mi pervade un senso di onnipotenza misto a gioia che mi sommerge come un’onda anomala:  allora mi viene spontaneo e naturale accogliere Camillo, stringerlo a me, chiedendomi remotamente dove diavolo stia trovando la faccia tosta di fare tutto questo.

Poi…

Poi, proprio quando non pensavo più a niente, Camillo mi molla improvvisamente e io quasi cado come un sacco di patate dentro al lavello. Alzo gli occhi su di lui e prima ancora che possa aprire bocca sento un tramestio sospetto proveniente dal salotto: un misto di voci e rumori che mi fa capire che in casa non siamo più soli. Io e Camillo siamo mezzi nudi…in cucina!!

“Sta arrivando qualcuno!” sussurro io, abbandonando di colpo i rimescolamenti ormonali per il sano, atavico terrore di essere beccata a fare atti osceni in luogo pubblico dai propri consanguinei. Scatto in piedi con la velocità di un centometrista olimpico, raccatto il reggiseno che era finito sul ceppo dei coltelli, valuto in un nanosecondo che non avrò mai tempo a sufficienza per infilarmelo e passo direttamente alla camicia, infilando un’asola su tre.

“Camillo, la maglietta!” sibilò agitatissima, ma Camillo rimane immobile, con una faccia così bianca e così piena di orrore che sembra abbia appena visto un Alien fuoriuscire dal forno a microonde.

“Gesù….” Mormora con labbra livide, completamente nel pallone.

“Camillo, muoviti!” gli ordino, buttandogli la sua maglietta addosso: lui lascia che questa gli cada in testa, ma non muove un muscolo. In quel momento, l’intera famiglia Tonelli fa il suo ingresso in cucina e gli schiamazzi da cui era preceduta si interrompono di colpo.


Capitolo 8 : Qui pro quo pro…che?

 

Ci sono proprio tutti, che Dio li abbia in gloria: in pole position Alice e Alessio, con in mano due coni gelati sgocciolanti e le facce curiosamente identiche come quelle di due angioletti di porcellana; poi, la mamma che evidentemente non ha collegato il cervello tramortito dalla sorpresa con la mano che sta ancora rovistando nei recessi della sua borsetta; poi Andrea, con un’espressione così attonita da sembrare una caricatura di se stesso. Dopo lunghi, affannosi secondi di immobile mutismo, capisco che tutti hanno intuito che in cucina stava succedendo qualcosa di sconcio e immediatamente le mie guance si trasformano in due bistecchiere arroventate pronte per la grigliata. Il silenzio è insopportabile, pesante come un macigno: ed io sono qui ad affrontare tutto questo con i capelli sconvolti, la camicia allacciata storta, senza reggiseno e con Camillo di fianco con la sua maglietta in testa e la cintura dei calzoni slacciata!!

“Ehm, ciao!” dico con la forza della disperazione. Il suono improvviso e isterico della mia voce sembra un colpo di fucile in quel silenzio opprimente, però almeno sortisce l’effetto di far scongelare il quadretto familiare davanti ai miei occhi.

Alice mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e sussurra, piena di sacra ammirazione:

“Caaaavolooooo…”

Alessio mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e sbotta, pieno di divertita esultanza:

“Fico!”

Mamma mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e per un attimo di impossibile delirio ho l’impressione che stia per scoppiare a piangere in puro stile “la-mia-bambina-è-diventata-grande-e-io-non-me-ne-ero-accorta”. Poi, un velo impassibile scende sul suo viso a coprire qualsiasi emozione materna e domanda educatamente, con un sopracciglio altezzosamente alzato:

“Nella mia cucina?”

Andrea mi guarda con occhi sbarrati, poi guarda Camillo, poi torna a guardare me e la sua faccia si arriccia di furore e diventa rossa come la cresta di un gallo tanto che ho paura gli stia venendo un colpo apoplettico.

“Tu!” sibila in direzione di Camillo, che intanto si è tolto la maglietta dalla faccia, è impallidito e poi è diventato verde peggio di un cadavere in putrefazione e sta adesso vagliando la possibilità di tuffarsi nello scarico del lavello, buttarsi fuori dalla finestra o finire ammazzato dalla furia omicida del suo ex migliore amico.

“Non è come…ehm…sembra.” balbetto io con gli occhi che guardano dappertutto fuorché qualcuno di loro.

“Anna e Camillo fanno gli sporcaccioni!” esulta Alice esplodendo in un sorriso a 34 denti.

“Fico!” aggiunge Alessio con un ghigno mefistofelico.

“Nella mia cucina.” ripete mamma con aria di rimprovero.

“Io ti ammazzo!” ringhia Andrea, sempre rivolto a Camillo con aria omicida “Ti avevo detto di venirle a parlare e tu…le salti addosso come un animale?!?”

Veramente, sono io che sono saltata addosso a Camillo come un animale…ma questo è molto meglio non dirlo ai miei parenti, no? Sembrano già abbastanza sconvolti così, senza bisogno di ulteriori sollecitazioni. Quindi, rimango zitta e rossa come una bottiglia di passato di pomodoro mentre Andrea si avvicina minaccioso a Camillo che sembra sempre più accartocciato su se stesso.

“An…Andrea…non è come…” balbetta con un filo di voce, ma Andrea non sembra ascoltarlo.

“Cosa ti avevo detto quando ti sei messo con mia sorella?!? Toccala con un dito e ti ritrovi con lo scroto cucito alle tonsille! Non ti avevo detto così?”

“Cos’è uno scroto, mamma?” domanda immediatamente Alice col sorriso un po’ meno esultante di prima “E’ per caso un animale?”

“Tu hai detto cosa?” domando io rivolta ad Andrea, ritrovando di colpo la parola.

“C’è il reggiseno di Anna sul ceppo dei coltelli.” annuncia invece Alessio con aria soddisfatta.

Gesù, che razza di situazione kafkiana! Mamma, fortunatamente, decide di prendere in mano le redini della storia: appoggia la coppetta di gelato a me destinata sul lavello, afferra i gemelli per le braccia e li trascina fuori dalla cucina, la faccia imbronciata che trema per trattenere le risate.

“Voi grandi sbrigatevela da soli” annuncia lapidaria “Andrea, se devi uccidere qualcuno vedi di non macchiare le tende nuove e usa il contenitore dei rifiuti organici; Anna, fai sparire la tua biancheria intima dagli oggetti di uso comune…se tuo padre entra adesso in casa, come minimo ti spedisce in un collegio svizzero fino alla menopausa. Bimbi, filare in camera vostra.”

“Io voglio sapere cos’è uno scroto!” piagnucola Alice, giustamente offesa.

“Te lo spiego io.” le mormora Alessio, beccandosi un ceffone dalla mamma così forte che quasi lo fa ruzzolare per terra. Distrattamente, li sento andare via mentre ancora sto cercando di raccapezzarmi su quello che ha detto Andrea.

“Tu hai detto a Camillo che non mi doveva toccare?!” mormoro sinceramente esterrefatta.

“Certo che sì” sbuffa Andrea, tra l’imbarazzato e l’offeso “So che cosa è capace di fare un ragazzo della nostra età ad una ragazzina della tua…sei ancora troppo piccola per affrontare certe cose!”

Non so bene come prendere questa nuova, agghiacciante notizia: mi giro verso Camillo con aria supplice.

“E’ per questo che non volevi mai rimanere solo con me?” chiedo accorata e con gli occhi lucidi “Non perché non ti interessassi, ma perché c’era di mezzo quel deficiente ficcanaso puzzone di mio fratello?”

Camillo fa passare lo sguardo da me ad Andrea e sembra così mortificato e così infelice che mi fa quasi tenerezza.

“Oh, ah…in un certo senso sì.” risponde alla fine chinando il capo “In realtà avevo paura di quello che provavo quando ero solo con te… non ero certo di riuscire a…trattenermi…”

“Che schifoso pervertito!” bercia Andrea con gli occhi scintillanti di furore.

“Zitto tu!” strillo io, così felice che sento ogni poro della pelle dilatato come se avessi fatto una sauna miracolosa “Vorrei vedere cosa saresti capace di fare tu se rimanessi cinque minuti solo con Mariàpi!”

Andrea si zittisce di colpo, Camillo sbianca come un cencio lavato.

“Mariàpi?” mormora tra le labbra livide “Cosa c’entra Mariàpi?”

“Quei due hanno una cotta l’uno per l’altra” spiego io, perfida,  mentre Andrea si trasforma tutto d’un tratto in un fungo gobbo e vergognoso “E chissà da quanto, per di più!”

Camillo più che assimilare la notizia sembra che gli venga infilata di forza dentro alle narici.

“Tu…e mia sorella?” mormora piano piano. Poi, più deciso: “TU e MIA SORELLA?”

“Bè, adesso sai come ci si sente!” reagisce immediatamente Andrea, spaventato “E comunque io non ho mai sfiorato Mariàpi nemmeno con un dito!”

“Tutte le volte che ti tocchi sotto la doccia pensi…a …MIA SORELLA?” continua Camillo, ora decisamente incavolato.

“No!” ribatte Andrea, affannosamente “Cioè…non è che faccia la doccia così spesso…”

“Che problema c’è?” sorrido io, appendendomi al braccio di Camillo con un sorriso radioso “Adesso basta, abbiamo parlato anche troppo del nostro parentado e dei loro problemi sentimentali. Torna a concentrarti su di me: stasera non eri venuto qui per mollarmi?”

“Io?” domanda Camillo, sorpreso “Certo che no! Ero venuto a farmi mollare, visto che avevo capito che ti eri innamorata di Rodrigo…”

“Io non sono innamorata di Rodrigo” mormoro col cuore che canta “Io sono innamorata di te, stupido fifone mezzacalzetta!”

“E’ Mariàpi che è innamorata di Rodrigo.” si intromette Andrea, rabbuiandosi.

“Mariàpi, pfiu!” dico io, sprezzante “Quella i tipi come Rodrigo se li mangia a colazione.”

“No, è Odette che è innamorata di Rodrigo” annuncia a sorpresa Camillo, sospirando “La poveretta è cotta di lui dal primo giorno, solo che è troppo timida per dichiararsi…”

D’un tratto mi gira la testa: sempre stretta al braccio di Camillo, mi siedo sul tavolo cercando di raccapezzarmi sulla situazione.

“Fermi tutti!” mormoro affranta “Non ci capisco più niente! Vuoi dire che Odette non è innamorata di te?”

“Vuoi scherzare?” sorride Camillo, canzonatorio “Era così contenta che tu fossi diventata la mia ragazza, visto che sapeva quanto fossi cotto di te da sempre…”

Gesù, Giuseppe e Maria… questo vuol dire che tutti ci sbagliavamo su tutti? Allora cos’era quel discorso a pera di Odette alla partita di calcetto? Forse…non stava parlando di Camillo…?

“Io credevo che Odette fosse innamorata di te.” mormoro sottovoce.

“Io credevo che tu fossi innamorata di Rodrigo.” mi risponde Camillo con dolcezza, appoggiando la guancia sui miei capelli.

“Io credevo che Mariàpi fosse innamorata di Rodrigo” si imbroncia Andrea, cogitabondo “Ci siamo sbagliati tutti e tre come pirla qualsiasi?”

“Che situazione assurda!” annuncia Camillo, deliziato “Non sono mai stato tanto felice di essermi sbagliato!”

Mi abbraccia stringendomi delicatamente con le sue braccia lunghe e goffe e io mi sento d’un tratto catapultata in cielo…non a destra, non a sinistra, ma proprio lì, nel bel mezzo del paradiso. Mi allungo verso di lui e lo bacio sulle labbra, così grata di esistere che avrei voglia di fare un monumento ai miei genitori.

“Puà” grugnisce Andrea, allontanandosi schifato “Non avete un minimo di decenza: sbaciucchiarsi in mezzo alle cose da mangiare…non è affatto igienico!”

Camillo smette di baciarmi con un sospiro afflitto e mi guarda. Quanto amo i suoi occhi, quanto li amo! Guardare negli occhi di Camillo è come guardare il sole al tramonto: fa quasi male, ma è di una bellezza così struggente che non si riesce a smettere.

“Senti tu” dice Camillo senza staccare lo sguardo “Non credi di dovere delle spiegazioni ad una ragazza che in questo momento sta quasi sicuramente svuotando il frigo rosicchiando dal nervoso tutto quello che trova?”

Sta parlando di Mariàpi e delle sue crisi di fame: quando è triste è capace di fare fuori le scorte alimentari di una intera nazione! Andrea si imbroncia mentre le orecchie gli diventano rosso fuoco.

“Ehm…non saprei…”

“Lo so io” mi intrometto, impaziente “E’ ora che voi due vi chiariate qualche dubbio. O che vi uccidiate a vicenda, a vostra scelta.”

“Scommetto che non vuole parlarmi.” mormora Andrea, improvvisamente timido.

“Potresti almeno provarci.”

“Magari suo padre mi caccia a pedate…”

“Mamma e papà non ci sono” annuncia Camillo con voce neutra “E io fingerò di credere che andrai là solo per parlare.”

Andrea ci pensa su seriamente, poi gli occhi gli si illuminano come lampadine.

“Per cinque minuti” si affretta a rettificare Camillo  “Poi, chiamo la guardia nazionale.”

Andrea riflette ancora un nanosecondo, poi schizza via alla velocità della luce, non senza avermi fatto intravedere un sorriso ampio e scintillante come quello di un bambino, prima di sparire oltre la porta.

Ora, in cucina, siamo soli io e Camillo: abbracciati stretti, in silenzio, così felici che ho paura di muovermi per non rompere qualcosa.

“Che paura che ho avuto” sussurra Camillo con la sua guancia tiepida e confortante premuta sulla mia testa “Quando mi hai strillato che non mi volevi più nemmeno come amico, ho creduto di morire…”

“Taci” supplico velocemente “Se penso a come ho trattato Odette…avrà pensato che sono proprio una stronza.”

“Qualcosa del genere.” ammette Camillo sorridendo contro i miei capelli.

“Dovrò chiederle scusa.” mormoro accoccolandomi ancora di più tra le sue braccia.

“Sì” ammette Camillo “E dovrai anche far sparire il tuo reggiseno dal ceppo dei coltelli prima che arrivi tuo padre: non credo che resisterei fino alla menopausa per vederti uscire dal collegio svizzero.”

Mi scappa da ridere mentre un curioso calorino mi scende sulla pancia.

“Lo farò” dico arrendevole “Dopo, però. Adesso baciami.”

Camillo ubbidisce con zelo: l’ho sempre detto io che dai ragazzi diligenti c’è sempre da imparare…

*          *          *

La negletta coppetta di gelato, dimenticata sul lavello, assiste in silenzio al nostro bacio mentre si scioglie: indulgente, ci lascia fare, sapendo che per un po’ sarà sostituita come panacea universale da un certo paio di braccia avvolgenti che proprio non si decidono a lasciarmi andare.

 

 

 

 

FINE

 

Elfie, 30/05/2006

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE

E così…siamo giunti al termine a tempo di record!!  Volevo finire in questa settimana, poiché parto per stare via un po’ e non volevo lasciarvi in sospeso…(so che sareste sopravvissuti lo stesso, ma preferivo evitare anche solo il pensiero di un anatema, già sono sfigata di mio…).

Spero che questa storiella piccina picciò, che non aveva nessuna velleità se non quella di farvi sorridere per un po’, abbia ottenuto il suo scopo. Mando un bacio sentito e sincero a chiunque abbia letto questa storia e a chiunque abbia avuto la gentilezza di lasciare una parola all’autrice… Grazie, di cuore, a tutti quanti.

Un saluto, a presto!!

Elfie

 

 

Damynex: Eh…la storia di Andrea e Mariàpi è a parte. Sotto consiglio di Nisi bella ci sto lavorando…magari a breve avremo anche la versione dei fatti di quei due sciroccati!! Nel frattempo, mandami ben tuo fratello, a fungere da fonte di ispirazione…uaz uaz uaz!! Tranquilla, alla mia età non ci si fida più di nessuno, facoceri e non. Intanto, bacini e bacetti a te e al tuo ragguardevole fratello! CIAO!!

Romina: Oh, mia Diletta! Che peccatone per la recensione rigurgitata! Ma a me basta sapere che ci sei e che mi leggi e che mi pensi…(e che mi ramazzi la stanza…? No, eh? Ok, pretendevo un po’ troppo). Ma…il Jobbra (gingillo fatto a labbra di Johnny Depp) non te lo avevo già mandato? Devo inviartene uno nuovo? Non è che lo stai già spacciando in giro a mia insaputa?!? Attenta: ti tengo d’occhio!! Per la foto di Garrie, te la manderò…quando torno da Parigi. Mille e mille baci, mia diletta, a presto!! P.S.: Cuba la voglio visitare in blocco, compreso Varadero anche se so che la vera Isla Grande non è lì…però un bagnetto me lo fai fare lo stesso, veeeroooo?

Kira83: Sono felice che la coppia Andrea/Mariàpi non sia risultata impossibile…anzi! Ha riscosso un sacco di successo insperato! Spero che anche il finale della storia ti sia piaciuto…sob!! E’ già finito!. Un bacione, a presto!!

Nisi Corvonero: Mia dolcissima!! Volevo ringraziarti pubblicamente per avere funto da assaggiatrice ufficiale / beta reader di questa storiella. GRAZIE NISI BELLA!! Non credo che, senza il tuo incoraggiamento, avrei avuto il coraggio di pubblicare “tout de suit” . Comunque…accordiamoci per il figone anglosassone (posto che ne trovi uno abbastanza caliente) da dividere anche con la Reader, che è tanto carina e mi fa sempre i complimenti…grazie ancora di tutto, tesoro mio, ti devo davvero tanto. Sei fantastica!!

  
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