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Autore: Doralice    09/10/2011    3 recensioni
Alaric si fece rapidamente due conti: in quella sala c'erano tre vampiri, una doppelgänger che era la chiave vivente per la libertà delle peggiori creature oscure, una strega, un angelo incarnato, un dampiro che faceva il Van Helsing per la Chiesa e due umani resi immortali da degli anelli incantati.
Gli X-Men ci fanno una pippa! - pensò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Between Heaven and Hell'
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Capitolo 10

~

Dove... indovina chi viene a cena?



Mentre bussavano alla porta di casa Gilbert, Nora si chiese ancora una volta come avesse fatto a farsi convincere. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un dannato pigiama party. Ma Pas era stato tanto inamovibile quanto irritante e, pur di fargli smettere quel fastidioso cipiglio paterno, si era costretta ad accettare.

Oh, ciao! Voi dovete essere gli ospiti di Ric. –

Nora salutò con un cenno la giovane donna che aveva aperto loro. Pensò che Alaric aveva proprio buongusto in fatto di compagnia femminile: Jenna era così carina e soffice, e quel vestito bordeaux faceva risaltare la sua pelle ambrata e i suoi occhi verdi. E poi non c'era bisogno di vedere la sua aura per notare quanto fosse buona.

Li fece accomodare e prese a girovagare per l'ingresso, con un grazioso rumore di tacchi. Era visibilmente nervosa, mentre prendeva la borsetta e l'appoggiava subito dopo, si sistemava i capelli allo specchio, controllava l'ora. Doveva essere un bel pezzo che Alaric non la portava fuori, se era così tesa per una banale cena fra amici.

Avete visto Ric? – chiese d'un tratto, stirando con le mani le pieghe del vestito – Come al solito è in ritardo. –

Credevo fosse venuto a prenderti. – disse Pas.

Lei alzò le sopracciglia e sorrise.

Eh, – fece in tono ironico – lo credevo anch'io. –

Vuoi un passaggio? –

Jenna parve colta di sorpresa. Lo occhieggiò per un momento, indecisa. Poi annuì. Si guardò per l'ennesima volta allo specchio, togliendosi dalla tempia un'invisibile ciuffo di capelli, e si voltò di nuovo verso di loro con un sorriso teso sulle labbra.

Bene. – sospirò – Fate le brave stasera, ok? –

Mentre lei usciva nel patio, Pas lasciò a terra il borsone e restò in attesa.

Nora schioccò la lingua: – Cosa? –

Lui inclinò la testa di lato e aprì le braccia.

Oh, ti prego! – sbottò dandogli una spinta.

Pas l'agguantò e la stritolò in un abbraccio soffocante.

Dobbiamo recitare bene la parte, figliola. – la prese in giro.

Ma fammi il piacere! – si lamentò, divincolandosi e infine riuscendo a liberarsi della sua stretta ferrea.

Si levò dalla faccia i capelli scompigliati e tirò le maniche della maglia fino a coprire le nocche. Era una Virtù Angelica, possibile che nessuno le portasse un minimo di rispetto?!

Tirò su col naso e incrociò le braccia al petto, assumendo un'aria altera. A giudicare da come Pas si tratteneva dal ridere, non doveva sortire l'effetto desiderato.

Parfeite! Continua così e nessuno si renderà conto che non sei un'adolescente problematica. –

E prima che potesse in qualche modo protestare, le aveva già stampato un bacio in fronte e se n'era andato via, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandola da sola nell'ingresso.

Ragazzine. – lo sentì commentare con Jenna.

Nora sbuffò tra sé. Si sentiva sempre più stretta in quel corpo di adolescente. Se solo avesse avuto la licenza... avrebbe fatto vedere loro cos'era capace di fare!

Si guardò un po' intorno. Dal piano di sopra provenivano rumori di chiacchiere e risate. Non era proprio in vena e calcolò che, se faceva attenzione, poteva sgattaiolare via prima che si accorgessero della sua presenza. Afferrò il borsone e...

Sei arrivata! –

La voce squillante di Caroline infranse ogni sua speranza.

Ma dove vai? – corse giù per le scale e le prese il borsone dalle mani – Siamo di sopra! –

Nora si costrinse a sorridere e la seguì, pregando che per lo meno ci fossero superalcolici.

~~~

Organizzate una cena e non m'invitate? –

Stefan non rispose. S'impose di concentrarsi sulle verdure che stava affettando sul tagliere, ignorando la presenza del fratello. La facciatosta di Damon era impareggiabile, questo era risaputo in tutti e cinque i continenti, e chi meglio di lui poteva confermarlo? Ma doveva riconoscergli che aveva l'infallibile capacità di sorprenderlo tutte le volte.

È terribile. – dichiarò dopo essersi servito un bloodymary – Te l'ho sempre detto che esageri col tabasco. –

Stefan posò il coltello e si asciugò le mani con uno straccio. Provava una calma innaturale, che era certo non sarebbe durata ancora a lungo. Si appoggiò sul ripiano e guardò fisso davanti a sé.

– Allora perché ogni volta lo assaggi? – chiese con voce atona, privo del minimo interesse reale per ciò che avrebbe risposto.

Damon sgranocchiò un gambo di sedano con fare pensoso.

Perché sei il mio amato fratellino e ho la speranza che i miei insegnamenti possano migliorarti. –

La sua pazienza era finita, e Damon se accorse a sue spese.

Uh, siamo nervosetti! Fase premestruale? – lo canzonò quando lo sbatté al muro sfoderando le zanne.

Il lato più irritante di Damon era quello: il modo con cui si ostinava a non prenderlo mai sul serio. Era facile per Stefan perdere il controllo con lui, tanto quanto lo era mantenerlo nella sua vita di tutti i giorni.

Non farò il tuo gioco. – gli ringhiò in faccia.

Perché Stefan non era un santo, sapeva farsi prendere dalla furia e aveva anche una bella fetta di motivazioni, ma se c'era una cosa che aveva imparato dopo un secolo e mezzo, era quanto fosse dannoso assecondare gli slanci autodistruttivi del fratello. Per quanto l'idea fosse più allettante che mai, non era propriamente il momento giusto. Che marcisse nel suo stesso senso di colpa.

Qualcuno suonò alla porta e Stefan colse l'occasione per lasciarlo andare.

Interrotti dal campanello! – Damon sgranò gli occhi – Che situazione da commedia romantica! –

Stefan riprese il coltello in mano e dedicò ad un'innocente melanzana le attenzioni che gli ispirava il fratello.

~~~

Tre... due... uno... –

Elena leccò il sale, mandò giù lo shot di tequila e addentò il limone. Sbatté il bicchierino sul pavimento, strizzando gli occhi e soffiando via l'aria.

Altro giro! – annunciò garrula Caroline, riempiendo di nuovo i bicchierini.

Non vale! – tossì Bonnie – A te non fa effetto! –

Elena si unì alla sua protesta indicando Nora: – E nemmeno a lei! –

Dovremmo porre delle regole. – biascicò la strega – Dosi doppie... –

E perché non triple?! – suggerì.

Triple! Dosi triple per vampiri e angeli e... – Bonnie brandì il dito contro di loro – e tuuutta la gente soprannaturale che c'è in questa stanza, ecco! –

Si batté una mano sulla coscia e scambiò un'occhiata solidale con lei.

Io ci sto! – dichiarò Caroline.

Preparò altri due shot per sé e per Nora, che non sembrò avere niente da ridire visto che ne ingollò uno nonappena glielo mise in mano.

Così! – esultò Caroline – Prendete esempio, su! –

Elena prese in mano il suo bicchierino, mormorando qualcosa come “Oddio... sono ubriaca”.

Bonnie le passò un braccio sulle spalle: – Oh, sì, cara mia... –

Aveva la testa leggera e il suo mondo era sfocato. Dopo il quarto shot aveva iniziato a sentirsi meno da schifo e non aveva intenzione di smettere – non per quella sera – per cui mandò giù anche quello senza pensarci due volte.

Ma la volete sapere... – singhiozzò Nora pulendosi la bocca – la volete sapere una cosa buffa? Penso che sono... sapete?... sulla buona strada anch'io... sì! –

Annuì e scoppiò a ridere, rotolando tra le coperte. Le altre la seguirono a ruota e persino Elena non riuscì a trattenersi e si lasciò andare a quel solletico che sentiva al diaframma. Era bello potersi dimenticare di tutti quei dannati problemi e passare un serata quasi normale, da ragazzine sceme, seguendo solo quello spirito senza senso che ti spinge a dire cazzate e a ridere per niente.

Pochi minuti – o un'infinità di tempo? – dopo, senza più la forza per tenersi seduta e con le guance che le facevano male, Elena sentì la risata scemare, lasciando il posto ad una sacrosanta ondata di endorfine. La stanza si fece silenziosa.

Perché non facciamo un gioco? –

Caroline e i suoi giochi alcolici non erano mai una buona idea, ma Elena non aveva né la forza né la voglia di opporsi.

~~~

Dove diavolo è Ric? –

Pas inarcò le sopracciglia ed evitò di rispondergli. Anzi, diciamo che evitò proprio di considerare la presenza di Damon, benché avesse aperto loro la porta, e si fece da parte galantemente per far entrare Jenna.

Non è già qui? – fece lei con voce nervosa – Arriverà in ritardo. –

Damon parve accorgersi solo in quel momento della donna. Gli lanciò un'occhiata tra l'interrogativo e l'irritato, cui Pas rispose stringendosi nelle spalle. Jenna si allontanò verso il salone e lui lo prese per un braccio.

Se le succede qualcosa, dovrò beccarmi l'ennesimo piagnisteo della nipote. – gli disse tra i denti.

Adesso non era più “Elena”, era “la nipote”. Pas arricciò le labbra nel trattenere una risata di scherno: era sempre piacevole osservare le fasi di crisi di Damon.

Ma Elijah ha detto che non avrebbe alzato un dito contro le persone a cui tiene. – gli fece notare con voce innocente e stupita – Gliel'ha ha promesso. –

Damon lo lasciò andare con una smorfia: – Da quando ti fidi delle promesse degli Antichi? –

Pas sogghignò e lo guardò da sopra gli occhiali.

Da quando abbiamo un pugnale speciale come piano B. –

~~~

Caroline mandò giù l'ennesimo shot e si schiarì la gola come se avesse appena bevuto un bicchiere d'acqua. Elena la vide poi chinarsi verso di loro e scrutarle con aria complice.

Qual è... – s'interruppe per ridacchiare.

Elena le si avvicinò assieme alle altre.

Qual è – proseguì a voce più bassa – il vostro segreto più segretissimo? –

Nella stanza si diffuse un'ondata di risolini.

Comincio io! – esclamò Bonnie.

Tre paia di occhi lucidi la osservarono con interesse.

L'estate scorsa ho usato un incantesimo d'amore per ammaliare il giardiniere di mio padre. – disse tutto d'un fiato, tappandosi poi la bocca con entrambe le mani.

Caroline la guardava con tanto d'occhi: – E ha funzionato? –

Oh-oh! – fece lei con aria maliziosa – Altroché! –

Elena le lanciò il cuscino, esclamando “lurida!”. Si scatenò subito una lotta di cuscini.

Tocca a me! – disse Nora d'un tratto.

Elena si tolse i capelli dalla faccia accaldata e la guardò incuriosita: cosa mai poteva nascondere un angelo?

Non sono vergine. – sospirò, come se avesse aspettato da una vita di poterlo dire – E non nel senso che sono di un altro segno zodiacale... –

La mascella di Caroline cadde, donandole in un'espressione che aveva ben poco d'intelligente. Bonnie pensò bene d'imitarla. Ed Elena si rese conto che dovevano sembrare tre imbecilli, perché anche lei non aveva trovato niente di meglio da fare che boccheggiare come un pesce.

Ma fate le porcate anche lassù?! – se ne venne fuori Caroline.

Macchè! – Nora la spintonò – È successo quando ero umana! –

Un coro di “oooh” si diffuse e nessun'altra commentò. Elena era ancora più curiosa, ma non osò chiedere niente.

Caroline! – fece Bonnie.

Cosa? –

Non hai ancora detto la tua! – la rimproverò.

Elena concordò e subito tutte insieme la subissarono di domande.

Lei alzò le mani e annuì con aria condiscendente: – Ok, ok... va bene! –

Sono virtualmente incapace di avere una relazione normale. – dichiarò.

Nessun risolino si sollevò stavolta. Più che la confidenza-gioco di una ragazza alle sue amiche, sembrava la confessione di una donna esaurita al suo psicanalista.

Nella mia prima storia ero l'oggetto sessuale di un vampiro. – iniziò ad elencare.

Damon. – pensò Elena rabbuiandosi.

Dopo... – fece battendosi un dito sul mento, pensosa – Ah, sì! Dopo, mi sono quasi mangiata il mio ragazzo. Penso che sia fisiologico, ma comunque non è stato... uhm... una buona mossa per la nostra relazione, ecco! –

Una strana nostalgia prese Elena mentre ripensava a Matt: il suo primo ed unico ragazzo umano.

E nel frattepo, – proseguì Caroline – il mio migliore amico barra “baci bene anche se sei un licantropo”, mi ha piantata in asso. –

Caroline si servì un altro shot e lo ingollò.

Due volte. – precisò con voce lapidaria.

Elena fissava mestamente il vuoto, senza capire se la tristezza e la pietà che provava erano rivolte alla sua amica o a sé stessa – o ad entrambe. Il silenzio che seguì fu interrotto da un singhiozzo. Alzò lo sguardo su Caroline: piangeva a dirotto.

Bonnie la prese tra le braccia e la cullò, mormorando quelle frasi senza senso che si dicono ai propri animali domestici quando nessuno ci sente e ai bambini piccoli che si sono fatti la bua.

Credo di aver bisogno di una nuova prospettiva di vita... – la sentì gemere, seppellita nell'abbraccio di Bonnie – o forse solo di una dormita. Sì, probabilmente solo di una dormita. –

Elena afferrò un cuscino e vi si strinse, cercando di arginare la valanga di pensieri che la stava seppellendo il cervello. Si rannicchiò sul letto, sfregandosi gli occhi con fare stanco. Anche lei aveva bisogno di una dormita. E di una nuova prospettiva di vita, decisamente.

~~~

Elijah si rigirò tra le dita la Pietra di Luna sotto gli occhi attenti dei presenti. E quando parlò, il silenzio che aleggiava sulla tavolata si fece concreto.

Un piano azzardato. Direi inapplicabile. –

E, al contrario di quanto sicuramente stavano pensando tutti, ci aveva pensato per un lungo momento, prendendolo seriamente in considerazione.

Non ti fidi delle nostre capacità. – commentò Serrault – Comprensibile. –

Elijah posò la pietra sul tavolo, davanti a lui, e intrecciò le dita.

Sì. – ammise – Ma non è questo il punto. –

Gli altri restarono in attesa.

Non c'è modo di uccidere Klaus senza che esso sia indebolito. – spiegò – Per questo motivo il rituale deve avere luogo. –

Il minore dei Salvatore scambiò un'occhiata con il dampiro.

Abbiamo un asso nella manica. – rivelò infine, come aveva previsto.

Chinò appena la testa, lasciandosi sfuggire l'ombra di un sorriso.

Già. Il vostro angelo. – ammiccò.

Altro scambio di sguardi, questa volta confusi.

Elijah mosse una mano: – Mystic Fall è una piccola città, le voci corrono. –

Il maggiore dei Salvatore alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.

E le donne parlano sempre troppo! – disse con aria tragicomica.

Sono in ritardo? –

Si voltarono verso l'ingresso della sala da pranzo, dove due figure si stagliavano sotto l'architrave. Jenna tornava dalla cucina, dove era andata a prendere delle altre tartine, con un vassoio e un altro ospite: affianco a lei, Alaric Salzman le cingeva la vita con un braccio.

Guardate chi ci ha fatto l'onore della sua presenza! – esclamò la donna posando il vassoio sul tavolo e prendendo il proprio posto.

Salzman si sedette tra Serrault e lei, esattamente all'altro capo del tavolo, difronte ad Elijah.

Cosa mi sono perso? –

Mhm... abbiamo finito il vino. – disse d'un tratto Serrault, bevendo l'ultima sorsata dal suo bicchiere – Jenna, s'il vous plaît, vuoi accompagnarmi per scegliere? Non ho molta dimestichezza con i rossi... –

Ma... – obbiettò lei vagamente stupita – credevo che voi francesi aveste gusto in fatto di vini. –

Oh, au contraire, mia cara! – le prese la mano facendola alzare e la condusse fuori dalla stanza – Lascia che ti racconti... –

Lei gettò alla sue spalle un'ultima occhiata tra il divertito e l'imbarazzato, e si allontanò sottobraccio al dampiro.

Dove eravamo? – fece il minore dei Salvatore.

Come suo fratello, non si era reso conto di niente. Né lo sguardo vacuo di Jenna, né l'aria tutt'altro che da insegnante di storia che aveva Salzman. E l'unico che, grazie alla sua esperienza, sarebbe stato in grado accorgersene, si era appena dileguato per tenere le innocenti orecchie della donna lontane da quei discorsi.

Elijah scambiò un'occhiata con il nuovo arrivato. Klaus, all'interno del suo involucro umano, accennò un impercettibile sorriso e alzò appena il bicchiere verso di lui.

~~~

Quando si svegliò si sentì smarrita. Era buio e freddo e non capiva dove si trovava. Poi i suoi sensi uscirono dall'intorpidimento e iniziò a sentire la nausea e la testa pesante. Tutti i ricordi della sera prima si affacciarono nella sua testa, mescolandosi e fondendosi in un bizzarro groviglio di sensazioni contrastanti.

Elena si rigirò nel letto e guardò la sveglia sul comodino: le quattro passate. Decise che aveva bisogno di una rinfrescata, perché tanto se sperava di riaddormentarsi in quello stato stava fresca.

Sgusciò fuori dal letto avvolta in un plaid e, stando attenta a non calpestare nessuna, si avviò al bagno. La luce le ferì gli occhi, ma mai quanto la sua faccia pallida e sbattuta le ferì l'orgoglio. Strinse le labbra e, mentre si sciacquava il viso, fece il solenne proponimento di darsi una sistemata l'indomani mattina, uscire da quell'apatica fase di autocompatimento. Perché nessun Damon al mondo valeva tutta quella tragedia.

Quando tornò nella stanza, con la luce alle spalle che illuminava il pavimento, notò che mancava qualcuno all'appello. Un'altra che non riusciva a dormire come lei?

Andò di sotto a controllare e trovò Nora in cucina. Appollaiata su una delle alte sedie, si era preparata un the e lo stava bevendo, tutta sola, nella stanza semibuia.

Ciao. – la salutò sedendosi a sua volta.

Lei mandò giù una sorsata e le sorrise.

Ciao. – rispose – Niente sonno? –

Elena annuì, stringendosi nel plaid. Nora parve notare il suo gesto e, senza chiederle niente, si alzò, prese una tazza e le versò del the dalla teiera ancora fumante. Vedendosela davanti, Elena si rese conto di averne una gran voglia.

Grazie. – mormorò con un sorriso.

Prese la tazza tra le mani: era piacevolmente calda. Per un po' restarono così, senza parlare, ognuna presa dal proprio the e dai propri pensieri. Nonostante il silenzio, nonostante la conoscesse appena, Elena in quel momento sentiva una strana affinità con lei.

Tu non hai detto la tua. –

Si rese conto che lei aveva parlato solo quando, alzando gli occhi, vide che Nora la stava a sua volta guardando. Non era curiosità quella che leggeva nei suoi grandi occhi nocciola, ed Elena non seppe dirsi se questo la metteva a disagio o meno.

Scusa. – aggiunse in fretta – Non dovrei... sono affari tuoi. Quello era solo un gioco da serata alcolica. –

Sono attratta da Damon. –

Le uscì così, senza nemmeno pensarci. Le dita si contrassero sulla tazza. Elena si costrinse a fissare il liquido ambrato.

Non penso che tu sia la prima. – la sentì obiettare.

Elena serrò gli occhi e sospirò.

Lui mi ha costretta... –

Non sei obbligata a dirmelo. – la interruppe con voce ferma – C'ero, ho visto cosa ti stava facendo. –

Non aveva capito. Lei doveva dirlo.

Lui mi ha costretta – proseguì ostinatamente, trovando infine il coraggio di guardarla – ad ammetterlo. –

Seguì un lungo silenzio. Nessuna delle due toccò più il proprio the.

Sai come funziona un incubus? – le chiese d'un tratto, con aria seria.

Elena scosse la testa. Nora annuì tra sé, come se avesse previsto quella risposta. E poi le raccontò ogni cosa: della pagina del diario, della cazzata di Damon di succhiarle il sangue, della sua natura in bilico tra vampiro e demone.

Gli incubi sono demoni antichissimi. – le spiegò – Quella originaria fu Lamia e quando i primi uomini misero piede su questa terra, arrivarono gli incubi e le succubi. –

Elena l'ascoltava, rapita. Stava iniziando a capire dove voleva andare a parere: conoscere le proprie paure aiuta a smitizzarle e quindi ad affrontarle.

È una lunga storia... – liquidò lei agitando una mano – il punto è che gli incubi funzionano così, cioè fanno quello che ti ha fatto lui. Ti scavano dentro, trovano la tua perversione più nascosta e la tirano fuori, la gonfiano a dismisura, inducendoti a lasciarti andare ad essa. –

Ad Elena parve di rivivere ciò che le era successo la notte prima e rabbrividì.

È tutta una questione mentale, ovviamente. – precisò Nora indicandosi la testa – Voglio dire, non si è mai visto un incubus o una succubus giacere fisicamente con qualcuno. Ma quello non è importante per loro, perché ciò di cui si nutrono... sì, il loro cibo, proprio... è l'energia sessuale. Mi capisci? –

Elena annuì, interdetta. Non era sicura di comprendere appieno tutto quello che le stava dicendo, era una cosa decisamente più grande di lei, ma credeva di aveva colto il succo del discorso.

Possono farlo fino ad ucciderti. Ed è questa cosa più terribile! – aggiunse concitata – Anche se per migliaia di anni la Chiesa ha posto l'accento sulla faccenda delle perversioni... ma quella è una cazzata! Insomma, stiamo parlando di demoni, creature soprannaturali in grado di indurre visioni e sensazioni che un essere umano, non solo non può combattere, ma non può nemmeno sopportare! –

Sì, Elena aveva decisamente colto il succo. Le sorrise e annuì.

Grazie. –

Le era sinceramente grata per il suo sforzo.

Nora la occhieggiò timidamente da sopra la sua tazza: – Non c'è di che. –

Ma quand'è che si finisce di stare male? – si sentì dire.

L'angelo distolse lo sguardo.

Mai. – ammise, scrollando le spalle – Col tempo si affievolirà e potrai tornare serena, ma qualcosa ti resterà sempre dentro. –

Ma, Elena, tu devi smettere di alimentarlo. Il senso di colpa, intendo. – la esortò – Perché non è stata colpa tua! È la storia più vecchia del mondo: ad una ragazza succede... qualcosa di brutto... e la colpa di chi è? Sua! Cazzo, è assurdo! –

È dannatamente difficile. – scosse la testa – Io... non sopporto di essere stata così debole, di aver ceduto. Non lo sopporto! –

Ti capisco, tesoro. Davvero. – Nora allungò una mano a stringerle la sua – Ma, sai che c'è? Ti stai giudicando e questo non va bene. La gente non dovrebbe essere giudicata dalle proprie debolezze, ma da come le affronta. –

Elena si chiese come la stesse affrontato. C'era il rifiuto, certo, era palpabile. Ma c'era anche dell'altro: la voglia di andare avanti, di guardare oltre, lasciarsi alle spalle ciò che la stava distruggendo. Quella stessa spinta che poco prima, davanti allo specchio de bagno, le aveva fatto nascere il solenne proposito di uscire da quel gorgo.

Strinse a sua volta la mano di Nora, che non l'aveva mai abbandonata. Adesso le era più grata che mai. Avrebbe voluto poterle essere altrettanto utile. E forse poteva: magari aveva voglia anche lei di confidarsi, di aprirsi con qualcuno che potesse capirla. Elena percepiva, ancora più forte di prima, quella strana affinità. Non sapeva a cosa fosse dovuta esattamente, ma poteva immaginare che fosse qualcosa di simile a ciò che lei stessa aveva vissuto.

Provò a prenderla alla larga.

Tu come l'hai affrontata la tua debolezza? – le chiese cauta.

Nora abbassò lo sguardo e sorrise senza felicità, come se si fosse aspettata quella domanda. Poi bevve un sorso di the e tornò a guardarla.

Non l'ho mai fatto. –

~~~

Sarebbe stato inutile cercare di non riportare il discorso sui binari precedenti. Oltretutto, se Klaus era venuto a conoscenza di quell'incontro, era molto probabile che avesse più informazioni di quante si potesse immaginare.

Elijah si arrovellò su come agire in quella situazione paradossale. Poi prese la sua decisione. E non poteva che essere quella, perché Elijah era un uomo d'onore.

Lo guardò con espressione imperscrutabile: – Possiamo parlare in privato? –

Klaus finse uno stupore che non aveva, scambiò persino con i Salvatore delle occhiate perplesse molto realistiche, e poi lo seguì nel salone.

Si osservarono per un lungo momento, in silenzio. Non avevano bisogno di parlare: dopo millenni l'uno affianco all'altro, bastavano pochi sguardi per capirsi. Elijah dovette ammettere con sé stesso che la persona che meglio lo conosceva era proprio lui.

Fratello. –

Quella parola ebbe l'effetto di infrange la stasi e di dare ad Elijah il metro di quanto Klaus si sarebbe spinto oltre. Perché, per quanto sussurrata, nella sala da pranzo avevano certamente udito quella parola.

Gli si avvicinò con aria innocua: – Credo che tu abbia qualcosa che mi appartiene. –

Era in un corpo umano, valutò Elijah. Virtualmente immortale per via dell'anello magico che portava, ma pur sempre umano. Avrebbe potuto ucciderlo in un istante, risolvendo momentaneamente il problema. Oppure...

Si sfilò di tasca la Pietra di Luna e la soppesò appena. Klaus tese la mano e aspettò in tutta tranquillità.

Vedo che sai ancora riconoscere quando fare cosa giusta. – fece soddisfatto, mentre gli porgeva la pietra.

Fu in quel momento che i fratelli Salvatore decisero di mettere in atto il loro inutile intervento. Perché un attimo dopo lo stregone di Klaus irruppe nel maniero, mandandoli fuorigioco. Elijah osservò la scena senza commentare, poi tornò a guardare suo fratello.

Lui scosse appena la testa e sospirò: – Non avrei voluto arrivare a questo. –

Eppure mi sembra nel tuo stile. – commentò alzando le sopracciglia.

Klaus dondolò la testa e si strinse nelle spalle.

Fratello... – mormorò di nuovo, quasi con affetto.

Gli afferrò la nuca e posò la fronte contro la sua. Elijah ci provò a prepararsi, ma come si fa a prepararsi a qualcosa che non si è mai provato? Lui era l'ultimo, anche se sapeva – aveva sempre saputo – che sarebbe stata solo questione di tempo.

Klaus lo strinse a sé con fare comprensivo: – Accetto le tue scuse. –

Il pugnale lo trafisse nel suo abbraccio. Il dolore fu bruciante e, per un attimo infinito, il cuore parve implodere. Poi fu il nulla.

   
 
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