Note
noiose dell'autrice
(che dovrebbe andare a nascondersi visto l'immenso ritardo
nell'aggiornare).
Ehm, ehm, con un ritardo mostruoso... il decimo
capitolo c'è!
*parte musichetta dell'alleluja* A parte gli scherzi... era da un po'
di giorni che volevo postare, in realtà questo capitolo è pronto da
un bel pezzo, ma non trovavo mai la spinta necessaria per
revisionarlo e portare avanti la storia. La mia ispirazione è una
gran capricciosa e ci sono periodi in cui riesco a scrivere solo
flashfic o one shot. Ma ora il decimo capitolo c'è, e ci sono pure
nuovi elementi inerenti alla trama che, vi avverto, si fa sempre più
assurda. Ho troppe idee in testa, ma prima o poi le cose verranno
svelate, non temente. Uh?
Grazie di cuore alle persone che
seguono questa storia, noto che nonostante le poche recensioni la
fanfic è nelle seguite, preferite e ricordate di un po' di gente **.
Buona lettura! allora.
Oh.
Auguri, Naruto ;)
Potevo
percepire l'odore di Sasuke, mentre camminavo sul pontile.
Percepivo
il corpo di Sasuke accanto.
Un battaglione di farfalle nello
stomaco.
Era lì, era lì, era lì.
Avrei voluto girarmi per
constatare che fosse esattamente così, ma non lo feci.
Aveva
troppo paura di ciò che sicuramente avrei visto.
**
Cap. 10 Eventi inaspettati
Kakashi
Hatake aveva regolato il passo al mio, camminavamo piano sotto la
luna e in faccia ad un mare piatto.
Se non avessi avuto quel
groppo alla gola che avevo dacchè avevo messo piede a Konoha avrei
detto di essere in una delle tante serate che avevo vissuto da
ragazzina o poco più, serate tiepide e piacevoli da passare in buona
compagnia.
Kakashi ed io avevamo sempre avuto un rapporto
privilegiato, uno di quei rapporti di stima e rispetto reciproci
senza bisogno di far vedere l'uno all'altro qualcosa; ero stata una
delle sue migliori allieve e lui era stato uno dei migliori
professori che avessi mai avuto.
Finita la scuola, finito anche il
corso di inglese pomeridiano, le nostre strade non si erano
divise.
Naruto, Sasuke ed Io lo avevamo invitato più volte a
cena, io ero passata spesso a trovarlo per farmi consigliare dei
libri in inglese; ma tutto ciò era durato poco più che un mese e
mezzo, per poco meno di una estate.
La mia – e nostra – ultima
estate a Konoha.
- Non voglio insistere Sakura -
La voce
dell'uomo mi riportò al perchè fossimo lì sul pontile.
Per
parlare.
- Oramai ho detto di sì, non mi tiro indietro -
dissi, ed ero sincera.
Avevo accettato, non potevo né volevo
tornare indietro.
La presenza di Kakashi accanto a me era talmente
tranquillizzante che senza rendermi conto cominciai a parlare;
dapprima piano, scandendo bene le parole che uscivano sfumate, poi a
fiume.
Gli dissi della mia vita universitaria, del lavoro da
tirocinante, dell'incontro con Itachi, gli parlai di Gaara e Tsunade,
di Sasuke.
Gli dissi che avevo un disperato bisogno di notizie sul
conto dell'Uchiha, che non riuscivo più a vivere senza qualcosa che
lo riguardasse.
Che ero una stupida.
Una stupida
ragazzina.
Sasuke, Sasuke, Sasuke.
Alla fine del
discorso fui esausta.
Lui stette a lungo in silenzio.
Ad un
certo punto mi prese per un polso e mi spinse addosso a sé.
Mi
disse che quello era l'ultimo folle gesto.
Non voleva farmi del
male ulteriormente.
Sì, quello sarebbe stato il nostro ultimo
abbraccio.
Eppure stetti talmente bene tra le braccia di
quell'uomo così maturo.
E sapevo, sapevo che alla fine di tutto
mi sarei tormentata al pensiero di cosa era successo.
Del
perchè fosse successo.
Io non amavo Kakashi, lui non mi
amava.
Scoprii però che era come un antidoto, lui, per me.
Ed
io, io non sapevo cosa rappresentassi per lui.
Ad ogni modo,
sarebbe stato così: di gesti folli non ce ne sarebbero stati più.
4
marzo 2009 – Los Angeles -
-
Uchiha Itachi? -
Sakura aspettò una voce dall'altra parte della
cornetta, le labbra tese, gli occhi ridotti a due fessure.
Era la
prima volta che componeva quel numero, aveva preso il coraggio a
quattro mani per averlo.
Lo aveva trovato nella cartella clinica
del defunto Fugaku Uchiha, tra i numeri di cellulare dei parenti.
-
...pronto?
La voce arrivò improvvisa, bassissima, spigolosa.
Roca.
Esattamente
come lei se la ricordava.
- Sono Haruno Sakura –
- Lo so
-
Sakura dilatò gli occhi per la sorpresa, ma avrebbe dovuto
aspettarselo.
Era una donna così prevedibile – pensò.
-
Sbrigati se devi chiedermi qualcosa -
Chiuse gli occhi cercando
di ricordare il perchè avesse deciso di contattare quell'uomo,
parlò solamente quando tutto le fu un po' più chiaro.
- Prima
come stai – disse velocemente, appiccicando le parole. Ma fu
sincera.
Sentì il ragazzo chiudersi in un silenzio pesante per
qualche istante.
- Me la cavo -
Ricevere una risposta
positiva, anche se così breve, la spronò ad andare avanti. Eppure
la voce roca dell'uomo non le sembrò per niente a posto, era come se
egli celasse qualcosa, come se dietro quella timbrica spenta ci fosse
un malessere generale profondo. Lo poteva sentire forte e chiaro ma
non indagò oltre, aveva paura.
-
Sei stato a Konoha tre mesi fa, giusto? -
- Sì -
- L'hai
vista? -
- Yamanaka Ino sta bene -
Sakura arrossì. Come era
stata stupida a non chiamare quasi mai la sua amica d'infanzia. Non
c'era riuscita, più passavano i giorni e più le mancava la voglia e
il coraggio di riascoltare una voce del passato, aveva timore di non
sapere cosa dire, di non riconoscerne addirittura la voce.
-
Naruto Uzumaki, l'hai visto? -
Che domanda retorica; lei sapeva
già che il suo migliore amico aveva intravisto Itachi e ci aveva
pure parlato, seppur per poco. Con Naruto Sakura ci parlava ancora,
seppur sempre meno spesso.
- Questo lo sai già, almeno lui sapeva
molte cose di te, di noi a Los Angeles -
Itachi parve scocciato.
Sakura si morse il labbro.
- Dimmi chiaramente se di sto
disturbando -
- Avanti, continua -
Sakura
inspirò profondamente e arrivò alla domanda centrale.
- Sasuke –
si bloccò, fu strano pronunciare tale nome dopo tanto - ti ha
chiamato mai durante queste settimane? Ha saputo? -
Un altro
lungo silenzio.
- L'ho chiamato -
Sakura si aggrappò alla
cornetta.
- …continua, ti prego -
Sentì il respiro di
Itachi nell'orecchio, era sommesso, era basso, era affannato.
-
Alla decima chiamata mi ha risposto, ho avuto solo il tempo di dirgli
che nostro padre era morto, lui ha cominciato ad urlare -
- ...ma
gli hai spiegato? -
- E' convinto che mio padre sia morto per la
disperazione -
Sakura aggrottò la fronte, ma capì.
- Non ha
lottato con tutto se stesso ma ciò non significa che... -
-
Sakura, Sasuke ha ragione. Mio padre non è riuscito a liberarsi
dalla mafia, però era un uomo solo, negli ultimi giorni la polizia
gli aveva dato la scorta ma lui la rifiutava. Voleva fare da solo,
voleva scontare la pena che diceva meritarsi per aver permesso al
male di raggiungere il suo lavoro -
Sakura capì che Itachi aveva
parlato fin troppo, più di sempre, più di mai. Probabilmente ne
aveva bisogno, probabilmente la sua vita era una solitudine dietro
l'altra. E allora perchè mai Itachi non era rimasto a Konoha con
Ino? Sakura si chiese chi avesse preso il posto del signor Fugaku
nella direzione della ditta di alberghi dopo che la polizia aveva
arrestato ben cinque boss della mafia e aveva dato il via libera
affinchè l'attività riprendesse.
Si era rifiutata di leggere i
giornali.
- Sasuke lo sa? -
- Sapere cosa? Che l'azienda è
stata ripulita dalla feccia? Gliel'ho detto, non ha voluto sentire.
Dice che facciamo schifo -
Sakura appoggiò una mano al muro per
sorreggersi, l'altra che stringeva forte la cornetta.
Stava
imprecando contro un ragazzo che non vedeva da anni e che non le
aveva mai spiegato nulla, che la aveva sempre lasciata all'oscuro di
tutto. Non capiva perchè
lui facesse così, perchè avesse reso tutto più difficile. In fondo
Sasuke non c'entrava, in fondo la madre lo aveva sempre avvolto di
affetto, in fondo...
- Haruno, non pensare che sia finita qui. C'è
molto altro dietro e smettila di fasciarti la testa -
Fu un
rimprovero duro, ma umano.
Lei si stava corrodendo anima e corpo per una cosa che non capiva.
Non riusciva proprio a trovare un senso... Come mai si era lasciata
coinvolgere a quel modo da un uomo? Lui la aveva lasciata, certo, ma
non era successo nient'altro.
Era
una sciocca. Si credeva una eroina romantica. Credeva nelle fiabe e
stava aspettando il lieto fine.
- Sasuke è pieno di rancore,
vero? Crede che Fugaku non lo abbia mai amato e sua madre lo abbia
ingannato in nome di un amore che non c'era -
Sakura si aggrappò
a quel perchè con
tutta se stessa. Era da lì che partiva ogni cosa.
- Ora basta
-
L'ultimo denso silenzio, consensi taciuti.
- Ma io devo
sapere...io devo fare qualcosa... -
Sakura sentì gli occhi
bruciarle, un groppo alla gola.
No, nulla aveva ancora un
senso.
- Restane fuori, continuando a domandarti perchè non
giungerai a niente se non all'auto distruzione -
La
conversazione stava giungendo al termine e Sakura non aveva ottenuto
niente, se non mille domande irrisolte, una nuova rabbia. Era
all'oscuro di tutto, si era presa a cuore il nulla.
- Scusa ancora
il disturbo, Itachi -
Sakura si raddrizzò, allontanò la
cornetta.
- Se vuoi ora sono a Los Angeles -
Un invito
implicito? Sakura sgranò gli occhi.
- … -
E, prima di
spegnere la chiamata, Uchiha Itachi le diede l'indirizzo di casa
sua.
Probabilmente non ci avrebbe mai messo piede – pensò lei –
ma si sbagliava di grosso.
Naruto
brillava di luce propria, incoscientemente ogni individuo gli ruotava
attorno come si fa con un sole, rivoluzione dopo rivoluzione senza
mai fermarsi.
E stavo ruotando pure io, me ne rendevo conto,
quantunque fosse lui a prendersi cura di me puntandomi addosso quel
suo sguardo preoccupato.
Ero un piccolo inutile pianeta che era
attratto dalla forza gravitazionale di quel ragazzo pieno di vita.
Ciò non mi dispiaceva affatto, anzi, avrei voluto gravargli attorno
per sempre; ma sapevo che non poteva essere così: sarebbe bastato un
unico meteorite, un unico corpo lanciato contro di me o contro di
lui, per spazzarmi via nell'universo.
Lo vidi arrivare dalla riva,
molteplici gocce d'acqua lo facevano brillare alla luce del sole, la
dolce Hinata gli ruotava attorno, candido satellite costantemente
nella sua orbita.
Pensai che era bello vedersi arrivare il
proprio sole davanti agli occhi senza scottarsi e non dover muovere
un dito per ricevere da esso attenzione.
Mi limitai a reclinare il
capo su una spalla, a tirarmi leggermente sù con la schiena dalla
sdraio ed ecco che Naruto si chinò al mio cospetto. Un sole così
umano.
- Sicura di non voler farti un bagno? - mi domandò.
-
Sicurissima, sarà per questo pomeriggio – risposi e mi beai della
visione di quegli occhi azzurrissimi, sembravano emanare raggi di
luce. Erano così totalizzanti da farmi mancare il fiato ogni volta.
Luce pura.
Come potevo apprezzare tanto la luce se mi ero
irrimediabilmente innamorata dell'oscurità più profonda?
- Posso
prendere l'asciugamano che c'è sull'altra sdraio? -
Io annuii e
seguii ogni suo movimento, lo vidi allontanarsi di qualche passo da
me, incespicare nella sabbia bollente, sorridere ad Hinata, afferrare
l'asciugamano e portarselo sul corpo, avvolgersi con grinta. Mi
ritrovai a desiderare di trovarmi con lui sotto quell'asciugamano, il
sole doveva avermi dato alla testa.
Con la coda dell'occhio notai
che Hinata aveva uno sguardo così rapito che probabilmente stava
desiderando altrettanto.
Solo che io non lo amavo in
quel modo, la mia non era
attrazione fisica. Era un affetto capriccioso che mi portavo dentro
da anni.
Look at the stars. Look how they shine for
you.
Sobbalzai all'udire la
musica del Coldplay. Non ricordavo di avere “yellow” come
suoneria. Niente come i primi pezzi di questo gruppo esprimeva i miei
stati d'animo.
“Yellow” mi destò bruscamente, aumentando in
volume ogni secondo di più. Giallo...giallo come Naruto, il mio
sole. Trovarmi lì, con quella stupenda canzone in sottofondo alla
visione di una spiaggia impregnata del mio sole mi fece un effetto
strano, non volevo interrompere quel momento. Poi però il ritornello
arrivò e dovetti realizzare che il cellulare squillava
da troppo.
Mi alzai velocemente e da dietro la sdraio dov'era
appeso il borsone tirai fuori il telefonino più scassato e solo del
mondo. Nella fretta non vidi nemmeno chi fosse nello schermo.
-
Pronto? -
- Haruno Sakura? -
Una fredda voce mi entrò
prepotentemente nelle orecchie, acuta, sconosciuta.
Feci una
smorfia e andai ad incrociare lo sguardo dei miei due amici che mi
stavano guardando perplessi.
- Chi saresti tu? - domandai
ricevendo in risposta un sospiro seccato.
- Non ha importanza, sei
Haruno Sakura sì o no? -
Scoprii di avere i nervi a fior di
pelle, la misteriosa interlocutrice non mi ispirava per niente. Se
solo Naruto non mi avesse fatto cenno di proseguire avrei chiuso la
chiamata.
- Sì, cosa vuole? -
- Oh bene, è a Konoha, giusto?
-
Mi sembrava di essere in uno di quegli interrogatori della
polizia, la donna aveva lo stesso tono e la stessa professionalità;
mi domandai se non fosse davvero un ispettore e cercai di riportare
alla memoria cosa mai potevo aver fatto di male.
Mi venne il
dubbio che si trattasse di lavoro, di Los Angeles.
E poi saettò
nella mia mente il nome di Itachi. Credevo che la cosa fosse
chiusa... Credevo di non centrare più niente col caso Uchiha, con la
droga trovata in grandi quantità nell'appartamento di Itachi giorni
dopo il ritrovamento del suo corpo senza vita. Ero stata indagata
perchè i giorni prima ero stata in quell'appartamento, avevo
frequentato il morto.
I
ricordi mi invasero fastidiosi e a stento sentii la voce fredda della
donna al telefono.
- Ma mi stai ascoltando?! -
- Sì, mi trovo
a Konoha. Per piacere mi dica subito chi è lei, è della polizia?
-
Naruto davanti a me lasciò cadere sulla sabbia l'asciugamano e
per poco non mi tolse il cellulare di mano; lo mandai via con una
spinta.
Hinata gli andò vicino e lo prese per u braccio
sussurrando parole che non capii.
- Ha centrato l'obiettivo. Sono
della polizia di Seattle -
Dovetti farmi ribadire il concetto. Mi
rifiutavo di comprendere ed effettivamente mi trovavo in uno stato
confusionale di non poca evidenza.
Riuscii solo a dirmi che se le
cose stavano così Itachi non c'entrava niente.
- Seattle? E'
sicura di non aver sbagliato persona? -
Evitai di osservare il mio
migliore amico in volto, non volevo dargli a vedere che non ci stavo
capendo niente. Guai se intercettava quell'assurda chiamata.
- Ha
un minuto? Anzi, le dà direttamente del tu, odio dare del lei a
voialtri -
Mi
lasciai cadere con la schiena contro il lettino e sospirando forte
annuii.
Una parte di me, nonostante la paura, riponeva grandi cose
in un qualsiasi cambiamento. Anche piccolissimo. Un qualsiasi
cambiamento di situazioni, cose, persone.
Ecco una chiamata, una
donna sconosciuta, una città degli Stati Uniti, la polizia.
- Mi
dica tutto e per favore vada dritta al punto -
Quantunque volessi
apparire sfrontata la voce mi uscì roca.
Ero eccitata e allo
stesso tempo morivo dalla paura.
Fu la presenza dei corpi concreti
di Hinata e Naruto, seduti al bordo del lettino, a donarmi la
lucidità necessaria per affrontare una conversazione del
destino.
Ancora non sapevo a cosa andavo incontro.
15
marzo 2009 – Los Angeles -
-
Sapevo che alla fine saresti venuta -
Itachi osservò la donna
solo occhi, ossa e capelli
rosa che aveva di
fronte e fece un passo alla sua sinistra per lasciarla entrare in
casa.
Quando lei gli passò accanto una zaffata di profumo alle
fragole gli entrò dentro, costringendolo a chiedersi da quanto tempo
non ricevesse visite femminili in quel lussuoso appartamento in
centro a Los Angeles.
- Meno male che c'era il taxista, da sola
coi mezzi pubblici mi sarei persa subito – disse Sakura facendo
echeggiare più e più volte la voce cristallina sulle pareti dello
spazioso salotto.
Le faceva un effetto strano essere in quel
posto così ordinato e chiaro, si era immaginata tutt'altro. Aveva
immaginato un salotto disordinato, un divano sgualcito, una
televisione mignon e vestiti e oggetti sparsi ovunque. Invece lì
dentro c'era dello stile: divano in pelle nera a ferro di cavallo in
fondo alla stanza dinnanzi a un tavolino trasparente, un tappeto al
centro stanza, in fondo una televisione al plasma, enorme. Dalla
parte dove si trovavano loro, all'entrata, svettava una libreria
bianca piena di libri.
Tutto così sobrio.
Sakura sentì la
tensione smorzarsi, era abbastanza a suo agio.
- Devo ammettere
che sei in perfetto orario – asserì Itachi guardando il grande
orologio swatch che aveva al magro polso – diciassette in punto
-
Le prese l'impermeabile rosso che appoggiò sul tavolo quadrato
accanto alla libreria e la fece accomodare sul divano.
Rimase a
guardarla in silenzio per un bel pezzo, cercando di scorgere in quei
lineamenti sottili e in tutta quella magrezza la fonte
dell'innamoramento di suo fratello. Una volta Sakura era molto più
colorata.
Rimanevano
quegli occhi enormi, urlanti, troppo verdi.
Sakura si stava
torturando le mani, sentirsi osservata dallo stesso sangue di Sasuke
la mandava in subbuglio, credeva di essere giudicata, voleva sapere
cosa egli stesse pensando.
- Bell'appartamento – disse di colpo,
cercando timidamente di avviare un discorso qualunque nel disperato
tentativo di rompere il ghiaccio.
Itachi le fu tutto sommato grato
anche se avrebbe potuto continuare ad osservare quella donna per
delle ore cercando di carpire la luce rabbiosa che quelle iridi
speranza emanavano. Una luce repressa.
Ricordava che una volta, a
Konoha, Sasuke gli aveva detto di conoscere gli occhi più eccitanti
al mondo. Più che eccitanti per Itachi sembravano appaganti.
-
E non è finita qui, ci sono altre sei stanze ampie e moderne –
disse in un tono che gli mise solo voglia di ridere. Era ridicolo a
mettersi a discorrere di architettura...
- Okey, la smetto di
tergiversare -
Sakura aveva notato la nota di impazienza nel
corpo dell'Uchiha e non aveva nessunissima voglia di fare la figura
della timida o agitata o... però era tutte queste cose messe
insieme.
Non sapeva nemmeno doveva aveva trovato il coraggio di
piombare in quella casa. (O disperazione?). Tutta colpa di Tsunade la
quale le aveva dato un pomeriggio libero e aveva insistito perchè
lei sapeva.
- Non
farti problemi -
Itachi finalmente si decise a sedersi e prese
posto accanto a lei, sedendosi sul bordo del divano, girato per poter
mantenere il contatto visivo.
In realtà Sakura non aveva alcuno
scopo preciso perchè si trovasse lì, aveva semplicemente bisogno di
parlare e più avanti avrebbe scoperto che aveva essenzialmente
bisogno di quella presenza che
tanto sapeva di Sasuke.
- Come te la passi? Insomma, come va la
vita? -
Lei che si interessava a Itachi, quando i giorni passati
con lui in ospedale non aveva fatto altro che fuggirlo.
Eppure era
sincera.
Itachi capì che ella non voleva andare a parare da
nessuna parte e che, molto semplicemente, voleva sapere se c'era
qualcuno che se la passava peggio di lei. Oppure provava
semplicemente compassione. Ma egli non sopportava la compassione.
-
Non molto diversamente da prima della morte di mio padre, solo che
ora non lavoro più -
Sakura sgranò le iridi, così dilatate
sembravano ancor più enormi su quel volto asciutto.
Così
sciupata, lei, così leggera, eppure aveva uno sguardo sicuro e
sfrontato, quasi saccente.
Itachi ricordava bene tale sguardo
duro, degno di Sasuke Uchiha.
- Avete venduto la proprietà
dell'azienda? -
Sincero interessamento, aggrapparsi anche alla più
piccola informazione. Itachi pensò che di certo l'avrebbe delusa,
non aveva grandi cose da dirle.
- Sì. Definitivamente venduta a
Madara Uchiha, zio di mio padre – rispose sorridendo sprezzante
sulle ultime parole. Quello zio che alla fine, aspettando
lunghi e lunghi anni, aveva ottenuto la sua amata azienda.
-
E ora come fai? -
- Cosa vuoi che faccia, niente di particolare.
Vivo -
Sakura si
ritrovò così catapultata nella voglia di immaginare la vita
dell'Uchiha che aveva lasciato perdere il nome che egli portava con
sé. Una vita diversa dalla sua eppure altrettanto instabile, forse.
Continuava a credere di fare una vitaccia, lei, che pure aveva un
lavoro stabile, uno stipendio buono, una casa, dei familiari. Amava
autocommiserarsi, lo sapeva.
-
Che lavoro ti sei trovato? -
Si pentì di aver fatto quella
domanda, doveva risultare davvero troppo assillante.
Avrebbe avuto
ragione, lui, a non risponderle.
- Dò ripetizioni di economia
aziendale a dei mocciosetti del liceo, di sera faccio il buttafuori
in un locale e poi... -
Itachi s'interruppe, fece roteare i
misteriosi occhi di diverso colore alla volta del volto diafano di
Sakura che s'era sporta verso di lui manifestando di pendere dalle
sue labbra.
La aveva così vicina che gli sarebbe bastato un
attimo per annullare la minima distanza che li separava ed assaporare
il sapore della donna, constatare se anche su di lui quel sapore
avrebbe fatto effetto come era successo con Sasuke. -
Sakura alzò
un sopracciglio interdetta.
No, non s'aspettava proprio una
risposta del genere.
- Cosa? -
Itachi fu sul punto di farlo
davvero, annullare quella labile distanza, ma poi l'immagine
invadente di suo fratello gli saettò nella mente costringendolo a
ritrarsi e a fissare la televisione spenta dinnanzi a sé.
-
Faccio l'addetto al suono -
A Sakura parve di essere piombata in
tutt'altro mondo, un mondo anche più abbordabile laddove Itachi era
un semplice trentenne che ancora viveva di mille lavoretti ma che era
felice così, precario però selvaggio.
Si ritrovò a farsi i
film mentali.
- Discoteca?
Itachi scosse la testa facendo
ondeggiare qualche ciuffo nero scappato alla coda bassa.
-
Hai presente ai concerti quello che sta dietro e si occupa di
equilibrare i suoni? Ecco -
Si alzò calibrando istintivamente
ogni movimento e si diresse alla libreria laddove, sull'ultimo
scaffale, svettavano alcuni cd masterizzati.
- Oh sì metti su un
po' di musica -
Sakura aveva seguito ogni movimento del ragazzo e
ora fissava con speranza il cd che egli aveva tra le mani.
Sarebbe
stato tutto meglio, con la musica.
Una semplice conversazione, un
parlarsi. Non avrebbe mai creduto potesse essere tutto così
naturale. Nonostante il modo
costantemente distaccato di fare l'uomo sembrava gradire la sua
presenza, o almeno non ne era infastidito al punto di mandarla
via.
Le parve di aver fatto una piccola ma importante
conquista.
Eppure c'era qualcosa, in quelle lente movenze di
Itachi, a mandarle in subbuglio lo stomaco. Qualcosa di oscuro, una
cosa che egli teneva segreta.
Quel qualcosa era presente anche
nelle pesanti occhiaie di lui, nelle spalle larghe ma magrissime,
nelle labbra che a momenti si contorcevano in una debole smorfia,
nell'occhio azzurro ghiaccio che congelava le emozioni.
Look
at the stars, look how they shine for you...
Un
pugno in pancia ed il cuore subito gonfio di sentimenti.
- Fix you
– sussurrò Sakura sommessamente e in un attimo si lasciò
trasportare dalle note. La sua anima risiedeva in tali note, ciò era
privo di dubbio.
Un'enorme malinconia le mozzò il fiato.
-
Non cambiare, ti prego – si allarmò Sakura vedendo Itachi
armeggiare col telecomando puntato in direzione dello stereo sotto la
televisione.
Con quella musica triste e piena in sottofondo l'uomo
le parve talmente effimero
che ebbe paura di vederlo scomparire da un momento all'altro. La
macchia oscura nell'essere di lui ora era più percepibile, era come
un marchio indelebile che aveva intravisto anche in Sasuke. Una
specie di buco nero che inglobava per un attimo ogni altra sensazione
o emozione e lasciava l'individuo freddo, distante e poi disperato.
-
Ino me lo ha detto -
Itachi provò piacere nel pronunciare così
ad alta voce tale nome di donna ma non volle spingersi più in là.
Ino era lontana, Ino doveva essere felice.
Sakura
non capì. Le rimbalzò per la mente soltanto quel nome.
- Che ami
i Coldplay. Mi ha detto che ogni volta che sente la voce di Chris
Martin attraverso qualche radio le vieni in mente tu e difficilmente
sparisci -
Vedere la dottoressa Haruno Sakura gonfiare il petto e
portarsi una mano davanti alla bocca in segno di un triste stupore
fece uno strano effetto a Itachi. Si chiese come mai quella ragazza
si fosse isolata dal mondo, dalle vecchie conoscenze. Come mai avesse
reso tutto più complicato per un ragazzo che ad un certo punto non
s'era fatta più vedere. Ma Itachi non poteva parlare, anch'egli
complicava le cose: stava lontano da Konoha, da Ino Yamanaka e non
aveva una ragione concreta per fare ciò. E poi chi mai lo avrebbe
creduto se avesse detto che Konoha gli faceva male senza
Sasuke?
Lights will guide you home...
La
canzone stava per finire, il cuore per svuotarsi definitivamente. Lei
sapeva che era vicino il momento in cui la propria emozione
indefinibile si sarebbe incanalata in un pianto stupido e a dirotto.
Piangeva sempre, ad ascoltare tale canzone. E da masochista quale era
con se stessa la ascoltava con tutta se stessa.
I will
try...
-
To fix you -
Lo dissero all'unisono.
Voce femminile mozzata dal
pianto e bassa voce maschile si unirono momentaneamente, così
straordinariamente intonate assieme. A Sakura piacque l'intrecciarsi
delle loro voci. La confortò e le permise di lacrimare gocce più
dolci.
- Faccio
pena, lo so – mormorò arrabbiandosi con se stessa.
Era proprio
una donna depressa – si disse – doveva andare a farsi controllare
da uno psicologo. Erano giorni che si proponeva di farsi dare una
mano esperta.
- Non fai pena, sei semplicemente sciocca -
Itachi
non si pentì minimamente di aver detto una cosa simile, lo pensava
davvero.
Un po' come la canzone che era appena finita: quella
ragazza aveva bisogno di ricostruirsi. Qualcuno avrebbe dovuto
rimetterla in sesto
perchè adesso aveva perso la via di casa.
Sakura Haruno era una
debole sciocca. Innamorata dell'amore romantico e per questo
fregata.
E lui cos'era allora?
Di
certo era più complicato e instabile di lei.
Viveva una
vita che lo avrebbe portato all'autodistruzione.
Vita
che tra l'altro aveva sempre meno voglia di vivere, senza un paio di
occhi azzurri a ricordargli cos'era l'amore. Eppure lui stesso
allontanava, tali iridi color del cielo. Non avrebbe potuto
rivederle, non ne avrebbe avuto la forza. Come tornare per poi
ripartire? Come fermarsi a Konoha se era sempre ripartito?
Viveva
un circolo vizioso che stava per chiudersi.
Di questo era assurdamente convinto.