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Autore: laramao    11/10/2011    1 recensioni
Una nuova alleanza si sta formando all'interno di Alagaësia. Le forze di Galbaorix crescono a dismisura e Eragon e Saphira, insieme ai Varden, dovranno trovarsi di fronte ad un nuovo drago, con o contro di loro. Alagaësia vedrà affrontarsi amori, tradimenti, scelte difficili che non solo il nostro Argetlam dovrà affrontare, ma che ognuno dovrà, nel suo piccolo, prendere. E fra le perdite, la vittoria sarà del più puro dei cuori.
" - E questo è il mio, Eragon - la sua mano si allungò verso il Cavaliere, mentre questo la prendeva delicatamente fra le sue. Piangeva, perchè l'aveva appena ritrovata, per poi perderla nuovamente."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Uru’bean


Eragon provò più e più volte a contattare Saphira ma la distanza che li separava era troppa anche per il loro contatto. Non era la prima volta che si allontanava da Saphira, ma ogni volta sembrava come la prima. Se non peggio.
Avevano parlato molto di come fare, di come comportarsi qualora uno di loro fosse stato catturato, e sia Elvin che Roran avevano convenuto che fosse Roran a portare le vesti di Eragon.
Galbatorix ne conosceva le sembianze, e per ore erano stati a pensare a come poter fare quando Eragon aveva pronunciato le parole che avevano tolto ogni dubbio:
- Esiste un incantesimo che permette di cambiare le sembianze di un essere umano, ma il dispendio di energie è enorme.
Sarebbe stato Roran a divenire Eragon, così da evitare che l’unico Cavaliere di Drago che poteva salvare Alagaesia venisse rapito. Si sarebbero invertiti i ruoli appena fuori Uru’bean.
Quella notte Eragon non dormì. Sia per il desiderio di sentire Saphira, sia per l’ansia che gli metteva quella missione. Cosa avrebbe fatto se Galbatorix avesse preso Roran? E quando l’incantesimo si sarebbe esaurito? Sicuramente a Roran sarebbe toccata una sorte ben peggiore della morte.
Penso a Katrina, e alla speranza che riponeva nel ritorno di Roran sano e salvo. Ma più cercava di convincersi, e più vedeva la cosa impossibile.
E’ come una nuvola di nebbia dentro la quale non si vede niente.
Da Oromis aveva imparato ad ascoltare la natura, gli esseri viventi che aveva intorno e dai quali i Cavalieri prendevano la forza per la loro magia. Aveva imparato anche a divinare un po’ il futuro, ma Arya lo aveva interrotto subito, furiosa per l’atto compiuto. Diceva che era pericoloso, e Eragon gliene dava atto, e che mai il futuro è realmente quello. Prevedibile, ma non certo.
Eppure Angela, tempo addietro quando ancora era con Brom, e a quel pensiero gli si strinse lo stomaco, aveva indovinato tutto ciò che gli era accaduto dopo. O comunque, la maggior parte.
Sospirò cercando di ascoltare il vento che gli smuoveva i capelli.
Si era offerto lui di fare la guardia, e Roran l’avrebbe rimpiazzato quando fosse stato stanco, ma non si sentiva, e arrivò alla mattina seguente senza aver svegliato il cugino.
- Sei pazzo? Se non riposi sì che la missione andrà a rotoli! – aveva detto Roran quando si era svegliato e aveva visto che era giorno.
- Scusa. Ma non avevo sonno
Roran non aveva replicato, ovviamente dopo avergli dato dello stupido, sapendo in cuor suo che Eragon non era più il ragazzino di 15 anni che non riusciva a prendere un cervo come si doveva, bensì ora l’unica persona in Alagaesia capace di battere Galbatorix.
Non avrebbe mai pensato che lui potesse diventare un Cavaliere, e anche quando a Carvahall erano giunte voci di un nuovo paladino, lui non aveva minimamente pensato ad Eragon. Eppure guarda adesso. Penso fissando il cugino che si metteva in spalla lo zaino di Elvin.
La ragazza stava raccogliendo le coperte e legandole allo zaino ora in spalla al cavaliere, i pensieri a Uru’bean e a Murtagh.
Ripartirono senza neanche aver fatto colazione, tutti con lo stomaco vuoto, diretti verso Uru’bean.
Elvin vi aveva vissuto per un periodo, col suo maestro, proprio al centro del male, ma ritornarvi ora, e come ribelle, le faceva uno strano effetto. Non solo perché era il luogo dove aveva seppellito il suo salvatore, ma anche perché poteva non uscirvi più.
Camminava dietro Eragon e davanti a Roran, la disposizione che avevano mantenuto per tutto il tragitto fino a lì. Aveva scoperto molto su Roran ed Eragon, come che i due erano cugini da parte di madre, e che lo zio di Eragon era stato ucciso dalle bestie chiamate Ra’zac, le stesse che avevano attaccato il suo villaggio, e che era stata a colpa del l’uovo di Saphira capitato ad Eragon. Aveva scoperto che gli abitanti di Carvahall avevano trovato il coraggio di ribellarsi ai soprusi dei soldati di Galbatorix, e che Murtagh e Eragon erano fratelli da parte di madre.
Non lo avrei mai detto.
Camminarono tutto il giorno quando finalmente, verso sera, giunsero in prossimità di Uru’bean.
La città fortezza si ergeva alta al centro di una distesa di terra arida dove pochi alberi spuntava qua e là. Il fiume Ramr che scorreva accanto quasi completamente prosciugato. Elvin si sentì stringere il cuore. La cattiveria di Galbatorix si riversava su qualsiasi cosa vivente.
Aspettarono la notte prima di muoversi. L’incantesimo non sarebbe durato nemmeno 12 ore a causa dell’energia che avrebbe dovuto usare e non potevano permettersi di perdere tempo prezioso coi preparativi.
Lasciarono gli zaini dietro a delle rocce. Indossarono i mantelli cercando di coprire le armi che tendevano a spuntarne fuori. Roran e Eragon si guardarono per un tempo che a Elvin sembrò durare all’infinito. Poi Eragon si sedette e intimò il cugino di fare lo stesso. Aprì le mani congiungendole con quelle del cugino e cominciando a recitare una melodia nell’Antica Lingua.
Roran sentì un brivido lungo le braccia e poco dopo una grossa fitta alla schiena, laddove Eragon era stato ferito da Durza durante la battaglia nel Farthen Dur. Chiuse gli occhi sentendo i dolori al corpo aumentare. Quando li riaprì sembrava che nulla fosse cambiato, tranne il fatto di ritrovare se stesso innanzi.
Sbatté un paio di volte le palpebre prima di rendersi davvero conto di essere Eragon e Eragon lui.
- Fa uno strano effetto – disse guardandosi le mani e il segno a forma di drago, mentre Eragon si alzava rimettendosi il cappuccio sul viso.
- Andiamo, non c’è tempo da perdere – pronunciò.
Scesero veloci e attenti a non far rumore, filando dietro gli sporadici cespugli secchi che si stagliavano qua e là, raggiungendo il piano poco dopo.
Si appiattirono, osservando una guardia che spariva dietro l’angolo di mura. Roran tirò fuori la pianta.
- A sinistra
Fu Eragon a muoversi per primo, sfilando dietro il muro e attendendo, chiudendo gli occhi e aspettando che la guardia dall’altro lato passasse. Ci volle un attimo, e quella stramazzò a terra senza un suono.
Subito dopo arrivarono Elvin e Roran.
- Lo hai ucciso
- No, è solo svenuto
Elvin alzò lo sguardo sul cavaliere, assorta. Murtagh l’avrebbe ucciso.
Fecero qualche passo dopo aver nascosto la guardia, percorrendo il muro avanti e indietro almeno 3 volte. - Qui non c’è niente! – sbottò Eragon passando lo sguardo dal muro a Elvin.
La ragazza parve frastornata. Eppure era certa che fosse lì un passaggio!
Rimase a rimuginare sul fatto per qualche attimo cercando di capire perché non vi fosse, poi si rivolse ad Eragon.
- Forse Galbatorix li ha sigillati in modo che non si vedessero.
- Li avvertirei
- Sei in grado di percepire la magia di Galbatorix?
Elvin ed Eragon si voltarono verso Roran, che guardava il cugino con sguardo serio. – Lo sappiamo entrambi quanto Galbatorix sia forte, altrimenti non avrebbe conquistato Alagaesia. Sei sicuro che con le capacità che hai adesso puoi scovarne la magia?
Eragon non si aveva pensato prima. Erano giunti lì senza considerare il fatto che lui non sarebbe stato in grado di riconoscere un incantesimo emanato da Galbatorix.
Si morse il labbro cercando una soluzione. Non aveva passato mesi dagli elfi per arrivare a questo punto ed essere inutile!
Cercò dentro gli insegnamenti di Oromis ma non vi trovò niente. Possibile che siamo giunti fin qui inutilmente?
Tre gradi a sinistra rispetto all’entrata.

La voce gli arrivò come un fulmine dentro la testa, facendolo barcollare.
- Eragon?! – Elvin si avvicinò, preoccupata.
Eragon non vi badò. Chi è che era riuscito ad entrare dentro la sua testa con tutta quella facilità? E di chi era quella voce possente che gli vibrava ancora nei timpani?
Si diresse verso il punto indicato dalla voce posandoci una mano, notando con stupore che il muro non c’era. Strinse i denti: poteva essere una trappola come un aiuto. Cosa fare?
Sentì i passi di Roran ed Elvin e il cugino parlare – Eragon l’hai trovata!
Eragon si volse preoccupato – Si ma non da solo
- In che senso non da solo? – stavolta fu Elvin a porre l’interrogativo
- Si. Ho sentito una voce nella mia testa
- Eragon potrebbe essere una trappola! Siamo ad un passo da Galbatorix!
- Lo so, Roran. Lo so! Ma cosa dobbiamo fare? Rimanere qui non servirà a niente. Almeno potremmo dire di aver tentato.
I ragazzi si guardarono velocemente per poi sospirare.
Eragon si voltò verso l’entrata. Chiunque tu sia spero uno di noi.
Entrò cauto, piegando la testa per non batterla al soffitto umido. Si sentiva odore di chiuso e rumore di gocce d’acqua riempivano il silenzio. Bravo a nascondere anche questo. Pensò Eragon mentre avanzava a tentoni, timoroso di accendere una luce. Potrebbe comunque esserci qualcuno. Ah, gli occhi di Saphira qui mi farebbero comodo.
Allungò una mano continuando ad avanzare, quando sentì una scossa alla mano.
Tutto prese a girare e barcollò, finendo col sedere per terra poco dopo.
- Eragon! – Roran lo prese per le spalle cercando di tirarlo su, ma la testa gli girava troppo e cadde di nuovo. Probabilmente uno scudo di Galbatorix.
Sentì le forze abbandonarlo e grida perforargli il petto. Saphira. Poteva davvero finire così? Avrebbe abbandonato i Varden e tutta Alagaesia per una scossa?
Chiuse gli occhi ingoiando e trovando la gola secca. Sono proprio un Cavaliere perdente. Anzi, non merito quel nome…
Wiol ono.

Si sentì improvvisamente riprendere e spalancò gli occhi, tossendo forte. Ancora quella voce, ancora quel riverbero nella testa.
- Eragon! Eragon stai bene?! – si voltò incontrando lo sguardo preoccupato di Elvin.
Annuì tirandosi su e evitando di rispondere alle domane di Roran. Ci capiva poco lui, il tempo stringeva, e non potevano perdersi in discorsi troppo lunghi. Là dentro inoltre non aveva cognizione del tempo che poteva passare. Ma continuava a domandarsi chi fosse ad aiutarlo, perché ora non aveva dubbi: qualcuno lo stava aiutando.
Mosse la mano e mormorò flebili parole, senza però sentire alcun rumore. Rimase immobile cercando di capire cosa dovesse fare, poi prese coraggio e allungò nuovamente la mano. Non svenne di nuovo, ma davanti a lui la barriera continuava ad esserci.
Riprovò e riprovò formule su formule ma anche con gli insegnamenti ricevuti da Oromis non riuscì a fare niente. Non che avesse sperato di battere gli incantesimi di Galbatorix con facilità, dopotutto non era un caso se Galbatorix era aveva sconfitto tutti i Cavalieri di Drago, però sperava comunque di poter fare qualcosa.
Se Saphira fosse con me avremmo avuto una possibilità in più. Né Roran né Elvin avevano fiatato per tutto il tempo, rimanendo a fissare il buio che non accennava a schiarire. Elvin non si era mai ritrovata così tanto al buio. Da piccolo ne aveva avuto paura, ma ora si rendeva conto che era confortante non vedere niente, ascoltare soltanto e udire i suoni più acuti e raffini di quello che invece sentiva quando la vista le procurava immagini.
Mosse istintivamente la testa verso Eragon, percependone il calore, mentre a causa dello spazio stretto i suoi piedi toccavano quelli di Roran, seduto innanzi a lei. Si sentiva il sedere fradicio a causa dell’acqua all’interno del canale, ma non aveva il coraggio di fiatare: le preoccupazioni erano maggiori.
Ad un certo punto Eragon si mosse, voltandosi probabilmente, e fissando i due compagni. – Di qui non si passa.
I due si alzarono e Roran quasi batté la testa – Come non si passa?
- No, non riesco a forzare la barriera.
Ci fu un attimo di silenzio, quando Eragon parlò di nuovo – Ma probabilmente da dentro la barriera è più debole.
- Ma vorrebbe dire entrare all’interno del palazzo di Galbatorix dalla porta principale! – disse Elvin, fissando stupita il buio innanzi a sé dove si trovava Eragon. Questo rispose:
- Si, vorrebbe dire passare dalla porta principale.
- E sei sicuro che dall’interno sia più facile infrangere la barriera?
- No, è solo una possibilità.
Roran parve soppesare sulla risposta di Eragon. Sapeva che era una missione rischiosa, e sapeva di poter non tornare da Katrina, ma ciò che dovevano fare adesso era letteralmente un suicidio!
Strinse i denti sentendo la mano formicolare.Le avevo promesso che sarei tornato.
Non era l’unico a pensarlo, però; anche Elvin sentiva come una morsa al petto, una paura cieca torturarla alla sola idea di doversi infiltrare dentro la casa di Galbatorix. La sua fortezza, il suo palazzo. Laddove il potere massimo era concentrato.
- Ma dobbiamo decidere in fretta – pronunciò Eragon, capendo cosa potesse passare nella mente dei due compagni.
- Penso non ci sia altra scelta – proclamò Roran, facendo un passo indietro – Ma come pensi di fare?
- Sicuramente non possiamo parlarne qui. La guardia rischia di risvegliarsi e di certo non riusciremo ad entrare stanotte, immagino che l’alba stia per sorgere. – aveva imparato a contare le ore e i giorni, all’incirca, quando si era ritrovato nel Farthen Dur, e ora gli tornava semplice capire più o meno che ore dovevano essere.
Roran annuì – Non possiamo coricarci fuori da Uru’bean però, è rischioso
- No – Eragon raccattò l’arco che aveva poggiato a terra – Non possiamo, e inoltre sprecheremo tempo domani per entrare ad Uru’bean quando possiamo farlo stanotte.
- Stanotte? – Elvin parve stupita – Come?!!
- Come mercanti. È rischioso ma una volta dentro avremo fatto un passo avanti
- E come la metti coi controlli? – Roran sbuffò sonoramente, come se vedesse il cugino improvvisamente stupido.
- Incantesimi
- E pensi che Galbatorix non abbia delle guardie capaci di sentirne la presenza?
- Roran, stai parlando con un Cavaliere dei Draghi. Non sono andato ad Ellesméra a passare una vacanza.
Gli aveva risposto male, lo sapeva, ma odiava quando la gente metteva in dubbio le sue capacità. Non si reputava un Cavaliere di grande potere, ma di certo sapeva di non essere un novellino. Ho battuto Murtagh che era stato allenato da Galbatorix. Una guardia non sarà un problema.
In più aveva il pensiero fisso di quella voce, sicuro che l’avrebbe aiutato ancora.
Uscirono dal canale con prudenza, guardandosi attorno prima di sbucare fuori completamente. La guardia era dove l’avevano lasciata.
Eragon le si avvicinò e le cancellò quella parte di memoria riguardante la loro venuta, posandogli in mano una bottiglia di vino. A Brom funzionò. Pensò Eragon ricordando Brom che faceva svenire una guardia e le posava in mano una bottiglia pronunciando: “Le guardie si ubriacano spesso”. Speriamo. In effetti quella missione era tutta una speranza. In molti avevano fiducia in lui e speravano nella sua riuscita, ma era lui che sperava andasse tutto bene.
Si allontanarono dalle mura tornando laddove avevano lasciato le cose più ingombranti. Lasciarono le armi troppo ingombranti, portandosi dietro solamente coltelli e pugnali. Eragon soppesò Brisingr prima di fasciarla dentro degli stracci e metterla assieme agli zaini, come a sembrare un palo di legno o un pezzo di prosciutto.
- E’ rischioso – aveva detto Roran quando l’aveva visto
- Lo è di più non portarla – Eragon lo sorpassò con in spalla lo zaino. L’incantesimo sarebbe durato ancora poco più di 6 ore, ma le guardie conoscevano il suo volto e Roran rischiava. Si voltò per poi prendere delle fasce e passarle ad Elvin – Coprigli il volto come a farlo sembrare malato. Se diciamo che ha la pelle corrosa, le guardie lo faranno passare.
Detto questo si rimise in marcia mentre Elvin adempieva al compito datogli dal cavaliere.
Raggiunta la porta d’entrata, Eragon si fermò: una lunga fila di persone si stagliava innanzi a loro. Erano per lo più persone povere e malandate che portavano con sé onori e denari per ingraziarsi Galbatorix. Eragon sentì la rabbia crescere. Era così che si comprava i sudditi quel mostro?
Si misero in fila, attendendo il loro turno.
- Ci vorrà una vita – sussurrò Roran da sotto le bende, facendo un passo avanti e lanciando uno sguardo alla famiglia dietro di loro. Erano una madre e due bambini, mentre il padre reggeva un grosso carro. La bimba era malata.
Eragon fissò avanti a sé fino all’inizio della coda. Le guardie erano lente e molte persone venivano private dei loro averi e poi mandate via in malo modo. Guardò a terra. L’incantesimo non sarebbe durato abbastanza e loro non avevano tempo da perdere.
Socchiuse gli occhi e pronunciò due flebili parole. In pochi istanti si ritrovarono i terzi della fila.
Elvin parve spaesata e guardò Eragon interrogativa. Di tutta risposta lui le strizzò l’occhio.
- Il prossimo! – urlò una guardia dopo aver fatto entrare due uomini con tre ciuchi.
Eragon si fece avanti lentamente, la schiena leggermente curva – Vogliamo venire a dare i nostri servigi al grande Galbatorix – gli costò una fatica immensa pronunciare quella parola, quell’onorificenza che neanche si meritava quel verme, ma non era per se stesso che lo faceva.
La guardia lo squadrò da capo a piedi per poi aprire le loro borse, incontrando il pacco chiuso dove dentro risiedeva la spada.
- E qua che c’è? – tuonò, rivolto ad Eragon
Questo alzò lo sguardo indicando Roran – Un suo braccio, come vede, è malato gravemente.
- E’ contagioso?
Ha paura in un’epidemia. – No. Non lo è
- Chi me ne da la conferma?
- Nessuno.
La guardia passava il suo sguardo da Eragon a Roran che si sentì raggelare nelle vene. Non ce l’avrebbero fatta.
Poi la guardia restituì loro gli zaini, spostandosi e facendoli passare. La cosa fu così svelta che Roran non si chiese se Eragon aveva usato qualche suo trucco. La verità era che se sei onesto la gente ti crede.
Sorpassarono la porta e si ritrovarono davanti un’immagine che, da ciò che sapevi delle leggende, non ti saresti mai aspettato.
La città brulicava di gente che andava in su e in giù di gran fretta. Mercanti che vendevano spezie, ori, e ornamenti di vario tipo, bambini che si rincorrevano e che si tiravano il fango, e donne che scambiavano quattro chiacchere quando incontravano qualcuna che conoscevano.
Elvin vi aveva vissuto e sapeva che Uru’bean era l’unica città viva di tutta Alagaesia, ma per Roran ed Eragon la cosa era alquanto stupita. Forse non sarebbe stato così difficile muoversi tra tutta quella gente. Eragon alzò lo sguardo innanzi a sé, verso il castello che troneggiava al centro della città, leggermente elevato ma senza superare le mura.
Sono così vicino.
Sentiva il cuore battere all’impazzata e una forte paura assalirlo. Lì, proprio a pochi metri da lui, si trovava Galbatorix, il suo acerrimo nemico.



Ok, non sono sicura che questo capitolo sia venuto bene però non volevo fosse così facile aprire un varco ai Varden, dopotutto stiamo pur parlando di Galbatorix no? Eragon adesso è davvero vicino all’uomo che sta distruggendo Alagaesia e il quale è causa della morte di suo zio e di tutte quelle del popolo che ancora ha il coraggio di ribellarsi. La causa della fine di Carvahall, del ritorno di Roran, della perdita di un fratello. Vicino, ma ancora non è il momento di ucciderlo.
stefy_81 quesiti che spero via via tu possa capire, o comunque, se hai dubbi, chiedi pure ;) Un onore è per me avere te che leggi e che ti appassioni alla mia storia, mi rende davvero molto felice, credimi. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto; sto aggiornando il più in fretta che posso!

Bè alla prossima ;)
  
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