Serie TV > Criminal Minds
Segui la storia  |       
Autore: Montana    13/10/2011    3 recensioni
Una ragazza scampata alla strage della sua famiglia a soli 5 anni, non parla, si esprime solo con la musica.
Il suo serial killer è tornato a cercarla.
Ma questa volta con lei ci sarà un ragazzo dai capelli castani, e la sua squadra di esperti, pronti a proteggerla.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Veronika Gordon 2007-2012'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Intervallo
 
Conservatorio di Washington, settembre 2002
 
Un ragazzo coi capelli scuri e una serie di tic se ne stava seduto su una poltroncina ad aspettare, scuotendo piano la testa appoggiata alle mani.
Aveva sbagliato qualche nota, lo sapeva perfettamente. Quel La che era un Fa, santo cielo, l’aveva provato almeno un milione di volte. Ma niente, aveva sbagliato anche questa volta.
Dettato, solfeggio, trasporto, cantato: aveva preso 10 nei primi due e 9 negli altri.
Non potevano bocciarlo. Suo padre non l’avrebbe mai perdonato.
La porta di legno si aprì e fece capolino la donna che l’aveva esaminato “Ronald Sanders?” chiese. Lui si alzò in piedi di scatto, lisciandosi ancora la camicia più che liscia. Qualcuno nella sala sospirò.
“Entri, la prego.”
Ronald Sanders seguì la donna dentro l’ufficio, sperando che avesse solo buone notizie da dargli.
E invece quella donna si accomodò di fronte a lui, lo guardò dritto negli occhi (si può guardare una persona negli occhi portando gli occhiali?) e gli disse “Signor Sanders, mi dispiace ma purtroppo lei non è stato dichiarato idoneo ad insegnare in questo conservatorio.”
E in un istante, tutto il mondo che Sanders si era costruito attorno, gli crollò addosso.
 
Parcheggiò la macchina nel viale, spense il motore ma rimase dentro altri cinque minuti.
Sudore gelido e vischioso gli bagnava la spina dorsale, le mani dalle unghie sanguinanti e dalle nocche mordicchiate stringevano spasmodicamente il volante.
Col respiro affannoso riuscì a staccarle e ad uscire dall’auto.
Le mani gli tremavano così tanto che riuscì ad infilare la chiave nella toppa solo al terzo tentativo.
“Papà, sono a casa.”
Sperò con tutto il cuore che suo padre stesse dormendo, o non si ricordasse di cosa doveva succedere. Invece eccolo spuntare dalla porta della sala, coi suoi spessi occhiali rettangolari (nemmeno lui lo guardava mai negli occhi, se non quando voleva arrabbiarsi con lui).
“Allora Ronald, com’è andata?” gli chiese sorridendo. Quel sorriso aveva la capacità di terrorizzarlo ancora di più.
“10 nel dettato e nel solfeggio, 9 nel cantato e nel trasporto.” disse tra i denti, come se pronunciare ogni parola fosse come una fatica immane.
“E la prova pratica?”
Si rese conto che non voleva rispondere a quella domanda. Non poteva.
“Ho fatto un errore, quel solito Fa..”
“Idiota. Quante volte ti ho detto di stare attento quando suoni?”
Sanders strinse forte i pugni “Tante, papà. Avrei dovuto darti ragione, papà.”
“Allora, com’è andata?”
“Mi hanno bocciato, papà.”
 
La guancia gli doleva ancora.
L’intero viso gli doleva, in realtà.
Per non dire addirittura l’intero corpo.
Il rossore provocato dallo schiaffo di suo padre era come un tatuaggio stampato sul suo viso, un tatuaggio che recava la scritta DELUSIONE.
Anche se erano passati tre giorni, anche se suo padre ormai l’aveva cacciato di casa e lui viveva nel retro di quel negozio di armi dove aveva trovato lavoro.
“Scusi, potrebbe darmi delle munizioni per questa pistola?” gli chiese la donna che aveva davanti.
“Ce l’ha il porto d’armi?” chiese, anche se stava già trafficando sotto il bancone alla ricerca dei proiettili giusti. 45mm.
“Non ce l’ho dietro, va bene comunque?”
“Certo.”
Non andava bene per nulla. Quella donna poteva uscire e uccidere qualcuno, e la colpa sarebbe stata solo la sua. Eppure le vendette le munizioni senza battere ciglio.
Forse perché dopotutto era quello che voleva fare anche lui. Uscire, andare da suo padre e piantargli un proiettile in mezzo agli occhi.
Scosse la testa, cercando di togliersi quel pensiero dalla mente.
Uccidere non sarebbe mai stata la strada giusta.
 
Il telefono stava suonando. Chissà da quanto lo stava facendo, pensò alzandosi e scendendo di sotto.
“Pronto?” chiese con voce impastata dall’alcool ancora dalla sera prima.
“Ronald Sanders?”
“Sì.. chi parla?”
“L’Ospedale. Suo padre, Gordon Sanders..”
“So chi è mio padre. Cos’ha fatto?”
“È  morto.”
Silenzio.
“Se vuole possiamo provvedere noi al funerale, deve solo portarci i vestiti..” proseguì con voce flebile l’infermiera dall’altra parte: li aveva visti e sentiti litigare ogni volta, aveva visto Ronald andarsene praticamente in lacrime ogni giorno inseguito dalle parole del padre: tu non sei più mio figlio.
“Sì, grazie. Mi fareste enormemente piacere.” rispose lui con la voce roca.
“Suo padre.. avrebbe voluto una musica particolare?”
“Faccia lei.”
 
“Polvere eri, e polvere ritornerai.”
Ronald Sanders fece un passo avanti e posò una rosa bianca sulla bara di suo padre, mentre la musica aleggiava tra i pochi presenti.
Il Minuetto e Trio di Mozart.
Non avrebbero potuto fare scelta peggiore.
Per lui non aleggiava solo la musica, lui riusciva chiaramente a sentirlo, suo padre. Da dentro la bara di legno. “Tu non sei più mio figlio.”
“Figliolo, se vuoi parlare con qualcuno..”
Persino quel prete era più affettuoso di suo padre.
Si scostò violentemente “No, grazie. Sto bene.”
Non stava bene.
Entrò in macchina, guidò fino al negozio dove lavorava, andò nel retro a prendere le sue cose e lasciò un biglietto a proprietario “Mi licenzio, ho preso la paga dell’ultimo mese.”
Non prese solo quella. Con sé prese una 9mm e tutte le munizioni che riuscì a trovare.
 

Montana, aprile 2011
 
La pistola era gettata sotto il sedile del passeggero, il più lontano possibile da lui.
Sentiva ancora l’odore della polvere da sparo e del sangue delle sue ultime vittime.
Sentiva ancora le loro voci.
Dei genitori, ovviamente. Erano loro che supplicavano, soprattutto le madri. Come se credessero veramente che un po’ di piagnistei potessero salvarle.
“Salva almeno mio figlio!”
C’erano fin troppi bambini cresciuti senza genitori, lui non avrebbe mai aiutato ad incrementare il numero.
Veronika Gordon era una di loro. Tutti quei federali, e i nonni, e i poliziotti che cercavano di proteggerla.. erano davvero sicuri che fosse la cosa più giusta da fare?
Dopotutto non le era stata permessa un’infanzia, e come lui ben sapeva non era una bella esperienza. Probabilmente quella ragazza avrebbe di gran lunga preferito essere morta ed essere rimasta coi suoi genitori.
Era inutile, cercare così stupidamente di proteggerla.
Perché lui l’avrebbe trovata, e l’avrebbe uccisa, senza che riuscisse a guardarlo negli occhi.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Criminal Minds / Vai alla pagina dell'autore: Montana