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Autore: lexy90    14/10/2011    7 recensioni
“E le senti le vene, piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai.
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone”
Kei Hiwatari durante il suo percorso ha perso la retta via, ha commesso errori e ha compromesso tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo è cresciuto, è cambiato, ha scoperto nuovi interessi e nuove prospettive. Spetta solo a lui prendere in mano le redini della sua vita e darle un senso, un qualcosa per cui lottare, una ragione per esistere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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So solo che ti dirò

Vale la pena vedrai

Da adesso in poi

 

 

 

 

 

 

 

Going Away

 

 

 

 

-Avete più sentito Kei?-

Nonno J seduto al tavolo della cucina pose quella domanda ai tre ragazzi non appena finita la cena, mentre se ne stavano seduti a chiacchierare davanti a una coppa di gelato per combattere il caldo di agosto.

-L’ultima volta qualche giorno fa- rispose Max dopo averci pensato su.

-Lo sapevo che non dovevamo lasciarlo partire!-

-Takao, cosa stai dicendo?- lo rimproverò Rei.

-La verità! Sai che potrebbe non tornare!-

-In quel caso ce l’avrebbe già detto-

-Stiamo parlando dello stesso Kei?-

-Afferrato, ma non fasciarti la testa prima di essertela rotta-

-In effetti aveva detto sarebbe stato via un mese..- Max venne in soccorso del giapponese.

-..e ha già sforato di due settimane!- finì Takao reggendosi la testa con la mano.

-Vorrà sfruttare il tempo che ha a disposizione per stare con Yuri e gli altri- cercò di consolarlo Rei, ma senza riuscirci.

-Sei troppo positivo- sbuffò l’altro.

-Sarebbe una decisione legittima, comunque, quella di rimanere a Mosca..- intervenne Nonno J -..e tu in tal caso dovresti rispettare il suo volere!-

-Quindi anche tu pensi che potrebbe accadere!- esclamò puntando il dito verso il parente.

-Io metto in conto tutte le possibilità-

-Uffa.. quel ragazzo mi farà impazzire prima o poi!- concluse Takao infilando il cucchiaio nella vaschetta del gelato per prendere l’ennesima porzione, facendo scoppiare tutti a ridere.

-Affoghiamo i nostri dispiaceri nel gelato, bravo!- lo prese in giro Max imitandolo.

 

Era abituato alle occhiate delle persone che gli passavano accanto e ancora più a quelle di rimprovero o di ammonizione, non che in quel momento non se le meritasse: era seduto per terra a gambe incrociate in un luogo di passaggio e fumava una sigaretta incurante se vi fosse il divieto o meno. In ogni caso si sentiva libero di non spostarsi e non gli pesavano i borbottii delle poche persone che lo superavano con chissà quale espressione dipinta in volto.

Non faceva comunque niente che fosse degno di nota, se non osservare il nome scritto in lettere dorate sulla superficie marmorea e ogni tanto prestare attenzione alla fotografia affiancata ad essa, vecchia di qualche anno di troppo rispetto alla data segnata poco più sotto.

Lasciò cadere la cenere a terra incurante dei passi che sentiva avvicinarsi.

-Devo iniziare a pensare che tu sia diventato credente?- chiese una voce alle sue spalle.

-Non sia mai- rispose placido Kei.

-Domenica mattina, a pochi metri di distanza da una chiesa.. e non è la prima volta!-

-Sei venuta a farmi la predica?-

-No-

Dana si abbassò all’altezza di Kei e infilò un piccolo mazzo di fiori nell’apposito spazio del loculo nella fila più in basso.

-Hai mai sentito parlare dell’usanza di portare i fiori?- cercò di scherzare la ragazza.

-Sì, da qualche parte..- la assecondò con un mezzo sorriso.

-Sarebbe carino se lo facessi anche tu allora!-

-Ci penserò-

Dana si guardò intorno circospetta, prima di decidere di sedersi per terra insieme all’amico.

-Che cosa sono?- chiese lui osservando i fiori che sembravano delle margherite, ma molto più grandi e con i petali arancioni.

-Non lo so, ma mi piacevano!-

Kei spense la sigaretta a terra e alzò finalmente lo sguardo sull’altra che lo squadrava come in attesa.

-Non è che mi stai cadendo in depressione?- cercò di metterla sul ridere.

-E’ che è un buon posto per pensare.. i morti sanno essere davvero silenziosi e discreti-

Dana rise e iniziarono a parlottare, senza rendersi conto di aver alzato il tono della voce e di essersi girati fino ad essere l’uno di fronte all’altro, apparentemente dimentichi dell’ambiente nel quale si trovavano.

-Lo so che nelle ultime settimane in pratica non abbiamo parlato d’altro, ma.. hai ancora deciso?-

-Ci sto arrivando-

-Ti conviene sbrigarti.. siamo a metà agosto!-

-Ho chiesto a Yuri se potevo prendere in considerazione anche la possibilità di restare qui..-

-Davvero? Quando?-

-L’altro giorno-

-E lui che ha detto?-

-Che dipendeva da come mi sentivo al riguardo-

-E..-

-E.. non lo so.. ormai non so più nulla-

Quel mese e mezzo era stato come una rinascita: aveva temuto che la bella sensazione che gli donava la Russia sarebbe scomparsa lasciando il posto a un ricordo sbiadito di quanto un tempo si sentisse a suo agio in quella terra. Invece, come per tutte le cose ormai, aveva avuto solo bisogno di tempo.

Sarebbe stato difficile lasciarla ancora, ecco perché aveva ritardato la partenza prefissata con Takao e aveva avanzato quella proposta a Yuri, di restare.

Ma se quell’aria era diventata nuovamente respirabile, poteva dimenticarsi di quanto lo erano le altre? Non sapeva quali fattori avrebbero pesato maggiormente nella sua decisione, ma sicuramente il suo modo, la sua capacità di respirare nei diversi contesti sarebbe stata presa in considerazione.

-Ti dispiace se ora andiamo?- chiese improvvisamente Dana, prestando nuovamente attenzione a ciò che aveva intorno –Questo posto mi fa congelare!-

-Certamente-

Kei si alzò e tese la mano all’amica che, una volta in piedi, cercò di togliersi eventuale sporcizia dai pantaloni per poi riprendere quel contatto e guidare l’altro verso l’uscita.

 

-Ci vediamo dopo!- Boris uscì velocemente dal cancelletto del giardino: non si preoccupò nemmeno di chiudere la porta di casa, poiché Kei lo aveva seguito fino alla soglia.

Il russo, però, una volta risposto al saluto, non rientrò, ma lo osservò sparire lungo la strada e, rimasto solo, si sedette sui gradini di ingresso.

Frugò nella tasca e estrasse il pacchetto di sigarette e un cartoncino: iniziò a fumare, appoggiando il pacchetto accanto a sé e prendendo a osservare il biglietto.

Nome, cognome, due numeri di telefono e una mail erano stampati nero su bianco: fece scorrere il pollice sulla carta ruvida prima di decidersi a tirare fuori anche il cellulare.

Sullo schermo, sotto la dicitura dell’ora, apparve la data: 20/ago/2008. Aveva aspettato fino all’ultimo, fino al giorno di scadenza che gli era stato dato, ufficialmente perché voleva prendere la sua decisione con calma e valutando tutti pro e i contro per non rischiare una risposta affrettata e di cui, magari, si sarebbe pentito presto; ufficiosamente, invece, era perché non aveva avuto il coraggio di farlo prima.

Ne aveva parlato diverse volte in quelle settimane, sia con Dana che con Yuri, considerando che ognuno dei due tendeva per una risposta differente, ma negli ultimi giorni aveva smesso di tirare fuori l’argomento e deciso di lasciarsi scivolare addosso il peso di quella scelta.

Cercò nel registro chiamate e lo fece scorrere fino alla fine di giugno, soffermandosi sull’unico numero sconosciuto presente: non lo aveva nemmeno salvato mantenendo la sua recidività a compiere un qualsiasi passo verso quella decisione.

Lo confrontò con i due numeri presenti sul biglietto da visita e, vedendo che combaciava col secondo, lo memorizzò in rubrica: si rese conto di stare prendendo tempo, di cercare di ritardare il momento decisivo e, quasi senza pensarci, premette il pulsante verde per attivare la chiamata.

Portò il cellulare all’orecchio lentamente, cercando di scacciare via quell’ansia che non voleva permettersi di provare: non era una cosa da lui, era da debole, e debole lo era già stato abbastanza negli ultimi anni, doveva invertire quella rotta.

-Pronto?-

La voce di Jermaine lo risvegliò dai suoi pensieri.

-Pronto Jermaine? Sono Kei-

Sentì un insieme indefinito di rumori che si confusero, prima del calare di un silenzio assoluto, eccetto un lieve brusio di sottofondo.

-Kei!- l’uomo in pratica lo urlò, prima di continuare con un tono più umano –Stavo guidando e non ho guardato il nome sul display!-

-Semmai ti chiamo dopo..- iniziò quasi speranzoso.

-No, tranquillo, mi sono fermato.. dimmi tutto!-

Jermaine sapeva perché lo aveva chiamato: non poteva semplicemente porgli la domanda fatidica invece che costringerlo a iniziare il discorso?

-Riguarda la tua domanda..- iniziò restando sul vago, ma sapendo che l’altro avrebbe capito perfettamente, o almeno lo sperava: considerando la stranezza del soggetto poteva aspettarsi di tutto.

-Ti fai proprio desiderare, eh?- lo schernì l’altro, facendo funzionare il piano di Kei –Temevo non ti saresti fatto sentire.. beh, in quel caso ti avrei chiamato io comunque!-

Al russo non stupì quella frase, ma gli diede la conferma sull’infondatezza di alcuni scrupoli che si era fatto sulla sincerità delle parole di Jermaine: in tutto quel tempo poteva essersi stufato di aspettare o semplicemente aver cambiato idea.

-Allora qual è la tua risposta?- continuò l’uomo e a Kei sembrò quasi di vederlo, al pari di un bambino che aspetta le caramelle dalla mamma, all’interno della sua Mercedes rossa parcheggiata a caso chissà dove.

Si ripetè la domanda nella testa e prese un respiro prima di decretare in quel singolo istante il suo futuro, o almeno una parte di esso.

-Sì-

-Sì cosa?- cercò conferma l’altro, più per sentirlo ripetere che per altro.

-Sì, va bene-

-Accetti?-

Sospirò pesantemente e con una lieve irritazione crescente prima di ripetere per l’ennesima volta

–Sì-

-Sì!- gli fece eco l’altro evidentemente esaltato –Non te ne pentirai! Sei in Giappone?-

-Non ancora-

-Quando torni?-

-La prossima settimana-

-Perfetto! Ti mando un messaggio il prima possibile con tutti i dettagli per il primo giorno di prove.. ora non ce li ho sotto mano e sinceramente non me li ricordo.. comunque ti scrivo.. poi ti dirò lì tutto il resto!- iniziò a parlare a macchinetta, quasi senza prendere il respiro tra una frase e l’altra, in una completa apnea.

-Ok- riuscì solo a dire Kei alla fine.

-Sono davvero felice! Sarà una figata! Allora ci sentiamo.. goditi i tuoi ultimi giorni di libertà, perché non ti lascerò scappare!- lo salutò con un altro fiume di parole, prima di ricordarsi di avere un appuntamento da lì a poco e di dover riprendere a guidare.

Quando riattaccò, Kei rimase immobile qualche istante prima di ritornare a ragionare: non si era accorto di aver lasciato la sigaretta consumarsi e la spense del tutto frastornato.

Avvertiva un peso sullo stomaco: poco prima sentiva quello della decisione che doveva prendere, ma vi si era sostituito un altro, molto diverso.

Non sapeva definirlo, ma non era sicuro fosse del tutto negativo: aveva davanti delle settimane sulle quali avrebbe potuto mettere un punto interrogativo, ma questo lo preoccupava tanto quanto lo affascinava. Una sensazione davvero piacevole.

 

Alla fine era rimasto per un mese e tre settimane, molto più delle sue iniziali aspettative, ma quella vacanza doveva arrivare a un termine: era stato bello poter tornare a Mosca, città agognata per un anno e che, finalmente raggiunta, era stata una serie di alti e bassi di aspettative adeguate o meno. Tornare a vivere con Yuri, Boris e Sergay lo aveva fatto sentire nel posto giusto dopo tanto tempo, ma non erano mancati gli aspetti negativi, i tanti, troppi, ricordi e la sensazione di aver trovato dell’altro, la consapevolezza dell’esistenza di tutto un altro mondo dove la vita era degna di essere chiamata tale.

Per quello annunciò a Yuri e successivamente agli altri due quale era stata la sua decisione: non erano mancate le frecciatine e le prese in giro, ma sapeva che, se un tipo come Boris si lasciava scappare delle battute di spirito e non esponeva il suo disappunto seriamente, significava che poteva contare sul loro appoggio.

Prenotò il volo l’ultima settimana di agosto e dovette ripetere il giro di saluti che già lo avevano tenuto occupato più di un anno prima: Dana cercò di trascorrere più tempo possibile con lui nonostante il lavoro e soprattutto si manifestò la più entusiasta per ciò che lo avrebbe aspettato il mese successivo.

Chi era rimasto alquanto neutro alla grande notizia era stato proprio Yuri, o almeno fino a due giorni dalla partenza di Kei.

-Ti va se parliamo un po’?- aveva esordito il rosso quando, come al solito, erano rimasti gli ultimi in cucina.

-Sì-

-Nessun rimpianto?-

-Per ora no-

-Vedi di non averne..- lo avvertì, ma senza arroganza nella voce.

-Ok-

Kei lo guardò in tralice cercando di decifrare che cosa avesse intenzione di dirgli: probabilmente era in arrivo il suo discorso di disapprovazione a cui non era ancora stato sottoposto, ma che si aspettava da almeno una settimana.

-Di solito noi cerchiamo di evitare questo genere di discorsi..- iniziò Yuri prendendo un lungo respiro -..però voglio che tu lo sappia prima di ripartire e.. beh, sono fiero di te-

Disse le ultime parole velocemente, come per farle uscire prima che fosse troppo tardi, e Kei se ne stupì: lo osservò riprendere il controllo e parlare più lentamente.

-Non sono totalmente d’accordo con te su questa scelta, ma non è importante, perché è una tua scelta e.. mi fido di te.. è stato un anno difficile per te e credo che se sei convinto a tal punto di questa opportunità vuol dire che è qualcosa di speciale.. sinceramente ciò che conta è, e sempre sarà, che tu stia bene!-

-Grazie..- sussurrò confuso e grato al contempo.

-Ti ho osservato in questo mese.. sei maturato, il Giappone ti ha fatto davvero bene, non so che parte di questo abbia contribuito di più, se il luogo, le persone, il ballo, ma qualsiasi cosa sia non la devi abbandonare..- si prese ancora una piccola pausa -Quindi ora devi solo darti da fare..-

Kei lo avrebbe abbracciato se un gesto del genere, per uno come lui, non avesse significato uno sforzo emotivo enorme: perché era semplice sciogliersi dopo che le braccia di Dana si erano fatte avanti, assecondare gli sforzi delle varie ragazze che aveva conosciuto, ma allo stesso modo era difficile essere il primo, dare l’input di quel gesto, anche con Yuri, l’amico di una vita, ciò che più si avvicinava alla definizione di famiglia.

In fondo, però, il rosso sapeva tutto questo e non aveva bisogno di una dimostrazione di gratitudine, affetto o che altro: semplicemente erano fatti così.

 

Nostalgia non era forse la parola giusta per descrivere quello che provava per il Giappone, però, questa volta, poteva dire di non essere del tutto indifferente al ritorno in quella terra.

Si era lasciato alle spalle un capitolo, piuttosto scuro a tutto dire, della sua vita definitivamente e per la prima volta ne era sicuro; la differenza stava nel capire dove lo portasse quello che sarebbe iniziato in quei giorni e cosa gli riserbasse.

Prima di scoprirlo, però, doveva affrontare l’ultimo ostacolo, ossia riferire a Takao e agli altri ciò che aveva deciso per i mesi successivi: la difficoltà di quel passo gli sembrò sempre più enorme man mano che si avvicinava alla figura sorridente dell’amico.

Scorse infatti il giapponese saltellare per farsi notare tra la folla che occupava il grande corridoio, un’immagine che gli ricordò il suo arrivo a Tokio dell’anno prima.

Appena, per telefono, lo aveva avvertito sulla sua data di ritorno non ce l’aveva fatta a riferirgli pure quella della sua ennesima partenza, sia perché non lo sapeva ancora esattamente, sia perché non aveva avuto la forza di affrontare un lungo discorso, immaginato diverse volte in quegli ultimi giorni.

-Finalmente!- lo accolse urlando.

-Sono in perfetto orario..- gli fece notare Kei perplesso.

-In realtà sei in ritardo di tre settimane e forse anche qualche giorno di più- l’espressione del più piccolo sembrava furente, ma allo stesso tempo risultava alquanto buffa.

-Non farci caso.. è così da un mese!- affermò Rei esasperato –Com’è stata la vacanza?-

Kei rispose vagamente alla domanda incamminandosi con i tre verso il dojo: più si avvicinavano alla villa e più si addentravano nella conversazione, più il russo sentiva il leggero impulso di spiattellare tutti suoi progetti, ma anche il desiderio di non affrontare quell’argomento.

Si convinse che avrebbe dovuto aspettare almeno la presenza di Nonno J, l’unica persona che probabilmente avrebbe avuto la capacità di obiettare seriamente.

Non appena arrivarono a destinazione, Kei spinse il trolley nell’ingresso e proprio l’uomo spuntò dalla porta della cucina.

-Kei! Ben tornato.. tutto bene?- chiese frettoloso, ma con il suo solito tono paterno.

-Sì.. senti, ti dovrei parlare di..-

-Può aspettare questa cosa?- chiese dispiaciuto l’uomo.

-Certo..- rispose confuso Kei, che si stava già preparando il discorso tra sé e sé.

-Vado di fretta mi dispiace..- salutò i presenti e uscì dal dojo.

Nessuno sembrò preoccuparsi di ciò che Kei volesse dire a Nonno J e lo lasciarono andare rimpossessarsi della sua camera: solo una volta che vi fu dentro e si sedette sul letto, i pensieri ricominciarono a vorticargli nella testa a una velocità normale.

Tra l’esuberanza dei suoi amici nel riportarlo a casa e la preoccupazione per quello che invece gli avrebbe dovuto dire, non aveva avuto il tempo di rilassarsi.

Il silenzio si riappropriò dello spazio, a parte i pochi rumori di sottofondo provenienti da oltre la porta, e Kei potè tirare un sospiro e rilassare i muscoli: prese lentamente a disfare la valigia per poi spalancare la finestra e mettersi a fumare una sigaretta.

Non aveva nemmeno avuto il tempo di lamentarsi del caldo, di realizzare quanto il clima ostico di quel paese lo atterrisse; si disse che doveva ormai averci fatto l’abitudine e se ne rallegrò.

Altro fattore che non aveva preso in considerazione riguardava invece proprio il fumo, dopo la prima settimana in Russia era stato così naturale riappropriarsi delle vecchie abitudini che non aveva pensato alla differenza delle sigarette giapponesi. Solo una volta fermatosi ad osservare il paesaggio dalla finestra gli sovvennero immagini e odori che riconosceva e che associava a determinati momenti, tra questi ovviamente c’era quello che dedicava tutto a sé e alle sue sigarette e fumare in quella situazione giapponese con il sapore della sua Russia lo confuse.

Decise di approfittare dell’assenza di stanchezza, parecchio strana considerando il viaggio che aveva affrontato, e si andò a fare una doccia, ricordandosi che era stata la stessa azione che aveva compiuto al suo precedente arrivo in Giappone.

Si chiese mentalmente come mai in quelle ore si stava lasciando trasportare così tanto dai ricordi di quel periodo e, nuovamente, cercò di liberare la testa.

La preoccupazione tornò solo poco meno di un’ora dopo quando lo chiamarono per la cena: aprì la porta della camera e si ritrovò davanti a Takao che, come lui, si stava dirigendo verso la cucina.

-Ho creduto davvero che non tornassi più, sai?- gli disse inaspettatamente.

Kei si bloccò di colpo, cercando di ricordare le parole che si era preparato sull’aereo per introdurre le novità che aveva da annunciare, ma la sua testa sembrava aver fatto tabula rasa di ogni sillaba.

Il rumore delle scarpe di Takao sui gradini lo risvegliarono e lo convinsero a seguire il giapponese.

Nonno J stava portando in tavola tutte le pietanze quando Kei prese posto accanto a Rei e per diversi minuti si sentirono solo i rumori delle stoviglie.

-Cosa volevi dirmi oggi?- chiese a un tratto l’uomo sorridendo cordiale come al suo solito.

Kei alzò allarmato lo sguardo dal piatto e istintivamente osservò i volti dei suoi tre amici che mangiavano tranquillamente come in attesa di una conversazione di routine riguardante l’orario di rientro serale o il menu del giorno successivo.

-Se vuoi aspettare quando..-

-No, no..- il russo interruppe Nonno J prima di desistere lui stesso: come quando aveva parlato con Yuri, aveva delle riserve a introdurre l’argomento, con la differenza che ormai la decisione era stata presa e si trattava solo di dare la notizia di fatti certi e questo non rendeva le cose più semplici -..intanto lo devo dire a tutti..- vide Takao sgranocchiare un grissino con sguardo curioso prima di riprendere a parlare: si chiese da quando era diventato così prolisso e cercò di darsi un contegno -..non tornerò a scuola quest’anno-

Il tintinnio delle bacchette che cadevano nel piatto mezzo vuoto di Rei e l’improvviso tossire di Max a causa dell’acqua che gli era andata di traverso, convinsero Kei di essere stato fin troppo diretto.

-Cosa intendi dire?- cercò di biascicare il cinese.

-Mi hanno offerto un lavoro e l’ho accettato-

-Che lavoro? Dove? Perché?-

-Come questa primavera..- iniziò faticando ancora a pronunciare ad alta voce determinate parole -..è un tour mondiale e perderò metà anno..-

-E hai già accettato hai detto?- chiese conferma Max.

-Sì-

Nuovamente il silenzio si impadronì della cucina, mentre quattro paia di occhi seguitavano a fissare il volto, quasi, del tutto indifferente di Kei.

-Perché?- sussurrò Takao impercettibilmente, prima di ripetere la domanda quasi urlando.

-Perché lo voglio fare- rispose pacato il russo, intimorito delle sue stesse parole.

-Quindi parti di nuovo eh..- iniziò evidentemente arrabbiato, ignorando il nonno che lo chiamava per nome -..e ti rivedremo chissà quando e..-

-Takao!- si spazientì l’uomo facendolo zittire.

Kei prestò tutta la sua attenzione a quello guardandolo negli occhi.

-Non dobbiamo fare altro che prendere atto della sua decisione..-

-Ma nonno..!-

-Niente ma!- lo zittì nuovamente –Kei è maggiorenne ed è libero di decidere della sua vita!-

Il russo rilassò finalmente le spalle, tenute rigide in una posizione scomoda per la tensione, ma non potè tirare un sospiro di sollievo vedendo ancora tutti quegli sguardi su di sé.

-Ci hai pensato bene?- continuò l’anziano.

-Sì-

-Yuri che ne dice?-

-Non era del tutto d’accordo..- iniziò ignorando il brusio di sottofondo formato dalle lamentele di Takao -..però ha capito che è una decisione mia-

-E non avete pensato ad altre alternative per la scuola?-

-Di che genere?-

-Non so.. studiare e diplomarsi privatamente o qualcosa del genere..-

-In verità no..-

-Al giorno d’oggi ci sono tante possibilità!-

-Non ci ho pensato..- disse, considerando quanto poco si fosse premurato di trovare un’alternativa.

-Potresti, ma c’è tempo.. piuttosto, quando partiresti?-

-Non lo so ancora.. tra una settimana iniziano le prove e mi diranno tutto..-

-Perfetto- annuì Nonno J calmo riprendendo a mangiare come se nulla fosse stato –Forza, non mangiate?- li incitò, infine, notando che i ragazzi erano rimasti imbambolati a guardarlo liquidare il discorso in così poco tempo.

Nessuno osò fiatare: Kei fu l’ultimo a riconcentrarsi sul proprio piatto. Valutò che, in quei mesi, aveva considerato la scelta il passo più difficile da affrontare, eppure, in quel preciso istante, si accorse che la vera sfida era stata confidare a tutti quello strano percorso che si era delineato nel suo futuro: si era forse concentrato sul problema sbagliato? Probabilmente sì, poiché da subito sapeva quale sarebbe stata la sua risposta, poteva identificare nello stesso momento in cui gli era stata fatta quella proposta, su quella terrazza di quel locale del centro, l’attimo in cui aveva acconsentito a tale pazzia, o almeno nella sua testa. Dana lo aveva spinto a fidarsi del proprio istinto, a dargli nuovamente ascolto e Kei, dopo tanto tempo, era stato pronto a rispondergli, a seguirlo e a fidarsi.

Rendere conto a qualcuno della propria scelta era stata la vera sfida, a tutti coloro che occupavano un posto speciale nella sua sfera dei sentimenti.

Perso nelle sue riflessioni, il russo non si accorse che tutti gli altri finirono in fretta e furia di mangiare e, in un inconsueto silenzio, iniziarono a sistemare prima di dileguarsi nel resto del dojo.

-Dagli tempo..- gli aveva sussurrato Rei, riferendosi a Takao, non appena quest’ultimo si diresse al piano superiore.

-Ah Kei..- lo richiamò improvvisamente Nonno J –Chi è il responsabile di questa cosa?-

Il russo, non sapendo se interpretare quelle parole in tono positivo o negativo, visualizzò la persona a cui si riferiva nella propria mente.

-E’ il coreografo.. Jermaine Crowde..-

-Mh.. vorrei parlargli!- disse con un tono troppo tranquillo.

-Perché?- chiese piano, temendo le motivazioni dell’uomo.

-Non voglio e non posso farti cambiare idea, ma vorrei accertarmi dell’affidabilità e della sicurezza di questa opportunità- rispose ovviamente.

Kei, pensando ancora all’immagine del coreografo, non riuscì ad associare alla sua figura né affidabilità, né sicurezza e non seppe dire se quella richiesta gli si sarebbe ritorta contro in qualche modo.

-Non lo so.. è sempre impegnato- titubò, rendendosi conto di quanto inconveniente sarebbe stato quell’incontro.

-Puoi chiederglielo?- insistette sorridente Nonno J.

-Posso provare- acconsentì l’altro, non del tutto convinto, ma incapace di negare una qualsiasi richiesta al vecchio Kinomiya.

-E pensa a quello che ti ho detto prima riguardo allo studio!- gli urlò mentre già attraversava la porta che lo avrebbe condotto nel corridoio e poi sulle scale fino alla sua camera.

Nessuno, tanto meno lui stesso, si era premurato di concedersi delle ore di sonno per il lungo viaggio che aveva intrapreso quel giorno: solo in quel momento avvertì che gli erano state prosciugate tutte le forze e che non sarebbe riuscito a stare sveglio un minuto di più.

Quella mattina si era risvegliato in Russia, su quel materasso che ormai era diventato nuovamente familiare, mentre quella sera doveva tornare ad abituarsi al letto giapponese: pensò che avrebbe dovuto fare presto l’abitudine a quei continui cambiamenti e tentò di tornare indietro coi ricordi fino al torneo mondiale di bey e alla sua esperienza in quel frangente, ma la stanchezza prese il sopravvento.

 

Il giorno successivo dovette cercare un modo di far convivere i propri continui sforzi di riabituarsi all’orario giapponese, con la passiva sopportazione dell’atteggiamento offeso di Takao.

Il giapponese cercava di renderlo partecipe in tutti i modi del proprio disappunto e tentò di non perdere nessuna occasione: gli unici momenti di stacco furono l’arrivo di Hilary, subito informata dall’amico della novità, e i tentativi di rintracciare Jermaine al telefono.

In realtà non si era propriamente impegnato nel farlo, ma semplicemente aveva provato inutilmente a chiamarlo e gli aveva mandato un messaggio: solo a pomeriggio inoltrato il suo cellulare aveva preso a squillare e sul display era apparso il nome dell’uomo.

-Dimmi che non devi partire all’ultimo per chissà che continente o qualsiasi altra cosa del genere!-

Non aveva nemmeno fatto in tempo a rispondergli che già lo aveva sommerso di fiumi di parole.

-Niente del genere- disse perplesso.

-Meno male- sospirò Jermaine, prima di parlare con qualcuno in inglese e riprendere la conversazione con Kei –Allora tutto bene?-

-Sì-

-Sei pronto per l’avventura?-

-No-

Rispose indifferente a tutte le sue domande con quelle due semplici sillabe aspettando il momento in cui finalmente si sarebbe zittito e lo avrebbe lasciato parlare.

-Comunque che volevi dirmi?-

-Sei in Giappone?- chiese, prendendola alla lontana.

-No..-

-Quando torni?-

-La sera prima dell’inizio delle prove.. perché?-

-Allora nulla..-

-No, dimmi..-

Kei si convinse a parlare, scorgendo dalla finestra Nonno J in giardino –E’ che il..- pensò con che parole riferirsi all’uomo -..diciamo il mio tutore qui in Giappone.. gli ho detto ieri del tour e credo non si fidi del tutto quindi..-

-Gli parlo io!- lo interruppe Jermaine prima che potesse arrivare al nocciolo della questione.

-Non sei obbligato.. se sei impegnato non..-

-Tranquillo! Purtroppo ora come ora non so precisamente i miei impegni, ma martedì ci mettiamo d’accordo..-

-Ok-

-Dovevi dirmi altro?-

-No-

-Perfetto.. allora alla settimana prossima! Mi raccomando!-

Chiuse la chiamata e Kei rimase interdetto come ogni qual volta avesse a che fare con il coreografo: era un esplosione di vitalità ad ogni momento della giornata e in ogni parte del mondo e questo non riusciva ancora a spiegarselo. Decise di non pensarci troppo e andò a riferire la sua conversazione a Nonno J il quale fu molto felice di dichiararsi libero in qualsiasi momento pur di avere la possibilità di parlare con Jermaine.

Il resto della settimana trascorse relativamente tranquillo: Max e Rei furono i primi ad accettare di buon grado la novità di Kei e Takao fu costretto ad assecondarli e ad unirsi alla positività generale anche grazie, a detta del cinese, a una strigliata di Hilary.

Fu così che il lunedì primo settembre i tre ragazzi lasciarono il dojo per affrontare il loro primo giorno di scuola, mentre Kei si godeva l’ultimo giorno di vacanze; cercò di tenersi occupato il più possibile per evitare di pensare, in negativo o in positivo che fosse, alle giornate che lo avrebbero aspettato, ma le cose da fare erano comunque limitate.

Nonostante questo l’indomani arrivò fin troppo presto, complice probabilmente il fatto che il russo aveva iniziato ad agitarsi al riguardo: ebbene aveva ammesso di non essere tranquillo e che qualcosa stava turbando il suo mondo, che la preparazione psicologica e la sua innata freddezza non erano bastate per placare quel sentimento umano che si era fatto largo dentro di lui.

Si alzò insieme agli altri abitanti del dojo piuttosto presto e uscì poco prima per recarsi alla fermata dove avrebbe preso l’autobus per il centro di Tokio.

Le prove si sarebbero tenute in una grande palestra, situata all’interno di un grattacielo piuttosto lussuoso, dentro al quale si sarebbe immaginato di tutto tranne che una cosa del genere: nella grande hall si rivolse a un ragazzo alto e magro dietro a un bancone il quale gli chiese nome e motivo per il quale fosse lì, controllò in una lunga lista e richiese i documenti di Kei primo di consegnargli un pass che, a detta sua, gli sarebbe servito per le settimane successive. Il russo fece allora qualche passo e seguì le istruzioni del ragazzo, dirigendosi a un tornello elettronico che si aprì al passaggio della tessera elettronica. Gli fu, poi, indicato un ascensore con il quale raggiunse il ventottesimo piano: solo quando le porte scorrevoli si spalancarono, liberandolo dalla serie di uomini distinti che occupavano l’abitacolo, riconobbe qualcosa di quell’ambiente: una serie infinita di persona gli sfrecciavano davanti indaffarate, armate di taccuini, relle e attrezzature di ogni sorta. Una ragazza con grandi occhiali gli si avvicinò trafelata e gli chiese il nome, che la giapponese trovò in un’ennesima lista.

-Trovato, perfetto! Vedi quella porta?- disse indicando l’oggetto in questione con la penna che brandiva –Attraversa tutto il corridoio e entra nella penultima stanza a destra!-

Nemmeno il tempo di elaborare l’informazione, che questa sparì nel flusso ininterrotto di gente che popolava il piano.

Kei, cercando di evitare di farsi travolgere, arrivò alla porta che gli era stata indicata e, una volta attraversata, sentì la confusione dell’altra stanza attenuarsi; cercò con lo sguardo la fine del corridoio, ma questo continuava oltre un angolo e si chiese se con ‘penultima porta’ si intendesse prima dell’angolo o prima della fine del corridoio.

Sicuro che intanto non lo avrebbe scoperto standosene lì fermo, iniziò ad avanzare e guardarsi intorno, sbirciando nelle stanze che superava.

-Buongiorno!-

Una grossa mano gli si posò pesantemente sulla spalla e, solo grazie alla sua buona dose di sangue freddo, riuscì a non spaventarsi per il modo in cui gli si era avvicinato di soppiatto Jermaine.

Era rimasto esattamente come se lo ricordava, soprattutto quel costante sorriso non gli era sparito dall’espressione, anzi se possibile era ancora più accentuato; teneva in mano un grosso bicchiere di caffè americano e vestiva dei soliti vestiti larghi e del suo cappellino. Probabilmente per la prima volta, Kei si chiese quanti anni avesse, ma evitò di domandarlo ad alta voce, rispondendo invece al saluto.

-Che confusione eh?- continuò iniziando a camminare e guidandolo sicuro lungo il corridoio –Tutto questo piano è a disposizione di Lauren per il tour e ora si entra nella fase calda della preparazione quindi sono tutti agitati!-

-Fase calda?-

-Sì, quella finale..- rispose sorseggiando il caffè e aprendo la famosa penultima porta a destra.

-Ma non iniziamo ora?- chiese confuso e, doveva ammetterlo, anche piuttosto curioso.

-Noi siamo gli ultimi a iniziare.. principalmente per colpa mia!- sorrise colpevole prima di continuare –Gli altri stanno preparando già da settimane!-

Solo quando il coreografo posò il suo borsone a terra, Kei alzò lo sguardo e osservò la stanza nella quale erano entrati: era enorme, con il parquet lucido e gli specchi alle pareti. Vi erano dentro almeno una ventina di persone e, nonostante questo, risultava piuttosto vuota.

Nuovamente si vide arrivare incontro una ragazza con una cartelletta in mano dalla quale estrasse una serie di fogli che gli furono consegnati senza troppi convenevoli: il contratto per quel lavoro lo aveva già firmato il venerdì precedente, quando era stato convocato in un grande ufficio poco distante, ma sembravano essere spuntati nuovi documenti da firmare.

-E’ la liberatoria per le riprese!- gli spiegò Jermaine vedendolo accigliato.

-Che riprese?-

-A volte può essere che vengano filmate le prove, ma più in là col tempo.. e a volte questo materiale finisce in cose tipo video, contenuti speciali dei dvd..- spiegò facendo spallucce -..niente di che! Ma serve la liberatoria!-

Kei firmò: intanto ormai doveva andare fino in fondo a quella cosa e, si disse, prima o poi ci avrebbe capito qualcosa di tutti quei meccanismi a lui sconosciuti.

Sbirciò l’altra serie di fogli e si accorse, con piacere, che erano solo note informative.

-Questi sono gli orari di queste settimane..- spiegò ancora l’uomo accanto a lui, ormai giungendo alla fine del suo caffè -..qui le informazioni sul volo e poi queste le date del tour.. non so se le hai già guardate su internet-

-No..- rispose, dandosi dello stupido: non si era nemmeno premurato di scoprire in che posti sarebbe andato, da quanto era stato impegnato a crearsi serie infinite di problemi.

Scorse la lista di città con lo sguardo, soffermandosi sulla prima, Melbourne, per poi scendere verso la fine, ma qualcosa lo fece fermare prima del previsto.

-C’è pure la Russia..- disse più a se stesso che a Jermaine.

-Già.. ma a San Pietroburgo.. tu sei di Mosca giusto?-

-Sì-

Non era stato a San Pietroburgo più di due volte in tutta la sua vita, ma era Russia e, come al solito, quando si parlava della sua terra natia, non poteva fare altro che prestarvi attenzione e sentirsi rincuorato: dopotutto avrebbe potuto fumare ancora le sue sigarette preferite prima del previsto.

-Ah, a proposito.. dobbiamo metterci d’accordo per parlare col tuo tutore!- disse improvvisamente Jermaine.

-Giusto..- ricordò Kei, al quale era totalmente passato di mente e a cui, sinceramente, sperava fosse lo stesso per il coreografo: quest’ultimo, invece, sembrava essere più deciso che mai ed estrasse il palmare dalla tasca dei pantaloni.

-Oggi ho una riunione e domani non posso.. mmm.. vediamo.. facciamo venerdì!- squillò improvvisamente iniziando a digitare qualcosa –Venerdì dopo le prove.. intanto ti accompagno a casa! Va bene?-

-Credo di sì- rispose Kei prima di vedere sparire l’altro, richiesto da una serie di ragazze e ragazzi.

La porta si aprì diverse volte nei minuti successivi, facendo in modo che un viavai di persone entrassero e uscissero: la calma si stabilì quando Jermaine attirò l’attenzione su di sé e, acquisendo un ruolo di superiorità, chiese a tutti di radunarsi al centro della stanza e di fare silenzio.

Kei seguì gli altri e si sedette per terra in attesa.

-Intanto benvenuti.. come avrete letto, gli orari delle prove sono serrati e intensi, perché abbiamo poco tempo per montare un intero spettacolo! Le prove saranno sempre qui: non sono accettati ritardi e tanto meno assenze, tutto deve essere perfetto quindi mi aspetto professionalità.. per qualsiasi problema rivolgetevi a qualcuno dello staff in modo da risolvere tutto senza intralciare lo svilupparsi del lavoro!- parlò con grande serietà, particolare che contrastava con la visione che Kei aveva di lui: continuò il suo discorso con avvisi e istruzioni e la piccola folla intorno a lui manteneva un religioso silenzio di assenso –Comunque.. io vi romperò i coglioni fino allo sfinimento, ma a parte questo ci sarà anche da divertirsi! Quindi buon lavoro!-

Una serie di risate e un applauso riempirono la stanza, prima del ritorno del brusio confuso della miriade di discorsi che si mescolavano nell’aria.

Fu a quel punto che iniziarono realmente: la musica occupò il resto della giornata, una lunga giornata fatta di passi, sudore, fatica, memoria e lavoro. Un concerto di circa 90 minuti, dei quali almeno 40 totalmente coreografati e 10 di freestyle, scaletta di una ventina di canzoni, luci, costumi, spostamenti su tutta la superficie del palco, entrate e uscite, ballerini, musicisti e coristi: tutto questo era il grande show.

A metà mattinata arrivò Lauren, la quale fece un discorso di incoraggiamento a tutta la crew e quella fu l’unica vera pausa che si concessero a parte quella dei pasti. La prima giornata non si concluse prima delle sette si sera e lo stesso sarebbe stato per le tre settimane successive: l’ultimo lunedì di settembre, invece, sarebbero partiti per completare le prove nella prima città del tour.

Tutto era programmato nei minimi dettagli e si preannunciava un’esperienza dura, nuova, ma completamente esaltante.

 

 

 

Lo so, lo so.. di nuovo in ritardo sulla tabella di marcia u.u ma almeno stavolta solo di un’ora.. in verità qui è mezzanotte adesso quindi diciamo che la colpa è principalmente del fuso orario, ma, scarica barili a parte, passiamo alla storia!

Questo bel capitoletto di transizione è il 41esimo.. vi direte: bella scoperta! Beh.. questo vuol dire che sono ben 41 settimane che vi rompo con questa storia e che, forse, anzi sicuramente, è tosto l’ora di darci un taglio.. per il mio e per il vostro bene.. più che altro mi sembra giusto informarvi che questa storia avrà una fine, ebbene sì.. arriverà il momento! E mi sembra giusto anche avvertirvi che sarà a breve.. facciamo un mesetto o poco più!

Qui siamo ufficialmente entrati nella parte finale e godetevela! O almeno spero che lo facciate ^^

Colgo l’occasione per scrivere ancora un Grazie che era da un po’ che mancava, ma spero sappiate che era sottointeso!

Alla prossima settimana, un bacione :)

 

 

   
 
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