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Autore: Remedios la Bella    15/10/2011    3 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non avevo spunti, quindi ho dovuto arrangiarmi ... comunque è solo di passaggio, il 30 sarà decisivo ... si lo so, mi piace farvi tenere sulle spine! ma vedrete, dal corto si passerà al chilometrico e all'azione. Buona lettura!


Capitolo 29

 
Una notte di patimenti, per ottenere come risultato lacrime, sangue a fiotti e un fagotto insanguinato e esanime.  Il male che sentivo mi avrebbe fatto svenire da un momento all’altro, ma la stessa stanchezza  mi impediva di chiudere occhio. La coperta su cui ero stata stesa era madida del mio sangue e di quello del feto, che ora giaceva in un asciugamano, senza muovere muscolo e anima che avesse.
“ Prova a dormire …” mi disse Elly, accarezzandomi la testa dolcemente. I miei nervi a fior di pelle stavano per scoppiare, la fatica di quella nottata mi stava uccidendo.
Avevo pianto, non dal dolore dell’anima, ma dal dolore fisico, e solo per miracolo non ero morta, come aveva detto il dottore.
La febbre era leggermente scesa, ma Elly per precauzione teneva l’estratto di  malva accanto a sé, nel caso avesse contratto la malattia.
L’alba illuminava il mio viso stanco e pieno di occhiaie, ma non riuscivo a riprendere sonno. Stranamente non piangevo per la perdita di mio figlio; continuavo da lontano a guardare quel fagotto cadaverico e nessuna lacrima scendeva sul mio volto, come se un’insensibilità enorme avesse preso tutto da me e se lo fosse portato dietro come premio del mio sforzo di sopravvivenza. Una notte ricca di avvenimenti, un travaglio davvero estenuante, e mentre nelle mie orecchie rimbombavano le voci dei dottori che correvano come matti per assistermi durante l’espulsione, i miei occhi offuscati dal dolore riflettevano come in un sogno l’immagine di Max, della guerra che stava combattendo, e solo quel pensiero mi dava la forza di restare in vita,anche se per poco la mano del mio angelo custode non mi avrebbe fatta scivolare all’inferno.
“ Come ti senti?” chiesi senza pensarci alla mia amica. Sentii il suo sguardo sorpreso che mi trapassava da parte a parte, mentre stavo seduta accanto a lei sulla coperta fredda stesa sul pavimento a mò di letto che avevamo preso come nostro luogo di riflessione quella mattina. La signora Agata ci aveva lasciate sole, forse la visione di quel corpo inerme dentro l’asciugamano le faceva impressione, intuivo che certe visioni non erano piacevoli per persone piuttosto sensibili.
“ Come sto? Tu come stai!” mi disse in uno scatto di incredulità:” sicuramente meglio di te! Scusa …”
Mi voltai verso di lei, e incontrai le sue iridi celesti contratte a fessura, e le sorrisi:” Sto bene, non preoccuparti … ormai tutto è passato … in più la malattia sembra alleviatasi …”
“ Sicura? Secondo me hai ancora la febbre …” la voce dubbiosa di Elly suscitò le mie risate più sincere. Era così sensibile, dopotutto … e non lo faceva tanto per … era davvero preoccupata, lo sentivo dal suo abbraccio caldo e rassicurante.
“ Sono ancora malata, ma adesso sto bene … perché … so che lo rivedrò … ne sono certa …” mi persi nel pensiero di Max e il mio cuore sorrise felicemente. Sentii anche Elly sorridere, il suo abbraccio si era fatto più stretto di prima. Mi accoccolai sul suo petto e chiusi gli occhi, pensierosa.
 
“ Amico, che ti succede?” Jordan mi era accanto in piedi, mentre il mio respiro era mozzato dall’ansia del mio incubo. Lei che piangeva di dolore, e io che non potevo starle accanto. Una visione troppo forte per il mio fisico già provato. Mi alzai dalla parte opposta a quella di Jordan e, appoggiati i gomiti sulle gambe, presi la mia testa tra le mani e ripresi fiato. Avrei voluto anche piangere, ma ne andava della mia virilità. Quindi mi limitai a immergermi nei mie pensieri, mentre sentii il materasso che sprofondava alla mia destra, dove si era seduto Jordan.
“ Se ti fai condizionare così dagli incubi, già te la passi bene …” mi disse ironico.
“ Tranquillo, mi ci devo solo abituare … ma è stato troppo …” confessai, poggiando la testa sulle ginocchia e sospirando.
“ Cosa hai sognato?” mi chiese lui, mettendomi una mano sulla spalla:” Non mi va di vederti in questo stato … mi deprimi, e di deprimermi non ne ho molta voglia …”
“ Ho sognato … lei.” Dissi io senza alzare la  testa.
“ lei … lei? Deve essere stato terribile … se sogni una persona a cui vuoi bene, vuol dire che ti manca.”
“ E se tu ami quella persona? Cosa significa sognarla mentre piange e tu non puoi intervenire nella sua tristezza?” chiesi guardandolo stavolta.
Lui mi guardò intensamente con le sue enormi iridi azzurrine da tipico tedesco:” Beh … significa che sta male, ma di un dolore che non è possibile curare con un abbraccio … almeno così diceva mio nonno … hai visto anche un serpente per caso nel tuo sogno?”
“ Un serpente?” rimasi alquanto perplesso da quell’aggiunta:” No … perché?”
Lui sorrise chiudendo gli occhi:” Bene, vuol dire che non è stata presa da nessuno  … o non sta per morire … sapevi che il serpente nei sogni indica la prigione?”
“ No … sono sollevato di non averlo sognato allora …” Questo mi diede la certezza che lei stesse, per libertà personale, bene. Ma non mi capacitavo delle sue lacrime ingiustificate, e dalla barriera che mi divideva da lei.
Però … non potevo lasciare che certi pensieri mi rodessero dentro come niente. Dovevo farmi forza, combattere ancora e alla fine, avrei potuto abbracciarla e baciarla, in pace e tranquillità.
Mi distesi sulla branda, augurando la buona notte al mio amico, che sorridendo si ricoricò anche lui sul suo letto.
Cercai di dormire, ma non sognai niente stavolta. Più che altro mi inquietò, la mattina dopo, trovarmi alle quattro del mattino, trovarmi al campo di addestramento e vedere che non solo a me era spettato l’inferno, ma anche a qualcuno che l’inferno, a mio parere, se lo meritava eccome.
Maledissi di trovarmi faccia a faccia con lui. Xavier.
Xavier, l’odiato Xavier che aveva fatto crollare l’intero mondo di Deborah, era stato chiamato alla guerra, e ora, in quel campo, ebbi la sfortuna di incontrarlo. Sapevo già che si sarebbe scatenato l’inferno, IL buon giorno si vede dal mattino. In quel momento desiderai di poter essere al poligono di tiro, almeno il fucile per poterlo giustiziare lo avrei avuto a portata di mano.
“ ma guarda guarda …” aveva sibilato maligno, mentre mi aveva intravisto con la coda dell’occhio dietro a Jordan:” il principino è venuto a farsi onore tra i giganti … che bel gesto …”
“ Sbaglio o sei stato tu a mandarmi qui? Tanto di farti giustizia da te non ne avevi il coraggio …” gli risposi acidamente, sfidandolo con lo sguardo. Potevo permettermelo, Jordan sembrava guardarlo con sprezzo e sarebbe bastato solo un piccolo cenno perché la poderosa mano di Jordan potesse mandare a terra quello screanzato da quattro soldi. In più, lì sul campo, gli sarebbe costato caro attaccarmi fisicamente.
“ bada a come parli, principino … e sappilo, il tuo gesto verrà pagato caro …” mi disse lui con odio, per poi girare i tacchi e andarsene.
Jordan lo seguì con lo sguardo e poi mi rivolse la parola:” ma chi è quello laggiù?”
“ Uno che preferirei sparisse dalla faccia della Terra …” Risposi io senza voltarmi verso la direzione presa da Xavier. Il fischio del comandante mi fece riprendere il senno. 

   
 
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