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Autore: Elle Douglas    15/10/2011    1 recensioni
A chi non è mai capitato di sognare? A me sì, tante e tante di quelle volte, ma questa volta è diverso, ho immaginato la mia storia con il mio attore preferito, colui che da due anni è entrato nella mia vita con uno dei suoi splendidi sorrisi, di chi sto parlando? Ma di lui: Robert Pattinson!
Ho immaginato un’incontro a Montepulciano e da lì si è sviluppata tutta la storia.
“Cosa succede se una ragazza come tante, un giorno riuscisse a realizzare il suo sogno e a realizzare una vita su quello?" Come sarebbe una vita insieme al suo idolo? Ho provato a immaginare ed ecco cosa ne è uscito... spero vi possa piacere a magari perché no? Anche emozionare!
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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“VAAAN! VAAAAAANESSAAAAAA!”, una voce stridula entrò nei miei sogni insieme ad un bussare ripetuto e forzato. “Guarda che non mi convinci più di tanto. Se non vieni ad aprirmi butto giù la porta e ti ci porto per i capelli”. Ma perché non mi lasciava in pace?
“Arrivooo”, cercai di gridare nonostante fossi ancora in preda al sonno.
“E muoviti che sono già le otto e tra poco dobbiamo andare!”, gridò quella pazza da dietro la porta senza un po’ di ritegno.
Mi buttai giù dal letto salvo dimenticare di non atterrare sul piede destro dato che avrei visto le stelle del firmamento una per una.
Troppo tardi, iniziai a contarle e zoppicando e indossando una maglia lì vicino mi avviai intenta a far tacere Ash che mi stava rompendo i timpani oltre a  qualche altra cosa di poco femminile.
“E’ possibile che rompi sempre?!”, esclamai aprendole la porta e lasciandola mentre sciancata mi avviavo verso il divano per riprendermi.
“Grazie per l’accoglienza comunque!” enfatizzò entrando e chiudendo la porta alle sue spalle con fare sarcastico. “Sono venuta a prenderti per il party!”.
“Nessuno te lo ha chiesto”.
“Eddai Van, un po’ più di entusiasmo!”, disse radiosa e raggiante come se avesse dormito quattordici ore. Ma come faceva?
Io ero sveglia da meno ore di lei e non mi reggevo più in piedi, di più il piede era deceduto quel pomeriggio.
“Ash sto male davvero non mi va..”. A quest’affermazione eccola venirmi incontro per tirarmi per un braccio e farmi alzare.
“Ohi.. ho già il piede fuori uso, vuoi massacrarmi anche il braccio e concludere l’opera!”, gridai pregandola di smetterla.
Era una tortura.
Rise. “Ora vai a farti una bel bagno, poi torna qui che ti sistemo!”.
“Credo ti eliminerò dalla lista dei miei contatti Ash. Sei un mostro!”, enunciai avviandomi verso il bagno.
“Grazie, questo è un complimento per me!”, la sentii dire mentre chiudevo la porta del bagno.
Rob non era ancora rientrato dopo quella giornata e la cosa bastava a mandarmi in tilt per bene.
Il getto d’acqua calda e il tepore che emanava mi riportò quasi in vita.
Mi frizionai i capelli cercando di dargli una forma a quella massa informe che si era formata, mi asciugai e infilai un tubino decisamente fucsia abbinato a delle decolté nere, con cui grazie alla caviglia nuovamente dolorante apportavano al mio essere un andamento da papera scema.
Chiesi ad Ashley che fine avesse fatto Rob, ma non ne sapeva nulla, per quanto la riguardava poteva essere al party a cui stavamo andando, mi tranquillizzai apparentemente e affrontai quella mezzora di viaggio senza chiamarlo, ma con il suo viso in mente.
 
Non ero mai stata ad una festa hollywoodiana, il più delle volte l’avevo vista in alcuni film, ma nulla di più.
Non ero assolutamente una ragazza mondana e non ne sapevo molto nemmeno di feste italiane, quindi navigavo nel sicuro accanto ad Ashley in quell’immensa sala riempita forse da millecinquecento persone senza esagerare.
Io come sempre mi sentivo a disagio, grazie anche al mio andamento quella sera. La caviglia non accennava a perdere intensità nel dolore e nonostante il rossore sembrava essere diminuito, non si poteva dire lo stesso riguardo all’ingrossamento della caviglia che ora pareva uno zampone.
Nel mio tragitto lungo la sala cercai più volte il suo volto, aspettavo che quegli occhi cerulei mi colpissero e mi venissero incontro per abbracciarmi, ma nulla, nemmeno l’ombra, mi lamentai più volte con Ashley chiedendogli dove fosse Rob, ma nulla, era troppo occupata in altre conversazioni.
Joe Jonas sembrava averla adocchiata e non la mollava più, così mi appollaiai su una sedia e da lì mi feci spettatrice della serata, aspettando e sperando ogni volta che dalla porta principale del salone scorgevo un ombra sperando che fosse la sua, e invece nulla.
Controllai il telefono più volte, ma tranne le cinque chiamate perse di Cesare di poco prima e assenza completa di campo nulla di nuovo, cercai di chiamarlo ma in quel maledetto posto il telefono non prendeva, in più le tracce di Ashley si erano disperse nel nulla, in sala non c’era più e io mi stavo gettando nella disperazione più assoluta dato che, non ero arrivata da nemmeno un ora e già mi stavo annoiando a morte mentre la mia voglia di tornare in albergo cresceva ancora di più.
“Hey, posso sedermi qui?”, chiese un ragazzo dalle voce possente e forte da sopra di me che chiedeva di sedersi al mio tavolo.
“Ehm.. certo!”, risposi impacciata.
“Vuoi un po’ di vino bianco?”, fece quello cordiale con due bicchieri in mano.
“No grazie, non mi piace il vino”. Sorrisi elegantemente declinando la sua offerta.
“Ah, non lo sapevo. Non so, magari preferisci qualcos’altro?”.
“No no ti ringrazio, sto bene così guarda”. Sorrisi di nuovo.
Quello allungò la mano attraverso il tavolo porgendomela.
“Comunque piacere, io sono Nicolas”. La afferrai cercando di presentarmi anche io.
“Piacere, io sono Vanessa”. Lui sorrise dolcemente.
“Ti ho vista zoppicare, mi dispiace.”
“Si, purtroppo.. uno spiacevole incidente”.
“Nulla di grave spero”, sembrava seriamente preoccupato della mia salute.
“No, no. E’ solo una lieve slogatura”.
“Comunque non dovresti camminare con una simile distorsione e con dei simili tacchi. La sforzi e ti fai solo del male”. Mi consigliò.
“Li sento già gli effetti. Avrei voluto restare in albergo infatti, solo che qualcuno mi ha costretta ad esserci stasera”.
“La Greene, vero?”, azzardò guardandomi di sottecchi.
Scoppiai a ridere istintivamente. “Esattamente. La conosci?”
“No, in verità, non ne ho avuto il piacere. La conosco solo per la saga di Twilight”, confessò.
“Ah capisco”.
Parlammo per un po’ in quell’infinito caos di musica e balli in cui Ashley pareva essersi dileguata. Nicolas, che ormai chiamavo Nick per la confidenza creatasi, mi parlò un po’ di lui, del suo lavoro, della sua vita. Mi disse di avere ventisei anni e di non aver ancora trovato la donna della sua vita, diceva di essere un tipo romantico e glielo si leggeva negli occhi, degli splendidi occhi nocciola che fin da subito mi avevano colpito.
Faceva il modello, sfilando per di più per i più grandi stilisti, ma confessò di aver fatto anche i suoi bei sacrifici prima di arrivare a quella vita.
Mi rivelò di essere stato anche più volte in Italia, a Milano la città della moda, città in cui non ero mai stata per le scarse occasioni che mi si erano state presentate, e di aver sfilato più volte per Armani, Cavalli, Versace e Dolce & Gabbana.
Ammisi con grande soddisfazione di prediligere soprattutto l’ultima nota marca con i suoi vari abiti e accessori. Scoppiammo a ridere più volte notando quanti gusti in comune avevamo e scherzando sul fatto che magari uno dei due cercava di provarci con l’altro.
Mi confessò di essere a Los Angeles per un servizio fotografico e uno spot per la nota marca di Calvin Klein che doveva lanciare un nuovo profumo e una nuova idea di intimo maschile. Arrossì di colpo.
Quando guardai l’orologio poi mi venne quasi un colpo, erano le due passate ed io ero ancora lì senza la minima ombra di Ashley intorno, come avrei fatto a tornare in albergo senza quella svampita? Mi prudevano le mani dalla voglia di ucciderla. Semmai l’avrei trovata l’avrei distrutta.
Saltai dalla sedia facendomi male come al solito e ricadendo su di essa come una scema.
Nick mi fu subito vicino e mi afferrò evitando l’impatto col terreno e spostando il mio corpo in direzione della sedia.
“Ohh.. attenta!”, avvertì spaventato.
“Maledetta caviglia!”, imprecai massaggiandola.
“Ricorda non la devi sforzare..”, ricordò.
“Si, ma io devo tornare in albergo e quella scema di Ashley non si vede.. dovrei chiamare Rob forse, ma uno: non so dov’è. Due: Qui il telefono non prende.”
Ero disperata.
“Si, infatti non la vedo neanch’io”. Notò guardandosi intorno. “Ma se vuoi posso farti chiamare dal mio. Credo la mia compagnia telefonica regga”. Fiatò passandomi il telefono e stupendomi.
“Grazie Nick. Ti rubo solo un minuto giuro, chiamo Rob, vedo dov’è e vedo se può mandarmi qualcuno”.
Lui annui e si allontanò per lasciarmi un po’ di privacy. Mi tappai un orecchio cercando di isolarmi dal frastuono intorno per sentire Rob dall’altra parte.
Tuuu. Tuuu. Tuuu.
Tre squilli, risposta immediata.
“Pronto?!”, chiese una voce allarmata dall’altra parte della cornetta.
“Rob? Rob, sono io Vanessa!”, ammisi con un sorriso sperando che captasse la mia voce in quel casino. “Dove sei?”.
“Dove sono io?  Dove sono io dici? Dove cazzo sei tu?! Non ti sei slogata una caviglia? Perché non sei qui? Mi hai lasciato un biglietto e ti sei dileguata”. Gridò adirato mentre io ero incredula alle sue parole.
“Lo so che ti ho fatto preoccupare amore, lo so credimi.. ma Ash mi ha portata ad una festa.. e io, ora non so che fare, perché lei se n’è andata, o almeno.. non la vedo più da circa tre ore..” nessuno mi rispondeva più dall’altra parte, nemmeno il suono di un respiro, nulla.
Chiamai invano il suo nome per un paio di secondi prima di scoprire che la linea era caduta magicamente anche da quel telefono.
Fantastico, esclamai dentro di me nervosa a mille, e ora come faccio? Mi passai una mano nei capelli.
Nick si avvicinò visto il degrado apparente dei miei poveri nervi, non più saldi.
“Che succede?”
“E’ caduta la linea, sono bloccata qui, dato che non ho potuto dirgli granché..”. Ammisi cercando di restare calma, anche se era un impresa.
Nick si guardò intorno per poi esclamare: “E se ti accompagnassi io? La prenderesti male?”.
Incredula strabuzzai gli occhi da quella sua generosità.
“Puoi fidarti di me”.
“Prenderla male dici? Come potrei? Mi aiuteresti un sacco Nick perché sono disperata e a quanto pare anche qualcuno dall’altra parte lo è. Mi fido di te Nick”.
Sorrise con quel viso da angelo cherubino e mi prese quasi in braccio sorreggendomi per non zoppicare.
“Andiamo allora!”.
 
Arrivati in alla porta dell’ingresso dell’hotel si incaponì nel voler accompagnare fino in camera, aggiungendo che non era un modo per provarci per farmi stare sicura, ma non volevo e insistei a mia volta nel voler salire da sola dato che il dolore non era così atroce, ma nulla di fatto, Nick non si mosse dalla sua idea e avvolgendomi con un braccio mi scortò fino al stanza 32b del quattordicesimo piano.
Quando bussai, il viso che riscontrai davanti ai miei occhi era nero di rabbia e trovandosi davanti quella scena gli andò in fritto il cervello pensando chissà cosa, glielo leggevo negli occhi, quella maliziosità velata mascherata da due occhi rossi e lucidi come se avesse anche bevuto.
Nick mi accompagnò fino al divano lì vicino sotto gli occhi trucidi di Rob che non l’aveva degnato nemmeno di un saluto o di un ringraziamento.
“Grazie Nick”, ringraziai una volta comoda sul divano.
“Non mi devi ringraziare di nulla. Non potevo lasciarti lì”. Sorrise illuminando i suoi occhi.
Si accorse dell’aria creatasi intorno, simile quasi al polo nord e decise di andare.
Mise le mani in tasca impacciato mentre si guardava intorno. “Ok Van, io ora vado. Ci si sente”.
Salutò Rob con un cenno basso della mano e chiuse la porta alle sue spalle una volta fuori.
Da dietro il divano Rob stringeva forte i pugni e guardava un punto fisso davanti a sé e prima che trovassi il coraggio di invadere il suo momento di calma esclamò: ”Mi dici dove cazzo sei stata?”.
“Rob, ascolta..”, dissi voltandomi verso di lui per guardarlo in faccia e vedere i suoi occhi che in quel buio sembravano neri come la pece. “Sono andata ad una festa con Ashley, solo che poi si è dileguata e sono dovuta tornare con quel ragazzo”. Non avevo il coraggio di pronunciarne il nome, nelle condizioni in cui si trovava mi avrebbe azzannata credo, ne sarebbe stato capace.
“Non ti eri slogata la caviglia? Non ti faceva male? Perché non sei rimasta qui come hai scritto nel biglietto?!”, esplose dando in escandescenza e colorando la sua faccia di un rosso paonazzo. Ebbi quasi paura.
“Me la sono slogata, infatti.. non mi sarei fatta accompagnare fino a qui se non fosse stato così!”, urlai per sovrastare la sua voce che ormai riempiva la stanza. “ E poi Ashley mi ha..”
“Ahhh.. non dire costretta giuro! Peggioreresti le cose!”.
“Ma è così! Perché ti dovrei dire il contrario? Dovrei mentirti?”. Sbraitai.
“Lo STAI GIA’ FACENDO PORCO CAZZO!”, spolmonò in tutta rabbia non calcolando che ora fossero.
Restai impietrita al mio posto a fissarlo. “Non mi credi? Pensi che io ti stia dicendo una bugia?”
Si calmò di poco e prese fiato guardandomi fisso negli occhi. “Penso solo che non ti conosco più. Mi dici un sacco di bugie! Stanno sempre a costringerti a te? Se non volevi potevi declinare l’invito non ti è stata puntata una pistola contro cazzo! Perché non dici che ci sei voluta andare, magari per incontrare quello lì”. Il colorito ritornò sul suo viso accusandomi di un qualcosa che io stentavo anche a pensare figuriamoci a commettere.
“HAI BEVUTO STASERA ROB?? Bugie? BUGIE IO?! Se conoscessi Ashley almeno un minimo di come la conosco io sapresti che dico la verità e che quando si impunta su una cosa deve essere quella per forza, e poi se mi amassi almeno un po’ dovresti fidarti di me e di ciò che ti dico. Io quello lì nemmeno lo conoscevo! Non sapevo nemmeno chi fosse.. come puoi minimamente pensarlo? MIO DIO!”. Mi passai una mano tra i capelli incredula con la testa che sembrava scoppiare.
Era un urlare continuo quella sera.
“Vi siete divertiti almeno? Cosa avete fatto?”, disse più calmo lasciando intendere però ben altro. “Ho visto che c’era grande affiatamento tra di voi: i vostri sguardi, le vostre occhiate, il suo abbraccio e il fatto di SALUTARTI CON IL NOME CON CUI TI CHIAMO IO!” .
“Rob, ti prego dimmi che non sta accadendo. Mi stai facendo una scenata senza cognizione di causa lo capisci? Apri gli occhi, abbiamo solo chiacchierato, mi ha tenuto compagnia dato che Ashley aveva altro da fare tutto qui! Quali occhiate, sguardi o cose varie? Le hai viste solo tu! E poi per il nome non mi ci chiami solo tu, tutto il cast mi ci chiama! Jackson, Taylor, Kellan, Michael.. allora me la sono fatta con tutti a come dici tu??”. Urlai ormai a due passi da lui.
“Può darsi..”, rispose non curante della reazione che stava provocando. Sentii uno squarcio aprirsi al mio interno e mi cadde la terra sotto i piedi nello stesso istante in cui senti il pronunciarsi di quella frase abominevole. Come poteva pensarlo, forse era l’alcool iniettato nel suo sangue e nel suo organismo a farlo parlare in quel modo. Ma se è vero il proverbio “In vino veritas” probabilmente ciò che stava dicendo lo pensava realmente. Una consapevolezza che mi stralciò del tutto.
“VAFFANCULO ROBERT!”, urlai con le lacrime agli occhi e il vuoto dentro al cuore mentre entravo in camera sbattendo la porta e chiudendola a chiave così come il mio cuore.

   
 
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