NB. Ecco. Mancano due/tre capitoli ancora, e al pensiero mi sento quasi persa. Perchè Nat e Adam hanno popolato i miei sogni e, soprattutto, i miei incubi (per vari momenti di panico da trama ^^"), e mi sono inevitabilmente entrati dentro.. e il pensiero che la storia sia quasi finita è..strano, ecco.
Io, non so..sarei disposta a scrivere seguito e/o dei missing moments, non solo su Nat e Adam, ma anche su Melanie et fiancé, o Bryan e Rose. Però dovete dirmelo voi, se vi interessano..se no pace amen. XD
Se non faccio il seguito, farò comunque dei capitoli extra sul loro futuro..di sicuro qualcosa faccio, ecco. Non sono ancora pronta a lasciarli andare XD I miei bambini..le mie creature...ç_ç
Bene. Ora che ho finito la pappardella...vi dico, semplicemente, GRAZIE. :)
E vi lascio alla lettura di questo capitolo, che, spero, sia almeno decente.
Incrocio le ditaaa!
- Nemici, Amici, innamorati…Amore irrazionale!
- .
.
- Okay, matematica era
una materia inutile, difficile, e l’unica pecca nella mia carriera
scolastica.
- Aggiungiamoci pure
il fatto che in quel momento i miei pensieri gravitavano da tutt’altra
parte:
in sintesi, non consideravo minimamente l’idea di risolvere quelle
stupidissime
equazioni.
- Avevo il libro
aperto sulle ginocchia, gli auricolari nelle orecchie, e stavo
minuziosamente
temperando la matita -tutto pur di non cominciare a fare i compiti.
- E, ad essere sincera,
la mia totale incapacità in matematica non era l’unica scusante che mi
facesse
cincischiare. Dopotutto.. come avrei
mai potuto pensare alla matematica, quando l’immagine, o meglio, il
ricordo di
Adam Brown- cioè, dico, Adam Brown!,
il ragazzo per cui sarei stata capace di seppellire il mio spropositato
orgoglio-mi stanziava davanti agli occhi, senza che potessi e volessi mandarla via? Era un insulto.
- Quei suoi occhi
verdi, quel sorriso malizioso che solo pochi mesi fa avrei voluto
cancellare
dalla faccia della terra sembravano aver preso un posto fisso nella mia
mente.
- Ringraziavo tutti i
santi del Cielo per avermi trattenuta dall’ucciderlo tempo addietro,
perché
solo il Signore sapeva quanto adorassi quel sorriso malandrino.
- E chissene fregava se,
con questo commento, sarei entrata a far parte del Brown Fan Club
insieme a
tutte quelle mie compagne che parlavano ventiquattro ore su
ventiquattro di
quanto fosse bello Adam; anche in questo futile contesto, sarei stata
la
ragazza con più dignità, più cervello, e soprattutto sarei stata la più
sfegatata fan del soggetto in questione.
- Oddio, il mio
cervello stava deragliando! Non seguiva più la giusta direzione..!
- E’ proprio vero,
l’amore rende rincoglioniti..e probabilmente il mio era un caso
patologico e
irreversibile.
- Adam, che
mi faceva dannare da quando eravamo
nati, che era IL Nemico Per Eccellenza, che mi prendeva in giro come
passatempo, mi aveva stregata; era riuscito a diventare un porto
sicuro.
- O forse lo era da
sempre, perché alla fin fine, mi ero sempre rifugiata nell’odio che
provavo per
lui, specie quando avevo sofferto per Rick. Avevo sfogato tutta la mia
frustrazione su Adam, senza neanche rendermene conto. In un certo
senso, era
assurdo!
- Restava
il fatto che sentivo la sua mancanza
in modo malsano, nonostante fossi ben conscia del fatto che bastava
affacciarmi
alla finestra per vederlo.
- E non mi faceva
molto onore, proprio no, accidenti!
- Adam Brown mi aveva
sconvolto, più di quanto probabilmente intendesse fare quando ancora ci
odiavamo. Non s’immaginava nemmeno che ormai la sua presenza fosse vitale per me.
- Non mi rimaneva che
accogliere il suo ricordo, per sentirlo più
vicino, anche quando non lo era.
- Avrei voluto che
fosse sempre con me in ogni istante, perché era il mio sostegno. Senza
di lui
crollavo come un castello fatto con le carte.
- Avrei voluto
semplicemente poterlo baciare ancora, ancora per una volta, solo per
poterlo
sentire mio per qualche istante.
- -I want you around, I hang on every word you say..I
know it's not original or profound..but I want you around..- canticchiai. Casualmente, le
parole della canzone
che stavo ascoltando erano esattamente ciò che avrei voluto dirgli, già.
- Giusto
per fargli venire le carie ai denti e il diabete, ecco.
- -E’
ovvio che pensi sempre al tuo adorato
fidanzato, ma c’è posto anche per un amico, nel tuo mondo?-
- Il cuore mi scattò
in gola, e mi voltai immediatamente per trucidare La Persona Che Volevo
Al Mio
Fianco con un’occhiataccia.
- Ma sì, entriamo
nelle stanze delle sorelle altrui senza bussare e annunciandosi con
cazzate
bestiali, tanto per far prendere colpi al cuore della sottoscritta.
- E poi, era lui
il mio mondo.. Era così difficile da
intuire?
- -Idiota!- sibilai,
lanciando fulmini e saette come neanche Zeus ci riusciva, -Mi hai fatto
prendere un colpo!-
- Lui rise, della sua
risata musicale e assolutamente perfetta. –Vorrei poterti dire che mi
dispiace,
ma non lo penso, quindi non te lo dirò.- infilò le mani nelle tasche
dei jeans,
e avanzò fino al letto di Rose per sbirciare cosa stavo facendo.
- Beh, il suo
ragionamento non faceva una piega, tuttosommato.
- Adocchiò i compiti
che, in teoria stavo facendo, e
sciabolò le sopracciglia, con fare cospiratorio.
- -Problemi con la
matematica?- ridacchiò, col suo tono volutamente ironico e pungente,
nonché
terribilmente irritante. Se non avessi adorato la sua voce, avrei
estirpato le
sue corde vocali con tanto, tanto sadismo.
- Grugnii. –Piuttosto
che prendermi in giro, dammi una mano, no?-
- Gli occhi di Adam si
accesero di soddisfazione, come se aspettasse quelle parole da quando
era
entrato nella stanza.
- Si sedette al mio
fianco, e osservò l’esercizio con fare esperto.
- Da quando aveva
cominciato ad applicarsi a scuola, avevo scoperto che Adam era davvero
un asso
nelle materie scientifiche, e che la matematica gli piaceva
particolarmente. Era
stato uno shock.
- E, siccome, al
contrario suo, io ero una frana completa, il tizio al mio fianco non
perdeva
secondo per prendermi in giro e compiacersi come un pavone.
- Nel nostro rapporto
erano cambiate tante cose, ma l’intelligenza e l’egocentrismo non erano
migliorati per niente.
- -Non è così
difficile, Natalie!- esclamò, afferrando la mia matita mangiucchiata e
mostrandomi come si risolveva l’equazione.
- -Lo sai che sono
negata in matematica, non ci capisco nulla.- borbottai, posando il
mento sul
palmo aperto della mano, guardandolo concentrarsi sull’esercizio e
perdendomi a
contare una a una, le lunghe ciglia chiare dei suoi occhi meravigliosi.
- Un maxi poster di Adam
da appendere in camera era troppo esagerato?
- Ma sapeva di essere
bellissimo, anche quando ragionava su una cosa così insulsa come la
matematica?
- -Oh, lo so, lo so!-
rise lui, senza distogliere lo sguardo dal quaderno.
- Ti prego dimmi che
non l’ho detto ad
alta voce…
- Non sarebbe stata la
prima volta, dopotutto.
- -Eh?-
- Adam mi riservò
un’occhiata divertita e confusa al contempo: -Lo so che sei una frana
in
matematica.-
- Ahh, beh, per
fortuna!
- Mi lasciai scappare
un sospiro di sollievo, a cui Adam fece caso purtroppo, e un guizzo di
curiosità passò nelle sue iridi smeraldine.
- Il mio cervello ci
mise qualche secondo a elaborare la frase di Adam, causa quegli occhi
mozzafiato che dovevano essere assolutamente vietati.
- -Ehi, non avresti dovuto infierire‼- mi
lamentai, indignata. Gli diedi un buffetto sul braccio, senza riuscire
a
trattenere un sorriso. –Dovevi dire “ma no Natalie, non sei così
male!”-
- Adam scoppiò a
ridere, -Sì, certo, certo..Cosa pensavi di aver detto?-
- Mi guardai le
unghie, con finta nonchalance. –Mah, niente di che..!-
- Lui fece sporgere il
labbro inferiore, e si avvicinò pericolosamente al mio viso.
- Com’è che i suoi
occhi erano diventati così cucciolosi e lucidi?
- -Dai, me lo dici?-
- Inutile dire quanto
fosse ingiusta la situazione e quanto sporco stesse giocando: Adam
Brown non
era un tipo che si faceva scrupoli, specie con la sottoscritta.
- Solo che qualche
mese fa, non mi sarei fatta di certo intimorire: un ceffone, e gli
facevo pure
dimenticare come si chiamava.
- Ora, le cose erano
un po’ cambiate; il fatto che da odio,
il mio, si fosse trasformato, senza che neanche me ne accorgessi, in
amore, era
un inutile dettaglio.
- Tanto insignificante
che mi faceva uscire frasi degne di quelle oche delle mie compagne,
patetiche
da farmi ridere -o piangere.
- Adam sbattè le
lunghe ciglia chiare, e mi perforò l’anima con quei suoi dannati occhi
verdi.
- Avrei tanto voluto
picchiarlo, ma la mia forza di volontà si era sbriciolata.
- Mi respirava sul
viso, sentivo il profumo di menta.
- Inutile dire che
stavo maledendo in ogni lingua quei cinque centimetri che ci
dividevano, è
superfluo. Perché cavolo non mi baciava, già che c’era?
- Era chiedere tanto?
A me non sembrava.
- Il suo sguardo, da
tenero e coccoloso, era diventato improvvisamente intenso, come se si
fosse
accorto della situazione ravvicinata che si era cretata.
- -Mentadent?-
- Come se gli avessi
tirato uno schiaffo, Adam si spostò con un’aria mortificata e sorpresa.
- -Mentadent?-
ripetè, confuso.
- Mi sentii andare le
guance in fiamme, ma cercai di non farci caso, sperando
che non ci facesse caso nemmeno lui.
- -Che dentifricio
usi? Il tuo respiro sa di menta..è buono-
- E il premio Nobel
per la cazzata più
grossa dell’universo va consegnato a Natalie Smith, per la sua capacità
di
tirare fuori le più insensate cretinate nei momenti meno opportuni!
- Adam sbattè un paio
di volte le palpebre, rincretinito; o forse la rincretinita ero io,
dopotutto
quello dei due che chiedeva la marca della pasta dentifricia di certo
non era
Adam.
- Ecco, era uno di
quei momenti dove avrei fatto una di quelle uscite idiote della serie
“Il tuo
respiro è vitale per me”, perché quell’aria contrita da cucciolo
spaesato me le
strappava di bocca quasi, queste cazzate da Bacio Perugina.
- -Sì, uso..uso
Mentadent.- rispose Adam, probabilmente imbarazzato abbastanza per
entrambi.
- -Bene, dirò a mia
mamma di comprarlo.- annuii, e stavolta più convinta.
- Il mio cervellino ne
aveva partorita un’altra. Avrei usato lo stesso dentifricio di Adam.
- Alè. Ma quanto ero
patetica? Andiamo, nemmeno nelle Soap opere di serie Zeta tiravano
fuori queste
stronzate.
- E così, calò un
silenzio piuttosto imbarazzante, che fu rotto, grazie al cielo, dal
suonare
insistente di un cellulare; la suoneria però non la riconobbi subito,
non era
del mio telefono, e dato che Adam non muoveva un muscolo, evidentemente
non era
nemmeno il suo.
- Mi guardai intorno
per trovare la fonte della musica, che riconobbi come il telefono di
Mel:
l’aveva lasciato nella camera di Rose prima di andare dal ginecologo,
probabilmente.
- Lo afferrai dal
comodino, e guardai il mittente, ma era un numero sconosciuto.
- Lo fissai un po’
incerta su cosa fare, e ci pensò Adam a farmi dare una mossa: -Dai,
rispondi!-
- Così, cliccai la
cornetta verde, e portai il telefono all’orecchio.
- -Pronto?-
- -Melanie?!-
Dall’altro lato veniva una
voce maschile, abbastanza carica d’ansia.
- In quel momento, mi
venne da starnutire, e cercai di trattenermi. In compenso, la voce mi
uscì
tremolante, quasi come se stessi piangendo o avessi un fortissimo
raffreddore. -No, sono sua sorella Natalie.- biascicai,
mentre lanciavo un’occhiata ammonitrice ad Adam, che sembrava
divertirsi.
- -Melanie non c’è?
Devo parlarle..-
insistette il ragazzo (?) dall’altra parte.
- -E’ all’ospedale
e..- clic. Aveva riattaccato, ma che
razza di maleducato che era quel tipo, non mi aveva nemmeno fatto
finire!
Fissai piuttosto seccata il cellulare di mia sorella; che razza di
amici aveva!
- -Chi era?- chiese
incuriosito Adam. Mi strinsi nelle spalle, con una smorfia.
- -Non l’ha detto..-
sbuffai, -mi ha riattaccato in faccia.-
- Adam sghignazzò.
–Ohh ma che oltraggio, riattaccare in faccia a Natalie Smith!-
- Gli feci una
linguaccia, stizzita come una bambina capricciosa. -Comunque..che
dicevamo?-
chiesi, indicando il mio quaderno di matematica.
- ***
- Il pomeriggio
precedente, io e Adam ci avevamo messo circa un nanosecondo per
cancellare
l’imbarazzo post-situazione equivoca e conseguente uscita di cacca
della
sottoscritta grazie a quella strana conversazione con lo sconosciuto.
Avevamo
ricominciato a parlare tranquillamente; o meglio, Adam aveva ripreso a
prendermi in giro per la mia inettitudine nelle materie scientifiche,
mentre io
m’indignavo e tentavo di fargli del male con mosse di karate fai-da-me.
- Così, tra una battuta
e l’altra, il mio genio matematico aveva finito i miei compiti; io non
ci avevo
nemmeno provato, mi ero arresa immediatamente. Insomma, perché sforzare
i miei
neuroni già provati, se avevo una calcolatrice –anche piuttosto
avvenente - che
mi faceva le equazioni alla velocità della luce?
- Ora, mi accingevo a
uscire dal cancello di casa per andare a quel pollaio che mi ostinavo a
chiamare scuola, sperando che il mio adorabile vicino non ci mettesse
tanto a
raggiungermi.
- -Ehi!-
- Come chiamato,Adam
sbucò dal cancelletto accanto al mio, e mi sorrise, accecandomi con la
sua
schiera di denti perfetti.
- -Buongiorno!-
salutai, affiancandolo e ricambiando il sorriso.
- Sembrava di
buonumore, ed era impossibile per me non esserne contagiata.
- Finchè il pensiero
di affrontare il cortile e gli amici di Adam non mi attraversò la mente
e mi
fece venire l’ansia.
- Adam probabilmente
se ne accorse, perché mi rivolse un sorriso smagliante, come a
sottolineare il
fatto che non ci fosse alcun motivo di cui preoccuparsi.
- Beh se lui era
tranquillo..no, non era la
stessa cosa! Parlavamo di una cintura blu di karate, non so se mi
spiego,
anch’io al posto suo non mi sarei fatta condizionare, se avessi avuto
la
capacità di abbattere un’orda di ragazzine urlanti con un calcio
rotante alla
Jackie Chan!
- Evidentemente, mi
lesse il disappunto in faccia, e sghignazzò.
- -Natalie Smith che
si fa condizionare dai pettegolezzi..questa è nuova!- commentò, con
un’espressione che poteva solamente voler dire “picchiami”.
Perché lui voleva essere picchiato, mutilato e ucciso,
dato che mi stava stuzzicando su un argomento tabù volontariamente.
Scellerato.
- -Non è divertente,
Brown.- sibilai, lanciandogli un’occhiataccia. –Io sono indifesa,
contro tutte
quelle galline spennacchiate che mi fulmineranno con gli occhi solo per
il
fatto che abbiamo chiarito!-
- Lui, in risposta,
rise. Rise nel suo modo così meraviglioso,e rimasi incantata a
guardarlo per
qualche secondo. Poi si schiaffeggiò una
mano sulla fronte, e io cercai di riprendere un minimo di dignitoso
contegno.
Ci mancava che sbavassi così palesemente, anche se era ammesso e
concesso
davanti a cotanta bellezza.
- -Cacchio, stasera ho
la prova dell’esame, non mi ricordavo più!-
- Lo fissai
incuriosita. –Esame?
- Adam annuì
distrattamente, guardando davanti a sé e infilando, in un gesto che
ormai
riconobbi automatico, le mani nelle tasche della tuta. –Sì, la
settimana
prossima ho l’esame per diventare cintura marrone, e stasera Sensei ci
metterà
sotto, poco ma sicuro.- spiegò tranquillo, senza alcuna inflessione
nella voce,
come se fosse una cosa da tutti i giorni.
- -Oh..è fantastico!-
esclamai, stupita.
- Adam si strinse
nelle spalle, e si voltò verso di me con il chiaro scopo di ammaliarmi
con uno
dei suoi sorrisetti sghembi. –Mi sono ripromesso che esulterò solo
quando avrò
in mano la mia cintura nera.-
- -Spaccone. E se non
dovesse mai arrivare?- lo pungolai; chiaramente lo prendevo in giro,
era ovvio
che Adam ce l’avrebbe fatta. Era bravissimo nelle arti marziali,
era..affascinante e micidiale.
- Lui fece spallucce.
–Arriverà. Faccio karate da quando ero bambino, mi sono sempre fatto in
quattro
per imparare, per farmi valere dato che ero il più piccolo del gruppo.
E’ una
delle mie più grandi passioni, e una delle cose che mi esce meglio. Io
otterrò quella
cintura.- Il suo tono era strascicato, quasi noncurante, ma i suoi
occhi..quelli scintillavano, brillavano di determinazione, di forza.
Avrei
voluto baciarlo solo per quell’espressione accorata.
- Intanto avevamo
raggiunto il nostro liceo, ed eravamo entrati nel parcheggio.
- -Ehi Adam!- il
richiamo di Wilson mi fece sobbalzare; Adam si voltò e gli fece un
cenno, ma
non si avvicinò a loro. Proseguì dritto, verso Kim e, con mia sorpresa,
pure
Johnatan.
- La sera prima, da
quel che la mia migliore amica mi aveva detto tra un urletto e un
sospiro, era
andato tutto a gonfie vele. Si erano divertiti, avevano ballato, e si
erano
baciati; in sintesi, erano uscenti molto più vicini ad una relazione
stabile.
- -Ehi!- salutammo io
e Adam, con un sorriso.
- Johnatan fece un
cenno con la mano e un enorme sorriso, e Kim mi lanciò uno sguardo
estatico che
valeva più di mille parole.
- -Ecco il malato di
coglionite! Ben tornato tra noi!- scherzò, quella santa donna.
- Adam si grattò la
nuca, un po’ imbarazzato. –Che ci vuoi fare? Capita di perdere la
rotta!-
- Kim incrociò le
braccia al petto. –Sì, sì..l’importante è che tu abbia ritrovato la
luce.- e
ammicò. Si scambiarono uno sguardo indecifrabile, loro ovviamente si
capivano;
sentii un moto di fastidio e gelosia serrarmi lo stomaco.
- Scossi la testa, e
m’intimai di darmi una calmata.
- Rimanemmo a
chiacchierare tranquillamente fino al suono della campanella; o meglio,
Adam,
Kim e John parlavano tra loro, io ero caduta in una sorta di mutismo
immotivato.
- Mi sedetti al mio
posto, sempre stando zitta zitta e imbronciata, tenendo la bocca
sigillata.
- Ecco, almeno finchè
al posto di Kim si sedette Adam, con il suo sorriso mozzafiato.
- -Che cavolo fai?-
domandai, stupita.
- -Mi metto vicino a
te, che domande.- sorrise, in un modo che avrebbe potuto ammazzare
tutti i miei
neuroni uno dopo l’altro, senza pietà. Per non parlare del mio cuore,
quello
era bello che schiattato.
- Ok, magari non serve
dire che sul mio viso si era dipinto indelebilmente un sorriso idiota.
E non
serve nemmeno dire che non smisi di parlare e ridere con Adam un
secondo, da
quando erano cominciate le lezioni.
- Ma c’era qualcosa di
diverso, nel modo in cui ci comportavamo adesso. Non capivo cosa fosse
quella
sensazione, sapevo solo che sentivo il cuore leggero leggero
–mancamenti a
parte per i suoi sorrisi sghembi- e
che tutto mi sembrava giusto.
Sensazione piuttosto ambigua, che tuttavia non mi abbandonava mai.
- -Dai, ultima
lezione, ginnastica, e poi a casa!- esclamai, stiracchiandomi al suono
della
campanella. Adam rise, -Come se avessimo fatto scuola, oggi.- mi
apostrofò,
divertito.
- -Come no!-
sghignazzai, raccogliendo le mie cose e trascinandomi verso la palestra
come se
fosse il patibolo. C’era da dire, però, che venivo accompagnata verso
la mia
fine da un angelo, il che faceva sembrare tutto molto più positivo.
- -E se saltassimo la
lezione?-
- -Scherzi?- lo
guardai attentamente, e no, non scherzava affatto. Certo, che se me lo
chiedeva
con un tale sguardo liquido, mi risultava perfino difficile respirare,
figurarsi mantenere la mia coscienza da studente diligente.
- -Ci facciamo fare
una giustifica, e tanti cari saluti.- disse, come se stesse parlando di
caramelle e non di trasgredire le regole.
- Alzai un sopracciglio,
un po’ perplessa. –E come avresti intenzione di occupare il tempo
libero?
Giocando a morra cinese?- feci, piuttosto ironica. Dopotutto, era solo
un’ora
di ginnastica!
- In quel momento,
sentii il vibrare del mio telefonino, e guardai chi era: Rick.
Evidentemente, dalla mia espressione, Adam intuì il mittente, e diventò nero in volto. - Ancora dovevo capire
perché di questi cambiamenti d’umore, ma Adam era peggio di una donna
con la
sindrome premestruale, dovevo rassegnarmi.
- Non feci in tempo a
cliccare sul messaggio per leggerlo, che Adam, dopo essersi controllato
intorno,
prima che potessi batter ciglio e rendermi conto di quello che stava
facendo,
mi prese per un braccio e mi tirò verso un angolo della parete,
costringendomi
tra il suo petto e il muro.
- E, sempre con
quell’aria grave, mi baciò.
- No, dico, mi aveva
baciata, così, alla luce del
sole; e stavolta ero sobria, vigile, e..beh, consenziente, quello
sempre.
- Sbattei le ciglia un
po’ sbigottita; era stato talmente inaspettato da disarmarmi, e
lasciarmi lì
come una rimbambita a fissarlo, mentre si allontanava di un passo.
- Ottima idea, almeno
non lo avrei assaltato a mia volta; mantenere le distanze di sicurezza.
- -Questo a cosa lo
devo?- Ok, questa domanda come cacchio mi era uscita?!
- Adam non fece una
piega, con quell’aria nera come La Muerte.
- Fece
spallucce,–Momento di debolezza..?-
- Incrociai le braccia
al petto, e alzai un sopracciglio. –Momento di debolezza, eh?-
- Adam assunse un’aria
spaventosamente maliziosa. –Preferisci che la chiami soddisfamento
d’istinti
primoridiali? Bisogno impellente di far qualcosa di sconcio con
qualcuno? Pom..-
- -Ok, momento di
debolezza!- lo interruppi, prima che dicesse qualche altra cazzata
delle sue.
Adam sorrise, ma non era un sorriso di quelli maliziosi. Era quasi
amaro.
- -Lo era anche quello
di venerdì?- Brava Natalie, dritta al sodo. Della serie “facciamoci
male sempre
un po’ di più”. Perché sì, ero masochista io. E per di più già
impegnata con un
altro. E continuavo a baciare Adam come se nulla fosse. Mi facevo
schifo.
- -Sì.- fu la sua
risposta, scandita lentamente.
- -E perché hai detto
quelle cose prima di farlo?- insistetti, da brava idiota qual’ero,
mentre Adam
si passava una mano tra i suoi capelli impossibili. Poi, piantò i suoi
occhi
dannatamente verdi –ma perché dovevo adorarli così tanto?- nei miei, e
bruciò
nuovamente quelle poche spanne che ci dividevano, arrivando a pochi
millimetri
dal mio viso.
- -Indovina?- soffiò
sulle mie labbra, per poi allontanarsi chissà dove.
- Con la testa confusa
e affollata di pensieri, a ginnastica diedi il peggio di me negli sport
proposti dal prof, e quando la campanella suonò fu un sollievo. Mi
cambiai e
salutai sbrigativa Kim, non vedevo seriamente l’ora di arrivare a casa
e poter
sprofondare nei miei pensieri senza essere disturbata.
- Adam dove si era
cacciato?
- Cercai di
accantonare il pensiero, e uscii dalla scuola cercando di contenere il
mio muso
lungo almeno finchè non fossi stata sola.
- -Natalie!-
- Un momento, com’è
che avevo sentito la voce di Rick? Avevo le allucinazioni?
- Mi voltai, e trovai
davvero il mio fantomatico fidanzato appoggiato alla sua auto, che mi
salutava
con un sorriso smagliante. Lo guardai stupita, e mi avvicinai a lui.
- -Ehi, ma non dovevi
mica essere allo stage?-
- Rick mi sorrise:
-Non hai letto il messaggio, vero?- Scossi la testa a disagio; diciamo
che ero
piuttosto presa da altro, in quel momento. Ma non era carino dirlo
così.
- -Ho finito prima il
corso, perciò ieri ho preso il primo volo per venirti a trovare!-
- Ecco, come farmi sentire
una merda.
- Dovevo assolutamente
parlargli.
- -Rick..- mormorai, a
capo basso, -devo parlarti di una cosa.- Sbirciai velocemente la sua
espressione, sembrava impassibile, quasi se lo aspettasse.
- -Spara.-
- -Ecco..credo sia
meglio di finirla qui.- mormorai, con lo stomaco stretto in una morsa
ferrea.
–Voglio dire, io tengo a te, ma più come amico..nella testa ho qualcun
altro, e
non è giusto che ti usi così. Non è
corretto, Rick. E..-
- -E’ successo
qualcosa tra di voi?- domandò, spiccio.
- Non osai alzare gli
occhi stavolta, nemmeno per controllare la sua espressione.
- -Mi ha baciata,
venerdì sera, perché pensava che non mi sarei ricordata niente per la
sbronza
che mi sono presa..- confessai, in un sussurro. Meglio non citare il
bacio di
meno di un’ora fa, era ancora più squallido. –Mi sento uno schifo-
- Sorprendentemente,
sentii una carezza delicata sul mio viso, e alzai gli occhi su Rick.
Stranamente, sorrideva. –Sono stato uno stupido a lasciarti scappare,
Nat. Ho
sempre visto Brown come un rivale, quando in quei momenti tu non lo
conoscevi
ancora abbastanza perché ti piacesse.-
scosse la testa, con un accenno amaro nell’espressione.
Sorrise
nuovamente. –Sii felice, ok? E non cambiare mai, perché sei
fantastica.-
- Sarebbe stato così
facile amare il nuovo Rick, più maturo, più uomo..se non fossi stata
così
innamorata di Adam Brown.
- Lo abbracciai forte,
poggiando la testa sul suo petto. –Scusami, Rick.-
- -Lascia stare, e
poi, diciamo che ero prevenuto.- disse, dandomi un buffetto sulla
guancia, -il
passaggio lo vuoi?- chiese. Beh, almeno non lo avevo illuso, dato che
se lo
aspettava già.
- Scossi la testa, -No,
non preoccuparti..tra l’altro, ho bisogno di stare un po’ da sola.-
mormorai,
cercando di sorridergli.
- Con un peso in meno
sul cuore, e mille pensieri per la testa, tornai a casa; il mio
malumore
sembrava aumentare a livelli esponenziali ad ogni passo, tutto per
colpa di
quel bambino di Adam. “Indovina?”
cosa, porca miseria?! Lui e i suoi cavolo di momenti deboli! Mi faceva
venire
il mal di testa!
- Quando entrai in
cucina, Mel e Rose mi guardarono sbattere violentemente lo zaino a
terra, con
un diavolo per capello. Dovevo sembrargli una teiera, mentre
farfugliavo
insulti a quel deficiente. Proprio con me, e in quel contesto, giocava
a fare
l’indovino?
- -Tutto ok?- chiese
Rosalie, cauta. Melanie mi guardava con un sopracciglio talmente alzato
che
avrebbe sfiorato l’attaccatura dei capelli a momenti.
- -No! Non è tutto
ok!- ringhiai, spogliandomi con foga il giacchetto, e rischiando di
impiccarmi
da sola con la sciarpa.
- Sbuffai, forse per
la millesima volta nel breve arco di tempo del tragitto scuola-casa.
Probabilmente avevo battuto il record mondiale di sbuffi e sospiri in
dieci
minuti.
- -Quel cretino mi ha
baciato ancora!- sbraitai, sentendo le guance diventarmi rosse e
bollenti.
Evitai di guardare le espressioni sicuramente scettiche delle mie
sorelle, e
continuai a urlare come una matta, -E quando gli ho chiesto perché, lui
ha
detto che era un momento di debolezza,
e dopo che gli ho chiesto perché ha detto quelle cose venerdì sera, lui
mi ha
detto indovina! INDOVINA?!- spostai
la sedia, e mi ci lasciai cadere. Massaggiai le tempie con movimenti
circolari,
inspirando ed espirando per controllarmi. –Poi ho incontrato Rick, e
gli ho
parlato..-
- -Gli ha detto la
verità?- Annuii lentamente.
- -E come l’ha presa?-
incalzò Melanie.
- -Ha detto che era prevenuto.
Se lo aspettava.- borbottai.
–Ma non era arrabbiato.-
- -Dai Nat..- le mie
sorelle si sporsero per prendermi le mani contemporaneamente, ma il
trillo del
campanello mi diede la scusa per scattare in piedi e non essere
trattata come
la vittima. Odiavo essere compatita, specie se nel torto.
- -Vado io.- Marciai
alla porta, e l’aprii poco delicatamente per vedere chi fosse.
- -Melanie?-
chiese, lo sconosciuto.
- E che sconosciuto!
Un metro e ottanta di muscoli, viso d’angelo, incorniciato da splendidi
ricci
scuri: ma questo da dove spuntava?
- Poi riconobbi la
voce, doveva essere il ragazzo maleducato che aveva telefonato ieri;
tra
l’altro si era annunciato con lo stesso tono-forse un po’ più ansioso-
e il
nome di mia sorella.
- Mi trattenni
dall’alzare gli occhi al cielo e dirgli che era buona educazione
presentarsi e
salutare, ma evidentemente non sembrava nelle condizioni di farlo.
- -MEL‼- chiamai,
dalla porta d’ingresso.
- Melanie arrivò con
calma, yogurt alla mano, cucchiaino in bocca, pigiama muccato di rosso
e
capelli indomabili raccolti in una cipolla afflosciata: l’immagine del
relax.
- Appena vide il tipo
alla porta, la sua bocca si spalancò- come i suoi occhi- e il
cucchiaino volò
in terra.
- -Tim!-
- Ahhh adesso capivo
tutto! Mio cognato era un gran pezzo di figo, complimenti a mia sorella!
- -Che cavolo ci fai
qui?!- ululò Melanie, accigliandosi.
- Tim in due falcate
entrò in casa (ma prego eh..) e prese
il viso di mia sorella tra le mani.
- -Stai bene..- scandì
lentamente, carezzandole le guance con i pollici.
- -Sarei dovuta stare
male?- riuscì a blaterare lei, ancora spiazzata.
- -Ieri ti ho
chiamata, volevo sentire la tua voce..ma mi hanno detto che eri
all’ospedale, e
allora..mi sono sentito morire, io..ho avuto paura..-
- Ops..
- Melanie abbassò il
capo, arrossendo. –Dovrei dirti una cosa, Tim..-
- Lui sembrò essere
tutt’orecchi.
- -Io..sono..- prese
un profondo respiro, -Incinta,Tim.-
- Con sorpresa sia
mia, che, palesemente, di mia sorella, Timothy la baciò con foga. E
allora,
decisi che era il momento di lasciarli da soli. Mi avvicinai a Mel e le
sfilai
lo yogurt dalle mani, per poi defilarmi in cucina e fare segno a Rose,
che
stava per lamentarsi, di fare silenzio.
- Bene, ora non mi
rimaneva che sperare che tutto andasse bene.
- Sentimmo la porta
chiudersi, dopodichè solo silenzio. Mel probabilmente aveva deciso di
uscire
per parlare con Timothy, e di non dare spettacolo davanti alla porta
d’ingresso; probabilmente anche per non incappare nella furia di mamma
e papà
nel caso di un loro ritorno anticipato.
- Controllai
l’orologio, e annunciai a Rose che mi sarei preparata per andare a
Yoga.
- -Come mai così
presto?- incalzò, sospettosa.
- Possibile che non le
sfuggesse niente?
- -Così inganno il
tempo.- tiè, sorella! Non mi metterai più
alle strette!
- -Okay..- concesse,
con un’occhiataccia palesemente diffidente.
- Cosa si aspettava
che rispondessi? Che andavo presto alla palestra per vedere la prova
dell’esame
di Adam perché non potevo mancare? Ma per
piacere..per chi mi aveva preso?
- Mi preparai
velocemente indossando la mia tuta, legai i capelli in una crocchia, e
afferrata la borsa e la giacca uscii di casa senza nemmeno guardare
Rosalie.
- Probabilmente mi
avrebbe letto in faccia quello che volevo fare, e per quanto fosse in
buona
fede e non ci fosse nulla di male in ciò, m’imbarazzava.
- Ero sempre stata
indipendente, decisa, ed invece ora mi ritrovavo perennemente col cuore
in
mano, con frasi da Baci Perugina nella testa, e un bisogno impellente
di vedere
Adam almeno ogni secondo.
- In sintesi, mi
faceva sentire fragile. Perché quando
si trattava di Adam diventavo come cristallo.
- Arrivai alla
palestra con largo, larghissimo anticipo rispetto al mio corso di yoga,
e
m’intrufolai per vedere il gruppo di Karate.
- In quel momento, si
stavano fronteggiando due ragazzi sicuramente più giovani di Adam, e
certamente
non ci andavano giù piano.
- Quando uno dei due
venne atterrato, vidi Adam e un altro ragazzone alzarsi in piedi. Si
sistemarono sui materassini neri, si guardarono negli occhi, e dopo il
saluto
si misero in posizione.
- Sentivo il mio cuore
in fibrillazione, un po’ perché la vista di Adam così concentrato era
sempre
destabilizzante, un po’ perché il suo avversario era molto più grosso e
alto di
lui. Cominciarono ad attaccarsi, e io mi spostai ancora, in modo da
vedere
meglio l’incontro.
- Non sapevo se essere
più incantata dalla sua bellezza, o distratta dalla paura che provavo
nel
vederlo difendersi e schivare quelle mosse dall’aria micidiale.
- Successe in un
secondo; Adam sembrò perdere la sua solita concentrazione nel duello, e
l’energumeno lo atterrò.
- Il mio cuore aveva
sussultato e si era fermato. Morto. Andato. Schiattato. Defunto. Non
ripartiva
più, come se quel ragazzo grosso avesse tirato quel pugno bestiale al
mio cuore
e non ad Adam.
- Lo stesso Adam che
rimaneva appiattito di schiena al materassino, braccia e gambe aperte
ad
angelo, e lo sguardo fisso all’alto soffitto.
- Non muoveva un
muscolo, e dopo un intero minuto che non emetteva verso né si rialzava,
anche
il suo maestro si accigliò, ansioso.
- -Adam, ci sei?-
sentii dire, mentre si avvicinava.
- Lui finalmente voltò
il capo verso il suo Sensei, e si mise seduto, con un’aria frastornata.
Sembrava sperduto e sconvolto.
- -Tutto okay?- gli
chiese il maestro, mentre una delle sue palpebre veniva presa da uno
strano tic
nervoso.
- -Mi sono distratto.-
scandì lentamente,
con un tono che sfiorava lo stridulo. Sembrava incredulo, basito. –Mi
sono
distratto.- ripetè.
- Pian piano, sentii
il mio cuore riprendere a battere, anche se ancora leggermente a
singhiozzo. Ok, Natalie..respira, bella, respira..sì
così, braaava.
- Niente panico, sì.
- Sensei alzò un
sopracciglio. –Ti stupisci per poco, ragazzo. Capita a tutti.-
- Sembrò che ad Adam
avessero tirato un altro pugno, per la smorfia che sfigurò il suo viso.
–Non a
me! Io..mi sono distratto.-
- Il suo maestro ridacchiò,
e gli diede una pacca sulla nuca. –Coraggio, alzati. Era solo una prova
questa,
lo sai, no? La settimana prossima andrà meglio.- poi si rivolse anche
agli
altri, -Bene, prova finita. Micheal, vedi di mettere un po’ di ghiaccio
su
quell’occhio..-
- In quel momento,
Adam alzò gli occhi su di me. Aveva uno sguardo indecifrabile, mentre
mi faceva
segno di raggiungerlo.
- Fregandomene del
fatto che avrei avuto una lezione di yoga tra meno di qualche minuto,
lo
raggiunsi e lo seguii, come una pera cotta, nel..bagno?
- Adam, appena entrai,
chiuse la porta, e un brivido mi fece tremare la schiena.
- La situazione aveva
un che d’inquietante.
- Adam mi fissò ancora
con quello sguardo strano, e cominciò a parlare lentamente.
- -Devi sapere che la
concentrazione, per un karateka, è essenziale. Una distrazione, può
essere
fatale..- disse, avvicinandosi di un passo.
- Io, dal mio canto,me
ne stavo lì, con il batticuore, a fissarlo.
- -Ho cominciato a far
Karate da bambino, ho dovuto farmi valere contro i miei compagni,
perché ero il
più piccolo del gruppo. Ho imparato a escludere il mondo, quando
pratico questo
sport. Siamo solo io, e il mio avversario. Il resto non conta, non
riesce
nemmeno a sfiorarmi l’esterno: se fossi davanti ad una platea, neanche
ci farei
caso.- E sorrise, di un sorriso ambiguo, veramente
ambiguo. Ma non per questo meno bello. –E poi arrivi tu.-
piantò i suoi occhi nei miei, ad una spanna dal mio viso.
–Nemmeno ti ho vista, ma ho riconosciuto il tuo sguardo su di me, e,
per un
istante, ti ho fatto entrare nella mia bolla privata, mettendoti tra me
e il
mio avversario. E mi sono distratto.- scosse la testa, accennando una
risatina
incredula. –Io non mi distraggo mai, te l’ho detto, niente potrebbe
catturare
la mia attenzione mentre combatto..eccetto tu.-
- Credetti davvero che
le mie gambe sarebbero cedute, quando mi accarezzò una guancia con le
nocche
della mano.
- -E’ una cosa
frustrante.- disse, stringendo le labbra. –Come se non fossi nei miei
pensieri
praticamente ogni secondo.-
- Ok. Ora avevo il diritto
di svenire?
- -Ovviamente, cerco
di concentrarmi sui ricordi della festa..o sul tuo pigiama fantastico.-
mi
lanciò uno dei suoi sorrisetti maliziosi, e fui davvero tentata dal
saltargli
addosso. –Resta il fatto che così non va, Natalie..-
- Mi accigliai. –Cosa,
non va?-
- Lui assunse un’aria
pensierosa, -Mmh, vediamo..non mi va il fatto che tu stia con quel
Rick, o che
qualsiasi altro coglione come Wilson ti ronzi intorno.- Ero così presa
dai suoi
occhi, che non mi ero resa conto della sua vicinanza. Mi stava
respirando sul
viso, talmente era vicino.
- -Non mi va il fatto,
che ti penso senza un diritto, senza un motivo ufficiale.-
sorrise, in un modo dolce, ma quasi rassegnato, e nei
suoi occhi passò un guizzo di tristezza. –Non mi va il fatto che tu non
mi
consideri importante quanto ti ritengo io..-
- Per quanto avrei
voluto contraddirlo, prima avevo bisogno di capire. –Perché mi stai
dicendo
queste cose?- chiesi. Sinceramente, non sapevo dove trovai la forza per
farlo.
Il mio cuore sembrava scoppiare, e il magone mi stringeva la gola per
il pianto
isterico trattenuto. Non aveva idea di quanta speranza quelle parole mi
stessero dando..il problema era la delusione che ne sarebbe derivata.
- Stava già facendo
uno dei suoi sorrisetti bastardi che mi facevano schiattare, ed ero
sicura che
se ne sarebbe uscito nuovamente con “indovina?” perciò, giocai
d’anticipo. –E, non dirmi
“indovina?”.- Adam ridacchiò.
- -Vediamo..sei sempre
nei miei pensieri, vorrei baciarti in ogni istante, sopporto i tuoi
sbalzi d’umore
da perenne crisi premestruale..è ovvio, no? Ti amo.-
- Oh.
- Rimasi completamente
spiazzata, mentre le sue parole rimbalzavano nella mia testa, e
raggiungevano
il mio cuore alla velocità della luce.
- I suoi occhi erano
di un verde talmente intenso che non riuscivo a credere che mi stesse
prendendo
in giro.
- Magari ero patetica,
però riuscivo a leggere i suoi
sentimenti nei suoi occhi.
- Gli occhi innamorati
di Adam. Che erano così vicini, come il suo cuore.
- Io stessa non capii
come mi ritrovai ancorata al suo collo, mentre lo baciavo con tutta me
stessa.
Ovviamente, lui non si lamentò, anzi..
- -Natalie..devo dire
che sono un po’ deluso..-sghignazzò sulle mie labbra, allontanandosi
poco dopo.
Non di molto, eh, il minimo indispensabile per vederci in faccia. –Le
ragazze
normali, dopo una dichiarazione del genere, direbbero sicuramente
qualcosa di
stucchevole..tipo “sei tutta la mia vita, ora, non posso vivere senza
di te” o
robe simili. E tu..niente.-
- Non riuscii a
trattenere un sorrisetto. –Prova a metterti nei miei panni, Adam..la
ragazza di
cui ti sei riscoperto innamorato, ti ha appena detto che ti ama..ed è a
mezzo
centimetro dalla tua faccia. Tu che faresti? Staresti lì a contartela,
o
useresti la bocca per qualcosa di più costruttivo?- incalzai.
- Lui ridacchiò,
portando una mano sulla mia guancia e avvicinando il mio viso al suo.
–Devo
dire che il tuo ragionamento non fa una piega..- ammise, in un
sussurro.
- -Ah!- mi ricordai,
fissando alternativamente i suoi occhi e le sue labbra, -Rick non è più
il mio
ragazzo..e non dovresti preoccuparti degli altri, dato che da un po’ di
tempo
sei il mio pensiero fisso.-
- -Mi pare il minimo!-
scherzò, un secondo prima di ricatturare le mie labbra in un bacio
mozzafiato.