Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Soul Sister    17/10/2011    11 recensioni
Dal primo capitolo:La mia vita era sempre stata come una di quelle sit com americane, piena zeppa di colpi di scena, ma sempre prevedibili. Di quelle con teenager alle prese con qualche cretino super-figo che le tormenta e rende la loro vita un inferno, ma che, inevitabilmente, poi, le fa innamorare di lui come delle povere pere cotte.
Ma, fortunatamente, io non ero la classica ragazza da sit com che s’innamorava del cretino della città. Io ero la teenager che affrontava il deficiente in questione, perché, purtroppo, anche nella mia prevedibile realtà, lui esisteva.
Non poteva mica non esserci. Perché quella presenza era peggio di una piaga in via di putrefazione, un porro peloso, un foruncolo, e resisteva.
Ma, se nelle sit com, poi diventava l’eroe, si poteva star certi che qui, nella mia città, nella mia vita, lui non sarebbe mai diventato magicamente il santo della situazione. Non c’erano segreti scabrosi della famiglia che l’avevano irreparabilmente rovinato, niente maschere che nascondevano un cuore d’oro. Eh sì, perché, purtroppo, il figone del mio, di villaggio, lo conoscevo fin troppo bene. Perchè le nostre famiglie erano amiche da quando mio padre e mia madre andavano al liceo, e, come se non bastasse, una delle mie sorelle era fidanzata col fratello maggiore della mia nemesi. Solo per informazione, nel mio universo, la pustola, colui che rompeva le palle insistentemente, aveva il famoso nome di Adam Brown: mi rifiutavo categoricamente di ritenerlo mio cognato. Era troppo..deprimente.
Restava il fatto, che la Pustola aveva appena segnato la sua ora.

-Spero vi abbia incuriosito :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
  • Ok. Non è un miraggio, questo capitoletto..(capitolone, anzi) E' solo che tra la scuola, sport e qualche problema personale, mi è mancato il tempo di scrivere..ecco, che per me equivale ad un sacrilegio, ma sono dettagli ù.ù
  • Avevo intenzione di postare domani (** mio compleannooo) però non stavo più nella pelle, e mi son detta "o la va o la spacca". E spero che questo capitolo vada. Perchè questo non è un capitolo..questo è IL capitolo, ragazze mie. *Autrice saltella tutta felice ed elettrifrizzata* è ora che vada tutto bene.
    NB. Ecco. Mancano due/tre capitoli ancora, e al pensiero mi sento quasi persa. Perchè Nat e Adam hanno popolato i miei sogni e, soprattutto, i miei incubi (per vari momenti di panico da trama ^^"), e mi sono inevitabilmente entrati dentro.. e il pensiero che la storia sia quasi finita è..strano, ecco.
    Io, non so..sarei disposta a scrivere seguito e/o dei missing moments, non solo su Nat e Adam, ma anche su Melanie et fiancé, o Bryan e Rose. Però dovete dirmelo voi, se vi interessano..se no pace amen. XD
    Se non faccio il seguito, farò comunque dei capitoli extra sul loro futuro..di sicuro qualcosa faccio, ecco. Non sono ancora pronta a lasciarli andare XD I miei bambini..le mie creature...ç_ç
    Bene. Ora che ho finito la pappardella...vi dico, semplicemente, GRAZIE. :)
    E vi lascio alla lettura di questo capitolo, che, spero, sia almeno decente.
    Incrocio le ditaaa!
    Nemici, Amici, innamorati…Amore irrazionale!
    .

    .
    Okay, matematica era una materia inutile, difficile, e l’unica pecca nella mia carriera scolastica.
    Aggiungiamoci pure il fatto che in quel momento i miei pensieri gravitavano da tutt’altra parte: in sintesi, non consideravo minimamente l’idea di risolvere quelle stupidissime equazioni.
    Avevo il libro aperto sulle ginocchia, gli auricolari nelle orecchie, e stavo minuziosamente temperando la matita -tutto pur di non cominciare a fare i compiti.
    E, ad essere sincera, la mia totale incapacità in matematica non era l’unica scusante che mi facesse cincischiare. Dopotutto.. come avrei mai potuto pensare alla matematica, quando l’immagine, o meglio, il ricordo di Adam Brown- cioè, dico, Adam Brown!, il ragazzo per cui sarei stata capace di seppellire il mio spropositato orgoglio-mi stanziava davanti agli occhi, senza che potessi e volessi mandarla via? Era un insulto.
    Quei suoi occhi verdi, quel sorriso malizioso che solo pochi mesi fa avrei voluto cancellare dalla faccia della terra sembravano aver preso un posto fisso nella mia mente.
    Ringraziavo tutti i santi del Cielo per avermi trattenuta dall’ucciderlo tempo addietro, perché solo il Signore sapeva quanto adorassi quel sorriso malandrino.
    E chissene fregava se, con questo commento, sarei entrata a far parte del Brown Fan Club insieme a tutte quelle mie compagne che parlavano ventiquattro ore su ventiquattro di quanto fosse bello Adam; anche in questo futile contesto, sarei stata la ragazza con più dignità, più cervello, e soprattutto sarei stata la più sfegatata fan del soggetto in questione.
    Oddio, il mio cervello stava deragliando! Non seguiva più la giusta direzione..!
    E’ proprio vero, l’amore rende rincoglioniti..e probabilmente il mio era un caso patologico e irreversibile.
    Adam, che mi faceva dannare da quando eravamo nati, che era IL Nemico Per Eccellenza, che mi prendeva in giro come passatempo, mi aveva stregata; era riuscito a diventare un porto sicuro.
    O forse lo era da sempre, perché alla fin fine, mi ero sempre rifugiata nell’odio che provavo per lui, specie quando avevo sofferto per Rick. Avevo sfogato tutta la mia frustrazione su Adam, senza neanche rendermene conto. In un certo senso, era assurdo!
    Restava il fatto che sentivo la sua mancanza in modo malsano, nonostante fossi ben conscia del fatto che bastava affacciarmi alla finestra per vederlo.
    E non mi faceva molto onore, proprio no, accidenti!
    Adam Brown mi aveva sconvolto, più di quanto probabilmente intendesse fare quando ancora ci odiavamo. Non s’immaginava nemmeno che ormai la sua presenza fosse vitale per me.
    Non mi rimaneva che accogliere il suo ricordo, per sentirlo più vicino, anche quando non lo era.
    Avrei voluto che fosse sempre con me in ogni istante, perché era il mio sostegno. Senza di lui crollavo come un castello fatto con le carte.
    Avrei voluto semplicemente poterlo baciare ancora, ancora per una volta, solo per poterlo sentire mio per qualche istante.
    -I want you around, I hang on every word you say..I know it's not original or profound..but I want you around..- canticchiai. Casualmente, le parole della canzone che stavo ascoltando erano esattamente ciò che avrei voluto dirgli, già.
    Giusto per fargli venire le carie ai denti e il diabete, ecco.
    -E’ ovvio che pensi sempre al tuo adorato fidanzato, ma c’è posto anche per un amico, nel tuo mondo?-
    Il cuore mi scattò in gola, e mi voltai immediatamente per trucidare La Persona Che Volevo Al Mio Fianco con un’occhiataccia.
    Ma sì, entriamo nelle stanze delle sorelle altrui senza bussare e annunciandosi con cazzate bestiali, tanto per far prendere colpi al cuore della sottoscritta.
    E poi, era lui il mio mondo.. Era così difficile da intuire?
    -Idiota!- sibilai, lanciando fulmini e saette come neanche Zeus ci riusciva, -Mi hai fatto prendere un colpo!-
    Lui rise, della sua risata musicale e assolutamente perfetta. –Vorrei poterti dire che mi dispiace, ma non lo penso, quindi non te lo dirò.- infilò le mani nelle tasche dei jeans, e avanzò fino al letto di Rose per sbirciare cosa stavo facendo.
    Beh, il suo ragionamento non faceva una piega, tuttosommato.
    Adocchiò i compiti che, in teoria stavo facendo, e sciabolò le sopracciglia, con fare cospiratorio.
    -Problemi con la matematica?- ridacchiò, col suo tono volutamente ironico e pungente, nonché terribilmente irritante. Se non avessi adorato la sua voce, avrei estirpato le sue corde vocali con tanto, tanto sadismo.
    Grugnii. –Piuttosto che prendermi in giro, dammi una mano, no?-
    Gli occhi di Adam si accesero di soddisfazione, come se aspettasse quelle parole da quando era entrato nella stanza.
    Si sedette al mio fianco, e osservò l’esercizio con fare esperto.
    Da quando aveva cominciato ad applicarsi a scuola, avevo scoperto che Adam era davvero un asso nelle materie scientifiche, e che la matematica gli piaceva particolarmente. Era stato uno shock.
    E, siccome, al contrario suo, io ero una frana completa, il tizio al mio fianco non perdeva secondo per prendermi in giro e compiacersi come un pavone.
    Nel nostro rapporto erano cambiate tante cose, ma l’intelligenza e l’egocentrismo non erano migliorati per niente.
    -Non è così difficile, Natalie!- esclamò, afferrando la mia matita mangiucchiata e mostrandomi come si risolveva l’equazione.
    -Lo sai che sono negata in matematica, non ci capisco nulla.- borbottai, posando il mento sul palmo aperto della mano, guardandolo concentrarsi sull’esercizio e perdendomi a contare una a una, le lunghe ciglia chiare dei suoi occhi meravigliosi.
    Un maxi poster di Adam da appendere in camera era troppo esagerato?
    Ma sapeva di essere bellissimo, anche quando ragionava su una cosa così insulsa come la matematica?
    -Oh, lo so, lo so!- rise lui, senza distogliere lo sguardo dal quaderno.
    Ti prego dimmi che non l’ho detto ad alta voce…
    Non sarebbe stata la prima volta, dopotutto.
    -Eh?-
    Adam mi riservò un’occhiata divertita e confusa al contempo: -Lo so che sei una frana in matematica.-
    Ahh, beh, per fortuna!
    Mi lasciai scappare un sospiro di sollievo, a cui Adam fece caso purtroppo, e un guizzo di curiosità passò nelle sue iridi smeraldine.
    Il mio cervello ci mise qualche secondo a elaborare la frase di Adam, causa quegli occhi mozzafiato che dovevano essere assolutamente vietati.
    -Ehi, non avresti dovuto infierire‼- mi lamentai, indignata. Gli diedi un buffetto sul braccio, senza riuscire a trattenere un sorriso. –Dovevi dire “ma no Natalie, non sei così male!”-
    Adam scoppiò a ridere, -Sì, certo, certo..Cosa pensavi di aver detto?-
    Mi guardai le unghie, con finta nonchalance. –Mah, niente di che..!-
    Lui fece sporgere il labbro inferiore, e si avvicinò pericolosamente al mio viso.
    Com’è che i suoi occhi erano diventati così cucciolosi e lucidi?
    -Dai, me lo dici?-
    Inutile dire quanto fosse ingiusta la situazione e quanto sporco stesse giocando: Adam Brown non era un tipo che si faceva scrupoli, specie con la sottoscritta.
    Solo che qualche mese fa, non mi sarei fatta di certo intimorire: un ceffone, e gli facevo pure dimenticare come si chiamava.
    Ora, le cose erano un po’ cambiate; il fatto che da odio, il mio, si fosse trasformato, senza che neanche me ne accorgessi, in amore, era un inutile dettaglio.
    Tanto insignificante che mi faceva uscire frasi degne di quelle oche delle mie compagne, patetiche da farmi ridere -o piangere.
    Adam sbattè le lunghe ciglia chiare, e mi perforò l’anima con quei suoi dannati occhi verdi.
    Avrei tanto voluto picchiarlo, ma la mia forza di volontà si era sbriciolata.
    Mi respirava sul viso, sentivo il profumo di menta.
    Inutile dire che stavo maledendo in ogni lingua quei cinque centimetri che ci dividevano, è superfluo. Perché cavolo non mi baciava, già che c’era?
    Era chiedere tanto? A me non sembrava.
    Il suo sguardo, da tenero e coccoloso, era diventato improvvisamente intenso, come se si fosse accorto della situazione ravvicinata che si era cretata.
    -Mentadent?-
    Come se gli avessi tirato uno schiaffo, Adam si spostò con un’aria mortificata e sorpresa.
    -Mentadent?- ripetè, confuso.
    Mi sentii andare le guance in fiamme, ma cercai di non farci caso, sperando che non ci facesse caso nemmeno lui.
    -Che dentifricio usi? Il tuo respiro sa di menta..è buono-
    E il premio Nobel per la cazzata più grossa dell’universo va consegnato a Natalie Smith, per la sua capacità di tirare fuori le più insensate cretinate nei momenti meno opportuni!
    Adam sbattè un paio di volte le palpebre, rincretinito; o forse la rincretinita ero io, dopotutto quello dei due che chiedeva la marca della pasta dentifricia di certo non era Adam.
    Ecco, era uno di quei momenti dove avrei fatto una di quelle uscite idiote della serie “Il tuo respiro è vitale per me”, perché quell’aria contrita da cucciolo spaesato me le strappava di bocca quasi, queste cazzate da Bacio Perugina.
    -Sì, uso..uso Mentadent.- rispose Adam, probabilmente imbarazzato abbastanza per entrambi.
    -Bene, dirò a mia mamma di comprarlo.- annuii, e stavolta più convinta.
    Il mio cervellino ne aveva partorita un’altra. Avrei usato lo stesso dentifricio di Adam.
    Alè. Ma quanto ero patetica? Andiamo, nemmeno nelle Soap opere di serie Zeta tiravano fuori queste stronzate.
    E così, calò un silenzio piuttosto imbarazzante, che fu rotto, grazie al cielo, dal suonare insistente di un cellulare; la suoneria però non la riconobbi subito, non era del mio telefono, e dato che Adam non muoveva un muscolo, evidentemente non era nemmeno il suo.
    Mi guardai intorno per trovare la fonte della musica, che riconobbi come il telefono di Mel: l’aveva lasciato nella camera di Rose prima di andare dal ginecologo, probabilmente.
    Lo afferrai dal comodino, e guardai il mittente, ma era un numero sconosciuto.
    Lo fissai un po’ incerta su cosa fare, e ci pensò Adam a farmi dare una mossa: -Dai, rispondi!-
    Così, cliccai la cornetta verde, e portai il telefono all’orecchio.
    -Pronto?-
    -Melanie?!- Dall’altro lato veniva una voce maschile, abbastanza carica d’ansia.
    In quel momento, mi venne da starnutire, e cercai di trattenermi. In compenso, la voce mi uscì tremolante, quasi come se stessi piangendo o avessi un fortissimo raffreddore. -No, sono sua sorella Natalie.- biascicai, mentre lanciavo un’occhiata ammonitrice ad Adam, che sembrava divertirsi.
    -Melanie non c’è? Devo parlarle..- insistette il ragazzo (?) dall’altra parte.
    -E’ all’ospedale e..- clic. Aveva riattaccato, ma che razza di maleducato che era quel tipo, non mi aveva nemmeno fatto finire! Fissai piuttosto seccata il cellulare di mia sorella; che razza di amici aveva!
    -Chi era?- chiese incuriosito Adam. Mi strinsi nelle spalle, con una smorfia.
    -Non l’ha detto..- sbuffai, -mi ha riattaccato in faccia.-
    Adam sghignazzò. –Ohh ma che oltraggio, riattaccare in faccia a Natalie Smith!-
    Gli feci una linguaccia, stizzita come una bambina capricciosa. -Comunque..che dicevamo?- chiesi, indicando il mio quaderno di matematica.
    ***
    Il pomeriggio precedente, io e Adam ci avevamo messo circa un nanosecondo per cancellare l’imbarazzo post-situazione equivoca e conseguente uscita di cacca della sottoscritta grazie a quella strana conversazione con lo sconosciuto. Avevamo ricominciato a parlare tranquillamente; o meglio, Adam aveva ripreso a prendermi in giro per la mia inettitudine nelle materie scientifiche, mentre io m’indignavo e tentavo di fargli del male con mosse di karate fai-da-me.
    Così, tra una battuta e l’altra, il mio genio matematico aveva finito i miei compiti; io non ci avevo nemmeno provato, mi ero arresa immediatamente. Insomma, perché sforzare i miei neuroni già provati, se avevo una calcolatrice –anche piuttosto avvenente - che mi faceva le equazioni alla velocità della luce?
    Ora, mi accingevo a uscire dal cancello di casa per andare a quel pollaio che mi ostinavo a chiamare scuola, sperando che il mio adorabile vicino non ci mettesse tanto a raggiungermi.
    -Ehi!-
    Come chiamato,Adam sbucò dal cancelletto accanto al mio, e mi sorrise, accecandomi con la sua schiera di denti perfetti.
    -Buongiorno!- salutai, affiancandolo e ricambiando il sorriso.
    Sembrava di buonumore, ed era impossibile per me non esserne contagiata.
    Finchè il pensiero di affrontare il cortile e gli amici di Adam non mi attraversò la mente e mi fece venire l’ansia.
    Adam probabilmente se ne accorse, perché mi rivolse un sorriso smagliante, come a sottolineare il fatto che non ci fosse alcun motivo di cui preoccuparsi.
    Beh se lui era tranquillo..no, non era la stessa cosa! Parlavamo di una cintura blu di karate, non so se mi spiego, anch’io al posto suo non mi sarei fatta condizionare, se avessi avuto la capacità di abbattere un’orda di ragazzine urlanti con un calcio rotante alla Jackie Chan!
    Evidentemente, mi lesse il disappunto in faccia, e sghignazzò.
    -Natalie Smith che si fa condizionare dai pettegolezzi..questa è nuova!- commentò, con un’espressione che poteva solamente voler dire “picchiami”. Perché lui voleva essere picchiato, mutilato e ucciso, dato che mi stava stuzzicando su un argomento tabù volontariamente. Scellerato.
    -Non è divertente, Brown.- sibilai, lanciandogli un’occhiataccia. –Io sono indifesa, contro tutte quelle galline spennacchiate che mi fulmineranno con gli occhi solo per il fatto che abbiamo chiarito!-
    Lui, in risposta, rise. Rise nel suo modo così meraviglioso,e rimasi incantata a guardarlo per qualche secondo. Poi si schiaffeggiò una mano sulla fronte, e io cercai di riprendere un minimo di dignitoso contegno. Ci mancava che sbavassi così palesemente, anche se era ammesso e concesso davanti a cotanta bellezza.
    -Cacchio, stasera ho la prova dell’esame, non mi ricordavo più!-
    Lo fissai incuriosita. –Esame?
    Adam annuì distrattamente, guardando davanti a sé e infilando, in un gesto che ormai riconobbi automatico, le mani nelle tasche della tuta. –Sì, la settimana prossima ho l’esame per diventare cintura marrone, e stasera Sensei ci metterà sotto, poco ma sicuro.- spiegò tranquillo, senza alcuna inflessione nella voce, come se fosse una cosa da tutti i giorni.
    -Oh..è fantastico!- esclamai, stupita.
    Adam si strinse nelle spalle, e si voltò verso di me con il chiaro scopo di ammaliarmi con uno dei suoi sorrisetti sghembi. –Mi sono ripromesso che esulterò solo quando avrò in mano la mia cintura nera.-
    -Spaccone. E se non dovesse mai arrivare?- lo pungolai; chiaramente lo prendevo in giro, era ovvio che Adam ce l’avrebbe fatta. Era bravissimo nelle arti marziali, era..affascinante e micidiale.
    Lui fece spallucce. –Arriverà. Faccio karate da quando ero bambino, mi sono sempre fatto in quattro per imparare, per farmi valere dato che ero il più piccolo del gruppo. E’ una delle mie più grandi passioni, e una delle cose che mi esce meglio. Io otterrò quella cintura.- Il suo tono era strascicato, quasi noncurante, ma i suoi occhi..quelli scintillavano, brillavano di determinazione, di forza. Avrei voluto baciarlo solo per quell’espressione accorata.
    Intanto avevamo raggiunto il nostro liceo, ed eravamo entrati nel parcheggio.
    -Ehi Adam!- il richiamo di Wilson mi fece sobbalzare; Adam si voltò e gli fece un cenno, ma non si avvicinò a loro. Proseguì dritto, verso Kim e, con mia sorpresa, pure Johnatan.
    La sera prima, da quel che la mia migliore amica mi aveva detto tra un urletto e un sospiro, era andato tutto a gonfie vele. Si erano divertiti, avevano ballato, e si erano baciati; in sintesi, erano uscenti molto più vicini ad una relazione stabile.
    -Ehi!- salutammo io e Adam, con un sorriso.
    Johnatan fece un cenno con la mano e un enorme sorriso, e Kim mi lanciò uno sguardo estatico che valeva più di mille parole.
    -Ecco il malato di coglionite! Ben tornato tra noi!- scherzò, quella santa donna.
    Adam si grattò la nuca, un po’ imbarazzato. –Che ci vuoi fare? Capita di perdere la rotta!-
    Kim incrociò le braccia al petto. –Sì, sì..l’importante è che tu abbia ritrovato la luce.- e ammicò. Si scambiarono uno sguardo indecifrabile, loro ovviamente si capivano; sentii un moto di fastidio e gelosia serrarmi lo stomaco.
    Scossi la testa, e m’intimai di darmi una calmata.
    Rimanemmo a chiacchierare tranquillamente fino al suono della campanella; o meglio, Adam, Kim e John parlavano tra loro, io ero caduta in una sorta di mutismo immotivato.
    Mi sedetti al mio posto, sempre stando zitta zitta e imbronciata, tenendo la bocca sigillata.
    Ecco, almeno finchè al posto di Kim si sedette Adam, con il suo sorriso mozzafiato.
    -Che cavolo fai?- domandai, stupita.
    -Mi metto vicino a te, che domande.- sorrise, in un modo che avrebbe potuto ammazzare tutti i miei neuroni uno dopo l’altro, senza pietà. Per non parlare del mio cuore, quello era bello che schiattato.
    Ok, magari non serve dire che sul mio viso si era dipinto indelebilmente un sorriso idiota. E non serve nemmeno dire che non smisi di parlare e ridere con Adam un secondo, da quando erano cominciate le lezioni.
    Ma c’era qualcosa di diverso, nel modo in cui ci comportavamo adesso. Non capivo cosa fosse quella sensazione, sapevo solo che sentivo il cuore leggero leggero –mancamenti a parte per i suoi sorrisi sghembi- e che tutto mi sembrava giusto. Sensazione piuttosto ambigua, che tuttavia non mi abbandonava mai.
    -Dai, ultima lezione, ginnastica, e poi a casa!- esclamai, stiracchiandomi al suono della campanella. Adam rise, -Come se avessimo fatto scuola, oggi.- mi apostrofò, divertito.
    -Come no!- sghignazzai, raccogliendo le mie cose e trascinandomi verso la palestra come se fosse il patibolo. C’era da dire, però, che venivo accompagnata verso la mia fine da un angelo, il che faceva sembrare tutto molto più positivo.
    -E se saltassimo la lezione?-
    -Scherzi?- lo guardai attentamente, e no, non scherzava affatto. Certo, che se me lo chiedeva con un tale sguardo liquido, mi risultava perfino difficile respirare, figurarsi mantenere la mia coscienza da studente diligente.
    -Ci facciamo fare una giustifica, e tanti cari saluti.- disse, come se stesse parlando di caramelle e non di trasgredire le regole.
    Alzai un sopracciglio, un po’ perplessa. –E come avresti intenzione di occupare il tempo libero? Giocando a morra cinese?- feci, piuttosto ironica. Dopotutto, era solo un’ora di ginnastica!
    In quel momento, sentii il vibrare del mio telefonino, e guardai chi era: Rick.
    Evidentemente, dalla mia espressione, Adam intuì il mittente, e diventò nero in volto.
    Ancora dovevo capire perché di questi cambiamenti d’umore, ma Adam era peggio di una donna con la sindrome premestruale, dovevo rassegnarmi.
    Non feci in tempo a cliccare sul messaggio per leggerlo, che Adam, dopo essersi controllato intorno, prima che potessi batter ciglio e rendermi conto di quello che stava facendo, mi prese per un braccio e mi tirò verso un angolo della parete, costringendomi tra il suo petto e il muro.
    E, sempre con quell’aria grave, mi baciò.
    No, dico, mi aveva baciata, così, alla luce del sole; e stavolta ero sobria, vigile, e..beh, consenziente, quello sempre.
    Sbattei le ciglia un po’ sbigottita; era stato talmente inaspettato da disarmarmi, e lasciarmi lì come una rimbambita a fissarlo, mentre si allontanava di un passo.
    Ottima idea, almeno non lo avrei assaltato a mia volta; mantenere le distanze di sicurezza.
    -Questo a cosa lo devo?- Ok, questa domanda come cacchio mi era uscita?!
    Adam non fece una piega, con quell’aria nera come La Muerte.
    Fece spallucce,–Momento di debolezza..?-
    Incrociai le braccia al petto, e alzai un sopracciglio. –Momento di debolezza, eh?-
    Adam assunse un’aria spaventosamente maliziosa. –Preferisci che la chiami soddisfamento d’istinti primoridiali? Bisogno impellente di far qualcosa di sconcio con qualcuno? Pom..-
    -Ok, momento di debolezza!- lo interruppi, prima che dicesse qualche altra cazzata delle sue. Adam sorrise, ma non era un sorriso di quelli maliziosi. Era quasi amaro.
    -Lo era anche quello di venerdì?- Brava Natalie, dritta al sodo. Della serie “facciamoci male sempre un po’ di più”. Perché sì, ero masochista io. E per di più già impegnata con un altro. E continuavo a baciare Adam come se nulla fosse. Mi facevo schifo.
    -Sì.- fu la sua risposta, scandita lentamente.
    -E perché hai detto quelle cose prima di farlo?- insistetti, da brava idiota qual’ero, mentre Adam si passava una mano tra i suoi capelli impossibili. Poi, piantò i suoi occhi dannatamente verdi –ma perché dovevo adorarli così tanto?- nei miei, e bruciò nuovamente quelle poche spanne che ci dividevano, arrivando a pochi millimetri dal mio viso.
    -Indovina?- soffiò sulle mie labbra, per poi allontanarsi chissà dove.
    Con la testa confusa e affollata di pensieri, a ginnastica diedi il peggio di me negli sport proposti dal prof, e quando la campanella suonò fu un sollievo. Mi cambiai e salutai sbrigativa Kim, non vedevo seriamente l’ora di arrivare a casa e poter sprofondare nei miei pensieri senza essere disturbata.
    Adam dove si era cacciato?
    Cercai di accantonare il pensiero, e uscii dalla scuola cercando di contenere il mio muso lungo almeno finchè non fossi stata sola.
    -Natalie!-
    Un momento, com’è che avevo sentito la voce di Rick? Avevo le allucinazioni?
    Mi voltai, e trovai davvero il mio fantomatico fidanzato appoggiato alla sua auto, che mi salutava con un sorriso smagliante. Lo guardai stupita, e mi avvicinai a lui.
    -Ehi, ma non dovevi mica essere allo stage?-
    Rick mi sorrise: -Non hai letto il messaggio, vero?- Scossi la testa a disagio; diciamo che ero piuttosto presa da altro, in quel momento. Ma non era carino dirlo così.
    -Ho finito prima il corso, perciò ieri ho preso il primo volo per venirti a trovare!-
    Ecco, come farmi sentire una merda.
    Dovevo assolutamente parlargli.
    -Rick..- mormorai, a capo basso, -devo parlarti di una cosa.- Sbirciai velocemente la sua espressione, sembrava impassibile, quasi se lo aspettasse.
    -Spara.-
    -Ecco..credo sia meglio di finirla qui.- mormorai, con lo stomaco stretto in una morsa ferrea. –Voglio dire, io tengo a te, ma più come amico..nella testa ho qualcun altro, e non è giusto che ti usi così. Non è corretto, Rick. E..-
    -E’ successo qualcosa tra di voi?- domandò, spiccio.
    Non osai alzare gli occhi stavolta, nemmeno per controllare la sua espressione.
    -Mi ha baciata, venerdì sera, perché pensava che non mi sarei ricordata niente per la sbronza che mi sono presa..- confessai, in un sussurro. Meglio non citare il bacio di meno di un’ora fa, era ancora più squallido. –Mi sento uno schifo-
    Sorprendentemente, sentii una carezza delicata sul mio viso, e alzai gli occhi su Rick. Stranamente, sorrideva. –Sono stato uno stupido a lasciarti scappare, Nat. Ho sempre visto Brown come un rivale, quando in quei momenti tu non lo conoscevi ancora abbastanza perché ti piacesse.- scosse la testa, con un accenno amaro nell’espressione. Sorrise nuovamente. –Sii felice, ok? E non cambiare mai, perché sei fantastica.-
    Sarebbe stato così facile amare il nuovo Rick, più maturo, più uomo..se non fossi stata così innamorata di Adam Brown.
    Lo abbracciai forte, poggiando la testa sul suo petto. –Scusami, Rick.-
    -Lascia stare, e poi, diciamo che ero prevenuto.- disse, dandomi un buffetto sulla guancia, -il passaggio lo vuoi?- chiese. Beh, almeno non lo avevo illuso, dato che se lo aspettava già.
    Scossi la testa, -No, non preoccuparti..tra l’altro, ho bisogno di stare un po’ da sola.- mormorai, cercando di sorridergli.
    Con un peso in meno sul cuore, e mille pensieri per la testa, tornai a casa; il mio malumore sembrava aumentare a livelli esponenziali ad ogni passo, tutto per colpa di quel bambino di Adam. “Indovina?” cosa, porca miseria?! Lui e i suoi cavolo di momenti deboli! Mi faceva venire il mal di testa!
    Quando entrai in cucina, Mel e Rose mi guardarono sbattere violentemente lo zaino a terra, con un diavolo per capello. Dovevo sembrargli una teiera, mentre farfugliavo insulti a quel deficiente. Proprio con me, e in quel contesto, giocava a fare l’indovino?
    -Tutto ok?- chiese Rosalie, cauta. Melanie mi guardava con un sopracciglio talmente alzato che avrebbe sfiorato l’attaccatura dei capelli a momenti.
    -No! Non è tutto ok!- ringhiai, spogliandomi con foga il giacchetto, e rischiando di impiccarmi da sola con la sciarpa.
    Sbuffai, forse per la millesima volta nel breve arco di tempo del tragitto scuola-casa. Probabilmente avevo battuto il record mondiale di sbuffi e sospiri in dieci minuti.
    -Quel cretino mi ha baciato ancora!- sbraitai, sentendo le guance diventarmi rosse e bollenti. Evitai di guardare le espressioni sicuramente scettiche delle mie sorelle, e continuai a urlare come una matta, -E quando gli ho chiesto perché, lui ha detto che era un momento di debolezza, e dopo che gli ho chiesto perché ha detto quelle cose venerdì sera, lui mi ha detto indovina! INDOVINA?!- spostai la sedia, e mi ci lasciai cadere. Massaggiai le tempie con movimenti circolari, inspirando ed espirando per controllarmi. –Poi ho incontrato Rick, e gli ho parlato..-
    -Gli ha detto la verità?- Annuii lentamente.
    -E come l’ha presa?- incalzò Melanie.
    -Ha detto che era prevenuto. Se lo aspettava.- borbottai. –Ma non era arrabbiato.-
    -Dai Nat..- le mie sorelle si sporsero per prendermi le mani contemporaneamente, ma il trillo del campanello mi diede la scusa per scattare in piedi e non essere trattata come la vittima. Odiavo essere compatita, specie se nel torto.
    -Vado io.- Marciai alla porta, e l’aprii poco delicatamente per vedere chi fosse.
    -Melanie?- chiese, lo sconosciuto.
    E che sconosciuto! Un metro e ottanta di muscoli, viso d’angelo, incorniciato da splendidi ricci scuri: ma questo da dove spuntava?
    Poi riconobbi la voce, doveva essere il ragazzo maleducato che aveva telefonato ieri; tra l’altro si era annunciato con lo stesso tono-forse un po’ più ansioso- e il nome di mia sorella.
    Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo e dirgli che era buona educazione presentarsi e salutare, ma evidentemente non sembrava nelle condizioni di farlo.
    -MEL‼- chiamai, dalla porta d’ingresso.
    Melanie arrivò con calma, yogurt alla mano, cucchiaino in bocca, pigiama muccato di rosso e capelli indomabili raccolti in una cipolla afflosciata: l’immagine del relax.
    Appena vide il tipo alla porta, la sua bocca si spalancò- come i suoi occhi- e il cucchiaino volò in terra.
    -Tim!-
    Ahhh adesso capivo tutto! Mio cognato era un gran pezzo di figo, complimenti a mia sorella!
    -Che cavolo ci fai qui?!- ululò Melanie, accigliandosi.
    Tim in due falcate entrò in casa (ma prego eh..) e prese il viso di mia sorella tra le mani.
    -Stai bene..- scandì lentamente, carezzandole le guance con i pollici.
    -Sarei dovuta stare male?- riuscì a blaterare lei, ancora spiazzata.
    -Ieri ti ho chiamata, volevo sentire la tua voce..ma mi hanno detto che eri all’ospedale, e allora..mi sono sentito morire, io..ho avuto paura..-
    Ops..
    Melanie abbassò il capo, arrossendo. –Dovrei dirti una cosa, Tim..-
    Lui sembrò essere tutt’orecchi.
    -Io..sono..- prese un profondo respiro, -Incinta,Tim.-
    Con sorpresa sia mia, che, palesemente, di mia sorella, Timothy la baciò con foga. E allora, decisi che era il momento di lasciarli da soli. Mi avvicinai a Mel e le sfilai lo yogurt dalle mani, per poi defilarmi in cucina e fare segno a Rose, che stava per lamentarsi, di fare silenzio.
    Bene, ora non mi rimaneva che sperare che tutto andasse bene.
    Sentimmo la porta chiudersi, dopodichè solo silenzio. Mel probabilmente aveva deciso di uscire per parlare con Timothy, e di non dare spettacolo davanti alla porta d’ingresso; probabilmente anche per non incappare nella furia di mamma e papà nel caso di un loro ritorno anticipato.
    Controllai l’orologio, e annunciai a Rose che mi sarei preparata per andare a Yoga.
    -Come mai così presto?- incalzò, sospettosa.
    Possibile che non le sfuggesse niente?
    -Così inganno il tempo.- tiè, sorella! Non mi metterai più alle strette!
    -Okay..- concesse, con un’occhiataccia palesemente diffidente.
    Cosa si aspettava che rispondessi? Che andavo presto alla palestra per vedere la prova dell’esame di Adam perché non potevo mancare? Ma per piacere..per chi mi aveva preso?
    Mi preparai velocemente indossando la mia tuta, legai i capelli in una crocchia, e afferrata la borsa e la giacca uscii di casa senza nemmeno guardare Rosalie.
    Probabilmente mi avrebbe letto in faccia quello che volevo fare, e per quanto fosse in buona fede e non ci fosse nulla di male in ciò, m’imbarazzava.
    Ero sempre stata indipendente, decisa, ed invece ora mi ritrovavo perennemente col cuore in mano, con frasi da Baci Perugina nella testa, e un bisogno impellente di vedere Adam almeno ogni secondo.
    In sintesi, mi faceva sentire fragile. Perché quando si trattava di Adam diventavo come cristallo.
    Arrivai alla palestra con largo, larghissimo anticipo rispetto al mio corso di yoga, e m’intrufolai per vedere il gruppo di Karate.
    In quel momento, si stavano fronteggiando due ragazzi sicuramente più giovani di Adam, e certamente non ci andavano giù piano.
    Quando uno dei due venne atterrato, vidi Adam e un altro ragazzone alzarsi in piedi. Si sistemarono sui materassini neri, si guardarono negli occhi, e dopo il saluto si misero in posizione.
    Sentivo il mio cuore in fibrillazione, un po’ perché la vista di Adam così concentrato era sempre destabilizzante, un po’ perché il suo avversario era molto più grosso e alto di lui. Cominciarono ad attaccarsi, e io mi spostai ancora, in modo da vedere meglio l’incontro.
    Non sapevo se essere più incantata dalla sua bellezza, o distratta dalla paura che provavo nel vederlo difendersi e schivare quelle mosse dall’aria micidiale.
    Successe in un secondo; Adam sembrò perdere la sua solita concentrazione nel duello, e l’energumeno lo atterrò.
    Il mio cuore aveva sussultato e si era fermato. Morto. Andato. Schiattato. Defunto. Non ripartiva più, come se quel ragazzo grosso avesse tirato quel pugno bestiale al mio cuore e non ad Adam.
    Lo stesso Adam che rimaneva appiattito di schiena al materassino, braccia e gambe aperte ad angelo, e lo sguardo fisso all’alto soffitto.
    Non muoveva un muscolo, e dopo un intero minuto che non emetteva verso né si rialzava, anche il suo maestro si accigliò, ansioso.
    -Adam, ci sei?- sentii dire, mentre si avvicinava.
    Lui finalmente voltò il capo verso il suo Sensei, e si mise seduto, con un’aria frastornata. Sembrava sperduto e sconvolto.
    -Tutto okay?- gli chiese il maestro, mentre una delle sue palpebre veniva presa da uno strano tic nervoso.
    -Mi sono distratto.- scandì lentamente, con un tono che sfiorava lo stridulo. Sembrava incredulo, basito. –Mi sono distratto.- ripetè.
    Pian piano, sentii il mio cuore riprendere a battere, anche se ancora leggermente a singhiozzo. Ok, Natalie..respira, bella, respira..sì così, braaava.
    Niente panico, sì.
    Sensei alzò un sopracciglio. –Ti stupisci per poco, ragazzo. Capita a tutti.-
    Sembrò che ad Adam avessero tirato un altro pugno, per la smorfia che sfigurò il suo viso. –Non a me! Io..mi sono distratto.-
    Il suo maestro ridacchiò, e gli diede una pacca sulla nuca. –Coraggio, alzati. Era solo una prova questa, lo sai, no? La settimana prossima andrà meglio.- poi si rivolse anche agli altri, -Bene, prova finita. Micheal, vedi di mettere un po’ di ghiaccio su quell’occhio..-
    In quel momento, Adam alzò gli occhi su di me. Aveva uno sguardo indecifrabile, mentre mi faceva segno di raggiungerlo.
    Fregandomene del fatto che avrei avuto una lezione di yoga tra meno di qualche minuto, lo raggiunsi e lo seguii, come una pera cotta, nel..bagno?
    Adam, appena entrai, chiuse la porta, e un brivido mi fece tremare la schiena.
    La situazione aveva un che d’inquietante.
    Adam mi fissò ancora con quello sguardo strano, e cominciò a parlare lentamente.
    -Devi sapere che la concentrazione, per un karateka, è essenziale. Una distrazione, può essere fatale..- disse, avvicinandosi di un passo.
    Io, dal mio canto,me ne stavo lì, con il batticuore, a fissarlo.
    -Ho cominciato a far Karate da bambino, ho dovuto farmi valere contro i miei compagni, perché ero il più piccolo del gruppo. Ho imparato a escludere il mondo, quando pratico questo sport. Siamo solo io, e il mio avversario. Il resto non conta, non riesce nemmeno a sfiorarmi l’esterno: se fossi davanti ad una platea, neanche ci farei caso.- E sorrise, di un sorriso ambiguo, veramente ambiguo. Ma non per questo meno bello. –E poi arrivi tu.- piantò i suoi occhi nei miei, ad una spanna dal mio viso. –Nemmeno ti ho vista, ma ho riconosciuto il tuo sguardo su di me, e, per un istante, ti ho fatto entrare nella mia bolla privata, mettendoti tra me e il mio avversario. E mi sono distratto.- scosse la testa, accennando una risatina incredula. –Io non mi distraggo mai, te l’ho detto, niente potrebbe catturare la mia attenzione mentre combatto..eccetto tu.-
    Credetti davvero che le mie gambe sarebbero cedute, quando mi accarezzò una guancia con le nocche della mano.
    -E’ una cosa frustrante.- disse, stringendo le labbra. –Come se non fossi nei miei pensieri praticamente ogni secondo.-
    Ok. Ora avevo il diritto di svenire?
    -Ovviamente, cerco di concentrarmi sui ricordi della festa..o sul tuo pigiama fantastico.- mi lanciò uno dei suoi sorrisetti maliziosi, e fui davvero tentata dal saltargli addosso. –Resta il fatto che così non va, Natalie..-
    Mi accigliai. –Cosa, non va?-
    Lui assunse un’aria pensierosa, -Mmh, vediamo..non mi va il fatto che tu stia con quel Rick, o che qualsiasi altro coglione come Wilson ti ronzi intorno.- Ero così presa dai suoi occhi, che non mi ero resa conto della sua vicinanza. Mi stava respirando sul viso, talmente era vicino.
    -Non mi va il fatto, che ti penso senza un diritto, senza un motivo ufficiale.- sorrise, in un modo dolce, ma quasi rassegnato, e nei suoi occhi passò un guizzo di tristezza. –Non mi va il fatto che tu non mi consideri importante quanto ti ritengo io..-
    Per quanto avrei voluto contraddirlo, prima avevo bisogno di capire. –Perché mi stai dicendo queste cose?- chiesi. Sinceramente, non sapevo dove trovai la forza per farlo. Il mio cuore sembrava scoppiare, e il magone mi stringeva la gola per il pianto isterico trattenuto. Non aveva idea di quanta speranza quelle parole mi stessero dando..il problema era la delusione che ne sarebbe derivata.
    Stava già facendo uno dei suoi sorrisetti bastardi che mi facevano schiattare, ed ero sicura che se ne sarebbe uscito nuovamente con “indovina?” perciò, giocai d’anticipo. –E, non dirmi “indovina?”.- Adam ridacchiò.
    -Vediamo..sei sempre nei miei pensieri, vorrei baciarti in ogni istante, sopporto i tuoi sbalzi d’umore da perenne crisi premestruale..è ovvio, no? Ti amo.-
    Oh.
    Rimasi completamente spiazzata, mentre le sue parole rimbalzavano nella mia testa, e raggiungevano il mio cuore alla velocità della luce.
    I suoi occhi erano di un verde talmente intenso che non riuscivo a credere che mi stesse prendendo in giro.
    Magari ero patetica, però riuscivo a leggere i suoi sentimenti nei suoi occhi.
    Gli occhi innamorati di Adam. Che erano così vicini, come il suo cuore.
    Io stessa non capii come mi ritrovai ancorata al suo collo, mentre lo baciavo con tutta me stessa. Ovviamente, lui non si lamentò, anzi..
    -Natalie..devo dire che sono un po’ deluso..-sghignazzò sulle mie labbra, allontanandosi poco dopo. Non di molto, eh, il minimo indispensabile per vederci in faccia. –Le ragazze normali, dopo una dichiarazione del genere, direbbero sicuramente qualcosa di stucchevole..tipo “sei tutta la mia vita, ora, non posso vivere senza di te” o robe simili. E tu..niente.-
    Non riuscii a trattenere un sorrisetto. –Prova a metterti nei miei panni, Adam..la ragazza di cui ti sei riscoperto innamorato, ti ha appena detto che ti ama..ed è a mezzo centimetro dalla tua faccia. Tu che faresti? Staresti lì a contartela, o useresti la bocca per qualcosa di più costruttivo?- incalzai.
    Lui ridacchiò, portando una mano sulla mia guancia e avvicinando il mio viso al suo. –Devo dire che il tuo ragionamento non fa una piega..- ammise, in un sussurro.
    -Ah!- mi ricordai, fissando alternativamente i suoi occhi e le sue labbra, -Rick non è più il mio ragazzo..e non dovresti preoccuparti degli altri, dato che da un po’ di tempo sei il mio pensiero fisso.-
    -Mi pare il minimo!- scherzò, un secondo prima di ricatturare le mie labbra in un bacio mozzafiato.
      
    Leggi le 11 recensioni
    Segui la storia  |        |  Torna su
    Cosa pensi della storia?
    Per recensire esegui il login oppure registrati.
    Capitoli:
     <<    >>
    Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Soul Sister