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Autore: SunriseNina    18/10/2011    1 recensioni
-Luna?-
-Sì?-
-Ma quindi io e te adesso stiamo… stiamo insieme, penso, no?- si dondolò avanti e indietro con le guance di un rosso vivo e quel maledetto nodo alla gola.
-Certo che adesso stiamo insieme, non vedi? Qui ci siamo solo tu ed io!- rispose lei.
-Non intendevo in quel senso!- Neville si tormentò i capelli con aria disperata –Volevo dire insieme inteso come fidanzati! Insieme, stare insieme, capisci? Essere fidanzati, ecco!- si torturava come suo solito le dita tremanti e sudate, spiccicando faticosamente parola.
Gli sorrise. Un sorriso dolce e felice, un sorriso che Neville amava più di qualsiasi altra cosa al mondo:-Sì, penso di sì. Tu che dici?-
-Secondo me sì- rispose, senza capire il senso di quel discorso.
-Allora dev’essere per forza così- affermò lei –Sì, siamo fidanzati. O come dici tu, stiamo insieme-.
-Adoro le tue fossette- disse a un certo punto Luna.
-Me lo avevi già detto- osservò lui, non per questo meno compiaciuto.
-No, quella volta ti ho detto che mi piacciono le fossette, in generale- puntualizzò lei con naturalezza –Ma era una piccola bugia. A me piacciono le tue, e basta-.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neville Paciock | Coppie: Luna/Neville
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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-Neville, svegliati!-
Il ragazzo mugolò e si  rigirò nel letto:-Cinque minuti, nonna…-
-Non sono tua nonna!- sbraitò Dean, strattonandolo per il pigiama –Svegliati, scemo, sei già in ritardo per la colazione!-
Neville rotolò letteralmente giù dal letto e si alzò con difficoltà dal pavimento; raccolse con flemma i suoi vestiti, li indossò distrattamente e poi, stropicciandosi gli occhi, sbadigliò al compagno:-Adesso arrivo…-
-Sì- disse l’altro con una smorfia –E già che ci sei magari togliti la maglietta del pigiama, prima di infilarci la divisa…-
Neville sbuffò e con la lentezza di poco prima si sistemò i vestiti; non aveva fame, ed era già tardi, così fece solo una capatina in bagno: alla vista del suo viso nello specchio, trasalì da quanto erano profonde le sue occhiaie. Massaggiò le borse gonfie e bluastre con i polpastrelli, si sistemò per quel poco che serviva i capelli e si diresse ciondolante a lezione. Era stanco come non mai, non era abituato a far le ore piccole. Sperava solo di non addormentarsi in classe, anche se si rese conto che era un’impresa impossibile; poteva darsi malato e passare la giornata a sonnecchiare in infermeria: con quell’aria sciupata, chiunque gli avrebbe creduto se avesse detto che aveva la febbre…
A discapito della sua tremenda stanchezza, sorrise. Le parole di Luna navigavano nella sua mente, dolci e irreali. Eppure era così, erano fidanzati.
Non sapeva come il resto del mondo avrebbe preso la notizia; entrando in aula insieme agli altri compagni nessuno gli chiese nulla, ma gli lanciavano qualche sguardo di sottecchi. Neville, anche se vergognandosi un po’ della sua vanità, era soddisfatto dei suoi attimi di fama e ne avrebbe goduto finché sarebbero durati.
La prima che, per così dire, ruppe il ghiaccio, fu Ginny durante l’ora di pranzo: Neville stava pranzando in netto anticipo lanciando occhiate desiderose al tavolo dei Corvonero, quando la giovane ragazza dai capelli rosso fuoco gli si avventò contro:-Mi deve dire niente, signor Paciock?!- sbattè la mano sulla tavola, irritata ma piena di malcelata curiosità.
Lui bofonchiò, con la bocca piena di cibo:-Dovrei...?-
-Facciamo pure gli spiritosi!- disse lei, senza sapere se ridere o arrabbiarsi ancor di più –Ora mi racconti tutto, per filo e per segno, caro! E io che pensavo che fossi… no, niente, lascia perdere. Racconta, piuttosto!-
-Che dire- spiegò agli occhi di Ginny che lo fissavano spalancati –Mi sono accorto che mi piaceva. Io piacevo a lei, basta, penso- a dirlo così, sembrava infinitamente semplice, ma quella blanda spiegazione non rivelava neanche uno dei tormentosi sentimenti che quella storia aveva animato.
-Ma tu non eri uscito con la Abbott, ieri?!- disse la ragazza, senza capire.
-Ecco… sì, solo che ho detto una cosa che l’ha fatta arrabbiare… e comunque ero uscito con lei solo perché non avevo avuto il  coraggio di dirle di no. Volevo invitare Luna ad uscire con me, non Hannah… alla fine effettivamente è successo proprio così- rifletté Neville.
-Che cosa tenera!- commentò Ginny –Sono contenta per tutt’e due! E mi prendo un po’ di merito- ammiccò –Se non ti avessi convinto ad entrare in quello scompartimento all’inizio dell’anno non ti saresti mai accorto della sua esistenza!-
-Hai ragione- disse Neville, stupito e riconoscente. Rimaneva affascinato da quei nessi di causa ed effetto che creavano le coincidenze e costituivano il destino: se avesse trovato subito un posto o Ginny non lo avesse fatto entrare non avrebbe mai notato la stravagante Corvonero, e anche trovando il Cavillo forse lo avrebbe subito ridato a Dennis Canon, e  non si sarebbe accorto di lei durante le riunioni dell’E.S. perché sarebbe stata solo una tra le tante… Effettivamente, avevano passato tre anni a non conoscersi, a passarsi accanto nei corridoi senza saperlo, ad incrociare per puro caso i loro sguardi senza provare alcuna sensazione. Com’era strano, l’essere innamorati: improvvisamente il tuo intero cosmo converge su qualcuno che non hai mai notato prima, e questa persona passa dall’essere un insignificante particolare delle sfondo della tua vita ad esserne il più frequente e dolce pensiero.
Si pulì gli angoli della bocca, salutò Ginny e, mentre la folla di persone che pranzavano si faceva più numerosa, s’incamminò per i corridoi alla ricerca di Luna, per poterla salutare prima di incontrarla nuovamente a cena. Si ritrovò a dispiacersi di non essere nella stessa Casa di Luna, perché niente avrebbe eguagliato la facilità e la bellezza di poter stare insieme nella Sala Comune, senza doversi incontrare frettolosamente tra un’ora e l’altra, durante i pasti e le riunioni dell’E.S. o di straforo in tarda sera, rischiando ogni volta di farsi scoprire da professori e Prefetti; inoltre, avendo Luna un anno in meno, questo eliminava qualsiasi possibilità di frequentare delle lezioni insieme.
Neville sospirò: stare insieme era più complicato di quanto immaginasse, eppure così tante coppie nella scuola erano formate da persone di diverse Case…
-Cerchi qualcuno, Paciock?- una voce melensa e beffarda arrivò dalle sue spalle, strisciandogli addosso come un viscido serpente a sonagli. Malfoy.
Neville si voltò, trovandosi faccia a faccia con il viso smunto e cereo dell’odioso Serpeverde:-Cerchi la tua fidanzatina?- quelle parole gli scivolavano velenose ed irritanti di bocca, mentre sul viso rimaneva quell’insopportabile ghigno beffardo.
-Lasciami in pace, Malfoy!- il Grifondoro cercò di aggirarlo senza mostrare il viso leggermente arrossito per l’imbarazzo. “Lasciami in pace”, sembrava una supplica. Avrebbe dovuto dire qualcosa come “Togliti dai piedi, cretino” o “Perché non tu invece corri dalla Parkinson?”, ma quelle frasi gli ribollivano dentro senza accennare a mostrarsi sulla sua bocca.
-Certo, Imbraciock, ma se proprio vuoi saperlo la tua amichetta è lì nel corridoio a destra…- ridacchiò malignamente e se ne andò. Neville non perse tempo, corse nella direzione che Draco aveva indicato con un orribile presentimento e vide due Serpeverde del quarto anno che sbeffeggiavano una ragazza premuta contro il muro:-Lunatica, quanti Nargilli ci sono qui in questo momento?- il primo agitava le mani, come per scacciare degli insetti inesistenti.
-Non c’è niente, stupido- disse Luna, senza però staccarsi dalla parete o alzando particolarmente la voce –I Nargilli vivono soprattutto nel vischio, qui non ce ne sono!-
-Hai capito, Jake?! Siamo al sicuro!- l’altro rise, facendo rabbrividire impercettibilmente Luna.
-Per caso sono tue queste orride scarpe?- le sventolava davanti al naso un paio di stivali di gomma giallo canarino che Neville aveva già visto; la ragazza allungò la mano per prenderlo, ma il ragazzo si ritrasse sghignazzando:-Te lo scordi, ora li appenderemo nella Sala Comune con scritto sopra “Proprietà della svitata”, così poi qualcuno te li restituirà!-
-E non dire che non siamo gentili, eh!- rincarò la dose l’altro. Luna aveva le labbra serrate e sembrava sforzarsi enormemente di divenire un tutt’uno con il muro.
-Ehi!- Neville, senza poter sopportare quella vista ancora per molto, balzò fuori da dove era rifugiato –Lasciatela in pace!-
-Oh, Lunatica! Per tua fortuna è arrivato il tuo cavaliere senza macchia e senza paura!- Jake si stringeva la pancia per le risa convulse, mentre l’altro Serpeverde si avvicinava a Neville con aria di sfida. Neville tentennò, ma non si mosse da dove era: Luna lo guardava con sollievo e ammirazione, non poteva tirarsi indietro. Ricambiò lo sguardo sbruffone del ragazzo con un’occhiata da far raggelare il sangue, tanto che lo stesso Serpeverde sembrò improvvisamente cambiare idea, come se quel repentino fulgore che era passato negli occhi di Neville gli avesse fatto intendere che il Grifondoro era pronto a passare alle maniere forti:-Andiamo- disse, cercando di mantenere l’aria da superiore –Questi qui ci possono contagiare con la loro pazzia e la loro imbranataggine!-
Jake lo guardò per qualche istante con aria dubbiosa, poi lo seguì e i due si misero nuovamente alla ricerca di qualche altra vittima da schernire, con gli stivali di gomma stretti tra le mani ossute del ragazzo più alto.
Neville aspettò che i due scomparissero dalla vista, poi si avvicinò preoccupato alla ragazza:-Tutto bene, Luna? Che ti stavano dicendo?-
-Oh, ma niente- la bocca le si allargò in un sorriso sforzato –Qualche solita allusione cretina, mi hanno rubato le scarpe, insomma, tutte le cose normali che si fanno a una ragazza anormale come me, no?- alzò il viso verso di lui: gli occhi le si riempivano di lacrime, mentre le guance mantenevano con difficoltà quel sorriso obbligato. Neville, senza rispondere, la abbracciò e la strinse al suo petto; Luna, poco a poco, si lasciò andare in un pianto liberatorio, affogando i singhiozzi nel cardigan del ragazzo.
Neville aveva la sensazione di percepirla, quella profonda tristezza, filtrare tra i vestiti e penetrargli le carni fino ad attanagliargli il cuore. Strinse ancor di più Luna a sé e le sussurrò:-Non devi essere triste. Tu sei… sei speciale, lo sai, vero?-
-È che… a volte è un po’ difficile- gemette lei con il viso rigato di lacrime –A volte è un po’ difficile essere me-.
Non l’aveva mai vista così. Chissà se le era successo molte altre volte, di scoppiare. Di non reggere più la pressione di un mondo che non la accettava e di crollare in quei pianti solitari, magari nell’angolo di un dormitorio o chiusa in un bagno.
L’importante era che, da quel momento, avrebbe avuto qualcuno su cui fare affidamento.
Il cuore di Neville batteva forte, parlava alla ragazza piangente:”Fatti forza”.
-Io sono qui- disse il ragazzo con semplicità.
-Eh certo- disse Luna, senza smettere di piangere –Non puoi mica essere da qualche altra parte!-
Neville sorrise teneramente alla ovvia logica della ragazza e non aprì più bocca. Lentamente i singulti di Luna diminuirono, le lacrime cessarono lasciandole solo le guance umide e i due, senza dirsi una parola, si diressero verso una parte imprecisata del castello tenendosi per mano.
La ragazza fissava il pavimento davanti a sé, mentre continuava a camminare a passo lento, gli occhi gonfi di pianto. Neville non riusciva a vederla così: Luna era una ragazza a cui non importava di cosa pensavano gli altri, non poteva star così male per le prese in giro di due balordi come quei Serpeverde. Se solo avesse saputo tutto quello che Neville aveva sempre sognato di dirle, non si sarebbe sentita così insignificante, così sbagliata, così fuori posto.
Luna era troppo, per il mondo. Era troppo, per chi viveva nei rigidi parametri della normalità, per chi vedeva il mondo in bianco e nero e disdegnava qualsiasi genere di sfumatura.
-Luna- disse –Tu sei… un po’ come il tuo nome-.
-Come che cosa?- si voltò verso di lui con lo sguardo avvilito.
-La luna. Se uno guarda il cielo, vede tante stelle, bellissime ma…. Ma tutte uguali. E poi eccola, la luna- gesticolò teatralmente –E tu sei così. Sei diversa da tutte le altre figure del cielo notturno, però proprio perché sei diversa…- arrossì, perdendosi nelle iridi cristalline della ragazza -…risplendi di più-.
-È una cosa molto carina- osservò Luna –Grazie, Neville-.
-Di niente- rispose titubante.
-Dove stiamo andando?-
-Non ne ho la più pallida idea- ammise Neville –Ma se andiamo avanti, prima o poi da qualche parte arriviamo, non pensi?-
“Sto iniziando a ragionare come lei”, si disse sorpreso e divertito.
 
 
 
-Non ci posso credere!- Luna aveva gli occhi sbarrati e l’espressione incredula.
-Sono contento che ti piaccia- disse Neville, diventando paonazzo –Ero un po’ incerto…-
-È un amuleto bellissimo!- la ragazza lo indossò subito, sistemandolo tra i ciondoli che già solitamente le tintinnavano sul petto. Neville era soddisfatto: si era fatto aiutare da Hermione, per quel piccolo regalo, a scegliere delle rune da incidere su quella semplice medaglietta bronzea; avevano passato due sere immersi tra tutti i tomi polverosi che la Grifondoro aveva trovato nella biblioteca riguardanti le rune e i loro significati. Neville ne aveva scelte sei e le aveva incise in circolo sul ciondolo che ora mandava riflessi ramati dalle mani di Luna, che lo rigirava con ammirazione. La ragazza si mise a saltellare sul posto, elettrizzata, continuando a dire “Grazie grazie grazie!”; Neville sorrise a quell’infantile modo di esprimere gioia e tornò ad esercitare il suo Patronus insieme a tutti gli altri ragazzi riuniti nella Stanza delle Necessità.
Erano già un po’ di settimane che lui e Luna stavano insieme, un mese esatto da lì a pochi giorni.
Neville non riusciva a capacitarsene: era così strano e al contempo magnifico poter star con lei tutto il tempo che voleva, poterla baciare senza che niente e nessuno intaccasse la loro felicità (a parte qualche Gazza irritato e i commenti di alcuni deliziosi simpaticoni di passaggio).
Solitamente si incontravano di mattina, a colazione: avevano iniziato entrambi a svegliarsi prima della maggior parte dei loro compagni, e il più veloce aspettava l’altro all’uscita del dormitorio; spesso si incontravano a metà strada con un grande sorriso sui visi assonnati ma felici. Qualche volta capitava di incrociarsi sulle scale, giusto il tempo di salutarsi, dirsi qualche frase veloce e riprendere ognuno i propri impegni; spesso, di sera, sempre che i numerosi compiti di Neville in vista dei G.U.F.O. lo permettessero, si incontravano nei luoghi più disparati, concordati solitamente nei fugaci incontri sulle scale.
La guferia, sebbene fosse perennemente invasa dalle piume e dal disgustoso odore degli escrementi dei rapaci, era il loro posto prediletto: Gazza lo controllava di rado, e osservavano insieme fuori dall’alta torretta la pianura e i lontani villaggi che si estendevano in mezzo alla bruma. Aveva un che di magico, quella vista: era un ponte sull’infinito, sul futuro, e loro due erano due fiori sboccianti alla ricerca dei caldi raggi luminosi della speranza nell’avvenire. Lì, parlandosi fino a quando la pianura non pareva un cielo notturno costellato dalle luci delle casupole, le loro sere erano animate di quel romanticismo tenero e zuccherino che caratterizza le relazioni sul nascere, quando si è ancora completamente sopraffatti dalla realtà che si è fusa ai sogni e alle fantasie. Neville adorava rigirare tra le dita i capelli di Luna, saggiarne la morbidezza, oppure prenderle le mani, guardando come fossero diverse le sue paffute e grandi da quelle sottili e infantili della ragazza. Luna aveva il vizio di torturargli le guance, estasiata dalle fossette che gli spuntavano al minimo sorriso. Assaporavano il sapore delle labbra dell’altro ad occhi socchiusi, esitanti e imbarazzati, perdendosi poco a poco nel tepore dei loro corpi abbracciati.
A detta di Ginny e delle altre ragazze Grifondoro, erano estremamente teneri; i ragazzi si limitavano a delle occhiate di commiserazione. Non sembravano capire Neville, o almeno, non volevano mostrarsi comprensivi: quando aveva raccontato a Seamus della scena del bagno dei Prefetti, il ragazzo aveva iniziato a dare testate all’armadio, chiedendogli perché non avesse fatto nulla. Cercavano di rimanere sempre freddi e superficiali, ovviamente Neville non capiva se serbassero in realtà sentimenti come i suoi o fossero davvero così disinteressati ad una relazione che non fosse strettamente fisica.
Neville e Luna erano alla solita riunione dell’E.S. e si stavano esercitando sui Patronus: la Umbridge diventava sempre più spietata e ormai anche i professori si sarebbero uniti a loro, se avessero potuto. Ogni volta che a lezione gli capitava di incontrare gli sguardi glaciali che lanciava la McGranitt alla Umbridge rabbrividiva di terrore.
-Stai diventando davvero davvero bravo- gli disse Luna, osservando l’ombra argentea di Neville, che in realtà era ancora in alto mare con quell’incantesimo –Potresti diventare un Auror provetto, Nev!-
-Non penso mi piacerebbe- rispose freddo lui. I volti dei suoi genitori si fecero spazio nella sua mente, strazianti, infondendogli una profonda malinconia –Sai, i… i miei genitori erano Auror- biascicò, con un doloroso nodo alla gola.
-Me lo avevano accennato- confessò Luna , non accorgendosi del cipiglio cupo che aveva assunto il ragazzo –Sono ricoverati al S.Mungo, giusto?-
Neville rabbrividì, chiedendosi irritato perché non avesse più tatto:-Sì, sono lì-.
-A volte la gente dice che dovrebbero rinchiuderci anche me al S.Mungo- rifletté la ragazza con tranquillità –Almeno così potrei conoscerli. Come sono?-
Neville non riusciva a rispondere. La figura spastica e zoppicante di sua madre gli invase il corpo intero, la voce balbuziente di suo padre gli rimbombò per la testa.
Luna lo guardava con aria curiosa, ma turbata; forse aveva capito di aver oltrepassato il limite entro il quale nessuno aveva il permesso di curiosare, nell’anima di Neville.
-Preferirei… non parlarne- disse lui, abbassando lo sguardo e stringendo la bacchetta tra le mani fino a far sbiancare le nocche. Non sapeva cosa lo stesse invadendo. Tristezza, rabbia, dolore: tutto quello che più di sgradevole il corpo umano riesce a provare si concentravano in lui, sensazioni tremende e insopportabili.
-Neville- disse Luna, sottovoce –Tu…-
-Io cosa?-
Gli occhi di Luna sembravano tremare, spalancati e commossi; si mordeva il labbro inferiore, respirando impercettibilmente:-Tu ti…-
Improvvisamente, prima che la ragazza potesse terminare la frase, tutti i presenti nella Stanza delle Necessità erano ammutoliti e osservavano un elfo domestico che si dimenava ai piedi di Harry:-La Umbridge che cosa? Dobby, ha scoperto noi dell’E.S?!-
Neville non capiva: sentiva solo il battito cardiaco accelerare per lo spavento e vedeva l’elfo cercare di picchiarsi, mugolando e contorcendosi.
-Sta venendo qui?- il viso del ragazzo era contratto in un’espressione di terrore; la fronte sfregiata era imperlata di sudore.
-Sì, Harry Potter!- strepitò l’essere, gli occhi sbarrati e terrificanti.
Nessuno osava parlare; Harry si voltò, evidentemente nel panico:-Che cosa aspettate?!- urlò –Scappate!!!-
Tutti si riversarono nel corridoio con foga e paura, in una fuga precipitosa in tutte le direzioni; Neville prese istintivamente la mano a Luna e iniziò a correre, come impazzito: erano nei guai, guai, seri e tremendi guai. Li avrebbero espulsi, anzi, imprigionati, denunciati e chi più ne ha più ne metta. Dovevano scappare da lei e dai suoi perfidi scagnozzi Serpeverde… ma dove?! Nel dormitorio, forse… no, era il primo posto dove avrebbero controllato! In biblioteca? Ma avrebbero visto subito la differenza tra le persone che erano lì a studiare tranquillamente e loro, che avevano appena finito una corsa trafelata…
-Neville, di qui!- disse Luna in un sussurro, strattonandolo; il ragazzo la seguì ciecamente, e lei si mise a sgusciare con destrezza tra porte, scale e corridoi, come sapendo perfettamente dove stava andando, mentre Neville era disorientato e in angoscia. Lanciava occhiate ad ogni svolta, pronto a veder balzare il viso di Malfoy o di Pansy ad ogni angolo con un ghigno malefico:-Luna, dove stiamo andando?-
-Non ti preoccupare, non ci troveranno lì! Nessuno ci entra da un paio di giorni!-
Neville non capì, ma continuò a seguirla; solo quando iniziarono a salire a passo veloce i ripidi scalini a chiocciola di una torretta, realizzò il posto dove erano diretti, e la sua mente fu invasa dai penetranti profumi degli incensi, dello scoppiettare del fuoco e del tintinnare delle tazzine di tè:-Ma sei sicura che…?-
-Fidati, non c’è nessuno- ansimò lei, senza lasciare la mano di Neville -Fiorenzo fa lezione da un’altra parte, e hanno cercato di cacciare la Cooman solo pochi giorni fa, non avranno ancora rimpiazzato l’aula con qualcos’altro!-
Il ragazzo annuì, rosso in viso per quella corsa spossante; arrivati alla botola sopra di loro, aspettarono qualche secondo per riprendere fiato:  Luna strabuzzava gli occhi, mentre il petto le si alzava e abbassava facendo sobbalzare i ciondoli stravaganti e dai riflessi cangianti.
Neville aprì la botola cigolante ed entrarono entrambi nell’aula abbandonata di Divinazione, sperando che non arrivassero a cercarli fin lì.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
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Spazio autrice: spero abbiate pietà di questo capitolo così tremendamente in ritardo ç_ç è che non andava la rete, e il computer, e i muratori che hanno messo sottosopra tutto *cerca invano di giustificarsi* potrebbero esserci parecchi errori, capitemi, mia madre mi sta letteralmente sbraitando di lasciare il suo computer.
come capitolo, è di passaggio; spero di non avervi annoiato con questi racconti, ma sono importanti per mantenere il filo logico della narrazione, anche se immagino che da leggere siano relativamente noiosi.

Alla prossima, spero presto :D
   
 
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