4-Solstizio
d’Estate
Blaine
non si rese conto di star trattenendo il fiato finchè il
suo corpo non iniziò ad avere bisogno di buttare fuori
l’aria accumulata, i
polmoni che iniziavano a pulsare dolorosamente, segnalando alla sua
mente che -
per Finn! - doveva espirare. Quando il bisogno si fece impellente parve
risvegliarsi dalla trance in cui era caduto, e sospirò
rumorosamente, mentre il
torace si abbassava vistosamente, vuoto; una volta che il bisogno
d’ossigeno fu
di nuovo impossibile da ignorare, inalò l’aria
densa di fumi all’interno del
tempio, sentendosi immediatamente stordito, le narici che bruciavano
leggermente, mentre i polmoni si espandevano per quella boccata di aria
sacra.
Considerata la distanza di parecchi metri a cui si trovava rispetto al
tripode,
si chiese inconsciamente che sensazioni dovesse provare la Pizia,
praticamente
seduta sul getto dei vapori. I suoi occhi, insieme a quelli delle
decine e
decine di persone che come lui stavano assistendo alla cerimonia, si
posarono
proprio sul viso della donna che, benché fosse difficile
riuscire a vedere bene
attraverso i vapori, appariva stravolto dall’estasi della
connessione divina
che stava avvenendo in quel momento.
Blaine
era attonito mentre una voce sconosciuta, antica e potente
iniziava a diffondersi per la navata e poi al di fuori di essa, come
trasportata e amplificata dall’aria stessa, raggiungendo nel
profondo la mente
di coloro che erano in grado di essere raggiunti; non fu facile,
all’inizio,
capire cosa stesse accadendo: la
maggior
parte degli uomini e le donne all’interno del tempio avevano
iniziato a
guardarsi in giro, perplessi, non appena la Pizia aveva spalancato la
bocca,
dando inizio alla cerimonia, osservando come alcuni parevano
completamente
concentrati verso l’anziana donna, come se fossero in grado
di sentire cose
sconosciute ai più. Inizialmente aveva pensato che doveva
essere soltanto una
sua impressione, perché quella voce era così forte, e si insinuava nella sua mente e
nel suo corpo in maniera
così intensa da scuoterlo dall’interno, ed era
impossibile che ci fosse
qualcuno che non riuscisse a sentirla.
Il
corpo della sacerdotessa era scosso da forti tremiti, mentre le
sue labbra parevano muoversi da sole, del tutto indipendenti dal corpo
che le
ospitava, soggiogate dalla voce divina. Ella, o chi per lei, stava
cantilenando
di storie antiche quanto il mondo, del dio del Caos che aveva generato
Gea, la
madre Terra, la quale aveva generato Urano, con il quale si era
congiunta per
dare al mondo i Titani. Narrò di come il figlio e consorte
Urano giacesse
costantemente su di lei e gettasse i figli nel profondo tartaro,
finchè il
minore dei Titani non lo evirò, salvando i suoi fratelli e
le sue sorelle.
-Egli
era Crono, colui che controllava il tempo e il suo
scorrimento. Ma il dio divenne un mostro ancor più cruento
del padre, divorando
i figli che la consorte Rea partoriva, finchè giunse Finn,
il minore degli
Olimpi, il più forte e il più valoroso, il quale
ebbe risparmiata la vita,
venendo affidato alle cure delle ninfe; quando fu cresciuto abbastanza,
avvelenò il custode del tempo, rinchiudendolo per
l’eternità, liberando i suoi
fratelli e le sue sorelle, divenendone il capo. E come fece suo padre
prima di
lui, e il padre di suo padre ancor prima, prese in sposa Quinn, sua
sorella, e
fu il Padre degli Olimpi. –
Blaine
ascoltava meravigliato quella storia di cui non aveva mai
saputo l’esistenza, essendo il suo villaggio troppo piccolo
per poter trovare
qualcuno che ne potesse essere a conoscenza. Era affascinato da quella
sequenza
di lotte per la supremazia, dalle dimostrazioni di forza e coraggio e
per la
prima volta si rese conto di ciò che davvero erano gli Dei e
cosa avevano fatto
per gli uomini. Cosa ancora continuavano a fare.
E
improvvisamente, parte della sua voglia di incontrare il dio
Kurt si trasformò in paura. Paura per un essere che non era
in grado di
comprendere neanche in minima parte, che probabilmente vedeva gli
uomini
soltanto come piccoli giocattoli che presto o tardi avrebbero lasciato
la loro
vita sulla Terra, abbracciando le mortali spire dell’Ade.
Sapeva che il suo
desiderio era infantile e mai avrebbe potuto realizzarsi, ma quelle
considerazioni erano, per lui, abbastanza tristi. Ed era quasi certo
che più
della metà degli uomini che ascoltavano la cerimonia non si
erano mai posti le
stesse considerazioni.
*******
Gli
occhi di Kurt erano spalancati e brillavano in maniera
innaturale, le pupille dilatate molto più del normale, ma
sembrava non vedere
realmente cosa c’era intorno a lui. Se lo si osservavano
attentamente, si
poteva notare il leggero velo opaco che ricopriva gli occhi chiari, il
quale
rendeva il suo sguardo vacuo e quasi senza vita, il che era
stupefacente se lo
si metteva in contrasto con la luce che emanavano.
La
sua presenza in quella radura, ormai, era solamente fisica. Il
suo spirito, la sua mente, il suo intero essere era proiettato a
grandissima
distanza da quell’oasi di benessere in mezzo alla foresta.
Intorno a sé poteva
sentire gli esseri umani raccolti alla presenza della Sacerdotessa,
percependoli come piccoli, numerosi puntini. Più della
metà di essi erano grigi
e tristi, le luci delle loro anime completamente spente e chiuse alla
sua
presenza, incapaci di bearsi di un onore che non riuscivano nemmeno ad
immaginare, così sciocchi da non comprendere un indizio
talmente semplice da
essere sotto gli occhi di tutti; il resto delle piccole anime erano ai
suoi
occhi luminosi cerchi di vita, le cui sfumature variavano dal bianco,
al
giallo, all’azzurro, tanti colori diversi, alcuni creati
appositamente dalla
sua mente, a raffigurare e rispecchiare l’essenza stessa di
tanti uomini così
diversi tra loro, e il collegamento che riuscivano a raggiungere, in
quel
momento, con il dio. Riconosceva subito la Pizia tra
quell’intreccio di luci,
poiché il puntino che la rappresentava era il più
grande e il più luminoso di
tutti, poiché in quel momento la sua anima era strettamente
legata a quella di
Kurt, tanto da sentire ciò che sentiva lui, e dire
ciò che lui voleva.
Ma,
oh.
Del
verde brillante predominava improvvisamente la scena, meno
luminoso del bianco accecante della Sacerdotessa, ma molto
più di tutti gli
altri esseri.
Wow,
non se lo sarebbe mai aspettato.
Poteva
significare solo una cosa: un umano aveva compreso appieno
il significato di quel giorno, aveva capito e accolto dentro di
sé l’essenza
stessa del momento in cui la Porta degli Uomini veniva aperta; inutile
dire che
lo incuriosiva tantissimo quell’inaspettata
novità. Era
la prima volta, dacché riusciva a
ricordare, che accadeva una cosa simile, perché normalmente
coloro che
riuscivano ad ottenere un collegamento maggiore con lui erano le
sacerdotesse,
gli oracoli, qualcuno dotato di forte potere spirituale. Di solito, i
colori
che li rappresentavano erano le più vaste sfumature del
bianco, comunemente
associato dagli umani alle divinità.
La
curiosità che lo colpì in quel momento fu tale da
farlo
vacillare, solo per un istante, nel pronunciare il rito cerimoniale. I
suoi
vasti pensieri, di norma separati, si fusero tra di loro, creando un
vortice di
idee, sensazioni, suoni e immagini che avrebbero distrutto una mente
umana in
pochi istanti. Ebbe comunque un effetto del tutto inaspettato anche su
di lui,
poiché confuse le parole che fuoriuscirono dalle sue labbra,
facendole mischiare
in un intreccio completamente nuovo e imprevisto.
Quel
che accadde subito dopo non se lo sarebbe mai aspettato, ma
qualcosa gli diceva che Rachel lo aveva saputo e, volutamente, non
glielo aveva
rivelato.
Davanti
a lui, spaesato e totalmente sconvolto, vi era un umano.
E
- Kurt avrebbe voluto maledire il cielo per questo – non solo
era un umano, e si trovava li, dinnanzi a lui, senza la
benché minima idea di
come ci fosse finito, ma era il giovane che lo aveva visto settimane
prima.
-Oh
Finn, perché mi punisci?!- borbottò a mezza voce,
la concentrazione
ormai interrotta. Il suo pensiero vagò verso la
Sacerdotessa, la quale si era
improvvisamente ritrovata senza il collegamento mentale che si era
stabilito, e
cercò di calmarsi, pensando che in ogni caso la parte
più importante della
cerimonia era stata fatta – beh, in realtà non ne
era poi così sicuro, in quei
momenti si estraniava davvero dal
mondo; ad esempio non aveva idea di quanto tempo fosse passato da
quando aveva
iniziato la meditazione – e Kurt sperò che se la
sapesse cavare da sola.
In
ogni caso, in quel momento non è che poteva fare molto. Per
raggiungere lo stato di trance che permetteva il collegamento con la
Pizia
aveva meditato per giorni e giorni, dapprima a momenti alterni, facendo
delle
lunghe pause per riposare la mente e rifocillare il corpo, bisogno che
si
presentava più frequentemente in quei momenti rispetto a
quanto accadeva di
solito; il giorno prima della cerimonia, comunque, si era chiuso nella
meditazione e non ne era più uscito, e così
avrebbe continuato finché non
avesse finito.
Kurt
sospirò leggermente, osservando l’uomo ancora
spaesato, e
lentamente si alzò dal masso su cui era seduto dal giorno
prima, sentendo le
forze iniziare a scemare in maniera quasi impercettibile; incurante
dell’acqua
che gli lambiva le gambe nude, infilò i piedi dentro il
placido lago, creando
delle increspature sulla superficie fino a quel momento liscia, le
quali
andarono aumentando non appena egli iniziò a muoversi verso
la riva ove il
giovane era scompostamente seduto.
Blaine,
dal suo canto, era immobile, le mani appoggiate alla
fresca erba, gli occhi nocciola che non riuscivano a staccarsi dal
corpo
sinuoso del dio che avanzava verso di lui, gli schizzi
d’acqua sollevati al suo
passaggio che si attaccavano all’orlo del bianco chitone,
rendendone il tessuto
trasparente. Spaventato e confuso, continuava a chiedersi cosa ci
facesse li,
dove fosse di preciso, e soprattutto se ciò che stava
vedendo era reale;
magari, si disse, era svenuto per via dei vapori all’interno
del Tempio, e
adesso stava vivendo un’allucinazione. Una bellissima
allucinazione, doveva
dirlo.
Per
provare a se stesso che era veramente un sogno ad occhi aperti
prese una pietra appuntita a pochi centimetri di distanza dalla sua
mano, e
stringendola con forza se la sbatté sulla mano sinistra in
velocità, convinto
com’era che non avrebbe nemmeno sentito il colpo; peccato che
il dolore che si
espanse per tutta la superficie dell’arto fu alquanto reale,
e anche piuttosto
forte, e anche il gemito che era uscito dalla sua bocca lo sembrava,
così come
il colorito della pelle che cambiò in un rosa molto acceso.
-Per
Finn, ma voi umani non vi eravate evoluti?!- una voce dal
tono insolitamente alto e nervoso arrivò alle orecchie di
Blaine, il quale alzò
lo sguardo, fino a quel momento tenuto sulla mano dolorante, verso il
proprietario, che gli era ormai arrivato vicino e lo sovrastava con la
sua
presenza imponente.
Il
moro rimase senza parole, la bocca spalancata, incapace di
rispondere in maniera adeguata alla sagace provocazione del Dio, il
quale gli
sostava davanti, le braccia incrociate al petto, il cipiglio severo ed
altezzoso che induriva appena i suoi tratti delicati e quasi femminei,
senza
però deturparne la bellezza.
E,
da quella posizione, Blaine poteva osservare ben altre bellezze
del corpo del Dio.
-Sai
parlare? Hai un nome?Sembri più tonto di Sam quando si
inizia
a parlare di questioni sulla terra ferma!-
Blaine
non si era accorto che, mentre lui era perso a contemplare
il viso e le gambe del Dio, lì dinanzi a lui egli aveva
continuato a parlare,
chiedendogli informazioni che in quel momento non era in grado di
rivelare,
tanto era lo sconcerto che gli albergava in corpo. Deglutì
a vuoto un paio di volte mentre la
voce cristallina del Dio continuava incalzata ad essere rivolta verso
di lui, e
tentò di articolare una frase di senso compiuto nella mente.
-Voi,
ehm, vostra eccellenza, no, vostra divinità, uhm- beh, non
era propriamente sensata, ma era il meglio che riusciva a venir fuori
in quel
momento. Avrebbe voluto dirgli il suo nome e riuscire a rispondere al
Dio, ma
non aveva la minima idea di come rivolgersi a lui eh, ohpertuttiglidei,
doveva
sembrare ridicolo. Un bue avrebbe avuto più acume mentale.
E
da come le sopracciglia di Kurt si arcuarono, probabilmente
doveva pensarlo anche lui.
-Io
sono, cioè, Blaine- gli uscì a gran
velocità, gli occhi ancora
spalancati, il collo teso per osservarlo. Si rese conto soltanto in
quell’istante che era ancora inginocchiato ai suoi piedi,
anche se forse era la
cosa giusta da fare. Insomma, ci si inchinava davanti ai Re, cosa
avrebbe
dovuto fare dinanzi un Dio? Sdraiarsi per terra? Osannarlo? Per la
prima volta
maledì la sua poca conoscenza degli Olimpi, che in quel
momento si sarebbe rivelata
estremamente utile.
Probabilmente
Kurt dovette intuire il suo spaesamento perché il
suo sguardo si addolcì lievemente e un piccolo sospiro
lasciò le sue labbra
prima che una mano gli fosse porta in aiuto. Blaine la fissò
perplesso per
qualche secondo, alternando poi lo sguardo sul viso del dio, prima di
afferrarla e farsi tirar su; sentiva le ginocchia pericolosamente
instabili.
-Blaine,
dunque. Non siete un giovane molto sveglio, eh? Ma va
bene, non siete poi così diverso dal resto della vostra
specie, tutti così
sporchi, senza cultura, e così
bassi..
ma cosa stavo dicendo? Ohibò, non ha importanza. Chiamatemi
pure Kurt, se vi
aggrada. Anche per me, infondo, è la prima conversazione con
un umano, non
sentitevi troppo in imbarazzo.-
Il
giovane uomo era rimasto ad ascoltare quel fiume inarrestabile di
parole per un tempo che sembrava lungo una vita, ma lo trovò
stranamente
piacevole; la voce del dio – di Kurt, si corresse mentalmente
– possedeva una
tonalità diversa da tutte le voci che era abituato a
sentire, e pareva
rassomigliare molto più a una voce femminile,
benché fosse dotata di una certa
virilità che la rendeva, senza alcun dubbio, appartenente ad
un uomo. In ogni
caso, era di una musicalità e bellezza per lui
indescrivibile a parole, forse
l’unica similitudine che riusciva a rendergli giustizia era
il suono degli
uccellini che cinguettavano deliziati alle prime luci del giorno.
-Oh,
dunque. Kurt. Voi, uhm, sapreste dirmi.. come sono arrivato
qui? E dove sono?- ma nel momento in cui Blaine pose
quell’ultima domanda, ebbe
da sé la risposta. Quella era indubbiamente la foresta che
si trovava ai piedi
del monte Olimpo, a poca distanza dal suo villaggio. La foresta in cui
da anni
cacciava e si nascondeva, e dove aveva visto il dio per la prima volta.
Come
aveva fatto a non riconoscerla subito? Vi passava buona parte delle sue
giornate sin da quando era un bambino!
Kurt,
probabilmente, doveva aver visto lo sguardo di
consapevolezza negli occhi castani di lui – un castano
così strano, con
sfumature verdi e dorate – poiché decise di
rispondere soltanto ad una delle
sue domande. L’unica a cui non sapeva dare risposta.
-Oh,
questo è un quesito interessante. In realtà non
ho da darvi
una risposta concreta, mi duole ammetterlo. Devo aver perso
concentrazione durante
il rito e beh, aver sbagliato qualche passaggio. Non chiedetemi altro.
– buttò
fuori quella risposta in maniera piuttosto secca, quasi borbottando,
come se in
realtà si vergognasse di ciò che stava
raccontando. Blaine pensò che a creature
perfette come gli dei capitasse di rado di commettere degli errori.
Ovviamente,
non sapeva quanto si stava sbagliando.
In
ogni caso, adesso si trovava lì, nella foresta. Aveva
lasciato
lo zaino nella camera della locanda, convinto di tornare per la notte,
e oltre
a quello aveva anche pagato in anticipo la piccola stanzetta. La cosa
lo
infastidiva un poco, ma fortunatamente non aveva nulla di valore
all’interno
del bagaglio usato per viaggiare, preoccupato com’era che
potesse rovinarsi,
dunque ciò che vi aveva perso era lo zaino di tessuto e il
misero e logoro
cambio usato durante il pellegrinaggio. Nulla di particolarmente
rilevante.
Ciò
che lo faceva pensare, però, era il motivo per il quale
proprio lui fosse scomparso dalla
cerimonia e riapparso lì dinanzi al dio Kurt. O forse anche
altri avevano
viaggiato sino a finire nei misteri del mondo sconosciuto? E se invece
era
stato scelto perché qualcosa in lui non andava? Quei
pensieri irragionevoli
iniziarono a mandarlo in panico.
-Oh
santi numi, non è che mi è accaduto qualcosa di
strano durante
il viaggio? Mi avete lasciato della magia addosso? Dovrò
sacrificare qualche
parte di me, adesso?- chiese totalmente impaurito,
sgranando gli occhi e fissando ancor più
insistentemente il dio, avvicinandosi a lui di un paio di centimetri,
come se
la sua vicinanza lo rassicurasse.
Per
contro, egli si batté una mano sulla fronte pallida, in
segno
di evidente frustrazione.
-Ma
per gli Dei, ma quali amenità andate blaterando? Magia,
sacrificare voi stesso? Voi non siete molto esperto del nostro culto,
nevvero?
– gli chiese allora, riducendo gli occhi celesti in due
fessure severe e
spazientite. A
quello sguardo, Blaine
non poté che tirarsi appena indietro come a voler
rimpicciolire, e fece segno
di diniego con il capo.
Un
lungo sospiro lasciò allora le rosee labbra di Kurt, che,
dopo
averlo fissato per un paio di istanti in silenzio, volse il corpo alla
sua
destra, camminando per pochi passi fino a raggiungere dei grossi massi,
abbastanza grandi e lisci da permettere di star seduti in posizione
abbastanza
comoda. Prese posto e accavallò le gambe con un gesto
elegante, evitando così
che il chitone mettesse in mostra parti poco consone alla visione
altrui, e con
la mano sinistra batté sul masso accanto a lui, facendo
segno a Blaine di sedersi.
Il giovane lo guardò perplesso, ma impiegò solo
pochi secondi a decidersi a
raggiungerlo, andandosi ad accomodare con impazienza.
-Avete
molto da imparare. Iniziamo-
*******
Lo
scranno di Finn era il più grande e il più
luminoso, quasi a
volerne sottolineare l’importanza e la maestosità.
Era posizionato esattamente
davanti l’Orasep, in leggero rialzo rispetto a quello degli
altri Olimpi, così
che potesse osservare meglio ciò che vi scorreva
all’interno; tuttavia era un
evento alquanto raro trovarlo seduto al posto che gli spettava di
diritto,
poiché di norma preferiva osservare il mondo
nell’intimità delle sue stanze.
Quel giorno, però, qualcosa lo aveva spinto a continuare il
momento della vista lì
nella navata centrale del
Tempio.
Si
era seduto, un braccio poggiato sulla sedia, l’altro
lievemente
piegato all’esterno, la mano saldamente stretta attorno
all’impugnatura del
proprio scettro. Il chitone bianco, lungo sino ai piedi a differenza di
molti
del suoi simili, gli cingeva il corpo virile lasciandone scoperte
piccole
porzioni di pelle. Gli occhi scuri erano concentrati sulle immagini che
continuavano a susseguirsi all’interno della grande sfera,
tanto da creare
delle piccole rughe sulla fronte normalmente liscia del dio; nonostante
quello,
però, il suo sguardo appariva sereno e, stranamente, quasi
compiaciuto. Vi era
una dolcezza di fondo che, agli occhi
di un osservatore esterno, sarebbe stata inspiegabile. Ovviamene, nella
mente
del Padre degli Dei era tutto chiaro; forse fin troppo.
Era
solo nella sua contemplazione; rari erano i momenti in cui
qualcuno lo disturbasse con la sua presenza, a meno che egli stesso non
la
richiedesse. Erano ben pochi coloro che si presentavano al suo cospetto
per
motivi futili o senza che quelli fossero presenti, e ancor meno coloro
che lo
disturbavano con chiacchiere inutili solo per perder tempo. In effetti,
forse
l’unica persona che faceva una cosa simile era sua moglie
Quinn.
Finn
sospirò soltanto al pensiero della consorte, distraendosi
per
alcuni istanti da ciò che stava osservando, e accorgendosi
finalmente di una
figura a pochi passi di distanza, appoggiata ad una delle colonne che
separavano la navata centrale da quella destra. Per un attimo irritato
da non
essersene accorto prima, il sentimento sparì quasi
all’istante alla vista di chi fosse.
-Oh
Rachel, mia cara. Non vedo perché non ti avvicini,
così da
farmi godere della tua compagnia.- le disse sorridente, il tono di voce
caldo e
gentile. Gli occhi si erano staccati solo per un momento
dall’Orasep, e vi
tornarono quasi all’istante.
Rachel
rise a quella frase, ma non si mosse dalla sua posizione,
continuando a tenere gli occhi su di lui – Oh Finn, sapete
benissimo perché non
mi avvicino. Mi pare di avervelo ricordato giusto la notte scorsa, e la
notte
prima ancora, e credo che potrei proseguire all’infinito, se
ne avessi il
tempo.-
Nonostante
i modi formali che aveva utilizzato nel rispondergli,
il suo tono era alquanto divertito e – come negarlo
– piuttosto canzonatorio,
come se sapesse di poterlo prendere in giro senza rischiare conseguenze.
-Vorrei
solo farti ragionare, lo sai. – il tono di Finn era ancora
gentile, ma la risposta era stata data in maniera secca, come se fosse
stata
una frase detta milioni di volte, ormai impressa a memoria nella mente
e
rilasciata dalle labbra in maniera automatica.
-Ne
abbiamo già parlato. E’ una mia scelta, e ci
convivo più che
bene da secoli, ormai. Non saranno le tue voglie da soddisfare a farmi
cambiare
idea.-
Le
immagini dell’Orasep scomparvero completamente, e
l’attenzione
di Finn si volse completamente verso la dea bruna, le cui guancie si
erano
arrossate per la veemenza con cui aveva pronunciato quella frase. A
parte
Quinn, Rachel era l’unica persona in tutto l’Olimpo
che osasse rivolgersi a lui
in quei toni bruschi e che mostrasse una certa confidenza. I
battibecchi tra di
loro erano una routine ormai, un piccolo rito che andava avanti ormai
da tempo
immemore e che erano iniziati dapprima come imbarazzanti segnali e
balbettanti
richieste, per poi divenire giocose prese in giro; non vi era mai stato
un vero
e proprio litigio tra loro, se non qualche frustrato battibecco.
Era
la prima volta, da tantissimi anni, che la dea gli rispondeva
in quei termini. A sua memoria, Finn non ricordava fosse mai accaduto.
E, per la
prima volta, il suo sguardo, nel posarsi sul viso di lei, si
indurì a tal punto
da sembrare minaccioso.
-Non
osare rivolgerti a me in questi toni, Rachel! Solo perché
non
ho mai posto lamentela sui tuoi atteggiamenti, ciò non
significa che tu possa
trattarmi come un tuo pari.- si alzò di scatto a quelle
parole, la voce
rimbombante per tutta la navata. Era furente, e la mano attorno allo
scettro si
strinse convulsamente.
Rachel
lo guardò in silenzio per alcuni istanti, lo sguardo
indecifrabile, prima di abbassare lo sguardo, delusa.
-Siete
voi a desiderare ch’io lo faccia. Desiderate troppe cose
che non avverranno mai, Padre mio.-
E
a testa china, mosse il passo verso l’uscita, le parole
ancora
echeggianti in direzione di Finn, il quale rimase ad osservarla,
immobile,
finché le grandi porte non si richiusero dietro di lei.
Spazio
dell’autrice
*spunta
da un angolino*
Oh,
ehm, salve! Forse vi ricorderete di me come quella cretina che
pubblicò una storia dicendo che avrebbe aggiornato una volta
a settimana e poi
sparì per due mesi interi. Vi porgo le mie più
sincere scuse per questo
incredibile e ingiustificabile ritardo. A mia discolpa posso solo dire
che
questo capitolo mi ha fatto patire le pene dell’inferno per
la parte centrale,
che i dialoghi sono e resteranno sempre il mio cruccio
poiché sono
completamente incapace di scriverli, e che in realtà in
questo capitolo
dovevano esserci anche altre cose nel mio progetto iniziale; solo che,
una
volta iniziato a scrivere, non riuscivo a collocarle.
Semplicemente,
non dovevano starci.
Poi
l’università, la laurea del mio fidanzato, gli
esami, le
lezioni.. non sono riuscita a gestirmi con i tempi come speravo di
poter fare,
e mi sono ritrovata ad avere poco tempo e sfruttarlo in malo modo. Mi
spiace,
sul serio.
Che
altro posso dire? Mi spiace veramente tanto, ma spero
apprezzerete comunque questo capitolo,
dove FINALMENTE i nostri beniamini si incontrano come si
deve! So che
non dovrei nemmeno chiederlo dopo il lungo periodo di latitanza, ma mi
farebbe
piacere sapere cosa ne pensate.
Ringrazio
tantissimo Alba, alias Sashy qui su
efp che da ragazza gentilissima qual è ha accettato di
betarmi questo capitolo dandomi una grossa, enorme mano. Grazie cara,
probabilmente avrei impiegato altre due settimane senza te.
Insomma,
vi lascio. Continuerò a scrivere non appena finite queste
note, non preoccupatevi. Solo, mi sembra ovvio che non
riuscirò a pubblicare
ogni settimana. Spero ogni due, massimo tre. Lo so, forse è
troppo, ma sinceramente
spero si rivelino solo previsioni pessimiste.
Grazie
se siete arrivati fin qui, a presto!