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Autore: Vanderbilt    20/10/2011    15 recensioni
Pensa alla carriera e mai all'amore, lei è Isabella Swan, venticinquenne con una carriera promettente nel mondo di Hollywood. Il suo sogno è sempre stato quello di seguire le orme del padre, il suo mentore, e ora che ne ha la possibilità non vuole che nulla intralci il suo cammino.
Ma i progetti possono sempre cambiare o fallire, oppure offrire sorprese inaspettate. Quale tra queste opzioni sarà la strada di Bella? Tutte e tre? Forse...
Edward è un uomo dalle mille risorse, farà di tutto per ottenere ciò che vuole. Lotterà per l'impossibile che si trasformerà in possibile.
Nella vita per cosa vale la pena vivere? Isabella scoprirà la risposta.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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One More Thing...

And the only way to do great work is to love what you do. If you haven't found it yet, keep looking. Don't settle. As with all matters of the heart, you'll know when you find it. And, like any great relationship, it just gets better and better as the years roll on. So keep looking until you find it. Don't settle. [...] Stay hungry. Stay foolish.

Steve Jobs

 

Le audizioni finirono esattamente una settimana dopo aver trovato i protagonisti principali, ovvero Rosalie Hale ed Edward Cullen. Per una volta la fortuna era stata dalla mia parte.

Rosalie passò qualche giorno dopo a firmare il contratto, mentre Edward lo aspettammo invano. Chiamò il mio agente in serata, dicendogli che il giorno dopo sarebbe passato.

Sperai solo di non aver nessun tipo di incontro ravvicinato con lui. Quel ragazzo mi faceva uno strano effetto. Già dalla sua audizione mi ero ritrovata incantata dalla sua voce, ma una volta che si presentò concretamente non seppi più che fare. Era riuscito a mettermi in difficoltà. Ero sempre stata una persona molto coerente, con sani valori morali, almeno io mi ero sempre vista così. Quindi, trovarmi davanti un uomo con cui avrei dovuto lavorare in futuro che flirta volontariamente, era una cosa che non potevo accettare. Non volevo mettere in discussione la mia posizione sul set. Essendo una donna il rispetto era essenziale e sapevo di dovermi fare il doppio del mazzo per non essere presa sottogamba. I rapporti di lavoro dovevano rimanere ben distanti dalla vita privata, una linea di divisione invisibile ma percepibile.

La carriera per me era tutto ciò che avevo e che contava nella mia vita. Il mio obiettivo non era altro che affermarmi nel mio campo professionale. Desideravo una famiglia? Sì, forse, se l'opportunità si sarebbe presentata, altrimenti ne avrei fatto a meno, mi sarei concentrata per il resto della mia vita nel lavoro. E sì, ero cinica e pensavo solo al mio lavoro, ma quando non si ha nulla per cui desiderare una vita diversa, su cosa si può contare? Non volevo, semplicemente mi stava bene così; mi piaceva il mondo in cui vivevo, certo non le varie gerarchie e il codice invisibile su cui si basava questo mondo a sé, ma anche questo faceva parte degli aspetti positivi e negativi: non sempre nella vita si può avere tutto ciò che si vuole. Ero stata fortunata.

Sul set ero riuscita a ritagliarmi il mio spazio; l'ufficio dove avevo collocato la mia postazione era modesto e abbastanza spoglio, del tutto diverso da ciò a cui ero abituata. Era necessario per parlare con le persone della troupe e organizzare al meglio le cose, non sempre potevo portarmi il lavoro a casa, c'erano regole di copione che anch'io rispettavo.

In quel momento mi trovavo esattamente sul set, nel mio ufficio a leggere tutte le mete del film. Erano molte. Quando lo scrissi non mi aspettavo un film del genere, con così tanto lavoro da fare, pensavo a qualcosa di più semplice, ma questo era quello che ne era venuto fuori e non potevo che esserne orgogliosa.

La mattina precedente avevo inviato a tutto il cast i biglietti per partecipare alla serata di beneficienza. Era importante per mio padre e mia nonna, nonchè per me. Volevo fosse una serata particolarmente fruttuosa, i soldi servivano per i malati della sindrome di Hunter, una malattia rara le cui cure erano molto costose.

Dovevo ancora pensare a come vestirmi per la serata, non potevo scegliere un abito a caso, ero la co-fondatrice dell'associazione, quindi troppo in vista per non considerare il mio aspetto esteriore.

Bella, ammettilo, desideri solo essere presentabile per qualcuno, mi suggerì una voce fastidiosa. Sì, forse nella mia testa c'era più di quanto volessi ammettere, ma non potevo! Questo era il punto!

La grande serata si avvicinava sempre di più.

Ad un tratto, persa nei miei pensieri, sentii bussare alla porta. Diedi il mio consenso e me ne pentii subito.

Edward si stava avvicinando con passo felpato, il viso rilassato e un sorrisetto malizioso disegnato sulle sue labbra sottili.

Osservai la sua andatura e il modo in cui prese posto sulla sedia posta di fronte alla mia postazione, poi allungò le gambe lunghe di fronte a sé.

«Ed ecco la mia regista preferita», mi disse Edward ammiccando maliziosamente. Che leccapiedi, pensai inviperita. «Allora, dove devo firmare?», chiese innocentemente, come se poco prima non mi avesse detto nulla.

Mi alzai irritata anche con me stessa per essere rimasta a fissarlo e presi le carte che doveva firmare da un mobiletto posto vicino alla sua sedia.

Mi guardò attentamente e dovette notare il mio comportamento strano, di certo non si lasciò sfuggire l'opportunità di commentare: «Isabella, ti vedo un po'... tesa, o sbaglio?». La domanda era retorica, ovviamente, il mio comportamento era talmente palese che commentarlo era adirittura superfluo.

«Non mi pare, tu credi?», risposi ironica.

Gli indicai gli spazi da firmare e mi rimisi seduta. Una volta finito lui non si alzò, anzi si accomodò in una posizione più informale e incrociò le mani sull'addome.

«Dì la verità, io ti metto a disagio», affermò sicuro della sua teoria del tutto errata e fuori luogo.

«No, non si tratta di questo», risposi evasiva fissandolo comunque negli occhi, di certo non mi feci intimorire dal suo atteggiamento sicuro e sfacciato.

«E di cosa allora? Non trovi la mia compagnia di tuo gradimento, principessa?». Non seppi esattamente il perchè, ma quel suo principessa non lo presi come un appellativo affettuoso.

«Ancora no, la situazione è molto più semplice di come vuoi farla apparire: non mi piace oltrepassare un determinato limite».

«Limite? Quale? Quello che ti imponi tu o quello che pensi di vedere? No, perchè io non vedo differenza tra me e te», concretizzò in modo fin troppo reale.

Il limite che vedevo io era quello che non poteva comprendere lui. La divisione che mi imposi fin dall'inizio del mio lavoro, che giurai di non oltrepassare, minacciava di essere spazzata via da quell'uomo prepotente, arrogante e ben poco disposto a vedere in faccia la realtà. Certo, aveva anche dei pregi, la spontaneità era tra questi.

«Abbiamo due posizioni differenti e non intendo oltrepassare la soglia della...». Non continuai la frase, ad alta volce risultava insensata anche perchè Edward non mi aveva fatto nessun tipo di proposta o avance troppo esplicite, semplici ammiccamenti e battutine a doppio senso.

«Della...?», continuò lui. Gli piaceva molto vedermi in difficoltà, lo potei notare dal suo ghigno stampato su quel bel viso.

«Sai, ho inviato a tutti un invito per una serata di beneficienza. L'hai ricevuto?». Cambiai argomento per non cadere in trappola. Perchè con Edward mi trovavo sempre in difficoltà? Cosa mi succedeva in sua presenza?

«Ti viene comodo cambiare argomento... per questa volta ci passerò sopra, ma stai certa che non ricapiterà, ottengo sempre quello che voglio, Isabella, sempre», affermò con un tono inusuale, basso e con una sfumatura di insoddisfazione. «Comunque sì, ho ricevuto l'invito e verrò. Non vedo l'ora», proseguì maliziosamente. Sarebbe stata una serata difficile, molto difficile.

«Bene, allora ci vediamo venerdì», risposi incapace di ribattere alle sue provocazioni. Se fossi stata in un altro contesto non mi sarei lasciata sfuggire quell'occasione così ghiotta, ma lì non potei fare a meno di far finta di nulla. Edward trovava insoddisfacente la mia indifferenza, cercava un confronto diretto, che con la sottoscritta non avrebbe mai avuto. Non in quel momento.

«Certo», confermò alzandosi per avvicinarsi alla porta. «Isabella, ricordati che non potrai evitare per sempre di parlare con me. Prima o poi uscirà qualcosa da quella boccuccia che non vorresti. Chissà, potrebbe scapparti anche altro».

«Non contarci Cullen, i nostri ruoli sono ben separati, sarà molto difficile arrivare a quel punto e stai certo che le mie labbra non faranno uscire nulla», cedetti alla sua provocazione e vidi un sorriso disegnarsi sulle sue labbra. A quanto pare era quello il suo intento.

«Allora non sei così fredda e composta, ti infiammi anche tu, principessa, buono a sapersi». Prima che potessi rispondergli chiuse la porta dietro di sé.

O dio, ma perchè non potevo mantenere il mio controllo anche in sua presenza? Mi faceva uscire di testa e da sottolineare che fino a quel momento lo avevo visto solo due misere volte.

Prevedevo mesi difficili.

La serata di beneficienza arrivò, con tutta l'ansia e l'aspettativa di mia nonna Marie, l'entusiasmo di Charlie e ovviamente il mio perenne nervosismo, che non mi aveva ancora abbandonato dall'ultimo incontro avuto con Edward.

Quell'uomo, ragazzo, mi faceva uscire di senno. Era attraente e il suo modo di fare mi coinvolgeva, non potevo mentire su questo. Ma, sì, perchè c'era un enorme ma, non potevo farmi coinvolgere da lui e dai suoi giochetti. Non potevo permettermelo e basta. Questa era una mia imposizione? Ebbene sì, lo era.

Edward, Edward, Edward... Era possibile non riuscire a pensare ad altro?

Mi stavo perdendo, ecco cosa stava succedendo. E io odiavo perdere il controllo delle mia vita, delle mie azioni e dei miei pensieri. Una vera e propria maniaca del controllo.

Staccare la mente, i pensieri su Edward... più facile a dirsi che a farsi!

Ripresi contatto con la realtà, uscendo dalla vasca e dirigendomi verso lo specchio con un asciugamano avvolto al mio corpo. Spazzai con la mano il vapore dallo specchio e rimasi a fissare il mio riflesso.

I miei capelli lunghi fino alla vita erano appiccicati alla mia pelle, fastidiosi oltre ogni limite e gli occhi scuri, rossi a causa dello shampo. Ero talmente sbadata che per poco non mi lavai i capelli con il bagnoschiuma. Inutile girarci intorno, quella sera stessa avrei rivisto Edward e sentivo che qualcosa sarebbe successo.

I miei capelli erano raccolti in uno chignon dall'aspetto disordinato, con qualche ciocca che sfuggiva a quell'acconciatura particolare. Il vestito era favoloso, assolutamente il tipo d'abito che ti fa sentire una principessa: nero, lungo con uno strato di pelliccia intorno al bacino e delle decorazioni dorate intorno a vita e collo.

Nessun gioiello ad accompagnare l'abito, tranne un bracciale, regalo di mio padre. Scarpe e pochette dorata ed ero pronta per la serata. Be', pronta era un parolone.

Alle sette in punto passò mio padre in limousine, avevamo deciso di andare insieme, tanto entrambi eravamo senza accompagnatori. Chissà se Edward... oh mio dio,che cosa triste e ossessiva associare continuamente un mio pensiero a quel ragazzo!

«Ehi papà», esclamai appena entrai in macchina. Lo osservai bene e notai quanto ancora fosse un uomo attraente e distinto. L'età avanzata gli aveva conferito ancora più fascino. Non che fosse un vecchietto, ma lui possedeva il fascino dell'uomo maturo, un bell'uomo maturo!

«Tesoro, sei splendida stasera. Farai girare la testa a molti uomini, ma vedrai che nessuno ti darà fastidio, c'è il tuo papà a tenerli a bada. Guai a chi tocca la bambina», mi rispose sorridente. Alzai gli occhi al cielo. Era solito definirmi ancora la sua bambina; non voleva che crescessi, me lo ripetè per diversi anni, poi si arrese all'evidenza. La sua battuta sugli uomini sapevo che aveva sempre un fondo di verità, era molto geloso della sua unica figlia.

«Vedrai che non dovrai combattere con nessuno», gli risposi sarcastica. Quella sera bene o male tutti sarebbero arrivati accompagnati, quindi non c'era nessuna possibilità per mio padre di divertirsi.

Le ultime parole famose, pensai mentre arrivammo nell'hotel dove si sarebbe tenuta la serata.

Appena scesi fui subito affiancata da mio padre, che galantemente mi offrì il braccio. Salimmo la scalinata senza fiatare, ognuno perso nei propri pensieri.

Una volta entrati trovammo subito nonna Marie in pole position, amava stare al centro dell'attenzione nelle sue imprese onorarie. Teneva molto alle sue associazioni di beneficienza e spendeva molte energie per far funzionare tutto.

«Isabella, Charlie, siete arrivati finalmente! Siete in ritardo!», ed ecco un rimprovero di nonna, i soliti alla fine dei conti, per lei la puntualità era tutto.

«Mamma, per favore...», si lamentò papà. Venne fulminato da Marie in un modo che definirei solo truce e affilato, tanto che io da brava nipote misi su la faccia più dolce che possedessi, capace di far sciogliere la nonna ad una sola occhiata. E così successe, papà capì l'antifora e mi guardò come per darmi della traditrice.

Mi allontanai sorridendo soddisfatta nell'aver evitato la solita predica della nonna. Mi avvicinai al mio tavolo e notai varie bevande sopra, dalle più semplici fino allo champagne Krug Clos de Mesnil - di certo nonna non badava a prezzi, non quando finanziava anche Charlie.

Ad un tratto sentii una leggera carezza sul braccio e un respiro caldo soffiarmi nell'oreccio: «A cosa devo tutti questi sorrisi, principessa? Posso forse sperare che tu mi abbia visto entrare?», mi chiese. Sapeva che non lo avevo nemmeno notato e quindi lo presi come un leggero rimprovero per averlo ignorato, anche se involontariamente.

Prima che potessi rispondere continuò la sua frase, con una lusinga che mi fece sì, piacere, ma anche irritare con me stessa, in quanto la mia etica ferrea e rigida non mi permise di godermela: «Questa sera sei splendida, principessa. Appena sei entrata, molti uomini si sono girati a guardarti».

«Farò finta di aver sentito solo questa tua seconda affermazioni», dissi conscia dell'irritazione che gli avrei procurato.

«Non posso crederci, la principessa di ghiaccio è tornata», affermò sprezzante. Mi girai per fronteggiarlo e, toccata nel vivo, mi infervorai ancora di più.

«Non mi conosci Cullen, quindi non giudicare!», risposi a tono. Ero brava nell'apparire una perfetta stronza.

«Non c'è bisogno di conoscerti per vedere come sei. Non riesci neppure a sorridere per una battuta! Non mi sembra di averti fatto proposte indecenti». Il suo tono pungente mi ferì più di quanto non volessi ammettere a me stessa. Riusciva a toccare corde di me che nessuno prima d'ora era riuscito a fare. Buon segno? No, no di certo!

«Non ancora», sussurrai sperando di non essere sentita.

«Be' principessa, quelle le noti solo tu. Vedi doppi sensi in tutto... chissà se hai ragione», lanciò una frecciatina e se ne andò. Rimasi per un attimo immobile. Le sue parole non avrei mai potuto dimenticarle, essere definita la principessa di ghiaccio non era certamente un complimento. Pensava che non provassi emozioni solo perchè con lui cercavo in tutti i modi di mostrare un lato del mio carattere che quasi nessuno conosceva. Con tutti mi comportavo in maniera sensibile, scherzavo ed ero sempre disponibile, ma in sua presenza proprio non ci riuscivo. Qualcosa in me si bloccava e per non oltrepassare un limite ben preciso, mi imponevo un determinato atteggiamento come difesa.

Nessuno aveva fatto caso a ciò, forse Alice col tempo avrebbe notato qualcosa di strano. Lei era l'unica che potevo considerare un'amica, per quanto quella definizione mi fosse sconosciuta per gran parte della mia vita. Non avevo mai avuto amiche femmine, l'invidia era un'arma potente nel sesso femminile, poteva annientarti ed essere usata in modo spregevole. E con me era successo.

Forse mi sarei dovuta scusare con Edward per il mio comportamento ostile e freddo. Sì, da persona matura qual ero, dovevo assolutamente chiarire questo disagio. Così feci, solo che non andò come sperai fin dal principio.

La serata era ancora all'inizio, nella sua fase di transizione, dove tutti chiaccheravano tra loro e facevano nuove conoscenze tra l'élite hollywodiana.

Edward era insieme al resto degli attori che avevo invitato, ma appena vide che mi stavo dirigendo verso di lui si staccò dal gruppo, intuendo dalla mia espressione che la privacy sarebbe stata essenziale.

«La principessa di ghiaccio ha preso l'iniziativa e vuole parlare con il sottoscritto? Quale evento!», mi prese in giro Edward senza molti preamboli. Non sapeva nemmeno cosa volessi dirgli che lui subito partì all'attacco! Okay, me lo meritavo, ma feriva lo stesso.

«Mi dispiace per come... Senti, potremo parlare in un altro luogo?», chiesi conscia di avere attirato tutti gli sguardi curiosi del gruppo da cui Edward si era appena distaccato.

«Certo, prego», mi invitò con un gesto della mano a precederlo e io uscii dalla sala e andai in una affine con un bellissimo balcone.

Mi posizionai di fronte alla vetrata e osservai il panorama. Mille luci accecavano quasi gli occhi. Puntai il mio sguardo in quello del ragazzo che paziente aspettava delle spiegazioni.

Non sapevo come iniziare e quindi puntai sulle solite scuse: «Mi dispiace per come mi rivolgo a te. So di sembrare ostile e una vera vipera, ma ti assicuro che non sono così».

«Ma con me sì, perchè? Se ho fatto qualcosa di sbagliato...», si interruppe e rise allegramente. Si accorse da solo della bugia che non riuscì nemmeno a finire.

«Non si tratta di giusto o sbagliato, ma di ruoli ben precisi che abbiamo», spiegai suonando ridicola anche alle mie orecchie. Eppure la mia convinzione era fondata, il lavoro doveva essere ben distaccato da qualsiasi rapporto privato potessi avere.

«Lo pensi davvero?», mi chiese Edward suadente. Fece un passo avanti, rimasi ferma ad aspettare la sua prossima mossa, ma aspettò che parlassi e rispondessi alla sua palese provocazione.

«Sì, altrimenti non lo avrei detto, ti pare?». La mia voce era ferma e decisa, non diedi il minimo segno di esitazione.

«No, non lo pensi realmente», confermò Edward avvicinandosi ancora di un passo. Ormai lo spazio tra noi era esiguo.

«Che cosa ne sai tu? Vivi per caso nella mia testa?», lo provocai cercando di non sentirmi a disagio per tutta la situazione alquanto intima e inappropriata.

«Io so quello che vedo. Tu neghi certo, e sono sicuro che nella tua graziosa testolina è così, ma la realtà è ben diversa da quella che tu immagini. Sei attratta da me, ma neghi perchè hai paura. Di cosa devo ancora scoprirlo». Rimasi a bocca aperta dopo questo suo discorso e indietreggiai quando lo vidi avvicinarsi. Quella volta non riuscii a non essere intimorita dal suo sapermi leggere dentro. Un'altra cosa da aggiungere alla lista, oltre che ferirmi sapeva capirmi, un'arma a doppio taglio.

«Tu... non... no, no!», gridai colta all'improvviso da tutte le carte che si erano mostrate in un colpo solo. «Tra noi non ci sarà mai nulla e prima te lo metti fissi bene nella mente, meglio è per entrambi!».

«Principessa, stai perdendo le staffe! Non c'è nulla di male in tutto questo», confermò Edward, sicuro della sua tesi.

Alzò un braccio e con il dorso della mano mi accarezzò la guancia. Brividi mi percorsero la schiena e come scottata voltai il viso. Edward non si arrese e mi tenne il viso fermo, avvicinò le sue labbra alle mie, ma io mi riscossi dal mio immobilismo e staccai in tutta fretta le sue mani dal mio viso. Lo squadrai ancora una volta, scossa da come le cose fossero precipitate e poi scappai via dalla stanza. Edward non mi seguì, anzi non disse nemmeno una parola su tutto ciò. Si era per caso accorto dell'errore che stava per commettere?

Non potevo nascondere quanto in realtà quel bacio lo volessi con una disperazione tale da farmi quasi abbandonare a lui. Ma avevo trovato la forza per respingerlo, per far sì che nessuno dei due potesse pentirsi il giorno dopo. Al lavoro sarebbe stato inacettabile un simile imbarazzo.

Durante il resto della serata nessuno di noi due osò avvicinarsi all'altro. Mantenni una distanza di sicurezza, ma fu un susseguirsi di sguardi fugaci. Edward non smise un secondo di fissarmi o cercare di farmi capire quanto il mio atteggiamento lo disturbasse. Dal canto mio cercai di far apparire il mio sguardo impassibile, nessuna emozione doveva trasparire dal mio viso. Non sapevo nemmeno io cosa pensare e provare, una grande confusione dominava la mia mente.

A fine serata mi avvicinai a tutti quelli che avevano accettato l'invito: attori e troupe al completo. Li salutai ringraziandoli per aver partecipato e per le donazioni, ma evitai accuratamente di avvicinarmi troppo a Edward. Alice ed Emmett mi guardarono interrogativi, ma feci finta di nulla e augurai un buon weekend a tutti.

Tornai da mio padre esausta per tutte quelle emozioni contrastanti e gli dissi di non commentare ciò che aveva solo intuito.

 

Mentre tornai a casa ripensai a ciò che mi aspettava lunedì. Avremo iniziato le prove con il cast e mi preoccupava un po' lavorare a stretto contatto con Edward, ma da persona matura sarei stata molto professionale. Ma forse, in certe occasioni la professionalità non basta, di certo non quando c'era di mezzo il nome Edward Cullen. 



Ciao! Allora, come procede la settimana? Qualcuno di voi ha visto tutte le nuove clip e foto di Breaking Dawn? So che qualcuno preferisce non rovinarsi il film, io purtroppo non so resistere quando me li ritrovo sulla bacheca di Facebook! A proposito, per chi mi volesse aggiungere Vanderbit Efp =)
Innanzitutto vorrei ringraziare tutti coloro che mi seguono e che recensiscono, siete davvero dei tesori. Spero di risentirvi anche per questo capitolo ;)
Poi, per quanto riguarda il contenuto vorrei precisare due cose:
1) Bella ribatte sul suo ruolo, molto diverso dalla posizione di Edward. Non ho sbagliato a scrivere o altro, so che si ripete continuamente, ma è un punto essenziale per la storia, in pratica la base su cui si posa tutto l'atteggiamento di Bella.
2) Bella potrà sembrare superficiale, vipera, arrogante etc... ma fa solo parte di ciò che mostra a Edward. E' una persona, come tutti ha pregi e difetti. Eppure vi posso assicurare che è molto diversa, si può notare da come si comporta con gli altri della troupe. Comunque le cose cambueranno piano piano, ora è logico che dovevo partire da un punto e far vedere come Bella è realmente, altrimenti il prologo sarebbe stato fuori luogo ;)
Vorrei ribadire il contest creato da me e SerenaEsse: Il Nastro Rosso. Per tutti coloro che volessero partecipare, vi aspettiamo!
Non riesco a capire perchè le note sono sempre lunghissime O.o Eppure dimentico sempre qualcosa, bah xD
Aspetto i vostri commenti!
Kiss:***
Jessica (per chi me lo ha chiesto questo è il mio nome =D)
   
 
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