N°
94
PAROLA
CHIAVE: Parola
PAIRING:
Polonia x Cina
LUOGO:
Cimitero
AVVERTIMENTI:
A.U. , OOC
NOTE:
ehm…questi…beh…sono i
personaggi di Hetalia che odio (Gli unici e in particolar modo Cina)
quindi…ehm…
*Vocina
interiore: beh, in
realtà Pollonia non lo odio…su,
su…è Cina che... (partono cori angelici) Aruuu
AAAruuu AAAAAru
(ali mena Cina con l’ascia
bipenne di Den)* beh…che si può dire..non so come
è venuta…io Cina non lo
reggo… Oo *autrice canticchia* AAru ArUUU AAAruuuu.
Devo
dire che l’A.U. è
assolutamente ... A.U. U_U cioè, nel senso...tipo
più alternativo di così non
c’era verso...ok...forse si..ma voi non siete malate di mente
come me U_U. (o
per lo meno QUANTO me )
RATING:
Verde
Quella
era la più bella
giornata dell’anno, il cielo era grigio, come ricoperto da un
fitto strato di
zucchero filato alla cenere, piovevano dall’alto goccioline
fini, ma talmente
fini che nemmeno l’incerata riusciva a fermarle e Polonia
sgambettava allegro
in una pozza di fango.
Ok..poteva
essere la giornata
più bella dell’anno per Arthur, ma visto che fino
a prova contraria non viviamo
nell’allevamento di rane di Francis diciamo che il tempo
faceva proprio schifo,
e Polonia era bagnato fino al midollo, ma era felice.
Immensamente
felice.
Finalmente
era arrivato il
giorno di Complemorte e lui avrebbe ricevuto tanti regali dai suoi
subordinati:
Russia aveva promesso che gli avrebbe regalato un set da tortura
cromato nero e
che avrebbe potuto testarlo sul primo deficiente che passava.
Fatto
sta che Polonia, vestito
in un elegante frac nero, si aggirasse indisturbato fra quelle allegre
dimore
nel cimitero di Montmartre, dove risiedevano tutti i paesi che aveva
conquistato.
Il
primo ad uscire da una
cripta malamente arredata per venire ad accoglierlo fu Francia, gli si
inchinò
come pretendeva il protocollo; Feliks gli prese una mano e se lo
avvicinò,
sussurrando poche parole che fecero arrossire immediatamente il
francese, poi
si allontanò, dirigendosi verso casa sua: il mausoleo
più grande del
camposanto, in marmo nero e decorazioni in argento che svettava
esattamente al
centro, così da risaltare prima di ogni altra cosa.
Sulla
via altre insignificanti
nazioni arrancarono dietro il suo passo fiero per porgergli i suoi
omaggi:
America, personaggio intelligente ma completamente al verde, spendeva
tutti i
suoi soldi in cure dimagranti e alimenti biologici; Lituania, il suo
giocattolino
sessuale che lo odiava con tutto se stesso e persino Russia, quella
stupida
nazione fissata con i cuoricini e i fiori e il colore rosa
–Dio, che colore
osceno- che –Sapeva benissimo- aveva una relazione
interamente platonica con
Lituania.
Tutti
lo osannavano, lo
amavano o lo temevano.
Entrò
dalla porta principale,
mentre i servi, tre nazioni inutili che non sapevano fare nulla:
Prussia,
Austria e Ungheria –il primo odiava la violenza, il secondo
invece era un
ninfomane senza speranza e l’ultima era una vecchietta
zitella omofoba e acida
che non poteva vedere nessuno degli altri due- prendevano il suo
cappotto e la
tuba per riporli in un armadio della sua nuova linea di pratici mobili
da
mausoleo.
All’improvviso
tutte le
candele si accesero all’unisono e Polonia sentì
distintamente una voce che
cantava: ripeteva sempre la solita parola, in una lingua che non
rientrava tra
le 394(*) da lui conosciute alla perfezione.
“AAAAruuuu,
aaaru,
aruuuuuuuuuu...”
Feliks
diede ordine di
spegnere tutte le musiche presenti, perchè, diciamolo,
quella melodia stonata
era anche piuttosto fastidiosa.
Nulla,
non smetteva.
“aruu,
aaaaruuuuu, aaaaaaru”
Quella
parola risuonò per
tutto il giorno nel mausoleo polacco, non permettendo al suo occupante
di
dormire.
Finalmente
il povero Feliks
decise di esplorare l’abitazione per riuscire a capire da
dove la strana
cantilena esasperante provenisse.
Girò
per tutto il castello ma
niente, non riusciva a capirlo; alla fine gli venne suggerita dal suo
paggetto
personale di andare a controllare nella soffitta.
Quando
aprì la botola mancò
poco che non finisse accecato: la stanza riluceva di giallo e trenta
lampade erano
puntate su una strana figura, che canticchiava allegramente la nenia
che lo
aveva ossessionato tutto il giorno.
“Chi
diamine sei tu? E che
cosa ci fai nel mio mausoleo?”
Lo strano tizio si voltò, e Polonia quasi svenne: aveva
davanti la più bella
ragazza che avesse mai visto; più bella persino di Ucraina.
“Io
sono Cina, ARU!” disse con
voce maschile la ragazza. Polonia era sempre più confuso.
“E
sono qui perché questa da
oggi è casa mia! Non senti l’odore di fritto,
aru?”
Effettivamente, annuì il polacco, c’era una
discreta puzza di fritto “Ma questa
è la mia casa!”
“Non
più da quando ho
cominciato a conquistare il mondo friggendolo, aru!”
Polonia
non ci capiva più
niente.
“Ma…”
Non
fece in tempo a ribattere
che Cina, il Friggitore Folle, ricominciò a cantare e in un
batter d’occhio
Polonia fu avvolto dalla pastella e fatto levitare fino ad un enorme
pentola
piena d’olio.
“Nooooooooo!!!!
Oggi è il mio
Complemorte! Non puoi farlo, aspetta domani!”
“Non
avrò pietà di te,
aaaaaruuuuuuuu, aaaaaaaaaaaaaaaaaaaruuu, arrruuuuuuu”
…
Polonia
si svegliò di
soprassalto, era nel suo letto e il suo stomaco gli dava fitte di
dolore
lancinanti.
Non
avrebbe dovuto mangiare
così tanto da Yao la sera prima, anzi, non sarebbe dovuto
andare alla cena di
Yao, pensò preoccupato mentre rimetteva l’anima in
bagno, consolandosi che
nella realtà la sua casina adorata fosse tornata interamente
rosa com’era
giusto.
Nelle
seguenti settimane,
Feliks evitò Cina come la peste.
Fine.
(*) se riconoscete la citazione vi amerò fino alla morte!! x°°D