Credo nel rumore di
chi sa tacere
Che quando smetti
di sperare
Inizi un po’ a
morire
What
You Got
La festa vera di inizio tour si tenne alla fine delle tre
date consecutive a Melbourne: dopo un giorno di pausa ci sarebbero state altre
quattro serate a Sidney, prima di partire per la Cina e il resto delle date
asiatiche.
Kei scoprì che il tour de force che avevano appena superato
era lo scoglio più grande da superare poiché dopo di questo la strada era
spianata: man mano che i giorni trascorrevano e che spuntavano città alla
lista, le prove diminuivano di intensità. Erano sempre ritmi esagerati, però, il
tempo libero era sempre maggiore e presto si definì una routine più o meno
stabile.
Il primo giorno in una nuova città vi era una prova palco
per controllare che tutto fosse al proprio posto, le mattine dopo il concerto
erano dedicate al riposo o al viaggio nella successiva location a seconda della
distanza; gli altri pomeriggi, invece, venivano ripassate solo alcune parti
dello spettacolo, mentre il resto del tempo era dedicato comunque al
mantenimento in esercizio. Fu così che iniziarono ad occupare il tempo con
delle vere e proprie lezioni: Jermaine, infatti, sosteneva che rinfrescare la
mente con qualcosa di nuovo servisse a non focalizzarsi su ciò che si sapeva,
crescere e una serie di discorsi filosofici che Kei non avrebbe saputo
ripetere.
Solitamente il coreografo teneva due lezioni di un’ora e
mezza l’una: la seconda, alla quale partecipavano tutti, era di Hip hop, mentre
la prima di Lyrical Jazz. A quest’ultima solo la metà
di loro la frequentava e il russo non era tra di loro nonostante gli fosse stato
proposto.
Aveva assistito alla prima, anche perché curioso di vedere
Jermaine in quella veste strana: se pensava a qualsiasi altra danza che non
fosse l’hip hop si immaginava insegnanti contenuti, impostati e con un
abbigliamento quanto meno differente: l’uomo, invece, non cambiava una virgola
di quello che era il suo modo di essere, ma adottava semplicemente un altro
stile di ballo.
Quelle lezioni, comunque, erano realmente un toccasana:
erano uno sfogo, la possibilità di rilassarsi tenendosi in allenamento, per non
parlare della possibilità per Kei di imparare una parte della tecnica che non
aveva mai acquisito per forza di cose.
Non trovò difficile entrare nel sistema creato da Jermaine,
nel suo modo di insegnare e si chiese come fosse possibile trovarsi così in
sintonia con il suo modo di fare in quei momenti, quando invece di persona
faticava a sopportarlo.
-Fermati un secondo!- gli disse Jermaine un pomeriggio, alla
fine del tempo loro disponibile.
-Che c’è?-
-Iniziamo con le lezioni private!-
-Cosa?-
-Ti avevo detto che mi sarei occupato di te- rispose ovvio
l’altro.
-Ma..-
-Niente ma, sei più indietro degli altri e ne hai bisogno!-
lo riuscì a zittire.
Chayton che stava ancora
recuperando la sua roba lo guardò ridendo e gli augurò buona fortuna prima di
uscire.
Quando rimasero da soli nella palestra dell’hotel da loro
prenotata Jermaine fece spuntare quel solito sorriso che per lui doveva essere
rassicurante, ma che per Kei significava solo ‘pericolo in agguato’.
-Devo..- iniziò Jermaine alzandosi e fermandosi di blocco a
guardare il ragazzo ancora a lato della stanza -..e vieni qui!- lo esortò a
raggiungerlo al centro prima di riprendere il suo discorso –Dicevo.. devo
decostruirti un po’!-
-In che senso?- chiese con una nota di timore nella voce.
-Che ne vieni dalla strada e si vede.. e questo è
bellissimo, sia chiaro, però quello che facciamo qui è un lavoro diverso e..-
-E?-
-E quindi iniziamo dalle basi!- esclamò gioioso il
coreografo, ormai vicinissimo.
Kei lo vide spostarsi dietro di lui e, continuando a seguire
ogni suo movimento dallo specchio, sentì le sue mani poggiarsi sulle sue
spalle.
-Intanto sciogliti..- riprese Jermaine scrollandolo
leggermente: era teso e se ne sarebbe accorto chiunque -..tu inizi a rilassarti
solo dopo che abbiamo iniziato.. ci metti un po’!- si posizionò di nuovo al suo
fianco, una mano sempre poggiata su di lui –Io voglio che, prima delle lezioni,
tu faccia sparire i pensieri inutili, abbandoni tutto il mondo fuori e entri da
quella porta già rilassato!-
Kei tentò di bloccare quel discorso in diversi punti, ma non
gliene fu mai data l’occasione: anche al termine cercò di appuntare qualcosa,
ma subito uno scappellotto in testa dell’uomo lo fece desistere.
-Tu impari, io insegno.. ricordalo!- ne rise Jermaine,
sentendo il ragazzo sbuffare sonoramente e cercare di voltarsi –E guardati allo
specchio, cazzo!-
Il tono dell’uomo si era decisamente alzato sull’ultima
battuta e convinse Kei a spostare tutta la sua attenzione su di lui.
-Che bisogno c’è?-
-Se gli specchi ci sono in tutte le sale da danza, non trovi
che un motivo ci debba essere?-
-Non vuol dire che non ne possa fare a meno-
-Ripeto: qui non siamo in strada.. lo specchio aiuta a
capire le proprie linee, le posizioni e..-
-Ma non dici sempre a tutti di non guardarsi?- cercò di
salvarsi Kei intuendo che le motivazioni dell’altro avessero una base troppo
solida.
-Perché loro si guardano troppo.. tu per niente, hai il
problema opposto!-
Il russo tirò un altro sospiro seccato cercando di fulminare
Jermaine con gli occhi.
-Guardati..- lo incitò tranquillamente il coreografo
riuscendo a far voltare Kei verso la superficie riflettente.
Kei focalizzò la propria immagine e quella del suo vicino
nella sua interezza, prima di tentare di guardare solo la propria espressione: non
appena restrinse il campo, però, automaticamente puntò lo spazio vuoto tra il
suo orecchio e quello di Jermaine. Fu così che lo vide muoversi velocemente,
alzare le braccia e prendere la testa di Kei tra le mani per girarla.
-E guardati!-
Il russo incrociò per una frazione di secondo il proprio
sguardo con quello della sua immagine riflessa, ma si rifiutò di mantenere quel
contatto.
-Non lo fai mai la mattina di guardarti allo specchio?-
-Sì, ma..-
-Ma?- lo incitò l’altro notando l’indecisione dell’altro.
-..è diverso-
-E’ che la mattina non ti dai come fai qui!- gli venne in
soccorso Jermaine, cercando di dare una voce al tentennamento di Kei, che
rimase in silenzio come per dargli ragione –E’ così brutto quello che vedi?-
chiese ancora più calmo, vedendo il ragazzo non esitare nel reggere il suo
sguardo.
Ancora una volta il russo non proferì parola, preferendo il
silenzio, o forse non riuscendo a farne a meno.
-Credo che dovresti fare pace con te stesso.. anche se non
conosco le motivazioni di tutto questo astio..- si affrettò ad aggiungere prima
di essere frainteso.
In quel momento, il ragazzo per la prima volta fu il primo a
distogliere lo sguardo e fissarlo su un punto oltre Jermaine.
-Per oggi basta, ma sappi che non mollo!- concluse
sorpassandolo e dandogli un lieve pacca sulla spalla.
Odiava non avere l’ultima parola, non permetteva mai a
nessuno di sottrargli quel privilegio se non a Yuri.
Jermaine riusciva sempre a mettere in discussione le sue
certezze, quelle poche che possedeva ancora, e faceva uscire il lato più
insicuro della sua personalità: si chiese per la centesima volta se non fosse
stato un errore accettare tutto quel cambiamento e per la centesima volta si
rispose che, probabilmente, fosse restato alla sua solita vita avrebbe mantenuto
quei passi avanti che aveva con tanta fatica ottenuto.
Quelle che aveva, però, gli sarebbe bastato? Da quando era
entrato in contatto con quel mondo sconosciuto, ma allo stesso tempo così
familiare, non era riuscito più a farne a meno e, a parte quei momenti di crisi
dettati da quella fattispecie di sedute psicologiche del coreografo, si era
sentito vivo come poche volte gli era capitato.
Guardò ancora il soffitto sconosciuto che lo sovrastava: da
quando era partito aveva osservato diversi soffitti e non si erano soffermati
così a lungo in un posto, tanto da attenuare quella sensazione. Non era success
come col palco che, dopo pochi minuti, era già familiare: i soffitti rimanevano
sempre freddi e nuovi.
Si diede per l’ennesima volta del pazzo da manicomio,
convincendosi che il troppo pensare non gli facesse bene; probabilmente sarebbe
stato meglio se quella sera ci fosse stato uno spettacolo, invece che essere
giorni di riposo.
Si alzò lentamente dal letto cercando di non fare troppo
rumore per non svegliare Chayton e uscì dalla stanza:
non era tardissimo, era passata la mezzanotte da poco, ma le poche volte che
avevano la serata libera cercavano di recuperare le forze perdute.
Arrivò all’ascensore premendo il tasto di chiamata, quando
notò un piccolo cartello sulla parete delle scale: una freccia indicava verso i
piani superiori accanto alla scritta ‘terrazza’ in diverse lingue. Le porte
scorrevoli dell’ascensore gli si spalancarono davanti, ma le ignorò e prese a
salire le scale fino a quando, tre piani più in alto, non arrivò a una porta
non elettronica, a differenza di tutte le altre dell’albergo: la osservò
ragionando sul fatto che l’ascensore arrivava solo fino al piano precedente e
che, quindi, le probabilità di essere disturbato erano minime.
Abbassò la maniglia e varcò la porta ritrovandosi
all’esterno su, appunto, una grande terrazza: si appoggiò alla ringhiera che
delimitava il perimetro del tetto del grattacielo e guardò in basso, verso la
città di Seoul. Era un insieme di luci, rumori, andirivieni di cose e persone,
ma da lassù tutto sembrava meno reale, lontano a tal punto da potersene
estraniare: si accese una sigaretta ancora attanagliato da mille elucubrazioni.
Era già trascorso un mese dalla sua partenza e, tra e un
dubbio e l’altro, si concedeva a quella che ormai era la sua vecchia vita
sempre di meno, nonostante gli sembrasse sempre impossibile staccarsene del
tutto; c’era sempre qualcosa che lo legava indissolubilmente ai suoi vecchi
problemi.
Un forte rumore lo colse alla sprovvista facendolo voltare:
non proveniva dalla città sotto di lui, ma bensì alle sue spalle ed era
derivato dalla porta della terrazza che era stata sbattuta violentemente.
Doveva essere uscito qualcuno e controllò chi avesse
disturbato la sua pace quando sentì chiaramente qualcosa di molto simile a una
serie di imprecazioni accompagnate da dei singhiozzi. Assottigliò gli occhi per
combattere l’oscurità fino a che non riconobbe la figura che aveva varcato la
porta e che, in una serie di gesti di stizza, si stava togliendo le scarpe col
tacco abbandonandole sul pavimento.
Cercò di far notare la propria presenza, ma, non appena
l’altra diede segno di averlo visto, si pentì di non essere restato in camera.
-E’ possibile che non esista un cazzo di posto dove poter
starsene da soli?!- sbottò quella che doveva essere la perfetta Lauren Bright.
Kei, indeciso sul da farsi, continuò a fumare la sua
sigaretta imperterrito, attendendo la mossa successiva della cantante.
-Che c’è? Mai visto qualcuno dare di matto?- sbottò lei
allargando le braccia: il russo dovette combattere contro l’impulso di
scoppiare a ridere per la scena che gli si prospettava davanti, con la ragazza
scalza, arrabbiata e un’ombra scura sul volto che doveva essere provocata dal
trucco colato per il pianto.
-Certo, ma se vuoi..- iniziò lui per non peggiorare la
situazione.
-Ce l’hai almeno una sigaretta?- chiese cercando di
asciugarsi gli occhi con i palmi delle mani.
-Tieni..- rispose lui sfilandola dal pacchetto e
porgendogliela: non appena se la mise tra le labbra tirò fuori anche l’accendino,
azionandolo e avvicinandosi a lei per accenderle la stecca.
Lauren fece altri due passi superandolo, aspirando
nervosamente tanto che tossì come se non avesse mai fumato.
-Mi metto pure a fumare!- esclamò a se stessa, dopo un’altra
serie di imprecazioni –Ci manca pure che mi rovino la voce!- un ennesimo
singhiozzo e ritornò sui propri passi, poi, come accortasi di qualcosa che non
andava, alzò lo sguardo verso Kei.
-Dovresti andartene adesso!- sbottò spazientita.
Il russo la fissò sconcertato per una frazione di secondo,
trattenendo il poco cavalleresco istinto di tirarle addosso qualcosa: in quelle
settimane aveva capito che le dicerie su artisti impossibili non erano solo
leggende metropolitane e, in quel momento, non aveva voglia di sorbirsi una
scenata. Diede un ultimo tiro alla propria sigaretta prima di buttarla e
sorpassare la ragazza.
Quando le passò accanto un nuovo singhiozzo attirò la sua
attenzione, ma non gli avrebbe dato peso se non avesse sentito l’altra rivolgergli
nuovamente parola.
-Ma perché fai tutto quello che ti dico?-
Si voltò suo malgrado, guardandola braccia conserte e a
rischio crisi di nervi.
-Non mi sembra il caso di contraddirti- rispose facendo
spallucce e sperando di uscire da quella situazione il prima possibile.
-Perché?-
-Beh..- cercò una risposta convincente -..intanto sei il mio
capo-
Incredibilmente quelle parole le fecero scappare un
sorrisetto –Come?-
-Lavoro per te.. se ti ricordi- rispose iniziando a pensare
che lei non lo avesse riconosciuto.
-Certo che mi ricordo-
Lasciarono cadere il silenzio e a Kei sembrò il momento
giusto per defilarsi.
-Allora vado..- tentò, senza premurarsi che l’altra lo
stesse realmente ascoltando.
-Perché mi trattano bene solo quelli che pago?- piagnucolò
improvvisamente lei, sperando probabilmente in una risposta convincente che Kei
non aveva intenzione di darle: se ne sarebbe andato sul momento se, per
l’ennesima volta, lei non fosse scoppiata in lacrime attirando nuovamente la
sua attenzione. La vide appoggiarsi alla
ringhiera e prendersi la testa tra le mani, prima di lasciarsi scivolare per
terra e sedersi in modo scomposto.
-Vuoi che ti chiami qualcuno?- chiese il russo preso alla
sprovvista da quella scenata.
-No- riuscì a rispondere con voce alterata.
Colto da un ennesimo momento di masochismo Kei le si
riavvicinò.
-Sicura? Perché non mi sembra..-
-Non voglio vedere nessuno!-
Il ragazzo la fissò, con la testa affondata sulle gambe
strette al petto e la sigaretta che non aveva più toccato tra le dita: sospirò,
pensando che probabilmente sarebbe stato meglio andarsene subito, ma qualcosa
lo trattenne.
-Questa hai intenzione di fumarla?-
-No, ma che..- rispose Lauren sollevando leggermente il capo
giusto per vedere l’altro riprendersi la stecca e portarsela alla bocca
-..ecco, è persino più importante una sigaretta di.. cosa fai?- riprese,
lasciando perdere la sua autocommiserazione non appena vide Kei sedersi
affianco a lei.
-E’ un peccato sprecarla..- rispose semplicemente, beandosi
dei pochi secondi di silenzio e incertezza della cantante.
-Ce l’hai almeno un fazzoletto?- tentò tirando su col naso.
-No-
-Ovviamente.. sei uomo anche tu in fondo!- disse con
disprezzo –Com’è che tutti voi di quella stronza specie siete sempre così
inutili!-
Kei non riuscì a trattenere una risata, si stava già
sforzando da troppo tempo.
-Non c’è nulla da ridere!- lo rimproverò gelida –Non hai un
fazzoletto, ma scommetto che avrai un cellulare super tecnologico pronto a
scattarmi una foto da vendere a chissà che giornale..-
-Perché dovrei?-
-Perché faresti tanti soldi con me in questo stato!- constatò
indicandosi.
-Il mio cellulare non è per niente tecnologico-
-Cos’è non ti pago abbastanza?-
-No..-
-Allora il tuo piano è consolarmi per avere un aumento?-
-In verità non avevo intenzione di consolarti-
-E allora che stai qui a fare?-
-Mi sembrava ovvio..- rispose Kei mostrandole la sigaretta
quasi terminata.
-Sei inutile..-
-Grazie- disse perplesso per quel trattamento.
-Sai, potrei concedertelo un aumento se rispondi a una
domanda..-
-Sentiamo..-
-Perché voi uomini non concepite il concetto di monogamia!-
-Mh.. domande su delle relazioni..
non sono il mio forte..-
-Ma non è difficile..-
-Il tuo ragazzo ti ha tradita?-
-Non li leggi i giornali?-
-Se intendi giornali di gossip la risposta è no!-
-Che ci stai a fare in questo mondo se non li leggi?-
-Me lo stavo chiedendo anche io.. quindi ti ha tradita?-
Kei si pentì improvvisamente della sua estrema curiosità
poiché la crisi che ormai sembrava essere terminata riprese peggio di prima.
-Io dico..- Lauren prese a massaggiarsi le mani nervosa
quando sembrò accorgersi improvvisamente di qualcosa che non andava -quello
stronzo..- si tolse un anello che portava all’indice e lo lanciò davanti a sè -..pervertito..- la stessa sorte toccò a un altro anello
-..ha un debole per le aspiranti attrici lui.. gli avevo detto di smetterla..-
ci mise un po’ per togliersi una collanina che seguì la traiettoria aerea degli
altri gioielli -..me lo aveva promesso e lui che ha fatto? S’è fatto persino
fotografare! Tutto in prima pagina..- l’ennesimo anellino venne lanciato -..brutto..-
Lauren si bloccò di colpo sbarrando gli occhi nel fissare il
buio davanti a sé, prima di voltarsi allarmata verso un Kei allibito.
-Che c’è?-
-Era di mia madre!-
-Cosa?-
-L’anello..-
-Quale dei tanti?-
-L’ultimo.. oh cavolo, ora come faccio!- disse disperata
cercando di alzarsi –Tutto per colpa di quel figlio di puttana!-
-Ma se l’hai lanciato tu..- non riuscì a trattenersi Kei.
-Non lo avrei fatto se quello non mi avesse fatta
incazzare!- sbottò lei guardandolo furente –E tu aiutami!-
Il russo si alzò sospirando e le si avvicinò.
-Come era fatto?-
-Semplice e sottile, con una piccola pietra blu-
Fece finta di darsi da fare per cercarlo, più per non
incappare in altre urla isteriche che per reale interesse, cercando di capire
come avrebbe fatto a trovare quel piccolo anello su quella terrazza enorme e
buia.
-Sì il tuo cellulare fa proprio schifo!- disse lei,
constatando quanto il display facesse poca luce non appena lui lo tirò fuori.
-Sempre così gentile?-
Lauren non rispose continuando a setacciare il pavimento.
-Non sarebbe meglio aspettare domani con la luce?-
-E se qualcuno viene quassù lo trova e lo porta via?-
-Vieta l’accesso a chiunque.. i soldi ce li hai no?- le fece
notare con un udibile nota di derisione che, però, lei ignorò.
-Giusto!- esclamò lei fermandosi improvvisamente.
-Bene- disse Kei dirigendosi verso la porta.
-Dove vai?-
-Via-
-Perché?-
-Ho finito di fumare-
-Non potresti..- iniziò la ragazza incerta -..non potresti
farmi ancora un po’ compagnia?-
-Ma se è da mezz’ora che mi insulti- le fece notare inarcando
un sopracciglio.
-Scusa.. è che.. non so mai di chi posso fidarmi..- confessò
tornando a sedersi appoggiata alla ringhiera.
-E nel dubbio insulti le persone?-
-Di solito no.. mi hai beccato in un brutto momento!-
Lauren lo guardò ancora in piedi.
-Non sono uno di molta compagnia- tentò lui.
-Solo qualche minuto-
Kei pensò alle sue possibilità e, sempre più masochista, si
lasciò convincere dallo sguardo triste della ragazza e le si risedette accanto
in silenzio.
-Ti offendi se ti dico che non mi ricordo come ti chiami?-
-Kei- rispose il ragazzo per niente interessato a quella
dimenticanza.
-Giusto.. eppure Jermaine mi parla in continuazione di te!-
Quella rivelazione non lo stupì, ma lo infastidì un poco: la
fissazione di quell’uomo stava arrivando a livelli esagerati.
-Non vuoi sapere che dice?-
-No-
-Non sei nemmeno un po’ curioso?-
-Non mi piace parlare di me e nemmeno sentire quello che si
dice su di me-
-A chi lo dici..-
-Mi sa che hai sbagliato lavoro allora- le fece notare
indifferente.
-A volte lo penso.. ma è il prezzo che devo pagare per
vivere questa vita!- rispose finalmente calma.
-Pochi minuti fa non lo stavi accettando così pacificamente-
-Austin vive la mia stessa situazione.. eppure non si è
fatto problemi a sbandierare la sua infedeltà.. almeno non lo fossero venuti a
sapere tutti che stupida che sono stata!-
-Pensavo fossi arrabbiata per il fatto che ti avesse
tradita-
-Per quello sono solo delusa.. gli ho dato tante possibilità
e lui le ha sprecate tutte..- ragionò ad alta voce riprendendo un flusso di
pensieri che probabilmente aveva accantonato -..forse è stato meglio così
però.. almeno ora ho la scusa definitiva per rompere-
-Quindi lo aveva già fatto altre volte?-
-Sì-
-Avresti dovuto mollarlo subito allora-
-Mi stai dicendo che sono stata una stupida-
-Te lo sei detta tu stessa-
-Ok te lo concedo..-
Rimasero in silenzio qualche secondo prima che Lauren
riprendesse parola.
-Ehi.. non è che mi stai registrando e venderai l’esclusiva
alla stampa vero?-
-Ma che sei fissata?-
-Ho ragione di esserlo..-
-E’ già tanto che so chi sia il tuo ragazzo..-
-Ex-
-Ma se non ti fidi perché vai a raccontare i fatti tuoi al
primo che incontri sul tetto di un hotel?-
-Giusto.. continuo a fare errori visto? E’ che io do la mia
fiducia, ma vengo sempre ingannata.. immagino che per quelli come te invece sia
più semplice trovare qualcuno di cui fidarsi-
-Di nuovo argomento sbagliato-
-Perché?-
-Ricordi? Non si parla di me-
-Inizio a pensare sul serio che tu sia un reporter in
incognito-
Kei sbuffò distogliendo lo sguardo dalla ragazza di fianco a
sé.
-Sai, io sono entrata nel mondo dello spettacolo a
quattordici anni, sono sempre stata al centro dell’attenzione, ho avuto tante
cose, ma non si può dire che abbia mai avuto tanti amici..-
Il russo rimase in silenzio, chiudendo le palpebre e
ascoltando la voce sommessa dell’altra.
-..forse l’unica persona che mi sia stata davvero vicina è
mia madre.. tutti gli altri solo un susseguirsi di tradimenti e sfruttamento
per arrivare da qualche parte..- di nuovo si interruppe prima di intraprendere
un botta e risposta tra sé -..no davvero, ora che ci penso, non ho nemmeno un
amico degno di chiamarsi tale.. i fans non valgono vero? Direi di no.. forse
Jermaine poverino..-
-Di nuovo..- la interruppe Kei riaprendo improvvisamente gli
occhi -..hai appena raccontato tutta la tua vita a un perfetto sconosciuto..
non credi di essere tu il problema?-
-Ehi.. dovresti consolarmi, non farmi stare peggio!- lo
riprese offesa.
-Io non volevo nemmeno parlare con te-
-Non ti stai guadagnando proprio niente così!- aggiunse
incrociando le braccia al petto.
-Non c’è già abbastanza gente che esaudisce i tuoi desideri
o ti elogia per avere qualcosa in cambio? L’hai detto tu stessa..-
-Fregata.. non sei molto simpatico..- iniziò semplicemente
-..però almeno mi hai fatto dimenticare quello stronzo per un po’!-
-Quindi ora me ne posso andare?-
-Non farmelo pesare!-
Kei attese in silenzio una qualsiasi altra frase, ma, dato
che questa non arrivò, decise di alzarsi ed andarsene.
-Vabbè.. ciao!- prese a camminare e, una volta arrivato alla
porta, continuò -..ricordati l’anello.. e le scarpe-
Sapeva di essere considerato una persecuzione, ma la cosa
non lo disturbava affatto. In verità era abituato a essere elogiato per il suo
continuo sorriso e la sua effervescente positività, nessuno aveva mai voltato
le spalle al suo modo genuino di approcciarsi al suo lavoro, alle persone e
alle situazioni. Ovviamente doveva arrivare il momento in cui avrebbe
incontrato l’eccezione.
Jermaine aveva per l’ennesima volta coinvolto Kei in una
delle sue iniziative senza dargli troppo preavviso e, come ormai era l’abitudine,
aveva dovuto dare fondo a tutta la sua riserva di pazienza per non demordere e
convincerlo.
-Sei pronto?- gli aveva chiesto a metà mattinata dopo aver
bussato insistentemente alla sua porta.
-Sì, arrivo- lo zittì Kei prendendo la borsa e seguendo il
coreografo fino alla hall nella quale Monique li
stava aspettando.
-Perché viene anche lui?-
-Bella domanda..- le diede man forte il russo.
-L’ho già spiegato a tutti e due! Non vi voglio più
sentire!- li zittì il coreografo intimandoli a seguirlo nel taxi che li stava
aspettando fuori dall’edificio.
Come capitava spesso, aveva fissato una serie di stage nelle
città che toccavano con il tour, dando la possibilità ai ballerini del luogo di
studiare con lui: una delle cose che più gli piacevano del suo lavoro era
proprio la continua messa in discussione di se stessi e l’importanza dello
scambio di informazioni. Si imparavano sempre nuove cose, da chiunque, anche da
i più piccoli.
Seduto nel taxi, si sporse a osservare la persona che in
quel periodo lo aveva colpito di più: Kei se ne stava in silenzio ad osservare
il paesaggio scorrere dal finestrino con quella sua solita aria disinteressata.
Che si fosse letteralmente fissato doveva ammetterlo, glielo avevano fatto notare
in molti, prima tra tutti Monique che gli aveva fatto
notare quanto il suo comportamento fosse scorretto nei confronti degli altri
ballerini. Jermaine sospettava che fosse semplicemente gelosa del trattamento
di favore che, a dirla tutta, concedeva al ragazzo e che prima era riservato
solo a lei, unica, in quanto sua assistente, che solitamente lo poteva seguire
in queste lezioni extra.
Il problema era che non riusciva proprio ad essere
indifferente al russo: inizialmente lo
aveva avvicinato perché interessato al suo modo di ballare, esclusivamente per
una questione lavorativa, ma successivamente si era trovato incuriosito da quel
ragazzo in continua lotta con chissà che fantasmi. Voleva comprendere da dove
derivasse quel fascino che colpiva tutte le persone attorno a lui e, al
contrario, perché lui fosse chiuso in quel suo guscio protettivo.
Ovviamente tutte le sue riflessioni, poi, ricadevano sulla
danza, perché la vedeva, quella corazza, sgretolarsi passo dopo passo e poi
issarsi nuovamente robusta e invalicabile. Si era ripromesso di capire qualcosa
in quella personalità confusa e aveva intenzione di utilizzare la medicina che
conosceva meglio.
Jermaine aveva messo, da quando l’aveva scoperta, la danza
davanti a tutto e non poteva fare a meno di voler condividere quella sua
visione a chi, secondo lui, ne avesse bisogno.
Arrivarono nel cuore di Berlino in una ventina di minuti e
il taxi li lasciò davanti alla palestra in perfetto orario: entrarono nell’edificio
e il coreografo si fece avanti salutando il proprietario, suo vecchio
conoscente.
-Venite pure per di qua!-
Iniziarono a conversare di molte cose per far passare il
tempo: Monique si unì di buon grado alla
chiacchierata ordinando al bar della palestra qualcosa da bere, mentre Kei si
era seduto su una poltroncina ad attendere inespressivo la mossa successiva.
-La prima è dei più piccoli giusto?- si informò l’uomo.
-Esatto.. ma tutti hanno più o meno già fatto qualcosa..
sarà una classe bella numerosa!-
-Bene bene!-
-Accomodatevi pure in sala.. tra cinque minuti faccio
entrare tutti!-
I tre si diressero verso la stanza indicata e si
posizionarono di fianco allo stereo.
-Per questa lezione facciamo la coreografia di venerdì
scorso- li informò entusiasta collegando l’i-pod e
cercando la traccia –E tu svagati un po’!- disse poi rivolto a Kei che lo
fulminò con lo sguardo.
Jermaine si chiese come riuscisse sempre a evitare di
rispondere, quando la sala si riempì e in pochi minuti dette inizio allo stage:
non c’era nulla di più semplice, lo faceva ormai da anni ed era, anzi, un’occasione
per divertirsi. Quel giorno, però, avrebbe dovuto concentrarsi su come attuare
in suo piano: doveva far maturare Kei, portarlo a un altro livello e
soprattutto sfondare la resistenza del ragazzo.
-Dove ca..- si fermò osservando i
volti dei ragazzini intorno a lui -..volo stai andando?-
Afferrò il russo, che già si stava dirigendo verso il fondo,
per un braccio e lo esortò a mettersi in prima fila alla sua sinistra, alla
stessa altezza di Monique.
Riscaldamento e poi subito a insegnare i primi passi
lasciando i minuti scorrere velocemente a ritmo di conteggi e musica.
-Ora prendetevi un po’ di tempo per ripassare per conto
vostro.. se avete dei dubbi chiedete pure!- battè le
mani per esortarli a fare come diceva, per poi appoggiarsi allo specchio per
osservare la situazione della classe; rispose a una domanda di un allievo,
assistette Monique per un passaggio complicato e poi
sbirciò verso Kei. Come aveva sospettato non era un caso che le ragazzine più
grandi si fossero messe dietro di lui, ma soprattutto si soffermò a studiare le
reazioni del suo prediletto: lo vide subito corrucciato e confuso, per poi
riacquisire il controllo e rispondere alle domande.
La mezz’ora finale trascorse in fretta e, dopo aver scattato
le foto con chi la richiedeva, si risedettero tutti e tre a riposarsi.
-Divertente vero?-
-Mh- rispose il russo facendo
spallucce.
-Ormai ho capito che questa deve essere la tua alternativa
al ‘sì’!-
-Ma l’hai visto il mini Will Smith?- li interruppe Monique, colmando la solita pausa lasciata dal ragazzo.
-E’ vero gli assomigliava!- concordò Jermaine iniziando a
commentare la bravura del bambino in questione –Dove vai?- chiese
improvvisamente vedendo Kei alzarsi.
-A fumare una sigaretta-
-Resisti! E smetti di fumare!- ribatté: ormai aveva preso l’abitudine
di invitarlo a finirla con le sigarette ogni occasione venisse fuori il
discorso. Infatti il ragazzo lo ignorò per l’ennesima volta e uscì sentendo a
malapena l’ultimo avvertimento dell’uomo –E fai presto che tra qualche minuto
iniziamo!-
-Smettila di fare la chioccia che mi dai sui nervi! E’
maggiorenne e vaccinato!- lo rimproverò Monique.
-Non c’entra! Bisogna insegnare la retta via.. e poi ha solo
diciott’anni-
-Smettila di trovare scuse!- lo schernì lei scoppiando a
ridere –Ho il tempo di andare in bagno?-
-Certo!-
Jermaine rimase da solo e osservò la stanza ripopolarsi,
questa volta di ragazzi più grandi e adulti; Monique
tornò giusto in tempo per iniziare, mentre di Kei non vi era neanche l’ombra.
Partì comunque col riscaldamento, immaginando che il ragazzo avesse raddoppiato
il numero di sigarette: la sua assistente aveva ragione, era troppo protettivo,
ma non ne riusciva a fare a meno, poiché vedeva in quel ragazzo il bisogno di
aggrapparsi a qualcuno o qualcosa.
-Mmm.. ho appena deciso di
cambiare coreografia!- esordì di punto in bianco mentre scorreva la lista delle
tracce nel suo lettore.
-Cosa?- una serie di risolini accompagnarono la voce di Monique che non sapeva mai cosa aspettarsi dal suo capo.
Jermaine rise per poi continuare –Questa la sperimento con
voi per la prima volta.. no, Moni, non la sai, mi
dispiace! Su, divertiamoci!-
Una serie di battute scaldarono il clima della sala e tutti
i presenti iniziarono a seguire i movimenti del coreografo cercando di
imprimerli nella testa.
Solo dopo una manciata di minuti, l’uomo vide con la coda
dell’occhio la porta aprirsi e Kei rifare la sua comparsa totalmente rilassato:
fece per richiamare la sua attenzione, ma uno dei ragazzi in prima fila lo
distrassero con una domanda, tanto che dovette lasciare il russo rintanarsi
come al suo solito sul fondo.
Lasciò correre ripensando agli ammonimenti di Monique e concentrandosi su quelli che avevano pagato per
ricevere i suoi insegnamenti.
-Dai che ci siamo quasi!- li incitò mostrando gli ultimi
passi e notando con piacere quanto la classe fosse avanzata e avesse imparato
in poco tempo nonostante la difficoltà –Ora lo mettiamo in musica.. attenzione
che è leggermente più veloce!-
-Leggermente?- chiese qualcuno.
-Beh, diciamo molto in effetti!-
Adattare la sequenza alla canzone risultò più arduo, ma,
dopo aver dimostrato la velocità corretta, Jermaine mise la traccia a ripetizione
in modo da non far smettere di provare ai suoi allievi.
Dopo un’ora dall’inizio, prese a osservare e correggere la
coreografia finita che all’incirca tutti aveva ormai imparato: appoggiò la
schiena allo specchio e cercò Kei con lo sguardo. Come al solito poteva vedere
quella trasformazione che lo compiaceva e irritava allo stesso tempo, poiché lo
mandava in bestia il vederlo così in pace in determinati momenti e talmente
indifferente in altri. Tentò di attirare la sua attenzione, ma il ragazzo
rimase al suo posto.
-Ok, gruppi!- urlò sopra la musica Jermaine dopo un po’.
Prima li divise in due parti, permettendo così a tutti di
avere più spazio, poi li fece sedere e li chiamò a gruppi più o meno numerosi a
seconda di quanto avessero imparato la coreografia, da quello che aveva potuto
vedere.
Mise Monique insieme ad alcuni di
quelli che erano più indietro e lo stesso fece con Kei, che comunque se ne
restava in disparte: il coreografo tentò ancora di chiamarlo, ma il ragazzo
sembrava intenzionato a ignorarlo.
Ripeterono ancora diverse volte divisi in tranche più
grandi, quando, visibilmente spazientito Jermaine alzò la voce.
-Kei, dove cazzo sei?- alcuni ragazzi si guardarono intorno
confusi –Vieni qui!-
Finalmente il russo emerse dal fondo e il coreografo si
scusò per la parolaccia tra le risatine.
-Tu e Monique.. forza!- esclamò
con tono insofferente.
Fece partire la musica osservando i due suoi ballerini
mettersi al centro della sala: li osservò guardarsi a vicenda nello specchio
senza però scambiare una parola, prima di iniziare.
Jermaine maledisse mentalmente il ragazzo per quel
comportamento, lo faceva dannare in continuazione, quando gli bastavano
cinquanta secondi di coreografia per stupire la gente intorno a lui.
Terminarono accolti dagli applausi e fecero per sedersi.
-Fermi lì!- frugò nella borsa ed estrasse il cellulare, per
dirigersi verso uno dei ragazzi seduti più al centro –Puoi registrare?-
-Certamente!-
Vide lo sguardo perplesso di Kei dallo specchio, prima di
mettersi a sorridere: si posizionò pochi passi davanti ai due, invitandoli a
stringersi di più affianco a lui, e diede l’ok per far partire la musica.
-Domani lo metto su youtube!-
esclamò Jermaine entusiasta dopo aver mostrato il video a Blake.
-Perché è venuto anche lui?- chiese un Kei piuttosto
esasperato a un Chayton invece molto divertito.
Aveva dovuto sopportare il coreografo anche quel giorno
nonostante si supponesse fosse il suo giorno libero e l’idea di averlo intorno
anche la sera lo devastava: quando il suo compagno di stanza gli aveva proposto
di andare a bere qualcosa aveva accettato, allettato dall’idea di dedicarsi un po’
all’alcool, ma non aveva capito che ci sarebbe stato anche Jermaine.
Entrarono in un pub e iniziarono un gran numero di giri di
bevute: l’aspetto positivo era che, almeno su quello, l’uomo non aveva da
ridire come sul fumo.
-E poi dici a me di smettere con le sigarette..- non potè fare a meno di notare quando l’ennesimo boccale di
birra si posò di fronte all’uomo.
-Hai scoperto il mio punto debole!- confessò Jermaine –Però dovresti
smettere di..-
-E basta!- lo soccorse Chayton
ridendo e iniziando a chiacchierare.
-Quindi tu di dove saresti?- chiese dopo un po’ Blake.
-Russia..-
-Ma c’hai anche un po’ di giapponese giusto?-
-Sì-
-Non dirlo come se fosse una condanna..- rise Chayton per poi continuare -..qui siamo tutti dei miscugli!
Prendi me: padre indiano, madre mezza americana e mezza filippina..-
-Ecco perché sei così brutto!- lo prese in giro l’altro
beccandosi un insulto colorito.
-Sangue misto, migliori ballerini.. te lo dico io!- affermò
ammiccando e buttando giù un lungo sorso del suo cocktail, dopo aver passato
una mano tra i capelli scuri come per pavoneggiarsi.
-Che vorresti dire?- lo interruppe Blake.
-Uh.. sì è offeso perché lui è tutto americano!-
-Chi c’è più sangue misto degli americani?- si difese il
ragazzo.
-Su questo hai ragione!-
Continuarono a parlottare fino a che non proposero un altro
giro di bevute e attirarono l’attenzione della cameriera.
-Qualsiasi cosa dove ci sia della vodka.. tanta vodka- disse
Kei.
-Lasci fare a me?-
Il ragazzo annuì e aspettò che anche gli altri ordinassero.
-Che ci provi con la cameriera?-
-No-
-Ma a chi la dai a bere!- lo continuarono a prendere in
giro.
-Già che stiamo parlando di cose serie..- intervenne Chayton -..dì la verità, ti interessa qualcuna?-
-Di chi?-
-Del nostro affiatatissimo gruppo!- disse solenne il ragazzo
guardando Jermaine in tralice.
Kei ci pensò qualche secondo prima di rispondere –Può darsi-
-Uh uuh sentito il pivellino!-
esclamò Blake.
-Io penso anche di sapere chi sia..- ammiccò il moro
-..Carol giusto?-
-E’ vero! Siete sempre a fumarvi le vostre sigarettine!-
-A proposito..- riemerse Jermaine dal bicchiere che la
cameriera gli aveva appena portato -..smetti di fumare!-
-Indovinato?- lo ignorò Chayton,
osservando Kei annuire.
-Se la da a te e non a me, mi offendo!- disse Blake
puntandogli l’indice contro.
-Perché ci hai provato?-
-Sì, in un’altra occasione.. ma non c’è stata!- raccontò
abbattuto.
-Magari le piacciono quelli più piccoli..- insinuò il moro.
-Allora io sono a posto-
-Eheh.. sai che si dice sulle
rosse?-
-Guarda che lei è tinta!- gli fece notare Jermaine.
-Da così tanto tempo che ormai lo è dentro al cuore e dentro
all’anima-
-Chay, smettila di sparare
stronzate!-
L’altro ballerino gli lanciò alcuni arachidi della ciotolina
che stava sul tavolo.
-Secondo me basta che le sbatti quei cazzo di occhi che ti
ritrovi ed è fatta!- appuntò Jermaine fermando la lotta degli altri due.
-Vuoi dire che si spaventa?- chiese Kei scontento della
piega che aveva preso il discorso.
-Piuttosto cade ai tuoi piedi! Pensa che credevo fossero
lenti a contatto!- si reinserì Chayton.
-Non lo sono?-
-Svegliati Blake!-
-E io che ne sapevo.. quindi come me li spieghi?-
-Mica è l’unico al mondo con gli occhi viola..- lo rimbeccò
il moro.
-Ma rossi sì.. o sbaglio?-
-Non lo so- ammise Kei.
-Vabbè..- riprese il controllo il suo compagno di stanza -..comunque
io scommetto su di te! Sei un figo!-
-E balli.. non scordiamocelo..- si inserì Jermaine.
-Ancora con questa teoria?-
-Ma sul serio.. ascoltate la voce dell’esperienza! Da
coreografo poi le cose vanno ancora meglio!-
-Non ti facevo uno che assumeva in cambio di una scopata..-
-Ma non in quel senso.. semplicemente è un ruolo che
affascina le donzelle!-
-Come minimo lui con Carol ci è stato..- sussurrò Blake.
-Purtroppo non ho avuto il piacere!-
-In compenso s’è preso Monique-
-Quella è un’altra storia!- minimizzò l’uomo sventolando una
mano.
-Ah sì?- chiese curioso Kei, che aveva diverse volte
sospettato una cosa del genere.
-Una relazione.. poca roba, quattro mesi..-
-Poi è scappata!- lo derise Chayton.
-Ehi sono sempre il tuo capo!-
-Perchè te lo ricordi solo quando
ti fa comodo?-
-Sei sempre il solito.. due settimane senza farti sentire!-
le urla di Takao gli arrivarono dritte all’orecchio, pronte a trapanargli i
timpani –E’ possibile che ogni volta che vai da qualche parte ti dimentichi di
tutto il resto?-
Come dargli torto: ogni volta che lo chiamavano, perché erano
sempre gli altri a telefonargli, era come cadere dalle nuvole e ricordarsi di
qualcosa che si era scordato da tempo. Quella vita al dojo gli sembrava lontana
anni luce e si era riscoperto incapace di ritornare col pensiero a routine
ormai scomparse. Fattore che certamente non lo aiutava era la poca attenzione
che prestava al cellulare: lo guardava una volta al giorno se andava bene e
spesso e volentieri lo lasciava spento o buttato alla rinfusa nella borsa.
Ascoltò ancora qualche minuto le lamentele di Takao, rispose
alle sue domande, suggerite in sottofondo dalla voce pacata di Nonno J, e poi
riattaccò come sempre provato dalle frasi infinite del giapponese. Se ci
rifletteva qualche istante di più poteva sentire dentro di sé un qualcosa di
molto simile alla nostalgia, ma non aveva tempo di rendersene conto che già
cambiava rotta alle sue elucubrazioni mentali.
Affondò nella poltrona della hall dell’hotel godendosi
quegli attimi di pace: era una delle giornate libere e Jermaine era andato in
un luogo di cui non voleva sapere nulla, se non per accertarsi fosse lontano da
lui. Era insofferente verso i comportamenti di quell’uomo anche se aveva
iniziato a farci l’abitudine.
Soprattutto Chayton gli aveva
fatto notare quanto fosse fortunato ad avere qualcuno a guidarlo in quel nuovo
mondo, cosa non da tutti, e aveva cercato di vederla anche lui così
positivamente.
Era trascorsa una settimana dalla serata nel pub tedesco e
ripensò ai discorsi fatti coi ragazzi: avrebbe a breve preso in considerazione
l’idea di provarci con Carol, una bella ragazza, disponibile e simpatica, ciò
che gli serviva da un po’ di tempo a quella parte.
-Hai visto Senia?-
Una voce odiata lo risvegliò dai suoi dolci pensieri e, riluttante, alzò lo sguardo verso la ragazza mora
davanti a lui.
-E’ uscita con gli altri-
-E dove sono andati?-
-Dicevano qualcosa sullo shopping..- riferì ciò che aveva
carpito da una conversazione.
-Ci metteranno una vita allora..- ragionò tra sé Nene –Quindi
non c’è nessun altro?-
-No-
La ragazza sbuffò, sedendosi altera su un’altra poltroncina
di fronte a Kei.
-Sai domani a che ora è l’aereo?-
-Alle 8- rispose perplesso.
-Quindi alzataccia..-
-Com’è che ti degni di parlarmi?- chiese il russo curioso da
quel cambiamento: la loro massima interazione era stata quella volta alle prove
generali di settembre.
-E’ che mi annoio- rispose tronfia guardandolo negli occhi e
accavallando le gambe.
-E ti abbassi a relazionarti con me?- la stuzzicò, annoiato
quanto lei.
-A quanto pare!-
Rimasero a fissarsi e sfidarsi per diverso tempo, lei col
mento alto e atteggiamento da superiore, lui incuriosito dalla piega di quella
fattispecie di conversazione.
-Vieni a letto con me- disse lui improvvisamente, senza
ragionarci sul serio, staccando il busto dallo schienale.
-Ora?-
-E’ un modo per passare il tempo-
-Potrei prenderlo in considerazione-
-Sei proprio disperata, eh?- appuntò con un sorrisetto.
-Figo lo sei almeno.. magari sotto le lenzuola sei meglio
che a ballare!- sbottò acida, ma anche divertita.
-La considerazione che hai di me mi stravolge- rispose
ironico, riappoggiando la schiena alla poltrona.
-Cosa me lo chiedi a fare se poi ti tiri indietro?-
-Io non mi sto tirando indietro-
-Allora avrei giusto un po’ di tempo libero-
Si alzarono lentamente, incamminandosi verso gli ascensori:
rimasero impassibili e austeri per tutto il tragitto, come se la conversazione
appena avuta avesse riguardato il tempo o il menù della colazione. Solo quando
varcarono la stessa porta della camera della ragazza, Nene si voltò a
fronteggiarlo, i tacchi ad aiutarla ad arrivare alla sua altezza, una mano a
tirargli la maglia e i respiri fusi per la vicinanza dei loro volti.
-Se lo dici a qualcuno, sei morto!-
Bu! Eccomi qui.. mi sa che questo capitolo era
un po’ incasinato O_o un po’ un miscuglio di tanta
roba, ma spero che si sia capito tutto!
Comunque.. come avete
visto abbiamo avuto il punto di vista di Jermaine che lo annovera ufficialmente
come un personaggio principale e importante, abbiamo sentito parlare Lauren,
assistito a una chiacchierata tra uomini e Kei è tornato a flirtare come non
faceva da diverso tempo u.u lo stavamo dando per
malato!
Vabbè.. direi che non
ho altro da dire anche perché non so in quanti siete rimasti ad ascoltarmi XD
Alla prossima
settimana.. grazie a tutti!
Un bacione :)