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Autore: aki_penn    31/10/2011    8 recensioni
Mentre il condominio Chupa Cabras si prepara ad affrontare l'estate più calda degli ultimi quindici anni, i suoi inquilini più giovani dovranno imparare a sopravvivere a loro stessi. Tra portinaie pettegole, padri apprensivi, furti di ventilatori e agognate quanto temute prime volte, l'estate di Soul Eater.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Liz Thompson, Patty Thompson, Tsubaki | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Trentotto scalini'
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Trentotto scalini

Undici

La diatriba della lavanda

 

Elka ebbe la conferma che Stein e Medusa non si erano uccisi a vicenda solo la mattina dopo, quando si ritrovò il professore seduto al tavolo della colazione che trangugiava un toast col formaggio.

“Buongiorno Elka” disse tranquillo addentando il suo cibo. La ragazza annuì con l’aria di chi ha visto un fantasma, poi corse alla finestra a fermare il signor Free che era già in contatto con i pompieri.

“Sì, le dico. Ci sono due morti al Chupa Cabras. No, non è uno strip club, è un rispettabilissimo condominio” poi intercettò Elka che faceva segni strani dalla finestra cercando di dirgli qualche cosa “Sì, mi dicono morti decapitati…no, li ha mangiati uno gnu ballerino, no, non ha senso, forse ho capito male…non ballerino…un’orda di zombie…no guardi, falso allarme. Sarà per la prossima volta. Buona giornata!”

 

§

 

Quella stessa mattina, Soul se ne stava, con aria stanca, seduto dentro la doccia e si faceva scrosciare l’acqua gelida addosso.

Aveva baciato Maka, l’aveva baciata sul serio, anche se era ubriaca. Forse se Liz non l’avesse fatta bere non ci sarebbe riuscito così facilmente, ma era più che mai sicuro che lo voleva anche lei. Sospirò.

Tutto ciò non li aveva impedito di stare tutta a la notte sveglio come un cretino, a pensare come sarebbe stato bello avere la mano di Maka nei pantaloni. Quindi, in un certo senso, stava peggio di prima.

La sera prima si erano baciati per così tanto tempo che alla fine aveva male alla mandibola e quando erano tornati  a casa Maka non stava ancora dritta. Si erano baciati appoggiati alla porta di casa sua e se fosse uscito Spirit sarebbe stato un gran casino. L’idea lo fece sorridere.

Sospirò e appoggiò la testa alle piastrelle. La voleva baciare di nuovo.

“Soul, hai fatto? Sei lì da un’ora!” chiese sua madre da fuori. Il ragazzo fece una smorfia “Ho quasi finito, ho un gran caldo” e in effetti era vero.

 

§

 

Liz risistemò le pentole, con le quali aveva preparato la colazione, dentro al mobile. Kid, insospettabilmente occhialuto, studiava con aria grave una pila di scartoffie.

“Abbiamo un problema, Liz” fece con aria contrita. La ragazza si voltò a guardarlo perplessa.

Kid fece un lungo respiro e poi disse “Non abbiamo più un soldo”

Liz increspò le labbra “Mi stai chiedendo di vendere la mia collezione di smalti? Scordatelo! Vendi i tuoi joystick piuttosto, cosa ce ne facciamo di otto?” sbottò.

“Otto è il numero perfetto! Io non vendo niente!” ribatté Kid con enfasi, rischiando di farsi cadere gli occhiali dal naso, poi stringendo i pugni continuò “Non dicevo che dobbiamo vendere qualche cosa per forza, ma dobbiamo trovare una soluzione. Avevo già pensato di trovarmi un lavoretto estivo, tu come vai col tuo lavoro?”

Liz alzò le spalle “Il solito part-time… non c’è niente da fare Kid, dobbiamo tagliare delle spese”

Kid la guardò con aria sofferente, ma poi la sua espressione si fece più decisa quando propose “Tagliamo sul cibo”.

Liz lo guardò come si guarda un pazzo, poi rispose illuminata da qualche cosa “Mi sembra una buona idea. Non vedo perché lo debbano fare le portinaie e non noi!”

Si diedero la mano come due colleghi in affari e Kid aggiunse “Potremmo anche vendere tutte quelle dannate sculture di Patty, le giraffe sono gli animali meno simmetrici sulla faccia della terra!”

Liz annuì senza lasciare la mano del ragazzo “Mi sembra un’ottima idea, occupano un sacco di spazio, potremmo farci una bancarella alla fiera. Sgombera la tavola quando hai finito con quella roba, non voglio che Patty si preoccupi” e si dileguò soddisfatta.

Era difficile che Patty si preoccupasse di qualche cosa, ma questo non impediva a Liz di essere comunque premurosa. 

 

§

 

Maka teneva la mandibola stretta e le gambe rigide, mentre assicurava i calzini bagnati di suo padre sul filo da stendere, con le mollette per il bucato.

Quella mattina c’era una marea di roba da mettere al sole perché si asciugasse e lei aveva la testa da un’altra parte: sugli scogli sopra la spiaggetta.

Sospirò ad occhi chiusi, aveva baciato Soul, aveva baciato Soul e non aveva idea di che cosa fare.

Era palese che volesse farlo già da tempo, ma il fatto che fosse successo davvero la mandava in crisi, cosa doveva fare a quel punto? Che intenzioni aveva lui? Forse era stata davvero una parentesi di una mezz’ora, lei era ubriaca e aveva fatto una scenata. Si vergognava da morire. Si vergognava da morire a ripensare alla lingua di Soul nella sua bocca e sul suo collo. Deglutì attaccandosi al filo con la mano e fissando l’erba senza vederla, non si accorse nemmeno di Tsubaki che le si avvicinava furtiva.

“Maka?” chiamò piano intuendo che non andava tutto liscio. La ragazza sobbalzò presa alla sprovvista.

“Oh, Tsubaki!” esclamò, mentre poco lontano suo padre e il signor amministratore Lord Shinigami giocavano a volano.

“Hai un’espressione un po’ persa” cominciò, poi si avvicinò e continuò abbassando la voce con aria cospiratoria “ieri sera sei scappata dietro a Soul e non ti sei più fatta vedere”

Maka diventò di colpo color pomodoro maturo “Mi sa che ho fatto una figuraccia” piagnucolò stirando le labbra in una smorfia che mostrava i denti bianchi.

Tsubaki rimase ferma a guardarla senza dire niente sapendo che l’amica avrebbe proseguito e detto qualche cosa di più utile alla conversazione.

Maka sospirò “Ho parlato a vanvera ho tirato fuori la storia di Jacqueline e ho davvero fatto la stupida poi ci siamo baciati in un modo che quasi mi vergogno e poi gli ho detto che non doveva approfittarsi di me perché ero ubriaca e poi ho cercato di picchiarlo e poi ci siamo baciati di nuovo e mi ha toccato il sedere e io gliel’ho lasciato fare e siamo arrivati a casa e ci siamo baciati davanti alla porta e se usciva mio padre era un casino e poi non so cosa pensa lui adesso e non so nemmeno cosa voglio io” Raccontò tutto senza respirare e quando finalmente concluse, guardandola negli occhi, Tsubaki si stupì che non fosse morta per asfissia e quasi, la notizia che aveva baciato Soul, era passata inosservata.

“Vi siete baciati quindi?” ricapitolò un po’ stordita.

“Sì” ammise Maka con l’aria di chi non è felice per niente.

“È una buona cosa…dovrebbe esserlo…no? Se vi siete baciati è perché volevi baciarlo, no?” fece Tsubaki come se stesse dicendo una cosa ovvia.

“Credo di sì” gemette Maka aggrappandosi al filo da stendere con entrambe le mani “Ma sono in ansia lo stesso. Credo di essermi davvero resa ridicola, e non lo avrei fatto se Liz non avesse insistito tanto per farmi bere la birra. E a me neanche piace la birra!” iniziò mesta per poi brontolare con più enfasi. Tsubaki fece uno dei suoi sorrisi dolci “Ma alla fine se non fosse stato per Liz non avresti baciato Soul, no? Se ti consola saperlo, io e Black*Star, dopo che tutti se ne sono andati, ci siamo diretti al toro meccanico, ci siamo saliti in due e l’abbiamo rotto. Cioè…Black*Star l’ha rotto, infatti adesso è nei casini perché deve dei soldi al proprietario. Questa credo che sia davvero una figura peggiore” concluse con una risatina. Maka era certa che in realtà non fosse così tranquilla come si mostrava, era decisamente il tipo di persona che avrebbe cercato di salvare Black*Star da sé stesso.

Fece di rimando un sorriso un po’ teso, era carino che Tsubaki cercasse di tirarle su il morale, ma non ci poteva fare nulla, le sue budella erano attorcigliate in un nodo difficile da sciogliere.

“Sono convinta che dovresti aspettare di incontrarlo oggi, senza starti ad arrovellare troppo” aggiunse. Maka annuì e sospirò, probabilmente aveva ragione, ma il dire è diverso dal fare.

“Comunque…” Tsubaki sembrava un po’ imbarazzata, si torceva le mani e guardava da un’altra parte “ero venuta a chiederti un favore…”

Maka sbatté le palpebre, non capiva che favore potesse imbarazzarla tanto.

“Sta sera…ecco…volevo rimanere a dormire da Black*Star, ma non posso dirlo ai miei. Volevo chiederti se…ecco…potevo dire loro che rimanevo a dormire da te per sta notte…a guardare un film e a fare due chiacchiere tra amiche” spiegò infine mordendosi le labbra agitata. L’amica la guardò perplessa per qualche secondo. Quella storia di Tsubaki che si era presa una cotta stratosferica per un matto proprio non le andava giù, adesso voleva anche dire ai propri genitori una bugia mettendo in mezzo lei. Quel Black*Star le faceva fare delle cose sbagliate, l’influenza che aveva su di lei era sbagliata. Non era per nulla contenta però sapeva benissimo che se lei le avesse chiesto una cosa del genere Tsubaki l’avrebbe fatta senza pensarci due volte, quindi disse “Certo, non preoccuparti”

“Grazie mille!” esclamò Tsubaki contenta che Maka non avesse trovato nulla da dire nonostante Black*Star non le piacesse troppo.

La guardò trottare fino in casa per andare a dire ai suoi che sarebbe rimasta a dormire da Maka. La ragazza sospirò di nuovo, in un attimo, non avendo più la minaccia di quell’idiota azzurro a cui pensare, era sprofondata di nuovo nei suoi pensieri e c’era ancora un mucchio di roba da stendere. Afferrò un paio di slip e li attaccò al filo con un’altra molletta.

“Cos’è quella roba?” chiesero alle sue spalle. Sobbalzò, conosceva quella voce, era la voce di chi non la faceva stare tranquilla neanche un attimo.

“Che roba?” chiese Maka con aria poco conciliante, subito sulla difensiva.

“Che razza di mutande sono?” chiese ancora divertito. La stava prendendo in giro? La stava prendendo in giro, il maledetto!

Se ne stava a distanza, come se avesse paura di avvicinarsi.

“Fatti gli affari tuoi!” sbottò lei, voltandogli le spalle. La preoccupazione e l’imbarazzo erano spariti, voleva solo tirargli un pugno, ma era troppo lontano e non aveva tempo per mettersi a rincorrerlo.

“Dai, non sono sexy per niente. Le ragazze dovrebbero avere mutande più carine” continuò con il suo solito sorrisetto strafottente, sedendosi su un vaso di pietra vuoto.

“Cosa ne sai tu di biancheria per ragazze, eh? E poi queste sono un’idea di mio padre per quando lavorava ancora per Lord Shinigami, per pubblicizzare lo studio di amministratori, ma ovviamente mettere il simbolo dello studio su delle mutande è una cosa da maniaci, quindi non le ha mai prese nessuno!” spiegò. Era così arrabbiata che nell’intento di attaccare l’ennesimo paio di slip al filo ruppe la molletta. Strinse i denti stizzita e tirò i resti della pinzetta al suo interlocutore “Guarda cosa mi hai fatto fare, superdeficiente!”

Soul la schivò per un pelo  “Che cacchio fai, stupida tappetta!” urlò lui.

“Tu che cacchio fai!? Cosa diavolo vuoi?” continuò lei. Il ragazzo sbuffò spostando un ciuffo fastidioso che gli era finito sugli occhi, con un soffio.

“Ah, lascia perdere! Comunque quelle mutande non sono per niente sexy e basta!” sbottò andandosene prima che Maka gli lanciasse una seconda molletta colpendolo in pieno.

Fu più o meno in quel momento che, abbandonata la  partita a volano, Spirit Albarn si lanciò nella mischia dicendo che quel maledetto teppista doveva smetterla di importunare la sua Makina, perché se no gli avrebbe strappato gli occhi a morsi.

 

§

 

L’appartamento dove Tsubaki abitava coi suoi genitori si trovava al quinto piano. Trentotto scalini per arrivarci. Di fronte alla porta di casa Evans.

Maka sospirò, non sapeva cosa pensare, era in ansia al sol pensiero di dover passare davanti a quella porta contro la quale si era addormentata tempo prima e dove abitava Soul. Era furiosa e triste allo stesso tempo, e se ne vergognava. Non valeva la pena di perdere tempo con un tipo simile, era davvero un idiota, si era approfittato di lei, lo avrebbe dovuto immaginare. Era un cretino, come suo padre, come tutti gli uomini. Strinse i denti e salì gli scalini che la separavano da casa Nakatsukasa, non si era nemmeno vestita per uscire, indossava una maglietta sbrindellata e troppo larga che tempo prima era appartenuta a Spirit, dei pantaloncini troppo corti per pensare di farli uscire di casa e le ciabatte, oltre ovviamente alla faccia della bugia, preparata apposta per l’occasione, per aiutare Tsubaki. Se fosse stata un’altra persona non avrebbe certo mentito così spudoratamente.

Contò i gradini, ogni tanto le piaceva farlo. Da piccola, mentre sua madre le insegnava a contare, lo faceva sempre. …quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, altri diciannove e sono trentotto, venti…

Nonostante guardasse per terra non le sfuggì un movimento nella parte alta della terza rampa. Alzò gli occhi per controllare, non sarebbe stato carino dare una testata in pancia al signor Mifune.

Ma del signor Mifune non ve ne era neanche l’ombra, in compenso si stagliava la figura chiara di Soul Eater Evans, anche lui vestito come di solito si sta in casa.

“Vado da Kid” disse tranquillo scendendo le scale nella sua direzione, mentre la ragazza rimaneva ferma sul primo gradino della rampa. Lo vide allungare la mano per appoggiarla sulla sua spalla e si scansò “Spostati, devo andare da Tsubaki” sbottò poco garbatamente, senza guardarlo negli occhi.

“Che cacchio hai mangiato per cena? Sei acida come un limone!” fece lui di rimando, altrettanto arrabbiato per la reazione della ragazza.

“Stupida idiota” brontolò tra sé, senza che Maka potesse sentirlo.

La ragazza arrivò in un lampo alla porta dell’amica e suonò il campanello sul quale stava scritto Nakatsukasa. Fece un respiro profondo e aspettò che le venissero ad aprire, non voleva che quel cretino di Soul le rovinasse una serata che già di per sé non era un granché.

“Maka, ciao” salutò Tsubaki aprendo la porta ed apprestandosi a uscire. “Fate le brave ragazze. E non fate arrabbiare Spirit!”  dissero dalla cucina pacatamente.

A volte Maka si trovava un po’ ad invidiare Tsubaki, i Nakatsukasa erano persone così sobrie e intelligenti, non come suo padre!

“Non si preoccupi, mio padre non ha problemi di nessun tipo, signora!” rispose Maka richiudendo la porta dietro all’amica. Tsubaki mimò un grazie che lei le lesse sulle labbra. Annuì e le sorrise.

Appena l’uscio si richiuse con uno schiocco entrambe esalarono un respiro di sollievo “Sono terrorizzata” ammise Tsubaki “non ho mai fatto una cosa del genere. Un conto è dire che vado alla festa d’estate con Liz e un conto è rimanere fuori tutta la notte…mi sento un po’ in colpa” spiegò mettendosi una mano sulla faccia, poi diede un’occhiata furtiva all’amica “E tu cos’hai?”

“Niente” mentì Maka abbacchiata. Tsubaki le diede una gomitata “Non è vero” ribatté l’amica. Maka sospirò e appoggiò la testa alla sua spalla “Soul è un cretino. Un maledetto cretino. E non mi va di parlarne” cominciò per poi finire rialzando la testa e guardarla con rinnovato entusiasmo. Appoggiò le mani sulle spalle dell’amica e annuì “Beh… divertiti? Passa una bella serata” si corresse. Divertiti le era sembrato brutto…le venivano in mente cose sbagliate.  

 

§

 

“Sei bollente” disse una voce divertita mentre qualche cosa di gelido si appoggiava alla sua guancia in fiamme.

Tsubaki riaprì gli occhi e sobbalzò, come se qualcuno l’avesse svegliata da una trance, senza il minimo riguardo. Batté le palpebre incerta. Black*Star divertito, seduto a piedi nudi sul divano, teneva in mano un bicchiere di tea freddo appannato dalla temperatura glaciale del liquido.

Lo scrutò con attenzione, aveva addosso una maglietta e dei pantaloni, perché fino a quel momento non se ne era accorta?

“Come fai a profumare sempre di lavanda?” domandò, prima di scolarsi il tea che aveva nel bicchiere, in modo molto poco elegante. Tsubaki deglutì “Il mio bagnoschiuma sa di lavanda” spiegò a bassa voce. Black*Star fece una smorfia “Ma il tuo nome significa camelia, no?” continuò lui come se questa storia della lavanda fosse un’offesa personale.

“La camelia non ha profumo” fece Tsubaki un po’ desolata, finendo per guardarsi i piedi nudi appoggiati al tavolinetto basso davanti al divano. Sospirò concludendo che i piedi non erano l’unica cosa nuda in quel momento, non aveva addosso più nemmeno un centimetro di stoffa, era sudata e probabilmente aveva la faccia color porpora. Strinse le gambe e incrociò le braccia sul seno. A quel punto non c’era più nulla da nascondere, ma non le andava lo stesso di starsene lì sdraiata placidamente.

“Secondo me è una stronzata. Dipende dalle camelie, ci sono anche quelle profumate. Chiedilo al giardiniere!” fece lui saputo, bevendo l’ultima goccia del suo bicchiere, prima di prenderla alla sprovvista, afferrarle il viso con una mano e baciarla con inaudita passione. Tsubaki sentì il sapore del tea freddo sulla lingua e il calore della mano di lui sulla guancia, ma nonostante questo finì per allontanarlo con una pressione gentile sul petto.

“Senti, devo andare. Mi sono…mi sono scordata di una cosa…” disse alzandosi in piedi in una posizione da Venere di Botticelli, molto imbarazzata. Corse a riprendersi i vestiti che erano caduti dal divano senza guardarlo in faccia, cercando di infilarseli al massimo della velocità.

Non si voltò ma sapeva benissimo che lui la stava guardando e la cosa la faceva morire di vergogna.

A quel punto si era alzato anche lui “Ma dopo torni, vero?” chiese per la prima volta un po’ perplesso, mettendosi davanti alla porta di casa sua. Tsubaki gli diede un bacio veloce sulle labbra, come se fosse un timbro, una cosa da dover fare per forza, e sgusciò via come un’anguilla.

“Magari domani” disse col labbro inferiore che le tremava. E in un attimo era scappata via nella notte.

A Maka venne un colpo quando il suo cellulare suonò, sul display c’era il nome di Tsubaki. Il fatto che le stesse chiedendo di farla entrare in casa perché non avrebbe più passato la notte da Black*Star era quanto meno losco.

La ragazza andò ad aprire, la abbigliamento era lo stesso che sfoggiava al suo incontro con Soul, su per le scale.

Tsubaki si infilò in casa Albarn come un tornado, attraversò la cucina di corsa e si chiuse in camera di Maka, chiudendo la porta per giunta. La padrona di casa era rimasta allibita, con ancora il pomello della porta d’ingresso in mano.

Alzò un sopracciglio e assunse un’espressione più che mai scocciata, cosa diamine stava combinando Tsubaki? Si avviò a passo di marcia verso la sua camera e aprì la porta con una gran botta.

L’amica se ne stava sdraiata sul suo letto in posizione fetale. Maka richiuse la porta con una botta altrettanto poderosa, poi chiese a voce un po’ alterata “Che diamine è successo?”

“Niente” pigolò Tsubaki in un sussurro a malapena udibile.

“Non mi prendere in giro! Cosa ti ha fatto quello là! Lo ammazzo io con un Maka-chop!” sbottò Maka saltando sul letto accanto all’amica, facendo cigolare le doghe.

Tsubaki scosse la testa “Non ha fatto nulla…però io mi vergogno…”

“Eh?”

“Ero nuda solo io, mi sa che …” cominciò, per poi soffocare tutto in un cuscino. Maka guardò il soffitto con un po’ d’impazienza misto odio, per Black*Star.

“Vuoi che chiami Liz?” domandò sapendo che quella era l’unica soluzione. Tsubaki scosse di nuovo la testa, nonostante questo Liz, dopo due minuti, era lì.

“Che diavolo hai?” chiese un po’ scorbutica appoggiandole una mano su un fianco.

“Niente” disse di nuovo Tsubaki, rimanendo nella sua posizione fetale.

L’amica le diede altre due pacche non troppo forti sul fianco “Su, su, parla! Ho lasciato la mia casa in balia di Kid, Patty e Soul, fa che sia stato per un giusto motivo” fece più comprensiva.

“Sono andata da Black*Star sta sera” cominciò Tsubaki, fermandosi dopo questa ammissione. Liz fece un sospiro “Questo lo so”

“Ero nuda solo io. Lui era tutto controllato e vestito che beveva il tea. Mi sono vergognata” gemette. Liz si mise una mano in faccia “Ma che cosa stai dicendo?” piagnucolò la stessa Liz, alla quale toccava avere a che fare con persone dalle turbe sempre più bizzarre.

“Quale sarebbe stato il problema se eri nuda solo tu? Vuol dire che ti sei divertita più di lui”

Tsubaki si rannicchiò ancora di più, se possibile “Non dirmi certe cose”

Liz emise un altro sospiro “Cosa devo fare con te?” poi si voltò verso Maka “Dille qualche cosa, su!”

“Ho chiamato te perché non sapevo cosa dirle!” esclamò Maka sulla difensiva.

“Beh, dille che anche secondo te non è così terribile che in ragazzo che ti piace ti faccia contenta!” sbottò Liz come se fosse una cosa ovvia. Maka boccheggio e Tsubaki, dal suo bozzolo, sussurrò “Maka si vergogna di aver baciato Soul”

Liz mise tutta la sua attenzione su Maka, e non era un’attenzione simpatica “Perché diamine ti ci metti anche tu? Che cavolo, anche se sono contenta che vi siate baciati mi fai arrabbiare da morire!” sbottò fulminandola.

“Beh…era un bacio osceno e poi mi ha toccato anche il sedere! Ed è un idiota!” ribatté Maka color peperone. Liz la guardò sottecchi “Non ho davvero nulla da dire dopo aver sentito la tua scioccante confessione” disse con un’aria tra in triste e il sarcastico.

 

§

 

“È incredibile come la gente accorra appena scopre che può avermi tutto per sé. Sono proprio un big!” esclamò Black*Star ciarliero, sdraiato a pancia in giù sul biliardo.

“Siamo accorsi perché abbiamo saputo che Tsubaki è tornata, di corsa, a casa di Maka” specificò Soul, seduto per terra poco composto.

“Che diavolo è successo?” chiese Kid intento a sistemare la cucina che, con tutto quel disordine, proprio non gli andava a genio.

“Niente, a un certo punto è andata via. Però l’ho vista nuda” si affrettò a dire tutto contento.

“Siamo sicuri che a lei andasse bene di essere vista nuda?” domandò Kid dalla sua postazione tra le pentole.

“Certo, guarda che sono bravo io, con le donne” fece Black*Star sornione, distribuendo occhiolini maliziosi ai presenti.

“Così bravo che è scappata, infatti” commentò Soul da sotto, senza che l’amico lo sentisse.

“Mica come te, che ti fai fraintendere. Siete spariti tu e Maka ieri sera” continuò Kid, tra le pentole, come volendo che Soul continuasse la sua frase. Il ragazzo sbuffò “Sì, ieri sera abbiamo chiarito, credo. Sì, abbiamo chiarito le cose in sospeso, ma poi sta mattina sono andato in giardino e c’era suo padre e non mi andava di avvicinarmi e boh…lei si è messa a fare l’offesa”

Kid alzò le sopracciglia tenendo il barattolo del curry stretto in mano “Sei sicuro che si sia offesa così per niente?”

“Certo!” rispose Soul con aria che non ammetteva repliche.

 

 

 

 

 

 

Aki_Penn parla a vanvera:

Tanto per non cambiare, anche questa volta sono preoccupatissima per quello che ho scritto. Ho cercato di sistemare la punteggiatura come meglio potevo, spero di esserci riuscita.

Passando al capitolo in sé per sé, come successo altre volte doveva essere più lungo ma, un po’ perché domani non potrei aggiornare, un po’ perché non voglio fare capitoli chilometrici (anche questo è di cinque pagine), alla fine è stato tagliato. Spero che comunque possa essere una lettura non troppo spiacevole. Il titolo è quello che ho scelto solo perché, da anni, volevo mettere la parola diatriba in un’intestazione, sono una mente semplice, io!

Grazie mille per essere arrivati fino a qui e buon Allouin! ^.^

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