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Autore: SunlitDays    31/10/2011    4 recensioni
Il proprietario della voce la guardava con un sorriso di scherno e uno sguardo interrogativo negli occhi, come se la strana, lì, fosse lei, come se fosse del tutto normale entrare in una gelateria con una scintillante armatura romana e un tridente alto due metri in una mano. [Sally/Poseidone]
Scritta per il contest "How Did They Meet?" indetto da nan96
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Poseidone, Sally Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo Secondo


Le domeniche erano senza ombra di dubbio i giorni peggiori. Oltre ai villeggianti di Montauk, arrivavano persone da tutta Long Island armati di ombrelloni, sedie a sdraio e borse frigo. Partivano la mattina presto con la speranza di non trovare traffico, ma, Sally pensava con un sorriso divertito, evidentemente lo pensavano tutti, perché non c’era modo di scansarti le lunghe ore di coda. Accaldati e nervosi, con bambini irrequieti e desiderosi di divertirsi, entravano nella gelateria “Creem’s Cream” col solo pensiero di comprare qualcosa di fresco.
La gente era così strana; cercavano momenti di relax nei modi e tempi più stressanti.
Sally aveva lavorato ininterrottamente tutto il giorno. Le facevamo male gambe e braccia e aveva i muscoli delle guance atrofizzate a furia di sorridere a tutti. Nonostante la sua mente fosse stata concentrata sulle innumerevoli ordinazioni, i suoi occhi non mancavano di scattare sulla porta d’ingresso ogni qualvolta la sentiva aprirsi. Ma nessuno strano uomo dall’antica armatura di guerra entrò. Si disse di esserne sollevata.
L’unico aspetto positivo era che, di domenica, lavorava anche Dominique.
Dominique Creem, nonché nipote del signor Creem, era la tipica sedicenne americana ribelle e viziata, che, con i suoi capelli biondi e la bocca perennemente imbronciata, riusciva ad ammaliare buona parte dei ragazzini brufolosi che popolavano la spiaggia di Montauk.
Quella mattina Dominique si presentò con l'immancabile sigaretta tra le dita e lo sguardo annoiato. Indossava una t-shirt con su scritto “Yeah, I’m Just That Awesome” e si era smaltata le unghie di nero. In realtà, dietro il suo aspetto da Non Avvicinarti O Potrei Morderti, Sally sapeva che si nascondeva una ragazza insicura e confusa.
Per il signor Creem, naturalmente, Dominique era solo una “nullafacente che dovrebbe imparare il valore dei soldi”. Per questo motivo, durante i turni della ragazza, non era Sally la vittima degli sbalzi d’umori del capo.
«Questo tu lo chiami pulire? No, dico, tu questo lo chiami pulire?» sbraitò il signor Creem verso sua nipote.
«Puliscitelo tu, questo cesso, se sei così bravo» ribadì Dominique, il tono di voce che suggeriva quanto la disgustasse pulire il bagno dai liquidi altrui.
Il signor Creem rispose con una serie scelta d'imprecazioni. Sally vide una donna coprire le orecchie del suo bambino con le mani e lanciare sguardi di disapprovazione verso l’angolo da dove provenivano le urla.
Dopo un altro paio di botta e risposta alquanto coloriti, Dominique entrò impettita nella sala e cominciò a servire i clienti col tono più scortese che riuscisse a utilizzare.
Sally sapeva che quando la collega era di cattivo umore era meglio fingere che non esistesse.
Si diresse verso i tavoli per pulirli dalle macchie di gelato sciolto, e lì, seduto comodamente con un grosso bicchiere di vetro pieno del gelato blu, c’era l’uomo strambo. Quel giorno indossava una camicia hawaiana e dei bermuda color kaki, e se non fosse stato per quei brillanti occhi verde mare e quel sorriso sghembo Sally non l’avrebbe riconosciuto.
«Ehilà, Sally» disse lui allegramente, come fossero due amici di vecchia data che s'incontrano per caso.
Sally avrebbe voluto dirgli molte cose, tipo come diavolo fai a conoscere il mio nome? e dove hai lasciato il costume da gladiatore? Quindi disse: «Non vendiamo gelati blu qui».
«Oh, sì, mi sono permesso di sedermi qui per gustarmi questo gelato di ambrosia. Spero non ti dispiaccia, ma i cibi umani sono un po’ troppo pesanti» replicò lui e leccò il suo cucchiaino con tutta la naturalezza possibile, come se avesse detto la cosa più sensata del mondo.
Sally restò qualche secondo in piedi con lo straccio in mano, senza sapere cosa dire, poi, sentendosi ridicola, fece per andarsene.
«Aspetta!» la fermò l’uomo — Poseidone, rammentò Sally — agitando il cucchiaino come per indicarle di avvicinarsi. «Perché non ti siedi? Mi farebbe piacere un po’ di compagnia».
«Io... non posso. Devo lavorare». Per qualche motivo, dire di no a quell’uomo le risultava particolarmente difficile.
Poseidone storse la bocca, piccole rughe si formarono agli angoli delle labbra e Sally dovette distogliere lo sguardo.
«Hei, Sally» gridò dall’altra parte del locale il signor Creem. «Prenditi una pausa, ragazza». Sally era talmente sorpresa che non fece nemmeno caso alla sedia vuota che si allontanò dal tavolo da sola.
«Adesso puoi sederti» disse Poseidone, indicando con la mano il posto vacante.
Sally si sedette perché che altro avrebbe potuto fare?
Si sentiva terribilmente conscia del suo aspetto: i capelli sudati raccolti in uno chignon nascosto dalla cuffietta, il grembiule da lavoro e la pezza umida tra le mani.
«Te ne offrirei un po’, ma non vorrei che il tuo corpo prendesse fuoco» disse Poseidone, con un’espressione apologetica in volto.
«Oh! No, certo, immagino sarebbe doloroso» replicò Sally.
Poseidone sembrò pensarci su. «Non so che sensazione si provi a bruciare, ma sì, penso che faccia male».
Sally cercò di ricordare come ci si comporta con i pazzi e l’unica cosa che le venne in mente fu che bisogna sempre assecondarli e non fare movimenti bruschi, per cui annuì con forza come per dire “questo discorso ha perfettamente senso”.
«Immagino tu ti stia chiedendo cosa io voglia da te» disse Poseidone dopo qualche minuto di silenzio.
«Ma no» replicò Sally, con quanto più sarcasmo riuscisse a infliggere nel tono della sua voce.
«Vedi» continuò lui come se non l’avesse sentita. «Il fatto è che io non dovrei essere qui, ma tu mi hai incuriosito molto. Insomma, io in genere non sono così incauto, ma sono abituato a fare affidamento sulla Foschia, e quando ho sentito l’inspiegabile esigenza di entrare in questa gelateria non avevo previsto la necessità di prendere ulteriori misure di sicurezza».
«Sono cose che capitano» rispose Sally, adesso più confusa che mai.
La bocca di Poseidone si piegò in un sorriso. La guardò intensamente e Sally avvertì di nuovo quella terrificante sensazione d'immenso, come se si trovasse ai piedi di una montagna e, guardando in alto, si rendesse conto di quanto piccola e insignificante lei fosse.
«Non posso ancora spiegarmene il motivo, ma tu sei destinata ad avere un ruolo fondamentale nel destino del mondo, Sally» disse lui, e non sorrideva più.
«Forse inventerò un gelato che non fa ingrassare» replicò lei, tentando di alleggerire la tensione che sentiva emanare dal corpo dell’uomo che le stava di fronte.
«Forse» disse Poseidone sorridendo. «Fa’ solo in modo che sia blu. Mi piace il blu».
«Sally, ho bisogno del tuo aiuto, qui» le gridò Dominique.
Infatti, convenne Sally guardandola, sembrava in difficoltà. Si voltò verso Poseidone per salutarlo, ma lui non c’era più.


Nei giorni che seguirono, Poseidone continuò a tornare nei momenti più disparati, convincendola a sedersi con lui — con l’entusiastico e sospettoso consenso del signor Creem — e parlando di cose che le sembravano ogni giorno più insensate. Parlava come un uomo di grande esperienza, e spesso metteva a confronto le cose più banali a com’erano nei tempi antichi. Ma più di tutto, sembrava interessato a Sally, tanto che lei quasi si aspettava di vederlo prendere appunti: quali erano i suoi cibi preferiti? Mare o montagna? ( sembrò molto soddisfatto da quella risposta ). E se stesse facendo un viaggio in macchina e dovesse perdersi, chiederebbe indicazioni a qualcuno o continuerebbe a girare in tondo finché non avesse trovato la strada giusta?
Ben presto Sally si scoprì ad attendere con trepidazione quegli incontri, ma non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione che le diceva che un giorno Poseidone non sarebbe più venuto.
Una domenica il signor Creem, nel suo ennesimo attacco di gentilezza, le disse di andare via prima, che avrebbe pensato lui agli ultimi clienti e a pulire e, anzi, le avrebbe anche dato un aumento. Sally era stata troppo occupata a restare a bocca aperta per dire grazie.
E così si ritrovò alle otto di sera da sola sulla spiaggia di Montauk, il borsone con il ricambio di vestiti attaccato al fianco e zero idee su come occupare il suo tempo libero. Generalmente, sarebbe uscita da lavoro intorno alle due di notte e sarebbe stata troppo stanca anche solo per pensare.
Ma erano solo le otto, la spiaggia era deserta se non per poche coppiette appartate negli angoli più bui, e in quell’istante, Sally si rese conto di non conoscere nessuno. Doveva tornare a casa e recuperare qualche ora di sonno? Ma le sembrava un tale spreco. Zio Rich le diceva sempre di occupare il suo tempo in maniera ragionevole e costruttiva.
Sospirò pesantemente e si sedette sul bagnasciuga. Un granchio camminava lentamente verso una conchiglia, lasciando minuscole scie dietro di sé. Sally affondò le mani nella sabbia morbida e bianca, e immaginò che nella conchiglia ci fossero i suoi familiari ad aspettarlo, e poi rise divertita dalla propria stupidità. Una moglie dispotica che prima di farlo entrare nella casa-conchiglia gli dice di indossare quattro paia di ciabatte.
«Animali affascinanti, vero? Sembrano lenti e goffi sulle loro zampine, ma riuscirono a sconfiggere i topi anni addietro». Sally si voltò, ma aveva già riconosciuto la sua voce. Non l’aveva sentito avvicinarsi, ma lei non se ne stupì. Poseidone aveva l’abitudine di comparire dal nulla e poi scomparire improvvisamente. Era seduto al suo fianco, in mano aveva il suo tridente.
«Batracomiomachia» rispose. Lui la guardò sorpreso.
«Sì, Batracomiomachia, La Guerra dei Topi e delle Rane. Conosci la storia». Non era una domanda. Sally annuì lo stesso.
Poseidone sorrise un sorriso malinconico. «Erano bei tempi quelli» disse, come se lui avesse assistito di persona a quella guerra.
Restarono in silenzio per qualche minuto. Un’onda particolarmente grande le raggiunse i piedi nudi.
Sally guardò il mare di fronte a sé, calmo e infinito, la luce lunare si rifletteva sulle onde come tante strisce argentate.
La testa di un cavallo spuntò improvvisamente dal mare e a Sally scappò un urlo. Una coppia di passati la guardarono incuriositi, si voltarono verso il mare, probabilmente per indagare su cosa l’avesse spaventata, ma non sembrarono sorpresi nel vedere un cavallo galleggiare tra le onde.
«Niente paura. È solo un Hippocampus, creature estremamente intelligenti e fedeli. Chissà cosa hanno visto quei due attraverso la Foschia» disse Poseidone mentre allungava una mano per accarezzare lo strano incrocio tra un cavallo e un pesce che era appena apparso in mare.
«Foschia...?» chiese Sally, frastornata.
«Sì, la Foschia. Una forza che distorce la vista degli umani, facendo vedere loro solo ciò che la loro mente può processare». Infilzò il tridente nella sabbia come fosse un ombrellone, con tutta la naturalezza possibile, come se le avesse appena spiegato che due più due è uguale a quattro e non avesse usato la parola “umani” come la si usa per “esseri unicellulari”.
«Torna in mare, tu» disse poi rivolto all’Hippocampus, il quale sembrò comprendere — o forse era solo una coincidenza — e si tuffò tra le onde.
La mente di Sally correva a mille all’ora, collegando tutti i dettagli significativi che era riuscita a cogliere fino a quel momento. Una coppia di mezza età camminava mano nella mano, la schiuma delle onde ai loro piedi illuminata dalla Luna. Il granchio era finalmente entrato nella sua conchiglia.
«Chi sei?» Sally sussurrò, la sua voce vibrava come corde di un violino.
Poseidone le sorrise un sorriso antico. «Hai mai pensato di andar via da questo posto? Dalle persone che ti comandano, dalle responsabilità. Salpare e lasciare che la corrente del mare ti porti verso il futuro che meriti? Io posso dartelo, Sally, dimmi ciò che vuoi e io te lo darò».
Sally non sapeva perché, ma le vennero le lacrime agli occhi. Sì che ci aveva pensato. Durante le lunghe notti passate sul ciglio del letto di zio Rich, mentre tutti i suoi coetanei si diplomavano, bevevano birra e si fidanzavano, tutto ciò che Sally riusciva a pensare era scappare.
«La fortuna bisogna crearsela da soli» rispose, citando suo zio.
«Capisco, tu sei un pesce di fiume. Un salmone che per deporre le sue uova dal mare risale controcorrente il suo fiume d’origine». Per qualche strana ragione, questo paragone la fece sentire in imbarazzo.
«Già, e muore nel tentativo» disse, con una risata nervosa.
«Non tu, tu ci arriveresti sana e salva». Sally guardò il tridente, riusciva a sentirne la potenza. Zio Rich le ripeteva sempre di stare con i piedi per terra, di guardare la realtà. Uno dei pochi consigli che Sally non aveva mai seguito.
«Ti piacerebbe scappare? Solo per stanotte?». Le prese la mano, come se già conoscesse la sua risposta. La sua era calda e screpolata. L’aiutò ad alzarsi con la facilità con cui alzi un bambino. Poi sorrise in modo birichino, come se lo fossero davvero, dei bambini.
«Andiamo» disse con eccitazione. Sally rise per il suo entusiasmo, lasciandosi coinvolgere. Fece per raccogliere borsa e scarpe, ma Poseidone la fermò.
«No, lasciala qui. Nessuno le toccherà» agitò la mano come per scacciare una mosca e borsa e scarpe divennero roccia.
Sally aveva un milione di domande in gola che litigavano su quale dovesse esser detta per prima, ma Poseidone le prese di nuovo la mano e ripeté: «Andiamo» e lei gli permise di farsi tirare verso l’oceano.
Quando i piedi di Poseidone toccarono l’acqua, il mare sembrò fermarsi, come in una fotografia. Sally poté percepirne il calore. La luce della Luna sembrò essere più luminosa. Sembrava essere su un cielo stellato.
Lui fischiò e un secondo dopo la testa dello splendido Hippocampus sbucò dall’acqua, la coda di pesce scodinzolante. La creatura emise un verso deliziato quando Poseidone le accarezzò la testa. Poi lui si voltò verso di lei.
«Prima le signore». L’aiutò a montare il cavalluccio, i piedi penzoloni nell’acqua calda. Sally non sapeva bene dove aggrapparsi. Lo sentì salire dietro di lei e toccarle la vita con entrambe le mani. Dovette trattenere un fremito.
«Non preoccuparti. Non ci lascerà cadere». E un attimo dopo erano partiti, a una velocità che, Sally intuì, non avrebbe dovuto essere normale per un semplice cavalluccio marino.
Chiuse gli occhi d’istinto e gridò, la sua voce inghiottita dal vento. Poseidone rideva, Sally poteva avvertirla dalle vibrazioni che sentiva dietro la schiena.
Poi aprì gli occhi e... dovette richiuderli di nuovo. Perché quello che vedeva era impossibile e inimmaginabile.
«Apri gli occhi, Sally». Fece come le era stato detto.
Nuotavano, no, volavano sull’acqua verde e blu, la Luna che la illuminava con striature argentee. Pesci e strane creature marine sorridevano loro dai fondali. Non si riusciva a capire dove finisse il mare e cominciasse il cielo. Era un enorme, infinito oceano, fatto di luci e colori. Nelle sue orecchie, solo la risata di Poseidone e il fischio del vento.
Se alla fine della mia scalata sul fiume devo morire, pensò, voglio che questo sia il mio paradiso.
«Tieniti pronta» urlò Poseidone un attimo prima che l’Hippocampus si tuffasse. Sally trattenne il respiro d’istinto. Splendide donne - nereidi, ricordò Sally - ridacchiavano e sussurravano tra di loro. Era chiaro che stessero parlando di Sally e Poseidone.
«Respira». La voce di Poseidone le giunse amplificata. Fu difficile, ma lei si costrinse a inspirare e non si meravigliò quando scoprì di poter respirare sott’acqua. Era una sensazione magnifica, sentiva di poter fare qualsiasi cosa.
Il cavalluccio li portava sempre più giù, fin dove il corpo umano non si era mai addentrato e la luce diventava sempre più fievole. Le sembrava di essere in una sfera verde, una di quelle che Sally, da bambina, adorava agitare e aspettare che l’ultimo fiocco di neve cadesse a terra.
Sentiva le alghe solleticarle i piedi nudi. Non riuscì più a controllare l’istinto e si voltò.
Dalla sua bocca uscirono tante bolle che si ruppero quando toccarono il viso di Poseidone e solo allora si udì la sua voce «È bellissimo». Lui sorrise quel suo sorriso saggio e dolce e le toccò il viso, la mano calda e asciutta.
La baciò, la bocca screpolata e umida. La baciò e Sally si sentì diventare un tutt’uno con l’acqua, si sentì dilatare e sciogliere e diventare tante minuscole particelle. Sentì il suo corpo galleggiare, leggero e informe, nell’acqua bollente. Il suo respiro in milioni di bollicine che custodivano gelose un solo nome...


[Continua...]



Angolo dell'autrice
Ed ecco a voi il secondo capitolo, ne manca ancora uno e poi la fic sarà finita. Ringrazio calorosamente chi ha recensito o anche solo letto. Frequento da poco il fandom di PJ e sto già conoscendo tante persone simpatiche e talentuose. Spero di non essere da meno^^
Al prossimo capitolo.
   
 
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