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Autore: Brin    01/11/2011    4 recensioni
1 novembre 2010, alluvione in Veneto.
I ricordi di una giornata lunga quanto l'eternità, l'impotenza dell'uomo, l'enormità della natura.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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fiume







ALLUVIONE IN VENETO
1.11.2010
1.11.2011



Il fiume ruggisce.


Non è placido come nei miei ricordi: è una furia viva, aggressiva, imbrigliata in un lembo di terra che non riconosco. Non c'è che uno sputo di argine a trattenerlo, una striscia di erba e fango che sembra non possedere corpo di fronte alla straripante enormità dell'inferno che ne scorre tra le braccia.
Non è rimasto nulla della golena: gli alberi, lo spazio di terra oltre la sponda, quell'ampio respiro d'erba che si stendeva parallelo al fiume... È tutto sommerso da acqua rabbiosa, acqua affamata, acqua incontenibile.
Acqua che ruggisce.


Il vento mi parla.


Porta con sé l'odore del fiume, racconta la sua ira, trattiene il suo ruggito spaventoso sull'alito di pioggia con cui cavalca a mezzogiorno. Parla a me, parla al cuore di un paese sospeso nel tempo, in un giorno d'inizio novembre che sembra fuori dal mondo.
Non ci sono rumori, non esistono macchine. La strada che fino a ieri attraversava il paese, oggi giace spezzata come un'arteria recisa, svuotata da divieti di passaggio che fanno di noi sangue rappreso, fermo.


Secco.


I colori di un giorno autunnale sembrano essersi dimenticati della nostra esistenza; ci hanno lasciato indietro, immobili sulla bocca di un fiume che possiede fauci taglienti come la lama di una ghigliottina.
Davanti a questo silenzio spaventoso, il paese è uno spettro inquieto.
È il fantasma di se stesso, di ciò che era stato fino al giorno prima, quando il fiume si lamentava ma sembrava ancora domato. È la coscienza dei suoi abitanti, la consapevolezza di cavalcare una bestia che non può essere controllata. È l'attesa del destino, l'impossibilità di evitarlo, la speranza di salvare il futuro, l'angoscia dell'immediato presente.
Lo vedo nello sguardo delle persone che incrocio, lo leggo nell'immobilità con cui il paese si abbraccia, gremito attorno al fiume - come una vittima sacrificale inginocchiata davanti alla mano di Dio. Sente il rumore dell'acqua allo stesso modo in cui lo percepisco io: come un tuono che corre sulla terra, una ferita che ne squarcia la superficie, la tremenda forza di una Madre sonnecchiosa capace di essere Natura sovrana e assoluta, e tu...




Tu non sei che un granello d'impotenza sul suo percorso.







NOTE DELL'AUTRICE


Quel giorno mi è entrato dentro, e da lì non credo che se ne andrà più.
Alle persone che hanno perso tutto e che, sommersi dall'acqua, in qualche modo hanno salvato noi.

   
 
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