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Autore: Eliada    03/07/2006    1 recensioni
“-Che cos’è Hogwarts e chi accidenti è Albume Sipente?- -Già e chi sarebbe anche quella… com’è che si chiama?! Minerva McGranito? Che bei nomi!- -Albus Silente!!- tuonò Piton -E Minerva McGranitt…-completò con minor enfasi. -Okay, okay signor Spiton!- cercò di giustificarsi Elisabetta, ma con scarso successo. -Ci rinuncio…- borbottò Piton.” Come vi sembra "l'inizio" di questa ff? Vi ispira?Beh...se è così cosa aspettate!Leggetela...e se vi capita...lasciate una piccola recensionuccina!!!
Genere: Generale, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, I Malandrini, James Potter, Lucius Malfoy, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

Capitolo 2

 

La nuova vita

 

Nella stanza si sentiva solo il fruscio delle coperte prodotto dall’incessante alzarsi e abbassarsi dei petti delle due ragazze.

Harry, fermo sulla soglia della porta, stette qualche secondo ad osservarle.

Per lui era stato più facile. Allontanarsi dai suoi parenti che lo odiavano era stato tutto di guadagnato, ma per quelle due ragazze era totalmente diverso: loro una famiglia l’avevano.

Che razza di legge era quella che separava una famiglia felice? E poi, proprio a lui fra tutti era toccato quel compito?

Indeciso su cosa dir loro per svegliarle, bussò sulla porta e si allontanò, sperando che ciò fosse sufficiente.  

Elisabetta, la prima a svegliarsi, aprì un occhio ed ebbe un tuffo al cuore: quella decisamente non era la sua camera, ciò significava che non aveva semplicemente sognato di essere una strega.

Scosse Francesca per svegliarla.

-Fre, è tutto vero! Non abbiamo sognato…-

-Vedo. E ora che si fa?-

-Non so, io ho fame. Andiamo a mangiare?-

Si vestirono in fretta, indossando i vestiti del giorno scorso, poi scesero al piano terra.

Harry era già seduto al tavolo che avevano occupato la sera scorsa; sulla tavola c’era il resto della colazione consumata da Piton, ma di lui per fortuna neanche l’ombra.

-Buongiorno. Avete fame? Qui c’è del latte e un po’ di biscotti…- Harry sfoggiava la solita cortesia distaccata.

-Ciao Harry. Sì, si dà il caso che abbiamo molta fame, perciò non scandalizzarti. –

-Ma dov’è Piton? Non che sia dispiaciuta, intendiamoci, però dov’è?-

-Oh, è andato a scuola per informare il Preside del buon esito della nostra missione…-

Buono, certamente. Per lui.

Il tempo di consumare una veloce colazione a base di latte e biscotti, e i tre erano già in marcia.

-Scusa, dov’è che andiamo?- si interessò Elisabetta.

-Al “Giovane Mago Bolognese”, un posto eccezionale per procurarsi tutto l’indispensabile per la scuola. –

Harry si muoveva agilmente tra la gente, e ce n’era molta, tanto che le ragazze faticarono a stargli dietro; le condusse in un viottolo desolato che all’apparenza non poteva offrire niente (c’erano solo due cassonetti della nettezza urbana e un gatto, oltre la spazzatura come foglietti di carta, confezioni vuote di sigarette e quelli che una volta erano stati chewing-gum), ma il ragazzo sapeva dove cercare: estrasse il curioso oggetto che a quel punto non poteva essere che una bacchetta magica e colpì cinque volte una pietra sporgente da un muro tinto di arancione.

Per Elisabetta e Francesca era un’esperienza nuova, quella di venire catapultate al di là di un muro, e perciò si tennero strette l’una all’altra mentre attraversavano il buco che si era aperto davanti a loro; dall’estremità “babbana” si vedeva quella “magica” come da uno spioncino, cioè in modo distorto, ma quando i tre furono fisicamente dall’altra parte, le due dovettero trattenere il fiato per evitare di gridare: davanti a loro si apriva una stradina asfaltata con ciottoli di fiume dalla parvenza medioevale, mentre ai due lati di essa si affacciavano pittoreschi decine e decine di negozi, quasi a perdita d’occhio. Alcuni recavano insegne di legno usurate dal tempo e dalle intemperie, altri avevano le vetrine decorate, altri ancora avevano la merce ben esposta dietro di esse e solo poche avevano esposto i prodotti anche all’esterno, in strada; c’era comunque abbastanza spazio per passare, anche se in fila indiana, dove le mercanzie erano esposte in strada.

I primi negozi erano chiaramente delle osterie o dei locali, perché non avevano merci esposte alla vetrina ma grandi e vistose insegne: “Billo Ballo”… “Crine di Unicorno”… “Sputo di Drago”…

Passarono oltre.

Più avanti c’erano i negozi di libri e si fermarono di fronte all’insegna “Studio Magico”.

-Ce l’avete la lettera?- chiese Harry prima di entrare.

-Sì, direi di essermela messa in tasca ieri sera…- borbottò Francesca frugando nelle tasche alla ricerca della busta.

-Bene, cerca il foglio con l’elenco dei libri e ricordati di acquistarne due copie!-

-Giusto. Allora, vediamo un po’…- Francesca sfilò un foglio nascosto dietro la lettera vera e propria che aveva letto la sera precedente e lesse ad alta voce:

 

SCUOLA DI MAGIA, STREGONERIA E BABBANOLOGIA DI HOGWARTS

(SEZIONE DI BOLOGNA)

 

Uniforme

Gli studenti del primo anno dovranno avere:

Tre completi da lavoro in tinta unita (nero)

Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno

Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili)

N.B. Tutti gli indumenti degli allievi devono essere contrassegnati da una targhetta con il nome.

Libri di testo

Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi:

Gli Altri Incantesimi, Volume primo, di Diego Fontana

Volumi di Storia Mista, di Caio Julio Digrigna

Il mondo delle erbe e dei funghi, di Flora Ferrari

Infusi e Pozioni Magiche, di Arsenius Brodus

Luci e Ombre: Manuale di Difesa contro le Arti Oscure, di Carlo Proteggo

Moduli di matematica, di Iris Contabella

Educazione alla civiltà, di Grazia Vita

Altri accessori

1 bacchetta magica

1 calderone (in peltro, misura standard 2)

1 set di provette di vetro o cristallo

1 telescopio

1 bilancia d’ottone

Gli allievi possono portare anche un gufo, OPPURE un gatto, OPPURE un rospo.

SI RICORDA AI GENITORI CHE AGLI ALLIEVI DEL PRIMO ANNO NON è CONSENTITO

L’USO DI MANICI DI SCOPA PERSONALI.

 

 

 

-Caspita, quanta roba! Dovremo darci un gran da fare, o rischieremo di far venire notte!- esclamò Harry,spingendo nel negozio le due ragazze; alla loro entrata, uno scaccia spiriti vibrò lievemente, emettendo un suono dolce e armoniosamente prolungato.

-Buongiorno a voi!- salutò un uomo incredibilmente allungato e scavato, con una folta barba bianca e una corona di capelli lungo la circonferenza dal capo dello stesso colore.

-Salve!- rispose allegramente Harry, mentre Francesca e Elisabetta restavano indietro.

-Voi due dovete essere studentesse del primo anno. Sarà un grande anno, pieno di novità! Suppongo siate qua per i libri, quante copie ve ne servono?- riprese eccitato il commesso, indicando Elisabetta e Francesca.

-Due copie di tutti, per favore! Vuole la lista?-

-Oh, grazie, mi farebbe un favore! Sa, tengo tanti di quei libi che ricordarsi tutti i titoli! Giusto oggi mi dovevano arrivare cento copie di quel maledetto libro, ma a voi non interessa… molto bene! Accio libri!- gridò l’uomo e al suo ordine due file di libri si formarono sopra al lucido bancone; erano tutti molto grossi, al che le due future apprendiste si scambiarono sguardi preoccupati, ma il commesso le rassicurò:

-Non temete, molti di questi li userete per più anni! Allora, fanno cinquantasette galeoni, ma voi mi piacete, perciò vi faccio solo cinquanta!- sorrise.

-Ehm… Harry, come facciamo?- bisbigliò Elisabetta, ma Harry le soccorse:

-Pago io per loro! Cinquanta?- ripeté mentre frugava nelle tasche dei suoi jeans -… Eccoli qua!- esclamò estraendo una manciata di scintillanti monete d’oro da un nutrito borsellino e posandoli nel palmo aperto del negoziante.

-Arrivederci!- salutò infine, ricambiato, e uscì con le ragazze al seguito.

 

 

-Grazie. Però non so come faremo a sdebitarci…- sussurrò Francesca.

-Non vi preoccupate, per adesso pago io, poi faremo un salto in banca a vedere come siete messe, se proprio non ci saltate fuori, diciamo che vi farò da “tutor”, da padrino se volete!-

-Splendido, magari scopriamo di essere milionarie!- esclamò Elisabetta senza prendersi veramente sul serio mentre reggeva sulle braccia a mo’ di scodella un terzo dei libri. Diede una sbirciatina alla lista, poi proseguì imitata dagli altri.

-Bene, questo è un negozio di abbigliamento! Vi servono giusto le uniformi e i cappelli, oltre che i guanti! Ragazze, ora tocca a voi…- le incoraggiò Harry alludendo al negozio chiamato “Tende e Tendoni per tutti i Bisogni” che esponeva nella vetrina lucidissima diversi tipi di uniforme accessoriati di cappello.

-Ehm, salve!- salutò Francesca entrando dalla porta seguita dagli amici.

-Salve. Voi dovete essere studenti. Che cosa vergognosa! Vergognosa!- osservò indicando i libri di testo ad argomento babbano che reggeva la prima cliente. –Ma voi siete troppo giovani per capire… allora, cosa posso fare per voi?- aggiunse sbuffando, vistosamente contrariata.

-Ci servono delle uniformi, sono per me e mia sorella e anche i cappelli e due paia di guanti!- recitò tutto d’un fiato Francesca.

-Calma, calma, quanta fretta! Ma, se mi posso permettere, chi paga?- si interessò la commessa.

-Io! Senta, visto che siamo qui, non è che ha delle mantelline nere? Me ne serve giusto una!- si accalorò Harry.

-Certo che le ho! Dunque lei è un professore? Mi sembra molto giovane… Che cosa insegna, se non sono inopportuna?- chiese stupita e insieme punta la donna, inarcando appena un sopracciglio.

-Difesa contro le Arti oscure. Ma adesso si sbrighi, per favore, abbiamo altri negozi da visitare!- incalzò Harry.

-Come vuole!- sbuffò lei, sbrigandosi a cercare un metro ma tenendo lo sguardo torvo sull’interrogato.

Dopo che ebbe preso le misure, presentò ai clienti diversi modelli di uniformi e una mantellina; poi passò ai guanti (li presero di pelle di drago) e infine ai cappelli.

Con quelli in testa, le sorelle si sentirono tremendamente ridicole, ma la sensazione più forte l’ebbero indossando i guanti: per il ribrezzo, quasi svennero e per poco non vomitarono.

Comunque, ce la fecero ad uscire incolumi, con più cose da trasportare e il portafoglio (di Harry) più leggero.

-Certo che sono proprio forti ‘ste monete! Com’è che si chiamano?- chiese incuriosita Francesca.

-Quelle dorate e grandi sono i Galeoni, quelle più piccole sono le Falci e le più piccole di tutti si chiamano Zellini-

-Ma quanto valgono?-

-Non lo so, non mi sono ancora abituato alla vostra valuta…- si scusò Harry.

-Eh? Ah, giusto, voi in Inghilterra non avete l’Euro! Pazienza…- Elisabetta pareva delusa.

-Bene, ora servono un po’ di accessori vari… vediamo che negozi troviamo per strada!- ricordò il ragazzo.

In capo ad un’ora circa avevano già quasi tutto il materiale occorrente; mancavano loro solo degli animali.

Nel primo negozio di animali che trovarono (Animagus), c’erano esposti gufi di tutte le razze e le tonalità, e ancora gatti, topini, serpenti (che schifo! pensò Francesca) e rospi…

Il negozio era stato affidato ad una ragazza molto giovane, bruna, con una lunga chioma di capelli raccolti in una morbida coda e vestita con una salopette; stava servendo una cliente, una donna, anche lei giovane e bruna, che stava ammirando gli esemplari di gufi di cui il negozio disponeva.

-Buongiorno, signorine! Voi dovete essere delle studentesse, sbaglio?- salutò la commessa; a quelle parole, la cliente del turno prima (che non aveva ancora finito di scegliere il gufo) si girò di scatto e i suoi perforanti occhi neri si posarono sulle sorelle che la credevano in collera con loro: ecco, adesso ci fa la ramanzina! E perché non si ruba il posto alle clienti, e perché siamo solo delle marmocchie e perché qui e perché là… pensò Elisabetta.

-Sarò da voi in un baleno!- sorrise la commessa, liquidando la cliente che stava servendo prima, che finalmente aveva scelto il suo nuovo gufo, un esemplare veramente bello con le piume candide; mentre il gruppetto veniva avanti, la donna si mise in un angolo ad aspettare dopo aver spedito l’animale in un altro posto, probabilmente a casa sua, con un qualche incantesimo…

-Ditemi, che genere di animale vi serve? Abbiamo, per gli studenti, gatti, gufi e rospi!- disse esuberante la ragazza, che evidentemente era da poco entrata in servizio.

-Beh, voglio togliermi lo sfizio di possedere un gatto, a casa non potevo tenerlo. Posso?- chiese garbatamente Elisabetta.

-Certo, ecco qui quelli che abbiamo!- rispose la commessa, indicando con la mano una dozzina di gabbiette; gatti grandi e piccoli di tutte le tonalità, alcune molto vistose (rosso fuoco o completamente bianco) iniziarono a mettersi in mostra strusciandosi attaccato alle sbarre delle gabbiette oppure a leccarsi il pelo, ma la ragazza scelse un gatto dal pelo grigio scuro e dal musetto simpatico che non aveva neanche un anno.

-Perfetto, e tu cosa vuoi, cara?- si congratulò applaudendo in modo molto infantile la commessa.

-Ehm… ecco… io volevo tanto un cagnolino… ma non so se me lo lasceranno tenere…- ammise Francesca rivolgendo lo sguardo supplicante a Harry.

-Non credo, mi dispiace… sei sicura di non volere un gufo, sono molto utili!- tentò il ragazzo.

-Uhm… andrà bene… prendo quel piccoletto marroncino!- disse Francesca un po’ delusa indicando un gufetto tozzo che saltellava come un pazzo nella sua gabbietta emettendo stridi eccitati e acuti.

Fu una vera impresa toglierlo dalla gabbia comune e metterlo in una singola, ma dopo alcuni tentativi le ragazze furono a posto e stavano per avviarsi, quando la donna che era rimasta in disparte si avvicinò loro.

-E così siete delle studentesse! Spero della sezione bolognese di Hogwarts!- disse. Aveva un timbro di voce particolare e un cipiglio piuttosto sicuro.

-Infatti, ma perché?- rispose Elisabetta diffidente.

-Io insegnerò là! Mi chiamo Vittoria Chiodo e sarò la vostra insegnante di Matematica, ma spero vivamente di farvi fare anche un po’ di  Aritmanzia…-

Finirono, tra una chiacchiera e l’altra, per andare a sedersi al tavolino di una locanda a sorseggiare una buona granita fresca (dopo che Harry ebbe spedito tutti gli acquisti nella locanda dove alloggiavano con lo stesso incantesimo usato dalla Chiodo).

-Ma cos’è l’ Aritmanzia?-

-Una materia che centra con la Matematica, ma non mi sembra il caso di perdere tempo quando ve lo spiegherò tra… due giorni! E lei, giovanotto, è l’accompagnatore delle signorine…-

-Serpini! Ma no, non sono l’accompagnatore, io sarò il docente di Difesa contro le Arti Oscure, quindi un suo collega!-

-Lui è Harry Potter, noi siamo Francesca ed Elisabetta. - si intromise Francesca; non appena ebbe pronunciato quel nome, gli occhi della Chiodo si sgranarono all’inverosimile e scattò in piedi.

-Potter?! Harry Potter! Quell’ Harry Potter?-

-Perché? Qual è il problema?- chiesero in coro le sorelle, preoccupate dalla strana reazione della futura docente, lanciando occhiate smarrite prima a Harry, poi a lei.

E così vennero a conoscenza del tassello mancante della storia di Voldemort, cioè il nome del bambino che lo aveva ridotto in fin di vita: si trattava proprio del loro amico Harry!

Passato lo shock, chiesero all’amico perché le avesse tenute all’oscuro di quel particolare non proprio irrilevante, mettendolo in terribile imbarazzo di fronte alla collega; riuscì comunque a dire che lo aveva fatto perché voleva restare anonimo, anche solo per un paio di giorni, visto che all’entrata a scuola lo avrebbero saputo tutti.

Restarono a chiacchierare per molto tempo e le sorelle raccontarono molto della loro vita alla Chiodo, anche particolari molto divertenti che costrinsero tutti alle risa.

Quella donna, la Chiodo (di una trentina d’anni circa), era una strega alta e fiera, ben proporzionata e ridanciana; aveva un volto tondo, due occhi neri molto penetranti, una bocca carnosa e due sopracciglia folte e nere come i capelli lunghi, lisci e sciolti che le arrivavano poco sotto le spalle; vestiva un normale paio di jeans e una banalissima maglietta a mezze maniche e perciò si sarebbe potuta confondere benissimo tra i Babbani, a differenza di molte altre persone, vestite come all’epoca delle guerre mondiali.

Disse di aver voluto accettare la cattedra di Matematica perché riteneva molto importante la sua materia e perché costituiva una base per gli studenti che avessero voluto apprendere l’Aritmanzia; disse anche di approvare l’introduzione delle materie babbane nel percorso formativo dei futuri maghi, siccome riteneva presuntuoso da parte del mondo magico pensare di non avere bisogno di conoscere il mondo non magico; in fondo, i Babbani erano riusciti con molti sforzi a sopperire alla carenza di magia e molte loro invenzioni potevano sempre tornare utili anche ai maghi (citò come esempio il computer e Internet).

-Ehi, guardate, c’è Piton! SEVERUS!!!- gridò improvvisamente Harry indicando un’ombra nera che si aggirava tra la folla; il mago rispose al richiamo con un cenno e iniziò a dirigersi verso di loro.

-Buongiorno Severus, posso presentarti la signorina Vittoria Chiodo? Sarà una nostra collega, docente di Matematica!- riprese Harry indicando la compagna più anziana.

Piton, chino su Harry, girò il collo nella direzione da lui indicatagli in modo meccanico:

-Piacere…- borbottò -…sono Severus Piton, insegnante della nobile arte delle Pozioni…- concluse con tono misterioso e velato, accennando appena a tendere la mano.

-Il piacere è mio! Mi chiamo Vittoria, Vittoria Chiodo!- ribatté lei andando a cercare la mano di Piton per stringerla forte.

A quel gesto, gli occhi di Piton (che erano rimasti fissi al suolo) guizzarono e si incontrarono con quelli della Chiodo, ma non ressero il suo penetrante sguardo (ebbe come paura che lei potesse leggere nella sua mente) e si riabbassarono, sottolineati da un lieve rossore delle gote.

Elisabetta e Francesca si scambiarono occhiate divertite, e abbozzarono un malizioso sorrisetto.

Occorse insistere molto affinché il professore si sedesse assieme a loro, ma alla fine l’insistenza della Chiodo fu premiata; la donna lo tempestò di domande, rivelandosi molto interessata alle Pozioni e anche molto esperta, tanto da tenere testa allo stesso Piton che fu veramente meravigliato e al tempo stesso compiaciuto di ciò; lui comunque all’inizio fu molto evasivo nelle sue risposte, ma come cresceva la curiosità della collega, così si scioglieva e quando capì di avere di fronte una vera esperta nell’arte delle Pozioni, si lasciò completamente andare: passò quasi mezz’ora di conversazione monopolizzata tra i due che si scambiavano scibile riguardo a erbe, infusi e incantesimi!

Quando iniziò a calare la sera e la gente per la via fu più che dimezzata, la Chiodo propose di passare una serata tutti insieme in un ristorantino di sua conoscenza; tutti accettarono di buon grado, soprattutto Piton, il cui viso, alla proposta, ebbe l’espressione di una bambino che scarta l’atteso regalo di Natale.

Iniziarono ad avviarsi, con la Chiodo e Piton in testa che continuavano a parlottare di chissà quali infusi e Francesca, Elisabetta ed Harry in coda che si stavano ammazzando di risate:

-Ma l’avete visto, dico: l’avete visto? Sembra un bimbo! Sembra uno scemo!-

-Già! Si vede lontano un chilometro che è cotto a puntino!-

-E chi l’avrebbe mai detto?! Il freddo, gelido Piton che si prende una cotta come un sedicenne?!

Ah, ah, ah! Dio, com’è divertente!-

-Ma secondo voi, lei le ha capite, le sue intenzioni?-

-Certo che sì! Chissà se da oggi in poi cambierà abitudini? Magari diventerà un po’ più socievole!-

Tra una scemenza e l’altra arrivarono al ristorante (babbano!) appena fuori dal “Magico Mondo Bolognese”: Terrazza Donatello.

Un posto veramente carino, per giunta adatto anche alle coppiette in quanto adornato da mensole in legno dalle quali pendevano meravigliose e verdissime piante rampicanti; i tavoli erano illuminati da candele e nell’aria si sentiva il dolciastro profumo dell’incenso.

Si sedettero ad un tavolo piuttosto distante dalle finestre spalancate che permettevano l’entrata di un po’ di aria fresca, con grande disappunto di Elisabetta che confessò alla sorella di avere la nausea dell’incenso.

Una cameriera grassottella e simpatica con l’uniforme nera portò loro il menù, che la Chiodo sembrava conoscere a memoria visto che non ebbe bisogno di sfogliarlo.

Harry, Francesca ed Elisabetta ordinarono tre pizze, la Chiodo un’insalata di mare seguita da un piatto di pasta e Piton (su consiglio di lei) scelse un piatto di tortellini.

-Sapete, oggi mi sono divertita. Forse mi ci abituerò a questo mondo…- confessò all’improvviso Francesca.

Mentre la discussione riprendeva, Elisabetta fece scena muta, fino a che non perse i sensi e si accasciò sul pavimento come morta.

-Sorellina!- gridò Francesca mentre Piton, Harry e la Chiodo si precipitavano attorno a lei.

-Stai tranquilla, è solo svenuta! Portiamola fuori!- disse Harry, sentendo il polso della ragazza e trasportandola fuori adagiando il braccio di lei attorno al collo.

-Elisabetta! Elisabetta!- chiamò il ragazzo, dandole delle piccole pacche sulle guance finché la ragazza non rinvenne.

-Grazie al cielo! Stai bene?- chiese preoccupata la Chiodo.

-Sì… sì, sto bene… cavolo, che bella figura! E col prof. di Difesa contro le Arti Oscure, per giunta! È solo che quel dannatissimo incenso…!-

-Non ti preoccupare. Adesso ci spostiamo vicino alle finestre! Sai, avrà contribuito certamente anche il fatto, da quello che ho capito, che tu non abbia pranzato! I tre pasti (colazione, pranzo e cena) sono importantissimi e non andrebbero mai saltati, ricordatelo!- riprese seria la donna, cingendo le spalle della giovane -Forza, torniamo dentro!-

-Francesca, se non ricordo male desideravi un cane… potrei procurartelo io! Una mia amica mi ha regalato un cucciolo ed è talmente piccolo e buono che certamente te lo faranno tenere!- decretò la donna sorridendo a Francesca, la quale ringraziò talmente tante volte che le si chiese di smettere; da quel momento tutto filò liscio: i commensali discussero animatamente (Piton compreso) lodando il cibo mentre le sorelle cercavano, di nascosto, di bere qualche bicchiere di vino.

  
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