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Autore: MaryLouise    07/11/2011    5 recensioni
Spencer Marshall ritorna a Colorado Springs, sua città natale, dopo ben quindici anni d'assenza.
Una misteriosa residenza attirerà la sua attenzione, facendole scoprire l'oscuro lato della cittadina in cui vive.
Le confonderà le idee, le farà nascere dubbi, non riuscirà più a fidarsi di nessuno.
Una domanda le sorgerà spontanea: Chi è veramente?
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XVIII. Il musical


 
La sera dello spettacolo arrivò. Spencer scostò le tende del sipario. Il teatro era strapieno. Sua madre, in prima fila, agitò una mano per salutarla. Le rispose con un sorriso imbarazzato.
«Spencer?», una sartina le si era avvicinata.
Richiuse le tende. «Dimmi Anne».
«Dovresti mettere il vestito. Le altre ragazze ti aspettano per truccarti».
Dopo aver indossato una palandrana grigio scuro, s’infilò una parrucca castana in testa, assicurandosi che non uscissero ciuffi rossi. Le truccatrici le velarono il viso di fard chiaro e le scurirono le ciglia con il mascara.
La Pardinge spuntò dalla porta. «In scena tra cinque minuti», annunciò.
Una ragazza minuta e di bassa statura, che avrebbe interpretato Jane Eyre da piccola, si preparò dietro le quinte.
Il sipario si aprì, accompagnato da applausi scroscianti.
Il musical cominciava.
Le prime scene –Jane a casa della zia e all’orfanotrofio- si svolsero brillantemente. Qualcuno dei personaggi steccò mentre cantava, niente che un pubblico di genitori avrebbe potuto notare.
La sua voce fuori campo annunciò il cambio di scena: «Fin qui ho narrato con molti particolari gli avvenimenti della mia esistenza poco varia; durante quegli otto anni la mia vita corse uniforme, ma non triste, perché lavoravo molto. Avevo a mia disposizione i mezzi per acquistare un'eccellente istruzione ed ero stimolata dall'amore per gli studi (e per alcuni di essi in particolare), dal desiderio di distinguermi in tutto, oltre che al piacere  che provavo nel rendere contente le mie maestre, specie quelle che amavo. così, trassi il massimo profitto dai vantaggi che mi erano offerti».
Entrò subito dopo, accolta da numerosi applausi. Salutò Miranda, impeccabile nelle vesti della signora Fairfax, ignorando la scritta alla sua destra; come fece con tutti gli altri attori.
La scena si concluse ancor prima di quanto si aspettasse. Durante l’abbassamento delle luci, aiutò Julia a spostare un divanetto al centro del palco, sul quale si sedettero, facendo finta di studiare insieme.
La spagnola recitò molto bene, cercando di cambiare il proprio accento in favore di quello francese. Il risultato non fu ottimo ma accettabile, tutto sommato.
Solo durante la sesta scena comparve Christian. Jane Eyre è di ritorno a casa quando incontra uno sconosciuto che cade da cavallo a causa del ghiaccio per strada.
Vestito di scuro, con il mantello allacciato al collo e la tuba in testa, Christian sembrava un modello ottocentesco.
Alle sue spalle, dietro le quinte, sartine, truccatrici, scenografe e registe sospiravano per lui.
Solo verso la decima scena, quella prima della proposta di matrimonio di Mr. Rochester, Spencer s’accorse che qualcosa non andava.
Un sottile fumo azzurro s’andava propagando per i teloni scuri delle quinte. Sapeva bene che quando compariva fumo ceruleo, niente di buono era in arrivo.
Una voce iniziò a penetrarle le orecchie. «Spencer. Spencer». Il suo nome intervallato da risate acute, glaciali.
Cercò di mantenere il controllo e continuò a recitare imperterrita, era cosciente del fatto che il fumo fosse visibile solo a lei.
«Non potrai sfuggirmi a lungo, bambina. Anche se fingi di non ascoltarmi, lo so che mi senti. Non hai seguito il mio consiglio, dovevi andartene da Colorado Springs. Ora eccomi qui, a mettere in atto la mia vendetta. So che tu ed il tuo amichetto avete fatto infrazione in casa mia e parlato diverse volte con le mie sorelle. So che hai visto mio fratello», sussurrò tagliente. «Ebbene ora vedrai ogni membro della tua famiglia morire lentamente, soffrendo. Ma prima di tutto incrementerò la tua pazzia, fino a sforare i limiti dell’umano».
Sudori freddi le colavano lungo le tempie. Christian si accorse del suo stato ma fece finta di niente.
«So a chi tieni di più. Ed è proprio colui che andrò ad uccidere».
Il suo pensiero volò al ragazzo che le stava di fronte.
«Non lui, sciocchina. Una persona molto più importante».
Si sforzò di non pensare, sapeva che le avrebbe potuto leggere nella mente.
«Ora direi che dopo averti avvertita posso anche andarmene e lasciarti al tuo musical. E ricordati che se sarai recidiva, ne eliminerò uno alla volta», annunciò prima di lasciarla.
«Qualche volta ho nei suoi confronti una sensazione curiosa, specialmente quando mi è vicina, come ora. Mi sembra di avere una corda nella parte sinistra nel mio petto strettamente legata a una corda analoga nella parte corrispondente della sua personcina. E se mare e terra si frapporranno tra noi, tempo che quella congiunzione andrà spezzata, e ho la convinzione che comincerò a sanguinare dentro.. quanto a lei.. mi dimenticherà!».
Era giunto il momento. Mr. Rochester aveva proposto a Jane di sposarlo, lei aveva accettato, ora si sarebbero dovuti baciare.
Christian si avvicinò, lentamente. La platea era immersa in un silenzio totale, carico di tensione.
Le prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo. «Non aver paura», le sussurrò.
Le loro labbra erano sempre più vicine, il cuore di Spencer batteva all’impazzata.
Piegò di scatto la testa verso sinistra, lasciandosi baciare la guancia all’altezza della bocca, in modo che sembrasse un vero bacio a stampo. I drappi del sipario calarono e la platea esplose in un applauso fragoroso.
Prince sembrava contrariato. «Stai bene?».
«Mai stata meglio», mentì.
«Ti stai comportando in modo strano ed hai una pessima cera, persino con il fondotinta addosso».
Per notarlo un ragazzo voleva dire che stava davvero male. «In effetti non mi sento molto bene, ma voglio continuare lo spettacolo».
Scrollò le spalle. «Come vuoi».
Dopo una ventina di minuti di pausa, in cui Spencer si scolò una bottiglietta d’acqua naturale, le cortine del sipario si schiusero nuovamente.
La scena trattava del matrimonio tra Jane ed Edward, della conseguente scoperta di Bertha Mason, prima moglie di Rochester, segregata a Thornfield a causa della sua pazzia e della fuga di Jane da quella situazione.
Furono le due scene migliori dello spettacolo. O almeno così la pensava Spencer.
Nella terzultima scena entrò Aaron. Aveva provato talmente tante volte quella parte con Christian, doveva solo immaginare che fosse lui al suo posto. Probabilmente non avrebbe comunque migliorato le cose.
Aaron s’immedesimò perfettamente nella freddezza di St. John, persino quando arrivò il momento in cui il personaggio propone a Jane di sposarlo per aiutarlo nella missione in India.
Se fosse dipeso da lei, gli avrebbe volentieri risposto con uno schiaffone.
Giunsero alla scena finale, la più commovente.
Jane ritorna da Edward dopo un anno. Bertha Mason è morta in un incendio a Thornfield, in cui Rochester è rimasto cieco e ha perso una mano.
Eppure i due si sposano e vivono felici, avendo due figli.
«La compagnia di Edward non mi stanca mai: lui non si stanca mai della mia, cosi come non ci stanchiamo delle pulsazioni del cuore che batte nei nostri petti», furono le ultime parole che pronunciò Spence, mano nella mano con Christian, prima che il sipario si chiudesse per l’ultima volta.
La platea esplose definitivamente. Quando le cortine si riaprirono per le presentazioni, il pubblico era in piedi, in preda ad una standing ovation.
Furono presentati uno ad uno, gli spettatori applaudirono fino a spellarsi le mani, soprattutto per lei ed il suo co-protagonista.
Cercò con lo sguardo sua madre. Ma l’unica chioma rossa della sala non c’era. Il suo sedile era vuoto.
Cadde in preda alla delusione; Joanne avrebbe dovuto essere lì a sostenerla e a complimentarsi per la riuscita dello spettacolo, invece non c’era.
Da quanto tempo se n’era andata? Da subito, oppure da poco? E perché?
Non si gustò particolarmente la festa dopo lo spettacolo. 
I tavoli erano decorati semplicemente da tovaglie bianche, con scodelle di plastica colme di patatine e frutta secca, vassoi di pizzette e focacce, un’enorme torta e l’immancabile punch.
Christian si stava versando da bere nell'angolo, le sue amiche parlavano tra loro con piatti colmi di ben di Dio. Appena le raggiunse, un applauso partì da Georgiana e si propagò per tutta la sala. Spencer divenne del colore dei suoi capelli. Christian le si avvicinò applaudendo e la strinse a sé, tra gli sguardi compiaciuti di Georgiana, Julia, Andrea e Miranda e quelli un po' invidiosi del resto del cast femminile.
La professoressa Pardinge mise un po' di musica e subito si cominciò a ballare. Il suo co-protagonista le chiese il permesso per un ballo. Accettò, ignorando l'occhiataccia che le rivolse Aaron da un angolo della sala.
La mano destra di Christian strinse la sua, due volte più piccola, con l'altra le cinse la vita.
Seguiva il suo cavaliere, lasciandosi guidare da lui. Fissava il pavimento, imbarazzata. Il suo amico se ne accorse e le sollevo il viso con una mano, sfregando delicatamente il proprio naso contro la sua guancia.
Le accarezzò i capelli rossi, liberi dalla parrucca castana, e fece in modo che la testa di Spencer s'appoggiasse sulla sua spalla mentre ondeggiavano lentamente per la palestra.
«E' normale che Torman ti guardi così male?», domandò.
Non si curò nemmeno di girarsi, probabilmente Aaron le stava perforando la schiena con gli occhi. «Non m'importa più di Aaron», affermò, nonostante ci fosse una punta di falsità nella frase. «Mi ha ferita. Ho chiuso con lui». Questo era assolutamente vero.
«Lo so. Per questo io non voglio farlo con te», mormorò al suo orecchio.
Spence contrasse la mano sulla sua spalla.
«Non potrei mai perdonarmi di perderti. Non ora che ti ho trovata», concluse.
Sospirò silenziosamente, cercando di calmare l'ansia che le attanagliava la gola. Che cos'era, una specie di dichiarazione? Da parte di Christian Prince? Quel Christian Prince?
Colui che pensava privo di sentimenti verso gli altri?
Forse doveva davvero ricredersi. Chi credeva incapace di amare si rivelava tutt'altro. Colui del quale si era innamorata invece, si rivelava un grande imbecille.
 
La vista del portone di casa segnava la fine della serata. Christian, da gentiluomo quale Edward Rochester, in cui si era impersonato, si era offerto di accompagnarla a casa.
Erano le undici e mezza.
«Allora, passata una bella serata?».
«Sì, mi sono divertita molto. Sei un bravo attore».
Sorrise sotto i baffi. «Lo so, me lo dicono tutti», si vantò.
Gli diede un pugno sulla spalla. «Non montarti troppo la testa».
«Stai tranquilla, non lo farò. Non sono mica uno che se la mena, io», affermò.
Spencer si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo.
Lui l'attirò a sé con gentilezza. «Sono un bravo attore, sì, però sappi che con te non ho mai finto», sussurrò.
Avvampò da capo a piedi.
«Ci vediamo domani». Christian le stampò un bacio leggero sulla fronte, prima di andarsene.
Nel silenzio della notte Spencer avrebbe giurato di sentirlo ridacchiare tra sé. Spaccone.
Entrò in casa con il sorriso sulle labbra, ma lo spettacolo che l'attendeva la lasciò basita.
Sua madre stava seduta al tavolo della cucina, la testa tra le mani, la superficie di legno bagnata di lacrime.
«Mamma? Che ti succede?», domandò allarmata.
Per tutta risposa Joanne strinse forte la figlia, scossa dai singhiozzi.
Le accarezzò i capelli. «Dai, racconta».
Asciugandosi le lacrime mentre strofinava gli occhi, Jo prese a parlare. «Qualche settimana fa, durante una conversazione telefonica, tua nonna mi ha fatto notare che trova il nonno più stanco ed affaticato. E' dimagrito notevolmente, i pantaloni gli stanno larghi, non mangia volentieri».
Il viso solare della figlia s'incupì. «Che significa?».
«Tua nonna mi ha chiamato durante il tuo spettacolo. Si è recata all'ospedale con il nonno per una visita specialistica e...». Non ce la fece a continuare, presa dai singulti.
«Ti prego, vai avanti».
Sua madre le strinse forte la mano, mentre gli occhi colmi di lacrime, specchio dei suoi, la fissavano.
«Gli hanno diagnosticato un cancro», sputò. «Tuo nonno sta morendo».





Sera gente!
Mi scuso immediatamente per averci messo così tanto ad aggiornare ma non ce la facevo con scuola e vari impegni.
Però ho rimediato appena possibile, eh!
Grazie ai 5 che hanno inserito la storia nelle preferite e ai 14 (e dico 14!) che l'hanno inserita nelle seguite, oltre ai 72 commentatori.
Spero continui a piacervi e spero continuiate a seguirmi, magari commentando anche ogni tanto (ho notato che il numero delle recensioni è calato progressivamente).
Grazie a tutti ancora e buona serata
Jo
   
 
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