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Autore: Kara_Sho     15/11/2011    1 recensioni
Gli piace quella preoccupazione.
Gli piace il modo spontaneo e genuino che Juan ha di prendersi cura degli altri.
Gli piace quando si prende cura di lui...
A lui, dopotutto, Juan, è sempre piaciuto.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo



E' estate, il sole sta calando e fa ugualmente caldo.
Nonostante questo c'è chi riesce ad ammalarsi e a farsi venire anche la febbre. Febbre alta.
- Come sta? -
E' una voce femminile, a parlare. Una voce calda, vitale e piena, che si adatta perfettamente ad un volto dai lineamenti fini e, allo stesso tempo, marcati: zigomi alti, labbra carnose ed occhi disegnati, neri, dalle ciglia lunghe e folte. Il tutto abbellito da una pelle apparentemente vellutata, inscurita appena dal sole.
E' difficile stabilire l'età della donna che entra in casa in quel momento, dopo l'ennesima giornata di lavoro ai campi, quello che è sicuro, però, è che non ha più di quarant'anni.
Indossa un gonnellone verde smeraldo -scuro-, lungo fino alle caviglie e, sopra, una maglia leggera, color panna, con le maniche arrotolate fino al gomito. La scollatura, sul davanti, lascia intravedere senza problemi le sue forme colorate dal sole, ambrate, sorrette dal corpetto scuro che le stringe i fianchi.
Si pulisce le mani, sporche di terra, sul grembiule bianco che in parte copre la gonna, lasciandolo poi ricadere, solo leggermente più sporco rispetto a quanto già non fosse, sulla gonna stessa.
Gli occhi sono stanchi, segnati da due profonde occhiaie che, in qualche modo, le donano ulteriore fascino.
Le labbra sono socchiuse, le sopracciglia leggermente inclinate verso il basso, il tutto per un'espressione decisamente preoccupata.
- Sta dormendo. -
- Ha ancora la febbre alta? -
Si muove, senza nemmeno aspettare la risposta, cominciando a camminare decisa, seguendo il corridoio lungo e stretto che la porterà verso la zona posteriore della casa: la zona adibita alle camere da letto.
I capelli, scuri e mossi, sono legati in una coda bassa, morbida, che lascia libere diverse ciocche. Se le sente sulle guance, ai lati del viso, mentre le solleticano le pelle ad ogni passo.
Solleva la mano destra, in automatico, andando a sistemare qualche ciocca dietro al rispettivo orecchio e, senza accorgersene, scopre una macchia di fango sopra al sopracciglio destro.
Un segno scuro, un alone spesso che si sviluppa in lunghezza per qualche centimetro.
Non può accorgersene, al momento, e, comunque, non ci baderebbe troppo nemmeno se fosse davanti ad uno specchio. Dopotutto, è una cosa normale, quando si lavora alla terra. Ci è abituata.
Continua a camminare, decisa, con falcate ampie e rapide, seguita da un uomo sulla sessantina, coi capelli brizzolati e dalla pelle annerita dal sole.
E' preoccupato anche lui e le rughe d'espressione che si possono trovare a lato dei suoi occhi e sulla sua fronte sembrano accentuare ulteriormente la cosa.
- Con lui c'è Isa. -
Isabella, una bambina di appena sette anni, dai capelli lisci, neri e folti; di quei capelli dall'aspetto sano, lucidi. Le incorniciano il viso tondo in un caschetto arrotondato, con tanto di frangetta a coprirle la fronte.
La donna arriva davanti alla camera, allungando la mano verso la maniglia con evidente premura: ha fretta di controllare le condizioni del figlio.
La porta si apre, di scatto, e la bambina si volta rapida, interrompendo quello che stava facendo.
E' protesa in avanti, sopra al letto, e stava semplicemente sistemando una pezza bagnata sulla fronte di un bambino decisamente più piccolo di lei, almeno di aspetto.
I suoi occhi neri, vispi e ansiosi, saettano dal volto arrossato del bambino a quello della madre.
Ha l'atteggiamento e l'espressione di chi è stato colto con le mani nel sacco, come se stesse facendo qualcosa di sbagliato.
- Mamma, si è svegliato da poco...scotta ancora... -
Parla a voce bassa, come se temesse di far danno se anche solo osasse alzare un po' di più il tono di voce. Ha una voce candida, cristallina, macchiata solo dalla preoccupazione più pura.
E' preoccupata per suo fratello, un bambino di, a mala pena, cinque anni.
La madre solleva lo sguardo, cominciando a muovere qualche passo verso il letto del piccolo, ma viene bloccata dalla bambina che le corre incontro. Sembra una fata, con quel vestitino bianco, in cotone, che le svolazza dietro per i movimenti rapidi. La pelle ambrata, abbronzata, viene messa in risalto da quel colore chiaro.
Allunga le braccine esili verso la madre, in cerca un conforto, e si aggrappa a lei, stringendole i fianchi con forza, affondando il faccino nel grembiule macchiato di terra.
La donna abbassa lo sguardo, sorridendole quando la bambina cerca il suo.
Le carezza i capelli, affettuosa, per poi tornare a guardare il malato.
Ne scruta il volto umido, in parte coperto da quel panno bagnato che prima era nelle mani della bambina. Ha le gote arrossate e la respirazione è accelerata, irregolare.
Non è la prima volta che soffre di febbre alta, lui ha sempre avuto una salute cagionevole, ma ogni volta è un'agonia.
Ogni volta, vedere quel bambino ridotto in quelle condizioni, mette paura.
Paura che prima o poi non riesca più a farcela...
- Isa, grazie. - La voce morbida, calda e rassicurante della madre. - Adesso vai dal nonno: mi ha detto che questa sera vorrebbe mangiare qualcosa cucinato da te. -
Basta quell'unica occhiata, rapida ma intensa, che la donna lancia all'uomo alle sue spalle, per decidere ogni cosa.
- Ti va, Isa? -
L'uomo sta al gioco, spostando lo sguardo sulla bambina per incoraggiarla e, allo stesso tempo, tendendo la mano destra verso di lei in un tacito richiamo.
La bambina solleva lo sguardo sulla madre, scrutandone il volto per qualche istante prima di spostarsi a guardare il nonno.
Annuisce e allenta la presa, correndo incontro all'uomo, incontro alla sua mano grossa, ruvida e callosa, che afferra senza esitazione.
- Preparerò un'ottima cena. -
Lo dice con orgoglio, gonfiando di poco il petto piatto mentre lancia un sorrisino timido alla madre. Vuole renderdersi utile, glielo si legge nello sguardo. Poi, torna a guardare l'omone che ha affianco, aspettando solo che sia lui a muoversi.
- Andiamo allora. -
Una voce bassa, maschile, arrochita dall'età e dalla stanchezza.
L'uomo lancia un'occhiata alla figlia, mentre si allunga per afferrare la maniglia della porta.
Le labbra gli si schiudono appena, lasciando scivolare fuori un silenzioso sospiro quando, lo sguardo, si sofferma qualche istante anche sul letto e su quel corpicino poggiato sopra.
Poi, in parte tirato dalla piccola, si allontana, tirandosi dietro la porta per richiuderla.

- Mamma... -
- Eccomi tesoro, hai dormito bene? -
La donna si avvicina al letto, sedendosi sul bordo e poggiando una mano sull'esile petto del piccolo, all'altezza dello sterno, per impedirgli di alzarsi. Non vuole che faccia sforzi inutili; lei è lì, non c'è bisogno di alzarsi.
E gli carezza la testa, scostandogli i capelli umidi.
Il bambino schiude le labbra, inspirando profondamente, affaticato, senza nemmeno riuscire a percepire del tutto quelle carezze che adesso gli sfiorano le guance.
Piega le labbra in una smorfia, contraendo gli occhi e cercando di schiarirsi la gola.
- Mi fa male... -
Una voce infantile, debole e leggermente rauca.
Piagnucola, mentre solleva la manina destra per tastarsi la base del collo. E' così tutte volte: febbre forte e fastidio alla gola.
Lo sente inspirare ancora, gonfiando il piccolo petto, per poi concludere con una breve serie di colpi di tosse.
Ha gli occhi lucidi, un po' per via della febbre e un po' perchè sembra essere sull'orlo del pianto. Dopotutto, quando si ha la febbre, si tende ad avere il pianto facile.
La donna si china su di lui, andandogli a baciare la guancia destra per rassicurarlo, e gli sorride, cercando il suo sguardo.
- Presto starai meglio, lo sai. -
Gli parla a voce bassa, con calma, morbidamente, mentre con delicatezza gli leva la benda dalla fronte.
- Tu sei forte, hai sempre sconfitto il fuoco. Puoi farlo anche questa volta. - E intanto immerge la pezza nella bacinella d'acqua lì affianco, per rinfrescarla nuovamente. - Sei un bravo bambino, se non ti arrendi lui se ne andrà. -
Lo osserva mentre annuisce, e si sforza con tutta se stessa per non lasciar trasparire la preoccupazione che le brucia dentro. Cerca anche di ignorare la stretta al petto e la fitta al cuore che le provoca la sola vista di suo figlio così malato. Deve essere forte anche lei, per lui, per dargli coraggio.
- Tra poco prendiamo l'infuso, va bene? -
- No... -
La voce del bambino si fa improvvisamente tremante, eppure decisa. E' spezzata dalla gola chiusa a causa di quel pianto sempre più vicino allo sfogo.
- Juan...! -
Un tono severo, ma di poco.
Nient'altro che un mobido richiamo.
- Non lo voglio, non mi piace. -
La donna sospira, tornando a chinarsi in avanti, verso il volto del piccolo, andando a poggiare la propria fronte sulla sua.
Scotta.
Ha la febbre molto alta, ancora.
Ha le gote arrossate, gli occhi lucidi e le labbra asciutte, scure.
Torna alla bacinella, infilando le mani dell'acqua per andare a recuperare il panno. Lo strizza per bene prima di risistemarlo sulla fronte del piccolo.
Il bambino socchiude gli occhi, rinvigorito per qualche istante da quella frescura che gli entra sotto pelle. Un sollievo per corpo e mente.
- Allora dovremo fare l'iniezione... -
Juan scuote la testa, imbronciato e contrariato, per poi piagnucolare ancora.
- No, la puntura non la voglio. -
Guarda la madre, con un'aria da cane bastonato, le sopracciglia aggrottate e il labbro inferiore leggermente in fuori.
- Immaginavo. -
Lei gli sorride, divertita e comprensiva allo stesso tempo, mentre gli carezza nuovamente una guancia.
Sente il calore della sua pelle sotto il palmo della mano...
- Allora l'infuso? -
A metà tra l'affermazione e la domadna. Più la prima che la seconda.
Il bambino abbassa lo sguardo sulle lenzuola, osservandole con ancora quell'aria imbronciata addosso, poi, lentamente, comincerebbe a spingersi verso il basso, come se stesse cercando di nascondersi sotto le coperte stesse.
Un ultimo tentativo di fuga, nonostante già sappia quanto ormai sia una cosa vana.
Solleva le manine, afferrando i lembi del lenzuolo per tirarseli sopra la testa, cercando di coprirsi completamente.
- Allora? -
Una voce che lo esorta a fare la sua decisione, e passano ancora altri istanti prima che si decida ad annuire. Sommessamente, rassegnato ma, soprattutto, ancora sotto le coperte.
La donna se ne rende conto solo per il movimento inconfondibile della stoffa.
Sorride, allungando a sua volta le mani verso le lenzuola.
Cerca di sfilarle dalle mani del bambino, per rigirarle su loro stesse, levandogliele dal volto.
Gli sorride, mentre lo copre per bene, tirando i lembi per appiattire le grinze.
Il bambino le rivolge lo sguardo solo quando sente, ancora una volta, le sue mani carezzargli il volto.
- Bravissimo. -






























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Note dell'autore._

Saaaalve a tutti :)
Eccomi qua con una nuova storia ^__^
Broken.
Il titolo in realtà non mi convince molto, ma tra tutti quelli che avevo in mente ho ritenuto fosse il più decente...non me ne vogliate XD
Ad ogni modo, si tratta solo di tre capitoli (Prologo + Capitolo 1 + Capiolo 2 ) e non ci sarà l'attesa che c'è stata (e che continua ad esserci) per "Non me l'aspettavo...". >_<
Qui ho già tutto scritto, quindi no worry u_u

Ultima cosa, per le lettrici dell'altra mia storia: non temete! E' in arrivo anche il capitolo per Andrea e Shin *-*
Beh, alla prossima!
Ciauuu!!! :3


  
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