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Autore: Kara_Sho     23/11/2011    1 recensioni
Gli piace quella preoccupazione.
Gli piace il modo spontaneo e genuino che Juan ha di prendersi cura degli altri.
Gli piace quando si prende cura di lui...
A lui, dopotutto, Juan, è sempre piaciuto.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1



- Dai, corri! Faremo tardi! -
E' buio, il sole è calato da qualche minuto e l'aria della sera smuove morbidamente gli alti steli d'erba dei prati.
E' un'aria che porta con sè l'odore frizzante della libertà ed il sapore delle risate.
Dal villaggio in festa arriva l'eco di una musica ritmica, allegra, fino a loro, che corrono per attraversare il più velocemente possibile quelle immense distese verdi che ancora gli impediscono di unirsi ai festeggiamenti.
- Aspetta! ...solo un attimo...non ho...fiato! -
Diego riesce a fare solo qualche altro passo; quelle ultime, poche e lunghe falcate dettate dall'inerzia, prima di abbandonarsi alla gravità.
Si lascia cadere sulle ginocchia, sull'erba che attutisce la sua caduta. Non gli interessa nemmeno di poter sporcare i vestiti che ha addosso: un paio di pantaloni neri, in tela, ed una camicia bianca, leggera.
Non ha importanza: si sente male.
Poggia le mani a terra, chinandosi in avanti mentre cerca di riprendere fiato.
Si sente stanco e debole, e gli fa male il petto, i polmoni. Se li sente affaticati, tanto che gli tirano.
Il petto gli si gonfia e gli si sgonfia rapidamente, mentre cerca di allontanare quella fastidiosa pressione alle tempie.
In più, il fastidio alla gamba destra che sentiva da qualche giorno, sembra essersi accentuato.
Deve aver fatto qualche brutto movimento, ne è sicuro.
- Hey, che succede? -
La voce di Juan in avvicinamento, lo raggiunge.
E' una voce allegra, spensierata, di chi ancora non ha capito la gravità della situazione.
I suoi piedi battono rapidi sul terreno mentre torna indietro dall'amico, fino a rallentare a solo qualche metro da lui.
- Non sei più abituato a correre così, eh? -
Ha a sua volta il respiro affannato, ed è anche per questo che si piega in avanti, puntando le mani sulle ginocchia, mentre cerca di inquadrare il volto dell'altro.
Gli sta affianco, alla sua sinistra, e nonostante questo non riesce a guardarlo in faccia. E, probabilente, non ci riuscirà fino a che l'altro continuerà a tenere la testa china, con i capelli che ricadono in avanti.
- Aspetta... -
La voce di Diego è tremendamente flebile e, nonostante il tempo passato, è ancora fin troppo affannata.
Parlare gli risulta decisamente troppo faticoso, tanto da non riuscire nemmeno a spiegare quello che si sente. Sembra solo avere urgenza di riprendersi.
Si ritrova costretto a chiudere gli occhi, sperando inutilmente di reprimere il senso di nausea che comincia ad accompagnare tutto il resto.
Gli gira la testa e, mentre comincia a sudare freddo, si ritrova a stringere con violenza gli steli d'erba sotto le proprie dita, cercando forza e sostegno da loro.
Qualcosa non va.
Juan se ne accorge e la sua espressione cambia in un baleno: il sorriso scema, lo sguardo si fa più attento, più apprensivo e, soprattutto, più preoccupato.
Lo scruta, cercando di capire cosa potrebbe fare per essergli d'aiuto. Ne studia il corpo, soffermandosi per qualche istante sulla sua schiena che si alza e si abbassa rapidamente e, poi, sulle sue mani che, per il troppo stringere, stanno strappando l'erba.
- Prova a stenderti... -
E' seriamente preoccupato, glielo si sente anche nella voce e, in quel momento, vorrebbe solo riuscire a far qualcosa per far star meglio l'amico.
Allunga la mano destra, abbandonando il rispettivo ginocchio, per poggiarla sulla sua spalla sinistra, stringendo appena la presa per farsi sentire meglio.
Cercherebbe di sbilanciarlo, esercitando una pressione laterale, verso sinistra e...si sorprende nel vedere quanto l'altro si lasci facilmente guidare.
Sembra quasi che voglia cadere da un momento all'altro.
Sgrana gli occhi, visibilmente allarmato, e si sposta, cercando di mettersi meglio per poterlo sorreggere in vista di ogni evenienza.
Finisce per allungare anche l'altra mano, in preda ad un istinto di protezione, afferrandogli l'altra spalla così da poterlo guidare senza farlo rovinare a terra.
Lo aiuta a voltarsi, con delicatezza, facendolo stendere di schiena sull'erba, reggendogli la testa e accompagnandogliela per non fargliela sbattere.
Ormai, il picchiettare lontano delle maracas è passato in secondo piano.
- Cosa ti senti? Un calo di pressione? -
Cerca di parlargli e di farlo parlare, tornando al suo fianco per poi piegarsi di nuovo sulle ginocchia. E' chino su di lui, così da poter osservare meglio il suo volto e le sue espressioni. D'altronde, se l'amico non riesce a parlare, è normale che lui cerchi di capire qualcosa dalla mimica facciale,no?
Lo vede sofferente e, soprattutto, lo trova incredibilmente pallido.
Gli lancia un'occhiata alle gambe, piegate e non completamente stese.
I suoi piedi puntano sul terreno e, a guardarlo, sembrerebbe quasi che faccia fatica anche solo a tenere le gambe in quella semplice posizione: le vede oscillare pesantemente da una parte all'altra, come se tenerle sù, ferme, fosse improvvisamente diventata un'impresa...eppure qualcosa sembra trattenerlo dall'abbandonarle al suolo.
Aggrotta leggermente le sopracciglia ed allunga la mano destra verso un suo ginocchio, esercitando, poi, una lieve pressione verso il basso per indurlo a farglielo abbassare e a stendere, così, le gambe. O, almeno, quella.
Per un attimo, la sua spinta viene anche assecondata e per un po' riesce a fargli stendere la gamba destra quasi completamente.
- Mh! -
Lo sente gemere di dolore e vede il suo volto contrarsi in una smorfia di sofferenza.
Diego richiama rapidamente la gamba verso l'alto, riappoggiando il piede al terreno con sollievo.
- Mi fa male il fianco...ho corso troppo. -
- Scusami... -
Juan gli sonda il viso con lo sguardo, ancora, soffermandosi su quegli occhi chiusi, sulle sue labbra esangui e, in generale, su quell'espessione smunta.
- Anche questa mattina avevi detto di essere stanco...scusami, non avrei dovuto insistere tanto per andare alla festa. -
Oltre alla voglia di sentirlo parlare, oltre al bisogno di sentirsi dire che non era nulla di grave, ora, ci si metteva anche il senso di colpa.
Allunga la mano destra verso il suo volto, per scostargli alcune ciocche umide dalla fronte e liberargliela.
E' sudato...
- Sei bollente. -
Potrebbe avere la febbre.
E' la prima cosa a cui pensa.
Forse, in parte, spera sia così...almeno saprebbe cosa fare dato che in passato lui ha dovuto combatterci parecchie volte.
Appoggia la mano sinistra a terra, per poi chinarsi in avanti, verso di lui e nel giro di pochi istanti si ritrova a gattoni, con le ginocchia sull'erba, così da non rischiare di cadergli addosso.
Cerca di raggiungere il suo volto col proprio, limitandosi a guardarlo dall'alto.
Lo vede schiudere gli occhi, e lo sguardo lucido, perso e vacuo, che incrocia non è nulla di rassicurante.
Allunga l'altra mano, la destra, verso la sua guancia, per indurlo a ruotare, anche se di poco, il viso verso di lui.
Sfiora il suo naso col proprio, per poi raggiungere lentaente la fronte con la sua.
Chiude gli occhi, concentrandosi solo su quello che sente attraverso la propria pelle: sua madre faceva così, per misurargli la febbre.  
Il calore della fronte dell'altro sembra pizzicargli gli occhi...una sensazione quasi piacevole ma, in ogni caso, quel calore è decisamente troppo intenso per poter essere considerato "nella norma".
- Che fai..? -
La voce confusa e affaticata dell'altro lo raggiunge, costringendolo a darsi una mossa.
Diego lo guarda, o almeno ci prova, da quella distanza ravvicinata.
Sente la sua fronte contro la propria, sente il suo naso che sfiora il proprio e, soprattutto, sente il suo respiro sulle labbra.
- Hai la febbre. -
Lo guarda, e si ritrova a pensare che vorrebbe restare così per sempre.
Sentire la sua voce accarezzargli la pelle è stato inebriante.
Eppure è costretto a vederlo allonanarsi, sentendo la sua mano scivolar via dalla propria guancia, come se nulla fosse.
Juan si ritrae, finendo seduto sulle caviglie e abbandonando mollemente le mani sulle cosce, sconsolato.
Lancia un'occhiata in direzione di casa sua, al di là di quel prato che stavano percorrendo nel senso opposto: dovranno fare parecchia strada, per tornare indietro...
E Diego, intanto, continua a non dire nulla e a non preoccuparsi più di niente, restando semplicemente steso al suolo, con lo sguardo fisso verso l'alto.
E' tramortito.
Ha troppe cose in circolo.
Dolore, stordimento e calore.
Calore, sì, ma non solo di quello dovuto alla febbre...in mezzo c'è anche quello dato dal cuore.
Quell'avere avuto Juan così vicino, anche solo per qualche istante, è bastato per accendergli il fuoco nel petto. E sa bene che si tratta di quel tipo di fiamme che, lentamente, scaveranno una voragine.
- Andiamo a casa, dai. -
Juan si dà una leggera spinta sulle ginocchia per rimettersi in piedi.
Lo fa lentamente, senza staccare gli occhi da dosso all'amico e, prima di chinarsi per aiutarlo a rialzarsi, si volta a guardare in direzione del villaggio, in direzione della festa alla quale sarebbero dovuti andare. Beh, è stata rimandata al prossimo anno.
- Mi spiace...così non vedrai Gabriela... -
Diego lo ha notato, quello sguardo.
- Non ci pensare, posso vederla un'altra volta. Adesso sei tu quello che ha bisogno di me. -
Juan gli sorride, affettuoso, mentre lo aiuta ad alzarsi, afferrandogli le mani per poi passargli un braccio sotto le braccia, sorreggendolo e permettendogli di aggrapparsi alle proprie spalle.
Juan è sempre stato un ragazzo molto affettuoso, fin da bambino, con la tendenza ad adottare alcuni atteggiamenti particolari, a volte un po' femminili, come la propensione ad accarezzare o ad abbracciare.
Il fatto è che, per diversi anni della sua infanzia, a causa della sua salute cagionevole, ha vissuto in casa sotto le sole cure della madre e della sorella.
Sotto cure esclusivamente femminili.
C'era anche suo nonno, sì...ma è morto presto e lui non ha avuto modo di apprendere come si dovrebbe comportare un vero uomo.
Non ha conosciuto nessun altro per diverso tempo, costretto a letto, fino a che non ha cominciato a desiderare di correre in mezzo ai prati verdi che poteva vedere solo attraverso la finestra di camera sua.
E' stato durante una delle sue uscite che ha conosciuto lui, il bambino della casetta affianco: Diego.
E' per questo che, alla fine, le uniche forme di affetto che conosce, sono le carezze e gli abbracci. Gli stessi che la madre e la sorella gli dispendiavano ogni volta che stava male.
Per esperienza, sa bene quanto possa essere rincuorante una carezza sicura sulla pelle, soprattutto quando si è malati.
Quando non si sta bene, ci si sente tremendamente deboli e si avverte quasi il bisogno fisico di doversi appoggorare a qualcuno e, quando non è possibile altro, anche solo un piccolo gesto come quello, può essere di grande aiuto.
- In compenso...anche io rinuncerò alla mia caccia di bei ragazzi. -
Ridacchia, Diego, finendo di sistemarsi meglio contro l'amico, aggrappandosi più saldamente che può alle sue spalle, per quanto glielo permettono le sue condizioni attuali.
Sembra faccia uno sforzo disumano anche solo per cercare lo sguardo dell'altro, per lanciargli un'occhiata complice, d'intesa.
Ciò che riceve in risposta, però, è un'occhiata severa, di rimprovero.
- Devi stare attento, lo sai. -
Il tono di Juan si fa improvvisamente serio e rigido, mentre sposta lo sguardo avanti a sè, fissando la distesa verde che dovranno ripercorrere, all'indietro.
- Scherzavo... -
Diego dstoglie a sua volta lo sguardo, abbassandolo per soffermarsi sui fili d'erba che man mano si ritrova a calpestare.
Si è sempre sentito più propenso verso i maschi, piuttosto che per le femmine.
Juan lo sa.
E' venuto a saperlo un giorno, di un paio di anni prima, quando lo aveva sorpreso mentre si baciava con un altro ragazzo.
Lo stava cercando per dirgli qualcosa, qualcosa che in quel momento doveva essere di vitale importanza vista l'urgenza di quella ricerca. E alla fine l'ha trovato, là, con le labbra attaccate a quelle di un altro, dietro al finile di casa sua.
Probabilmente doveva essere un luogo sicuro.
Se solo non fosse andato a cercarlo, se solo non avesse avuto quella notizia urgente da dirgli, probabilmente, ancora adesso, non saprebbe nulla.
Gli ci è voluto un po' per accettare questa sua particolarità ma, alla fine, è riuscito ad andare oltre quella barriera, riuscendo a ritrovare, sotto quel quadro distorto, il suo amico di sempre.
E a Diego ha fatto tremendamente piacere...così come gli fa piacere che, in occasioni come quelle, ci sia Juan a preoccuparsi per lui.
Tra i due, a tenere di più alla sua sicurezza, sembra essere proprio l'altro.
E lui si diverte a stuzzicarlo, facendo battute come quella di poco prima solo per farsi rimproverare.
Gli piace quella preoccupazione.
Gli piace il modo spontaneo e genuino che Juan ha di prendersi cura degli altri.
Gli piace quando si prende cura di lui...
A lui, dopotutto, Juan, è sempre piaciuto.






























  
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