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Autore: Remedios la Bella    16/11/2011    3 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 34
 
Un dolore lancinante alla gamba ferita misto alla stanchezza avevano favorito l’assopimento dei miei sensi. Ma non prima di vedere John venirmi incontro. Per salvarmi, o provare a farlo.
Lo amavo immensamente, saprebbe che lo avrebbe fatto, inevitabilmente dalla situazione in cui si sarebbe trovato, ma sotto quella pioggia portatrice di iella, il grilletto che avrebbe schioccato della pistola del capo delle guardie, e la faccia dubbiosa di John davanti alla scelta di salvarmi o di scappare insieme a Deborah, anche la mia voglia di salvarmi si era esaurita. Ero stata una sciocca a farmi prendere, ma non potevo permettere che anche John facesse una fine indegna di lui. Io … me la sarei cavata di sicuro, ma lui con un buco in testa non sarebbe servito a molto per la salvezza di Deborah e il suo ricongiungimento con mio fratello.
E poi, non mi sarei perdonata la sua morte,in quei secondi che scandivano un colpo nelle cervella da una fuga in lacrime. Con tutto l’ultimo briciolo di audacia rimastami in corpo, lo avevo supplicato di lasciarmi stare, che me la sarei cavata in qualche modo, e anche se fossi morta, sarei stata felice, sapendo che prima o poi anche lui sarebbe stato felice. E lui, mi aveva ascoltato, non egoisticamente, ma controvoglia, rivolgendomi l’ultimo sguardo triste che forse ci saremmo scambiati nella striscia di vita che inevitabilmente mi mancava. Poi la risata del soldato e il mio peso sollevato sulle sue spalle. Il sonno, in quel momento, insieme a lacrime che per paura non uscirono, congedarono i miei sensi, e mi permisero di addormentarmi, con il cuore pieno di spilli.
Il buio aveva sopraffatto i miei occhi per tutto il tragitto verso la meta, nessun sogno che potesse in qualche modo darmi l’illusione di essere arrivata, solo nero che mi disorientava e che scomparve solo quando aprii le palpebre, dopo non so quanto tempo che ero svenuta.
La prima cosa che vidi … grigio. Un grigio mattone, smorto e buio, un muro scrostato dal tempo e dall’umidità. Un senso di inquietudine mi sconvolse dentro .. ero forse morta e quello era una specie di zona post morte? Provai ad alzare la testa e incontrai un’altra parete, sempre grigia, fatta di mattoni ormai tutti consunti e scalcinati.
No, se quello era il paradiso io ero Hitler. Il respiro tornò normale e cercai di orientarmi in quello spazio angusto e di capire cosa diavolo stesse succedendo.
Ero stesa su una tavola, legata con delle catene arrugginite alla parete. Dubitavo che quel pezzo di legno avrebbe sorretto il mio peso, ma qualcosa di pesante impediva al mio corpo di muoversi. Mi ricordai della ferita alla gamba, e la guardai automaticamente. Constatai, con enorme sorpresa, che era steccata e fasciata, anche se in maniera piuttosto rudimentale. Non faceva più male come nell’attimo in cui la pallottola mi aveva colpito, ma era pesante. In tutto quel tempo si doveva essere addormentata.
Cercai di spostarla con fatica in posizione eretta, così’ che il sangue riprendesse a circolare, e solo voltandomi in posizione seduta sul lettino, notai un’altra asse di legno sull’altra parete, e una figura seduta, con la testa abbassata e le mani giunte.
Notai anche una porta di ferro nera, e una piccola finestrella da cui la luce passava a stento. Una cella di contenimento. Pensai che, nonostante tutto, non era male. Se poi pensavo che l’altra opzione sarebbe stata la mattanza pubblica.
Mi avevano chiusa in una stanza completamente nera, con un uomo che a giudicare dalla luce e dall’ombra, sembrava piuttosto cupo e massiccio.
“ S – scusi … mi può dire …” cercai di attaccare discorso con quello lì. Lui alzò la testa lentamente, e incontrai uno sguardo che mi parse terribilmente familiare: due pietre onice, ovvero due occhi neri come il carbone, profondi come pozzi, mi squadrarono con fare curioso e per niente minaccioso.
La figura si alzò, e solo allora mi avvidi della sua mostruosa altezza. Aveva una aspetto stanco ma non troppo anziano, sembrava un detenuto da chissà quanti anni. Mi si avvicinò dolcemente:” Sei in una cella … io qui ci sono da tipo … dieci anni penso … tu ci sei arrivata dormendo.”
“ Oh … posso sapere il suo nome?” mi ispirava timidezza quello sguardo tanto profondo e quelle occhiaie tanto segnate che possedeva quel signore. Ma non mi ritrassi, sentivo che in qualche modo potevo fidarmi di lui.
“ Menuchin … tu?”
“ Elly … Menuchin .. che nome strano …”
“ Sono ebreo, ma stranamente non mi hanno ancora fatto fuori.” Rispose pacatamente l’uomo.
“ Come mai?”
“ Di professione faccio il medico, e diciamo che i nostri cari soldati hanno bisogno del mio aiuto per guarire …”
“ Capisco …” non mi stupii più di tanto dopo la sua affermazione. Lo feci sedere accanto a me, e dato che il tempo doveva passare, mi feci raccontare da lui la sua storia.
 
Bombe, sangue, bombe e spari. Un ciclo che non finiva mai, attutito da un casco che a malapena mi avrebbe protetto dai colpi di fucile. Facce morte, bianche in volto, di persone che avevano perso ormai ogni speranza di poter tornare davvero a casa e di riabbracciare le persone amate. Solo il viso di Jordan, seduto accanto a me, mi dava qualche speranza. Anche se ormai, la luce nei suoi occhi si stava per spegnere.
Non stava per morire, ma stava per farlo la sua anima. Tutto in quella tenda ai confini del campo, la trincea distante quasi anni luce.
“ Riesci a combattere?” gli chiesi, avvicinandomi a lui e guardandolo negli occhi.
“ Non tanto …. Per niente. Tutto ciò è stupido, non trovi?”
“ per niente … siamo tutti sulla stessa barca amico … dobbiamo remare fino alla sponda se non vogliamo che gli squali ci affondino.”
“ Ma sentilo …” un lieve sorrisetto apparve sul suo volto stanco. Ero riuscito a tirarlo un po’ su, ma non era di certo il luogo adatto per scherzare.
Ci avevano appena comunicato che la truppa Alfa era stata colpita di sorpresa dal nemico e che servivano rinforzi al più presto, e che un gruppo di persone sul settore  Ovest era stato ferito e servivano uomini per portare in salvo quelle ancora vive verso le tende ospedaliere.
“ Soldato Schubert e compagno … andate sul settore Ovest, serve rinforzo medico.” Ci aveva urlato il soldato, appena entrato nella tenda.
Avevo annuito poco convinto e dato una pacca sulla spalla di Jordan:” Pronto?”
“ pronto …” aveva sussurrato lui dopo essersi alzato dalla panca. Imbracai il fucile saldamente e anche Jordan fece lo stesso.
“ Buona fortuna …” ci disse flebilmente l’uomo di prima:” e non fatevi ammazzare …”
“ ci proveremo …” dissi io, prima di uscire.
Guerra. Un contadino che semina distruzione su un campo arato dall’odio e dal rancore. I frutti maturano in esplosioni e sangue, le urla sono i fiori che sbocciano sulle piante matura.
Uno spettacolo che avrebbe reso desolato qualsiasi cuore.
Il settore Ovest si trovava a poca distanza da lì, ma ci voleva tempo per arrivare, e ciò avrebbe comportato una corsa enorme contro il tempo e un invito esplicito a saltare in aria come mine.
“ Amico!” urlai, mentre correvo coma un pazzo a testa bassa, mentre il rumore degli esplosivi mi martoriava i timpani:” Coprimi le spalle!”
“ D’accordo!” aveva urlato lui, dietro di me. Preparò le munizioni nella canna, mentre un gruppo di soldati si fece vedere sopra una vettura rovesciata in strada.
Soldati nemici. Detestavo dover agire, ma in quella situazione non potevo far altro che far emergere il mio istinto di tedesco, represso nei meandri più profondi di me stesso.
Preparai il fucile e premetti il grilletto.
 
Elly … perché lo hai fatto? E dire che contavo sul fatto che avrei incontrato di nuovo Max con te, con te che avresti sorriso con le lacrime agli occhi … e invece anche la mia strada si separava da te, e si congiungeva a quella di John, triste come me per il tuo sacrificio.
“ Mi dispiace Deborah … non sono riuscito a metterla in salvo …” si era scusato lui, mentre scappavamo.
“ Non preoccuparti di questo .. ora scappiamo …” dissi io, anche se continuavo a pensare a come sarebbe stato difficile non avere più il supporto di una buona amica come lei.
Da odio verso la mia “ razza”, quel suo sentimento si era mutato in una compassione che aveva infuso al suo cuore coraggio e altruismo. Aveva pianto con me durante il periodo a casa Mendel, e ora io avrei pianto con uno della famiglia Mendel, ma senza di lei. Ciò mi demoralizzava più di quanto ogni umano possa immaginare.
Pensando a tutto ciò, arrivammo al limitare della foresta e ci trovammo nel bel mezzo di un campo di grano maturo. Ottimo nascondiglio.
“ John … facciamo una pausa … ti va?”
“ va bene … devo riprendere fiato.”
Cercammo, camminando in mezzo agli steli che mi punzecchiavano le gambe, un posto dove sederci, ben nascosto tra gli steli di grano più alti. Non sembrava grano coltivato, ma più quello selvatico, che cresceva spontaneo in campagna, e che poteva tranquillamente raggiungere altezze notevoli, tali da nascondere alla perfezione un uomo inginocchiato. Mi addentrai alla cieca in quel luogo sperduto, andando sempre dritta, mentre la notte non mi aiutava di certo a orientarmi. Un canto frenetico di grilli mi disorientava, o dopo un po’, subentrò un qualcosa di inquietante.
Una specie di tanfo nauseabondo … qualcosa che mi fece chiudere il anso all’istante.
“ Che puzza …” mi chiusi il naso in modo ermetico, ma sembrava che il tanfo mi entrasse in gola da quanto era intenso. Anche John si era chiuso il naso disgustato.
Nel piccolo cassetto della mia memoria riservato agli odori, cercai di identificare quell’odore, un qualcosa che mi desse modo di dire cosa effettivamente fosse.
Era intenso, sapeva di marcio e dava la nausea, come se qualcosa stagnasse nell’acqua sporca di uno stagno e fosse infestato di mosche cavalline. Un qualcosa simile a un … cadavere?
Un cadavere era proprio l’ultima cosa che avrei voluto vedere quella sera.
Dopo un po’ di tempo, sentii i miei piedi affondare in qualcosa di melmoso. Mi guardai sotto e constatai che la scarpa di era impantanata in un fango acquoso e melmoso; ero nei pressi di uno stagno.
“ Stai bene?” mi chiese John, che stava attento a dove mettere i piedi.
“ Si si … niente di rotto … solo un piede sporco, tutto qui … continuiamo?”
“ Siamo sulla riva di uno stagno, ci converrà proseguire di lato … dobbiamo evitare di bagnarci.”
“ hai ragione …” tentai di muovere il piede per poterlo sbloccare dal fango, ma il mio precario equilibrio mi giocò il brutto scherzo di farmi rovinare a terra, facendomi cadere in acqua. Un’acqua stagnante e dall’odore particolare.
“ Cielo … tutto a posto?” Fece John avvicinandosi per vedere come stavo. Avevo il vestito impiastricciato e umido, ma ciò che più mi preoccupava non era tanto l’essere bagnata, ma il colore che il vestito aveva assunto; macchie sfocate tinte di rosso sangue.
“ ma cosa …” Mi guardai le macchie sui vestiti e mi voltai  in cerca di qualcosa. Orrendamente, mi resi conto che aver catalogato l’odore di prime come quello di cadavere non era stato un errore.
E quale fu la mia sorpresa nel constatare che era il cadavere del dottore di due o tre settimane fa. L’uomo benevolo di tempo prima era ridotto a un pezzo di carne attaccato dalle mosche, e con un grosso buco al centro del petto. Le orride pupille vuote si riflettevano sotto al luce della luna.
Il mio grido soffocato non tardò a uscire:” AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHH!!!”
Mi coprii inorridita la bocca:” Non è possibile …”
“ Ecco perché sapevano … maledetti bastardi senza scrupoli …” aveva detto a denti stretti John. Mi diede una mano ad uscire.
“ Non pensarci adesso … pensiamo a trovare un posto dove nasconderci adesso …”
 Annuii alla affermazione di John, e distolsi gli occhi da quel corpo, per poi incamminarmi ancora tremante.
Sarebbe durato ancora a lungo questo periodo di pura follia umana? 

   
 
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