I take a mental pictures of you, tonight.
Castiel
non aveva mai fatto tante cose nella sua vita- esistenza.
Non
aveva mai pensato, ed è assurdo dirlo, ma davvero, non aveva
mai
avuto l’obbligo di pensare, c’era sempre suo padre
a decidere, a pensare per
tutti e nella Sua splendente onniscienza non c’era davvero
nulla che potesse
sbagliare, che potesse fraintendere. Dio era tutto, era frammentato nel
mondo e
non avrebbe mai potuto fraintendere qualcosa che Lui stesso aveva
creato.
Nella
sua esistenza Castiel non aveva mai avuto freddo, né paura,
non
aveva mai sentito dolore ma solo un amore, un amore bellissimo e puro
che
andava aldilà di ogni concetto umano, aldilà di
ogni mera dimostrazione
d’affetto umana.
Castiel
aveva provato solo amore, ma non c’era mai stata
null’altra
emozione, nemmeno un briciolo di dolore per poter apprezzare tutto
quell’amore,
per poterlo circoscrivere, per poterlo desiderare ancora una volta di
più.
Castiel
non aveva mai realmente sentito qualcosa, e non sarebbe stato
un problema se non avesse iniziato a sentire la mancanza di quel qualcosa.
Aveva
iniziato a guardare le vite degli umani in un tempo imprecisato,
e aveva capito che il tempo per lui così infinito e scontato
era effimero per
gli uomini, allora si era chiesto perché –
perché dar loro vite così brevi? Li
aveva visti soffrire, morire, piangere e li aveva visti amare,
sorridere e
provare una gamma così vasta di emozioni che lo
sopraffacevano. Aveva capito
che forse, forse, vivevano così poco perché
provavano così tanto, forse le
emozioni corrodevano, non sapeva dirlo.
Castiel
conosceva solo la bellezza pura della creazione divina, e non
aveva mai visto nient’altro che potesse definire
così bello, così puro, così
perfetto. Ma la perfezione è anche fredda, razionale, la
perfezione è luce
divina destinata a tutti e piena d’amore, ma è
solo un flusso di calore, solo
un collegamento tra gli angeli e loro padre. Non era un abbraccio, era
un
richiamo.
Non
era vibrante d’emozione, non era struggente.
Per
la prima volta nella sua vita Castiel pensò che qualcosa
fosse
bello, anzi, bellissimo, e non era la luce pura e meravigliosa di suo
Padre –
eppure così distante – ma l’anima di un
uomo tra le fiamme del suo inferno
personale.
C’era
tutto quello che gli era sempre mancato, in quell’anima,
c’era
tutto l’amore e tutto il dolore con cui circoscriverlo.
C’era rabbia e
senso di colpa, c’era
il desiderio struggente di rimanere lì a subire tutto quel
dolore e soprattutto
- soprattutto -
c’era stato l’abbraccio
quando alla fine si era arreso, e fu la prima e ultima volta che
Castiel vide Dean
Winchester arrendersi.
*
Adesso
Castiel si trovava in un corpo umano, e doveva fare i conti con
quanto fosse stretto e scomodo per contenere tutta la sua Grazia.
Adesso
Castiel era in piedi vicino al letto di Dean, e aveva gli occhi
puntati su quel lembo di pelle bruciata che portava la sua impronta. Un
segno
che non aveva potuto far a meno di imporgli perché era
così bello, così bello e
luminoso che Castiel voleva reclamarlo per sé, e non gli
bastava aver risanato
la sua pelle e i suoi muscoli, la sua vita per interno con la sua
Grazia,
voleva un legame con lui e ne voleva sempre di più.
Si
era riscoperto egoista e non riusciva a capire quando fosse
iniziato.
Si
avvicinò a lui senza far rumore, anche se non lo avrebbe
svegliato comunque,
e accarezzò con la punta dei suoi polpastrelli
quell’impronta semi nascosta
dalla manica della corta maglietta.
Vide
le sue palpebre agitarsi, sotto il movimento più veloce
delle sue
iridi e lo sentì emettere un respiro soddisfatto, quando
Castiel lo spinse
leggermente in un sonno più profondo evitandogli incubi e
dolorosi ricordi.
L’aveva
marchiato nell’anima, lo desiderava così tanto che
era quasi un
dolore fisico, lo trovava così bello che anche la luce pura
e divina passava in
secondo piano, con tutta la sua fredda distanza e algida perfezione.
Dean era
più vicino, lo era sempre stato, era calore e la sua anima
brillava così tanto,
così tanto.
Chiuse
gli occhi e sospirò appena, una cosa che aveva visto fare
agli
umani più volte, perché aveva trovato quello che
andava cercando, ma non
avrebbe potuto… i doveri… suo Padre… Se Dean
l’avesse sentito probabilmente avrebbe detto “’fanculo
tutto!” oppure
qualcosa di offensivo nei confronti di suo Padre e Castiel
piegò le labbra in
un sorriso appena accennato e un po’ rassegnato.
Lo
guardò di nuovo – forse non aveva mai smesso
– guardò il suo viso
calmo e tranquillo, i suoi tratti rilassati e cercò di
ricordarsi quell’immagine
rubata per portarla con sé. A Dean sicuramente non sarebbe
piaciuta una cosa
del genere, l’avrebbe definita “melensa”,
“sdolcinata”, “roba per ragazzine
frustrate”.
Castiel
lo sapeva perché lo conosceva, lo conosceva in ogni suo
frammento, conosceva ogni cellula del suo corpo in un legame
così profondo che
imbarazzava Dean.
Adesso
Castiel sapeva tante cose, ma non riusciva a dirne solo una.
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E' la prima volta che scrivo Destiel e l'ho fatto in un modo scemo e un po' (un po' tanto) banale, ma se non l'avessi pubblicata ci sarei rimasta stupidamente male. D:
Ohh, quanto amo il Destiel, quanto amo Castiel! Castiel che spunterà fuori al più presto nella settima serie, perché no, no e poi no, lui non è morto e sta facendo qualcosa di... importante, ecco! çAç
Grazie per aver letto,
Red.