A perfect melody
Capitolo
2
Le
finestre erano aperte e sebbene fino a
qualche giorno prima aveva piovuto, quella sera c’era un
caldo soffocante. Non
riusciva a respirare, la fronte era imperlata di sudore e nemmeno la
leggera
brezza del ventilatore, posto sul soffitto, riusciva a darle sollievo.
Le
coperte erano ammucchiate ai suoi piedi e le luci dei lampioni,
provenienti
dalla strada, illuminavano la stanza, colpendo lo specchio sul quale la
luce si
rifletteva, creando così dei giochi di luce. Hinata non
riusciva a dormire,
continuava ad osservare una sfaccettatura, color arcobaleno, sul
soffitto,
cercando di prendere sonno. L’album era posto sulla
scrivania, vicino al
cappotto e agli occhiali da sole, che era solita ad usare per
nascondersi. Si
sentiva stranamente irrequieta e non sapeva cosa fare per calmarsi.
Come un
automa si alzò, mettendosi seduta sul letto e guardandosi
attorno. Infilò le
ciabatte pelose e viola, regalo di sua sorella Hanabi, la vestaglia del
medesimo colore e uscì dalla stanza, in cerca di distrazioni
in giro per l’abitazione.
Era
una casa troppo grande per una sola
persona e anche fin troppo silenziosa. Aveva proposto alla sua
assistente
Sakura di andare a vivere con lei, in modo da non farle fare avanti e
indietro
da casa sua e di avere un poco di compagnia, ma lei aveva rifiutato.
Sebbene
avesse abusato della scusa di non volerla disturbare, soprattutto
mentre era
intenta a comporre dei nuovi brani, sapeva che in realtà
voleva passare più
tempo possibile con il suo fidanzato e di certo non voleva fargliene
una colpa.
Girovagò
per le varie stanze, andando poi
in cucina a preparasi una camomilla, nella speranza che
l’aiutasse a farle
prendere sonno, ma non sorbiva nessun effetto. Sul bancone
c’erano un pacchetto
di fiammiferi e senza un reale motivo se li mise in tasca. Poi si era
sistemata
comodamente sul divano e aveva acceso la tv, distraendosi con il primo
programma demenziale che aveva scorto. Nemmeno quello, tuttavia,
sembrava
riuscir a farle dimenticare la sensazione sgradevole di qualcosa che
non andava,
ma più cercava di capire cos’era più
aumentava anche la sensazione di
nervosismo. Stanca, decise di dedicarsi in qualche modo al suo lavoro.
Ripercorse le scale e si diresse verso la stanza in cui c’era
il suo
pianoforte. La porta era ricoperta dal cellofan, segno che ancora non
c’era
entrata, mise la mano sulla maniglia in ottone e
l’abbassò. Spinse la porta, in
modo da aprirsi verso l’interno e darle modo di osservare
quella stanza. Le
pareti erano bianche immacolate - incominciava ad essere stanca di quel
colore
neutrale- e in mezzo ad alla stanza c’era il suo strumento di
lavoro. Il nero
lucido dello strumento rifletteva la poca luce che filtrava dalla tenda
della
finestra aperta. Hinata aggrottò le sopracciglia, non si
ricordava di averla
mai aperta, non ricordava nemmeno che esistesse quella camera.
Aggirò il piano
e andò a controllare che tutto fosse a posto.
S’affacciò sul balcone e non vide
nessuno, nemmeno in strada, ma era comprensibile era notte fonda.
Scuotendo la
testa, per l’ennesima volta, socchiuse le persiane in modo
che la stanza
rimanesse al buio e il vento circolasse per la camera in modo da
rinfrescare
l’ambiente. Dalla tasca della propria vestaglia riprese i
fiammiferi e ne
accese uno, si guardò attorno. Di solito preferiva lavorare
nell’auditorium del
paese, ma per quella notte avrebbe fatto un’eccezione.
Sforzando i propri occhi
ad abituarsi al buio, individuò un paio di candele sopra il
piano e le accese.
Sakura doveva aver disseminato l’intera stanza di candele, in
quanto non c’era
la corrente elettrica in quella stanza. L’unica camera che
non erano riusciti a
“modernizzare” e alla fine era riuscita ad
accendere tutte le candele presenti in
quel posto. La luce calda dei ceri le infondeva un poco di
tranquillità. Con le
dita della mano sfiorò tutto il perimetro dello strumento,
seguendo i bordi
dolci e ondulati; la superficie era fredda e liscia e le piaceva quel
tocco.
Quando arrivò di fronte allo sgabello ci si sedette,
percependo il morbido del
cuscino. Con entrambe le mani assaporò ancora una volta la
sostanza liscia, fredda,
ma anche dura del legno e poi osservò i tasti neri e
bianchi. Ne pigiò uno e ne
uscì un suono dolce e tenue, il Sol.
Quando
alzò lo sguardo per controllare il leggio, rimase sorpresa
nel edere che
l’album che prima era sulla scrivania, perché era
sicura che si trattasse
dell’album che le aveva dato lo sconosciuto. Non lo aveva
portato con sé e come
era finito proprio in quella stanza proprio sul leggio?
Spostò con impeto lo
sgabello, cadendo all’indietro. Sbattendo così la
testa sul pavimento, i suoi
occhi fecero fatica a non chiudersi, ma quando videro
un’ombra sul soffitto,
che sembrava osservarla, divennero ancora più pesanti.
Quell’ombra incominciò a
danzare sopra la sua testa e a scendere verso di lei, fino a
circondarla e
tutto attorno a lei si fece nero.
Un
incendio ha colto di sorpresa, nel sonno, un gruppetto di amici. Erano
di ritorno
dal concerto della famosa musicista, Miss Hyuuga, e un cortocircuito in
cucina
ha incendiato tutto il condominio. Oltre al gruppetto di amici, ci sono
atre vittime,
tra cui una madre e un bambino. Per i ragazzi non
c’è stato nulla da fare, sono
stati trovati i corpi carbonizzati.
Una
lacrima solcò la guancia della
ragazza, che ancora stava dormendo. Voleva scappare da quella
realtà, da
quell’incubo che era costretta a rivivere ogni volta che
chiudeva gli occhi.
Un
pirata della strada ha investito i genitori di un neonato, proprio
mentre la
famiglia era uscita dall’auditorium, dove prima si era tenuto
un concerto. Il
bambino è rimasto orfano e i famigliari ne sono distrutti. I
corpi sono stati
ritrovati in condizioni pietose.
Era
colpa sua? Certo, che lo era. Quel
bambino aveva perso i genitori così
prematuramente e non se li sarebbe nemmeno ricordato. Si sentiva
un’assassina.
Attimi
di terrore hanno avvolto il teatro di Okinawa. Durante un concerto, un
pazzo è
entrato, sequestrando gli spettatori e l’artista Hyuuga,
sparando
all’impazzata. Sono state lunghe ore quelle che si sono
succedute. Il pazzo, un
rinnegato della società, si era dichiarato follemente
innamorato della
musicista e minacciando di compiere una strage se non avesse accettato
la sua
proposta di matrimonio. I feriti sono molti come i morti. Da allora
Hinata
Hyuuga ha annunciato di non apparire più in pubblico. Ha
anche annunciato di
volersi prendere una pausa e di smettere di esibirsi a causa dello
shock di
quel giorno disastroso. Molti fan si sono riuniti per…
Urlò
di rabbia e frustrazione. Quel
giorno era stato rovinato ancora di più a causa sua. Al
giornale erano più
impegnati a metterla sotto i riflettori che spiegare cosa fosse
successo in
quel maledetto teatro. Avevano appena accennato alla morte di molte
persone, ma
non si erano soffermati più di tanto. Come se loro non
fossero importati come
lei, anzi, erano anche più inferiori di lei. Questo non lo
poteva accettare, ma
non si era mai opposta, non aveva mai detto nulla. Si era limitata ad
assistere
passivamente e fingendo sorrisi che erano, solamente, l’ombra
di quelli che
erano una volta.
Lacrime.
Solo queste versava. Si sentiva
vuota e meschina, come potevano trattarla in quel modo? E’
così che la
vedevano? Una dea, una divinità da adorare e che era
superiore a tutti? Non era
così che la trattava la sua famiglia e non si sentiva tale.
Ma i media
sembravano provarci gusto nel stravolgere la sua vita.
Riaprì
lentamente gli occhi e la prima
cosa che osservò fu il bianco del soffitto. Le persiane
erano ancora chiuse, ma
poteva ben vedere che alcuni raggi del sole filtravano da dietro il
legno
ruvido e rovinato di esse. Le candele erano ancora accese, ma nel corso
della
notte si erano consumate molto perché vide della cera
scivolare lungo il piano
forte, sulla tastiera e sul pavimento. A fatica si tirò su
con i gomiti. I
lunghi capelli assecondavano ogni suo movimento oscillando fluidamente.
Si
portò una mano alla fronte, sfiorandosela con delicatezza;
la testa le
rimbombava e la stordiva ancora di più. Sbatté
gli occhi più volte, cercandosi
di ricordare dove si trovasse. Vide il piano e comprese di essere in
quello che
dovrebbe essere la sua stanza da lavoro. Era svenuta? Probabile. Alla
fine,
quando il capo smise di pulsare e sentendosi meglio, si rimise in
piedi,
appoggiandosi al piano. Ancora confusa si diresse verso il bagno, a
cercare
conforto sotto l’acqua calda.
Il
getto d’acqua calda la colpiva
violentemente la schiena, ma lei non se ne curava. Era persa nei suoi
pensieri.
Da quando era ritornata nel suo paese d’origine, quella che
dovrebbe essere la
sua confortevole casa, sembrava che ci fosse qualche entità
superiore che
volesse divertirsi con lei.
Che
ironia, ero molto vicino
alla verità.
Da
giorni non riusciva più a scrivere una
mezza nota, sembrava che l’ispirazione se ne fosse andata,
reclamando una
vacanza anticipata. I contatti con la sua famiglia erano sempre
più disastrosi:
suo padre voleva che ritornasse a casa, per una volta soddisfatto di
sua
figlia. Lei sapeva il perché: era diventata famosa e aveva
molto successo e
sebbene non lo dicesse apertamente, voleva imporle un matrimonio solo
per avere
un motivo in più di cui vantarsi. Suo cugino Neji, per
quanto cercasse di
essere gentile con lei, voleva che ritornasse a casa, ma non per lo
stesso
motivo di suo padre. Era dolce da parte sua preoccuparsi senza avere
doppi
fini, tuttavia continuava a rifiutarsi e per quanto riguardava sua
sorella
sembrava indifferente alla questione. Mai come in quel periodo si
sentiva
stanca e voleva solamente avere una via d’uscita. Voleva, in
qualche modo,
tagliare i ponti fra lei e la sua famiglia, per quanto doloroso poteva
essere.
Poi,
come se non bastasse, qualche giorno
fa si era ritrovata ad osservare la porta di un negozio di musica e
senza
sapere come ci fosse finita in quel posto. In mano aveva
quell’album, nuovo e
uguale a quello che utilizzava di solito. Suo cugino gli regalava quei
album a
Natale e lei li utilizzava per cortesia.
Ed
infine, quella notte appena passata.
Ricordava che non era riuscita ad addormentarsi e aveva cercato
conforto nel
suo lavoro. Funzionava sempre, ogni volta che si sedeva di fronte ad un
pianoforte, lei si rilassava e veniva avvolta
dall’ispirazione del momento.
Quella notte, però, non aveva funzionato. Era svenuta, probabilmente,
e il
mattino successivo si era risvegliata nella stessa stanza.
Scosse
la testa, più ripensava a tutti
quegli avvenimenti e più le veniva voglia di urlare e
rompere tutto. Eppure
c’era stato, almeno in quel giorno, qualcosa che
l’aveva richiamata a casa,
qualcosa che le aveva fatto dimenticare le difficoltà che
avrebbe incontrato,
in futuro, ritornando lì. Non riusciva, tuttavia, a
ricordarselo. Sollevò le
spalle e si scosse, agitandosi come un cane per levarsi le gocce
d’acqua di
dosso, e ritornò alla realtà. Chiuse il pomello
della doccia e, da dietro la
tendina, allungò il braccio per prendersi un asciugamano.
Con attenzione uscì
dalla cabina, cercando di non scivolare sul bagnato, e si
guardò nel grande
specchio spora il lavello. Si spaventò
nell’accorgersi in quali pietose
condizioni si presentava. Non era mai stata vanitosa, anzi, cercava
sempre di
nascondersi sotto la frangia e dietro i vestiti sformati, per coprire
il suo
corpo fin troppo prosperoso. Ghignò sarcasticamente, non
osava immaginare in
quali condizioni si sarebbe presentata il giorno dopo, al suo concerto.
Non
voleva pensarci, altrimenti avrebbe pensato, anche, alla presenza di
suo padre.
Ecco, lo stava facendo in quel momento.
Basta,
smettila di pensare.
Come
se qualcuno avesse udito le sue
suppliche nascoste dietro la disperazione del momento, il telefono
prese a
squillare, salvandola da se sessa. Distogliendo lo sguardo dal proprio
riflesso, s’incamminò verso la sua stanza da letto
e si sedette sul bordo del
materasso. Con una mano tremante sollevò
l’apparecchio e se lo portò
all’orecchio.
“Pronto?”
domandò, esitante. La sua voce
era lieve e roca, come se avesse pianto tutta la notte. Non voleva
avere
contatti con nessuno in quel momento, per non dare spiegazioni a
nessuno.
“Hinata?”
domandò una voce maschile e
famigliare. Hinata sussultò nel sentirla, era da settimane
che non si
parlavano. Dopo il litigio avuto a causa del suo lavoro, non aveva
avuto il
coraggio di telefonargli e non trovava nemmeno le parole in quel
momento.
“Naruto?”
lo chiamò, per essere certa di
non immaginarsi la sua voce. Sarebbe stato il colmo.
“Sì,
sono io. Che ti è successo? Perché
hai pianto?” domandò,veramente preoccupato. Hinata
sorrise per
quell’apprensione che sentiva nella sua voce. A volte si
ritrovava a
ringraziare il cielo per il dono ricevuto. Sospirò,
rasserenata nel’aver udito
la sua voce. La giornata sembrava risollevarsi e per questo gliene era
grata.
“Non
è successo nulla, Naruto. – disse
assaporando il suo nome – Scusami, piuttosto, se non ti ho
telefonato prima”
finì di dire. Nella sua voce si poteva ben percepire quella
nota di incertezza,
ma il biondino non se ne era accorto, fortunatamente.
“Non
ti preoccupare, anzi, il vero idiota
sono stato io. Senti… Io sono qua, a Suna… Ti
andrebbe di venirmi a trovare?”
domandò, incerto di proporle di raggiungerlo. Quasi temesse
in un suo rifiuto.
Hinata ripensò al suo riflesso, morto e pallido, e
rabbrividì; ma il desiderio
di rivedere quel ragazzo, di cui era follemente innamorata, fin da
quando era
giovane, la spingeva ad accettare la richiesta. D’altra parte
per raggiungere
Suna ci voleva solamente una mezz’ora utilizzando il treno.
Sospirò.
“Certamente.
Dammi un’ora e arrivo alla
stazione di Suna” accettò, cercando di esserne
sicura. Non voleva che lui
dubitasse di poter sistemare le faccende fra loro, perché,
dopo varie pene per
conquistarlo, non se lo sarebbe lasciato scappare.
“Fantastico!”
gridò sollevato. Lei non
poté che ridere di quella reazione.
“Allora
ti vengo a prendere fra un’ora!”
esclamò, felice e riagganciando il telefono. Hinata rimise a
posto il telefono
e rimase, in silenzio, ferma nella sua posizione ad osservare un punto
indefinito. Aveva fatto bene ad accettare?
Certamente
mi ha risollevato
l’animo.
NdA: Ed ecco il secondo capitolo e anche il penultimo. Si, lo so non è molto lunga ma è uscita perfetta anche così xD Quindi che ne pensate? Come avete potuto notare il personaggio di Hidan non è molto presente, almeno non in forma corporale. E quasto aggiunge un'aspetto ancora più lugubre alla storia ♥
La storia sta prendendo una piega un po' bislacca, in qualche modo si è capito il modo in cui il quaderno lavora. Diciamo che è spuntato fuori come Hinata sia riuscita a raggiungere la sua perfezione. Non è propriamente lei a scrivere le sue canzoni, almeno non del tutto. Questo particolare è diverso dal manga a cui mi sono ispirata, spero che vi piaccia lo stesso xD
Ringrazio Falsa dea molto adorata per aver messo la storia nelle seguite e la ringrazio anche per la sua recensione xD Inoltre ringrazio anche Mente libera e liu_Qgirl per aver recensito la storia. E ringrazio chi semplicemente la legge ^^
Bacioni
A presto!
MissysP