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Autore: elizzie    27/11/2011    0 recensioni
«Attenta, il mare è un tiranno», mi diceva mio nonno; ricordo ancora questa frase, mi è rimasta dentro da quando ero bambina, da quando si è capito che l’acqua era il mio elemento.
Storia scritta per l'iniziativa "Autori per il Giappone".
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia l'ho scritta per l'iniziativa "Autori per il Giappone"; è quasi totalmente autobiografica, pur avendoci inserito dettagli di fantasia. So che non conta, ma mia madre si è commossa nel leggerla, e lei non ha mai guardato di buon occhio la mia passione per la scrittura; questo è stato il mio miglior premio, la migliore recensione che io abbia mai ricevuto, ma se voi volete lasciarne una la vedrò di buon occhio :)

Il Tiranno

 

«Attenta, il mare è un tiranno», mi diceva mio nonno; ricordo ancora questa frase, mi è rimasta dentro da quando ero bambina, da quando si è capito che l’acqua era il mio elemento.

Sin da piccolissima non avevo mai avuto paura del mare, come invece era per tanti bambini, che strillavano come se stessero andando al patibolo, non appena i loro piedini toccavano il pelo dell’acqua.

Era mio nonno, che per anni aveva fatto del mare la sua vita, che mi aveva fatto provare per la prima volta il brivido dell’acqua. Non ricordo la prima volta che successe, ero poco più di una neonata, ma ancora oggi, quando il mio corpo sente i brividi dell’acqua fredda, mi sento quella bambina allegra e stupita dal mare, un ambiente così strano e familiare allo stesso tempo, una specie di freddo utero materno.

«Attenta, il mare è un tiranno»; già, non sempre porta gioia, il mare. Anche questo l’ho imparato da piccola, quando per la prima volta un’onda mi ha prepotentemente travolta durante un giorno di mare grosso, entrandomi nella bocca, nel naso, impedendomi di respirare, facendomi piangere; e mio nonno, quando questo succedeva, sorrideva, mi prendeva in braccio, mi dava un bacio per consolarmi, e ripeteva, «Il mare è un tiranno».

Ho solo pochi ricordi di lui, purtroppo se n’è andato che ero molto piccola; me lo ricordo come un uomo alto e fiero, dallo sguardo dolce, la pelle olivastra e i baffi grigi. La sua storia assomiglia a un film, ma è vera. Era un orfano, e, appena era stato poco più di un ragazzo si era imbarcato su di una nave come mozzo. Aveva solcato i mari di tutto il mondo, giungendo in terre che, negli anni tra le due guerre mondiali, poche persone avevano visitato, e che alcuni nemmeno conoscevano.

Quando tornava nella sua Genova, scendeva dalla nave, atteso dalla sorella sul molo, e le andava incontro con le braccia cariche di doni per lei e per tutta la sua famiglia, che, anche se lo aveva rifiutato e mandato in collegio quando era poco più di un bambino, lui continuava ad amare, perché era il suo punto di riferimento, la sua terraferma; perché il mare è un tiranno, e spesso si perde l’orientamento, quando si è in mezzo alla vastità del blu, e i contorni tra mare e cielo si confondono.

Avrei voluto conoscere meglio mio nonno, farmi raccontare tutte le sue avventure, ma non c’è stato abbastanza tempo; il destino non si è curato del fatto che io fossi troppo piccola per sedermi ad ascoltare le sue storie, perché lui era troppo vecchio e stanco per raccontarmele.

Ogni tanto mi fermo a osservare le sue foto, che già mi sorprendono nel momento in cui le prendo in mano, per via della strana carta su cui sono stampate. Nel mio sguardo rivedo il suo, i suoi occhi dolci sono i miei, la sua generosità e il suo amore per il mare sono gli stessi che provo io. In mezzo alle foto che lo ritraggono, vi sono anche quelle che lui stesso ha scattato, i cui soggetti sono le navi su cui ha percorso il mondo intero, i suoi compagni sorridenti, le donne che, come dice un vecchio adagio, i marinai hanno in ogni porto.

Ma il mare è un tiranno, e non tutte le foto sono allegre; alcune ritraggono altre navi naufragate, in fiamme in mezzo al mare, affondate per una buona parte, altre uomini che lavorano duramente per riparare una falla causata dalla furia dell’acqua, rallentati e messi in difficoltà dal gelo e dalla pioggia battente, altre ancora testimoniano la cattura della nave su cui si trovava mio nonno, una nave ovviamente italiana, che si trovava nelle acque territoriali statunitensi al momento della loro entrata in guerra. Il mare è un tiranno, e mio nonno, per aver scelto di imbarcarsi nonostante la guerra lo rendesse pericoloso, fu imprigionato in un campo di lavoro americano per anni.

Eppure, nonostante le brutte esperienze avute, nonostante le difficoltà, lui non smise mai di amare il mare, anzi, gli rimase dentro per tutta la vita, e voleva che per tutti fosse lo stesso; non poteva nemmeno concepire che qualcuno non la pensasse come lui.

Nonostante questo continuava a ripeterlo, a me e soprattutto a mia madre, che del mare non ci si può fidare; lei, la donna che mi ha messa al mondo, mi racconta che un giorno lei e suo padre rischiarono di perdersi in mare, poiché erano andati a fare un giro al largo su di una barca a remi, e il tempo era improvvisamente cambiato, il vento si era alzato e l’acqua si era agitata, e persino mio nonno, esperto rematore, aveva avuto difficoltà a portare in salvo la barca. Nonostante il suo genetico amore per il mare, mia madre ricorda ancora oggi l’episodio con terrore. «Il mare è un tiranno, ricordalo sempre», le disse suo padre una volta in salvo sulla terraferma.

Ed è questo che penso, ogni volta che davanti agli occhi mi si para una tragedia causata dalla natura.

La natura è una madre crudele, e il mare è il principale esecutore del suo maligno volere; non si può fermare la forza dell’acqua, fuggire è impossibile, arrendersi sembra inevitabile. Ciò che dapprima ci dà gioia, può in pochi secondi diventare un feroce assassino, che non guarda in faccia a nessuno; al mare non interessa se una persona è bella o brutta, buona o cattiva, ricca o povera, uccide tutti coloro che si trovano nel raggio d’azione della sua furia.

I marinai sanno bene tutto questo, per questo, come dei soldati, si rendono conto di rischiare di non tornare a casa, ogni volta che si imbarcano su di una nave, mettendosi in mare.

Il mare ha permesso all’umanità di evolversi, alle popolazioni di incontrarsi e comunicare tra di esse, facendoci diventare quelli che siamo, con tutti i nostri pregi e i nostri difetti, il mare ci ha nutriti e ci nutre.

E, alle volte, ci uccide.

Perché il mare, si sa, è un tiranno.

   
 
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