P.S. la trama di questa one - shot
è la stessa della mia
precedente "La Rosa e il Tranello del Diavolo", ma stavolta dal punto
di vista di Draco (ciò non toglie che possa essere
letta anche da sola).
Ringrazio in particolar modo Barbarak che mi ha suggerito l'idea e
che come sempre mi aiuta e
consiglia.
La sera
dell'audace follia
- Draco,
allora noi andiamo.
- Va bene, ci vediamo a cena.
- Cazzo, Malfoy, mi stai diventando un secchione
peggio della
Granger.
Solito colpo al cuore.
- Finiscila, Zabini. Ho solo voglia di finire questo
tema così
domani potrò allenarmi.
- Poi mi ci fai dare uno sguardo, vero?
- Sogna! Bello, vero, prima sfottermi e poi copiare?
Te lo scordi!
- Ho proprio ragione. Stai diventando peggio della
Mezzosangue.
Draco gli scagliò contro con rabbia il libro di Erbologia.
Blaise, ridendo, lo
raccolse e corse via.
- Ehi, mi serve!
Ormai era andato.
Della Mezzosangue.
Quanto odiava quel nomignolo. Soprattutto perché era stato
lui, tanti anni
prima, ad affibbiarglielo. Da allora tutti i suoi compagni si sentivano
autorizzati ad usarlo, sempre per ferirla, metterla in ridicolo o
parlare male
di lei alle spalle, in realtà i maschi invidiosi della sua
intelligenza e
abilità, le femmine anche della sua innegabile bellezza.
Perché era bella.
Molto, molto bella. Non una bellezza da copertina, certamente non aveva
due
occhioni da cerbiatta, gambe chilometriche o seno prosperoso; ma era
affascinante, intrigante, elegante. Elegante. C’era
in lei
quel fattore incognito che trasforma una ragazzina in una calamita. Con
la
divisa uguale a quella di tutte le altre, la chioma ribelle di ricci
indomabili, le dita sempre macchiate di inchiostro, senza trucco, senza
ornamenti, senza gingilli, aveva quella classe innata e soprattutto
inconsapevole che le donne avvertono a naso e odiano. Sapevano che, se
lei ne
avesse preso un minimo di consapevolezza, avrebbero avuto
un’avversaria
imbattibile; così le Serpeverde stavano sempre molto attente
a non concederle
quell’opportunità, sottolineando ogni momento
quanto fosse goffa, trascurata,
sfigata e inadatta a quel mondo in cui loro invece camminavano spavalde
e
ammaliatrici.
Potevano ingannare chiunque, ma non Draco. Anche lui aveva quel dono
genetico
di riconoscere il meglio, quando lo vedeva. Lo aveva capito sin dalla
prima
volta, sin da quando aveva undici anni, che quella bimbetta altezzosa e
un po’
saccente, che adorava divorare i libri e rispondere correttamente alle
domande,
aveva un potenziale esplosivo.
Così come aveva anche capito subito che era la sua donna
irraggiungibile.
Ogni uomo, prima o poi, incontra la sua donna irraggiungibile.
È quella diversa
da tutte le altre, diversa per te,
è quella che avrebbe il potere
di redimerti dalla tua condizione di inferiorità spirituale,
dai tuoi errori,
dalle tue meschinità; è quella che sarebbe tutto
ciò che non meriti ma che la
vita ti potrebbe regalare come un premio di fiducia, quella che ti
amerebbe non
per cosa hai o per cosa fai, ma semplicemente per quello
che sei. Con
la tua stronzaggine, con la tua vigliaccheria, con i tuoi limiti e
debolezze,
lei ti amerebbe così e non ti vorrebbe diverso.
Il problema, appunto, è che non te la meriti.
E Draco aveva sempre saputo di non meritarsi Hermione. Per quanti
sforzi avesse
potuto fare, per quanti cambiamenti avesse potuto
apportare a se
stesso e al suo modo di pensare, per quanto avesse provato a scalare
quella
montagna con i picconi, coi chiodi, con le unghie, per quanto avesse
tentato di
rinnegare la sua vita e i suoi trascorsi, non sarebbe mai arrivato alla
cima.
Lei era sulla vetta perché lì era nata, non aveva
dovuto fare nessuno sforzo
per arrivarci. Lui era invece incontrovertibilmente e innegabilmente
indegno.
Anche se fossero vissuti in un limbo, in una dimensione parallela, in
un mondo
alternativo in cui tutto lo sfondo sociale che li separava non fosse
esistito
(lui nobile Purosangue, discendente da una famiglia aristocratica,
razzista,
malvagia e intollerante, lei Babbana di nascita e per questo, solo per
questo,
inferiore) sarebbe comunque stato ai suoi piedi.
Erano nati così. Lei col cuore bianco e immacolato, pura,
sempre candida,
eterea anche in mezzo al marcio e allo sporco; ma per quanto Draco
avesse
potuto lavarsi l’anima con la candeggina, sarebbe sempre
rimasta quantomeno
grigia.
Si era spesso chiesto se non la idealizzasse troppo. In fondo era solo
una
ragazza, una come tante. Che aveva di
così speciale che gliel’aveva
fatta odiare dal primo momento? Si, l’aveva odiata, i primi
anni, ripetendosi
che la detestava per il suo sangue impuro; la odiava tanto da volerle
fare del
male fisico, aveva sognato di schiaffeggiarla, di levarle dalla faccia
quel
sorrisetto che gli sembrava presuntuoso, di spegnerle negli occhi quel
fuoco
sacro d’interesse per le lezioni, di toglierle quella
candidezza dal volto che
a lui dava così maledettamente fastidio, e non capiva
perchè.
Poi era cresciuto. Aveva conosciuto da vicino il mondo femminile e
aveva
finalmente compreso.
Aveva capito che quello che aveva di speciale era tutto
l’insieme, tutta se
stessa. Draco era l’animale richiamato dall’istinto
verso la preda. Una preda
che pensava di voler dilaniare, ma da cui in realtà era
già stato dilaniato.
Quell’odio era solo desiderio.
Quella voglia di tirarle uno schiaffo era solo voglia di posare le mani
su di
lei.
Quel fastidio era solo la consapevolezza di non poterla avere.
Non solo perché nessuno li avrebbe mai capiti, supportati e
visti di buon
occhio. Semplicemente perché doveva ammettere che non se la
meritava.
Ed anche perché lei non lo voleva, pensava Draco con una
punta di dolore. Ci
avrebbe potuto benissimo provare, volendo, non era la paura di un
rifiuto che
l’aveva sempre fatto desistere; in fondo un paio di due di
picche li aveva ricevuti
e non glie n’era importato niente, per una che gli diceva no
ce n’erano cinque
che gli dicevano sì. Il problema era che non avrebbe retto
ad un suo rifiuto,
che l’avrebbe certamente ferito troppo non solo nel suo
orgoglio maschile, ma
anche in quel sentimento infossato nel suo animo ma sempre e comunque
presente.
Hermione, pensava, non era mica scema; inconsciamente la sua anima la
guidava e
sapeva di meritare il massimo. Un massimo che non era Draco.
E che non è neanche Weasley! notava
ogni volta, furibondo. Ma se
non altro lo stupido rosso aveva avuto più occasioni; stessa
Casa, amici da
sempre, tutti i giorni insieme. Il fatto che poi non le avesse sapute
sfruttare
e che ancora le girava intorno senza decidersi era la dimostrazione,
chiara e
lampante, che era un perfetto idiota. Ma purtroppo, dannazione, più
degno di Draco, che compensava quel desiderio irrealizzabile
corteggiando e
seducendo sempre e solo ragazze ricce, infilando le mani tra i loro
capelli
mentre le possedeva, chiudendo gli occhi e immaginando che il corpo in
cui
stava scivolando, la pelle che stava baciando, i seni che stava
stringendo
fossero quelli di Hermione.
Basta
con la tortura. Doveva finire quello stramaledetto tema.
L’assafetida è un'erba selvatica
dall'odore irritante, che però è utile
nello svelare le parti più profonde e segrete di noi stessi:
se proprio si
deve, usare solo all'aperto e con estrema cautela e non respirarne
assolutamente il fumo. Il pepe nero può ridurne
l’effetto ed è molto potente
nell'allontanare la negatività e i sentimenti avversi. In
quanto al Tranello del
Diavolo…
Eh. Il Tranello del Diavolo. Vatti a ricordare, l’avevano
studiato il primo
anno.
Come si sconfigge? C’entrava qualcosa col fuoco. Col calore.
Con la luce. O
forse con l’acqua…
Blaise si era portato via il libro. No, non l’avrebbe
continuato l’indomani,
non ne aveva la minima voglia.
- La biblioteca sta per chiudere – gli
disse Madama Pince, fredda
come sempre.
- Va bene, vado subito – sibilò
lui, infastidito da quel tono da
arpia.
Maledetto Zabini!
Si alzò e iniziò a raccogliere le sue cose,
quando vide su un altro tavolo un
libro di Erbologia senza proprietario. Ci avrebbe impiegato un attimo,
doveva
solo controllare una cosa, mica lo voleva rubare.
Si sentì assurdamente emozionato quando, avvicinandosi, si
rese conto che erano
i libri della Granger.
Era sua, la calligrafia del tema lasciato ad asciugare. Erano sue le
piume
rosse e nere. Era suo quell’enorme dizionario di Antiche Rune.
Draco pensò di essere di una ridicolaggine mai vista quando
lo attraversò il
pensiero fugace che stava per posare le mani dove anche quelle di lei
si erano
posate. Maledizione, era come un dodicenne alla prima cotta, di quelli
che si
nascondono dietro l’angolo a spiare la bambina, indecisi se
avvicinarsi e
regalarle il cioccolatino oppure no.
Quante volte l’aveva spiata, lui, mentre studiava o scriveva?
Da sempre, in
biblioteca, cercava il posto più lontano da lei ma allo
stesso tempo quello che
gli permettesse di osservarla meglio, senza che altri si mettessero
davanti o
gli ostacolassero la visuale. Da sempre sapeva come muoveva il polso,
come si
mordicchiava il labbro inferiore quando qualche passaggio le sfuggiva,
come si
bloccava i capelli con una matita quando le andavano sugli occhi, come
si
chinava verso Potter o Weasley a spiegare loro qualcosa che i
rispettivi
limitati cervelli non capivano. Una volta che, come quella sera, erano
rimasti
solo loro due, lei era scappata via dieci minuti prima, buttando un
foglio di
brutta appallottolato nel cestino. Senza rifletterci, Draco
l’aveva raccolto e
messo in tasca. Era tornato al dormitorio e l’aveva aperto,
l’aveva disteso con
le mani sul letto; era una pergamena dove lei aveva preso appunti di
Pozioni
che poi aveva ricopiato in bella. Che bisogno ci fosse di ricopiarli,
il
ragazzo non l’aveva capito, dato che anche quel foglio era
ordinatissimo.
Un minuto dopo si era vergognato come un ladro. Addirittura andare a
pescare i
fogli dai cestini. Era da ricovero. Però poi, sempre
continuando a vergognarsi
da morire, non aveva resistito e l’aveva inserito nella
federa del cuscino, in
modo da poterci poggiare la guancia mentre dormiva.
Adesso aveva addirittura il privilegio di potersi sedere al suo posto e
aprire
il suo libro, non gli sembrava vero. Ma dov’era andata? Forse
in bagno, forse
era persa tra gli scaffali. Se fosse tornata e l’avesse visto
lì si sarebbe
arrabbiata? Sicuramente. Poco male, l’avrebbe messa a posto
con due parole
crudeli come sempre, resistendo allo stramaledetto impulso di sgombrare
il
tavolo da tutti quegli inutili oggetti, prenderla e fare
l’amore con lei fino
all'alba.
Si sedette e aprì il libro all’indice. Tranello
del Diavolo, pagina 394.
Gli cadde l’occhio sul titolo di pagina 393. Storia e
proprietà della Rosa.
Sorrise.
Ironia della sorte. La Rosa e il Tranello del Diavolo. Le rose bianche
erano
i fiori preferiti di lei, una volta aveva visto il maledetto
pezzente
regalargliene una e gli aveva quasi lanciato il coltello della
colazione,
pregando di colpirlo in mezzo agli occhi. Ecco, proprio per questo lui
era il
Tranello. Quanto sarebbe stato bello poterli abbinare! Ma nemmeno sulla
carta
ciò è possibile; se apri il libro
c’è lo spacco della rilegatura che li separa.
Potranno essere vicini quanto vuoi, ci sarà sempre un
crepaccio a dividerli. La
Rosa è troppo bella, pura, semplice e delicata; il Tranello
è una pianta
nociva, può fare solo del male. Bella a vedersi, certamente,
decorativa, ma
niente di più. Non c’è niente che la
renda amabile. La Rosa, invece, possiede
una magnificenza intrinseca che non si può estirpare,
qualsiasi cosa si dica o
si faccia. Non c’è modo per farli combaciare, a
meno di non ferire la Rosa. Ma
questo sarebbe un crimine troppo grande con cui convivere.
Il ragazzo sospirò. Cercò la pagina che si
aprì subito, in quanto c’era un
foglio in mezzo.
Lesse quello che gli serviva. Il Tranello del Diavolo si sconfigge con
la luce
o comunque con una fonte di calore.
Fece per richiudere ma, come quella volta col cestino, sentì
istintivamente il
bisogno di appropriarsi di quel foglio. Tanto, conoscendola, non le
sarebbe
servito, sicuramente era solo uno schema di brutta o uno
scarabo…
Buio.
Buio totale.
Cervello spento.
Respiro bloccato.
Dalla gola gli uscì un suono strozzato, come di qualcuno che
si sta affogando.
Richiuse il libro e lo aprì alla prima pagina, per essere
certo di non star
avendo le traveggole. Era il suo. C’era il suo nome. Hermione
Granger,
Grifondoro.
Cazzo….
La sua razionalità, sempre così pronta e
reattiva, aveva fatto immediatamente
le valigie ed era sparita, anch’essa incapace di fronteggiare
quella
situazione.
Lo stomaco gli si annodò. Continuava a fissare quel foglio e
a non credere ai
suoi occhi. C’era un errore, era uno scherzo. Si
guardò intorno alla ricerca
dei bastardi che lo stavano rendendo pubblicamente ridicolo.
Non c’era nessuno. Non era una burla di Zabini.
Era….
Cos’era?
Si infilò il foglio in tasca e aprì il tomo a una
pagina qualsiasi, senza
ovviamente capire cosa avesse davanti.
Un minuto. Ho bisogno di un minuto per razionalizzare.
Non gli sarebbero bastati dieci anni. Il tornado di emozioni e pensieri
che gli
vorticava in testa era troppo potente. Semplicemente qualsiasi cosa si
era
spenta. O forse, al contrario, tutto si era illuminato.
Draco odiava non essere padrone di se stesso.
E come sempre era lei che lo
metteva in quella situazione di
totale e completo annebbiamento.
Così com’era lei che adesso gli stava strappando
il libro dalle mani.
- Ce li hai i libri, Malfoy. Usa i tuoi. La
biblioteca sta
chiudendo.
Alzò gli occhi a guardarla.
Non erano mai stati così vicini.
Draco capì che doveva indossare la solita maschera di
ghiaccio, nonostante
tutto l’arcobaleno di emozioni contrastanti che lo stava
invadendo e tutti i
sussurri e le urla che gli riempivano la testa; se anche per un secondo
nei
suoi occhi fosse apparsa una stilla di gioia selvaggia, una goccia di
vittoria
e trionfo o soprattutto, soprattutto anche un granello
dell’immensa lussuria
che lo stava attanagliando, lei sarebbe scappata via terrorizzata e
spaventata.
Lei che, invece, non era altrettanto brava. La sua espressione era
cristallina:
si stava vergognando follemente. Sapeva cosa c’era in quel
libro e sapeva che
proprio lui non l’avrebbe mai dovuto trovare. Era il suo
segreto. Era il loro segreto.
Mai condiviso, inconfessabile, eppure era il loro segreto,
così magicamente e
meravigliosamente scoperto per caso.
La razionalità ritornò potente e decisa. Altro
che caso, non era una
coincidenza; Draco ne fu certo.
Quella era la vita che gli stava dando un premio sulla fiducia.
Forse era vero, non se la meritava; ma indubbiamente da quel momento in
poi se
la sarebbe meritata.
E non sia mai che Draco Malfoy non sappia cogliere
un’occasione, quando ce l’ha
sottomano.
- Che… che hai da guardare? –
balbettò lei incerta.
- Niente.
Si alzò lentamente, attento a prevedere le reazioni delle
sue gambe; non era
certo che avrebbero retto. Miracolosamente fecero il loro dovere. Solo
le mani
non rispondevano e continuavano a tremare nervosamente; fu una fortuna
che
Hermione lo stesse guardando in faccia. Era buffissima, tenerissima,
dolcissima, con le guance in fiamme, l’espressione di chi
vorrebbe seppellirsi
sottoterra mentre si mordeva ferocemente il labbro inferiore e lo
fissava con
due occhi ardenti…
Desiderio? sperò il giovane,
esaltato.
- Perché stavi leggendo…
- Stavo facendo anche io il tema di Erbologia, solo
che Blaise si è
portavo via il mio libro per sbaglio. L’ho finito ma volevo
controllare una
cosa, così ho visto il tuo e ho cercato
l’informazione che mi serviva. Tutto
qui.
- Va… va bene… ora dobbiamo
andare…
- Si, lo so.
Draco l’aggirò e tornò verso il suo
tavolo. Lei credeva che lui non avesse
trovato niente, perché altrimenti, pensava,
l’avrebbe presa in giro. Le sentì
distintamente tirare un grosso sospiro di sollievo.
Gli si aprì un sorriso da un orecchio all’altro.
Era quello il momento di
agire. Non era uno stupido come Lenticchia; il treno era fermo in
stazione e ci
sarebbe salito sopra.
Con lei.
Si concesse mezzo secondo per ringraziare la vita, Merlino, la scuola,
un
ipotetico Dio e chiunque altro per questa felicità
totalmente immeritata che
gli veniva servita su un piatto d’argento.
La ragazza che aveva sempre sognato lo voleva. La sua donna
irraggiungibile non
lo era più così tanto.
Era un autentico miracolo.
Le si avvicinò di soppiatto alle spalle, mentre lei tentava
ancora di
riprendere la padronanza di se stessa.
- Granger…. – le sussurrò sul
collo, gongolando per l’immenso piacere di
poterle parlare a mezzo centimetro dalla pelle, beandosi di quel
profumo
paradisiaco.
La sentì irrigidirsi come uno stoccafisso.
- Non mi chiedi quale informazione stavo cercando?
Peccato che non la poteva vedere in faccia. Avrebbe adorato quel
bordeaux che
sicuramente le stava colorando il viso.
- Non mi ricordavo i metodi per sconfiggere il
Tranello del Diavolo.
Persino da lì riusciva a sentirle il cuore che galoppava
forsennato.
Ci voleva il colpo di grazia. Draco tirò fuori il foglio
dalla tasca e glielo
aprì davanti.
Hermione Granger e Draco Malfoy.
Hermione Granger e Draco Malfoy.
Hermione Granger e Draco Malfoy.
Hermione Granger e Draco Malfoy.
Hermione Granger e Draco Malfoy.
Lei
gli strappò di mano la pergamena e si girò verso
di lui, senza guardarlo negli
occhi mentre le lacrime riempivano i suoi.
A Draco si mozzò il respiro. Era di una bellezza
intollerabile. Gli dispiaceva,
però, che lo temesse, che avesse paura della sua
crudeltà, che stesse
aspettando la sua risata sprezzante o un’ondata di veleno.
Certo tra loro era
sempre andata così, era naturale che si aspettasse le
consuete malvagità.
Poco male. Entro due minuti avrebbe cambiato idea.
Hermione prese il foglio dalle due estremità e fece per
strapparlo.
- No!
Si bloccò stupefatta. Senza rifletterci alzò lo
sguardo verso di lui.
Draco non riuscì proprio a non sorridere.
- Non lo strappare.
Non doveva assolutamente rompere quella pergamena che ormai per lui era
sacra.
Era come il fondamento della sua nuova religione, della sua nuova vita;
era una
reliquia, un intoccabile patto d’amore che riassumeva tutto
il futuro che Draco
era ormai deciso e determinato a costruire. Profanarla sarebbe stato un
imperdonabile sacrilegio. C’era tutto un mondo in
quell’inchiostro, il mondo in
cui il Serpeverde anelava di vivere da mesi e mesi, mondo le cui porte
gli si
stavano aprendo davanti in quel momento e sarebbe morto piuttosto che
rinunciarci.
- Mi…
Mi. Che poteva dirle? Cosa poteva dire senza esporsi troppo, senza
sfondare il
cancello di quella tempesta di gioia e soddisfazione che lo invadeva?
Mi hai reso l’uomo più felice della Terra.
Mi sento benedetto dalla vita.
Mi stupisce sapere che anche tu provi quello che provo
anch’io.
Mi venderei l’anima pur di poter fare l’amore con
te qui, ora, adesso, domani,
dopodomani e per sempre.
Mi ami?
- Mi piace ciò che c’è scritto.
Un po’ poco, forse. Ma come inizio poteva andare.
Lei era ormai cianotica e sudata. Si vedeva che da un lato stava
tentando di
suicidarsi col pensiero per sottrarsi a quella che credeva
un’umiliazione,
dall’altro una minuscola particella del suo cuore stava
sperando a tutta forza.
- Malfoy, io…
Sicuro che stesse per dire una scemenza dettata dal suo orgoglio che
avrebbe
rovinato tutto, Draco decise che quella era la sera
dell’audace follia. Senza
rifletterci con un braccio le cinse la vita, una mano si immerse nella
sua
criniera e le labbra catturarono immediatamente le sue.
Quante volte aveva tirato dei capelli ricci, sognando che fossero
quelli?
Quante volte aveva baciato una bocca che non era nemmeno lontanamente
paragonabile a questa?
Quante volte aveva sorretto una ragazza per la vita, come stava facendo
ora?
Non le aveva mai contate, sicuramente erano un bel po’. Ma le
avrebbe scambiate
tutte quante, ogni singola volta, con quella che stava vivendo in quel
momento.
Quando si separarono le lesse negli occhi, oltre allo stupore, una
sana,
immensa e inoccultabile felicità.
Draco le prese il foglio e si fece leggere nei suoi la stessa delirante
gioia.
- Questo, se permetti, lo tengo io.
- Ma… ma tu….
- Ci dobbiamo spiegare un po’ di cose, Granger
– le sorrise.
Poi volle solo baciarla, carezzarle la schiena e stupirsi di come a
volte le
cose che sembrano impossibili sono quelle che accadono in mezzo minuto
e che ti
cambiano la vita, in una sera buia e fredda in una altrettanto buia e
fredda
biblioteca.
Madama Pince sorrise.
Ma si, per una volta la biblioteca poteva ritardare la chiusura di dieci minuti.