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Autore: LindaWinchesterCullen    05/12/2011    9 recensioni
Una gravidanza inaspettata, discorsi volutamente evitati per non soffrire e una paura folle di perdersi.
Edward e Bella sono una giovanissima coppia affiatata, ma come tutte le coppie normali, sono ogni giorno alle prese con le gioie e i problemi delle loro vite.
DAL SESTO CAPITOLO:
Tornai a sdraiarmi stringendo le ginocchia al petto per qualche minuto, fino a quando le braccia di Edward mi avvolsero costringendomi a sedere sulle sue gambe. Cercai di appoggiare la testa sul suo petto ma lui prese il mio viso fra le mani. “Stammi a sentire Bella. Non mi interessa minimamente di quello che penseranno Charlie, mio padre o chiunque altro su questa terra! Perché io ti amo, capito?” Disse serio. Non aspettò una mia risposta e continuò “Non capisco tutta questa paura, non abbiamo quindici anni, siamo adulti e ti avrei sposata comunque incinta o no. ” Sbottò.
Spalancai gli occhi. Avevo forse capito male?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo 30








 

“Sarebbe tutto più facile se tu collaborassi, amico”
“Non chiamarmi amico e ringrazia il cielo che non ti abbia ancora sbattuto fuori da casa mia”

Poggiai entrambe le mani sui bordi del lavandino, cercando di bloccare il loro tremolio. Sospirai e  un altro conato di vomito mi costrinse a portarmele entrambe alla bocca. Chiusi gli occhi cercando di riprendere il controllo di me stessa. La velocità con cui gli attacchi di nausea arrivavano e sparivano mi spaventava.
“Tesoro vedi se Bella è pronta ad andare, per favore”
Aprii frettolosamente il rubinetto, sciacquandomi il viso e cercando di ricompormi prima dell’arrivo di Angela.Legai i capelli in una coda alta e il bussare alla porta non si fece attendere.
“Entra” mormorai e la mia voce, roca sembrò provenire dal profondo dell’oltre tomba.
La mia amica mi lanciò un’occhiata fra il preoccupato e il dispiaciuto “Sei pronta? Non vorrei metterti fretta ma credo che Edward non resisterà ancora al lungo prima di tirare un pugno a Ben”
Annuii lentamente, uscendo dal bagno e dirigendomi verso la camera da letto.

Angela era venuta, quella mattina, dopo che si era offerta di accompagnarmi all’aeroporto. Era passato solo un giorno dalla mia discussione con Edward e il desiderio di allontanarmi da lui non era ancora sfumato.Alice si era offerta di accompagnarmi lei stessa, dopo aver passato l’intera nottata precedente al telefono con me. “Se credi che sia necessario, fallo! Vai via per un po’, cambia aria. Stare con Charlie ti farà bene”


Lo stavo facendo. Stavo usando tutte le forze che possedevo per potere lasciare quella casa ma se avessi lasciato che Alice venisse a prendermi, l’avrei ancora una volta messa contro suo fratello. Molte volte avevano litigato a causa mia e questa volta avevo preferito non creare altri problemi.
Così avevo preferito affidarmi ad Angela, non perché non potessi chiamare un taxi ma perché avevo bisogno di qualcuno di familiare, che mi aiutasse a non cambiare idea all’ultimo momento.
Ero rimasta fortemente infastidita dal fatto che si fosse presentata con il suo fidanzato, come se Edward potesse in qualche modo farmi del male. Come se avessi bisogno di una figura maschile, qualcuno che mi proteggesse. Sicuramente quello non poteva essere Ben, che mi aveva quasi strappato un sorriso quando l’avevo visto sbiancare davanti al metro e novanta di Edward.
 
Diedi un ultima occhiata a quella stanza, non sapendo quando o se ci sarei tornata. Quella consapevolezza mi fece salire le lacrime agli occhi e per un attimo i dubbi cominciarono a farsi strada dentro di me. Le lacrime cominciarono a bagnarmi il viso e un leggero colpo al basso ventre m’informò della presenza di Eleonore.
Asciugai velocemente il viso, accarezzandomi leggermente il pancione “È soprattutto per te che lo faccio piccola mia” sussurrai ricevendo un altro colpo in risposta e per un attimo mi domandai se mi stesse appoggiando o chiedendo di restare.

Chiusi la valigia con un unico colpo secco, cercando di capire se avessi dimenticato qualcosa.
“Bella …”
“Ho fatto, scusami. Ora possiamo andare”
Angela mi guardò mortificata prima di annuire e avvicinarsi a me “Lascia che ti aiuti con questa” raccolse il mio trolley e si voltò verso l’uscita.
Mi passai entrambe le mani sul viso “Sei sicura?” sussultai trovandomi Angela nuovamente al mio fianco.“Sei pallida come un fantasma e non sembri per niente convinta. Se vuoi allontanarti da Edward puoi venire a stare da me per tutto il tempo che vuoi”
Scossi la testa prima di stringerla forte a me “Ti voglio bene e ti ringrazio per essere mia amica ma ho bisogno di allontanarmi da qui e riflettere”
“Sei sicura?” domandò ancora scettica ed io annuii con vigore, cercando di sembrare convincente e preparandomi ad affrontare la persona più importante della mia vita.
 

Edward era in piedi, con la schiena appoggiata alla colonna adiacente alla porta, lo sguardo assente, riflessivo. La mia amica camminò spedita verso l’uscita ma io non riuscii a fare lo stesso. Sentivo il suo sguardo scavarmi dentro fino ad arrivare all’anima.Ben e Angela in pochi secondi furono fuori ed io dopo qualche tentennamento cercai di fare lo stesso.

“Aspetta” mi fermai all’istante, rabbrividendo al solo suono della sua voce “Aspetta” ripeté ancora.
Non osai voltarmi ne dire una parola.
“Ti prego resta” mormorò ed io chiusi gli occhi quando sentii il suo respiro dietro di me. “Tu sei l’unica ragione per cui vado avanti ogni maledetto giorno. Senza di te la mia vita perde di significato”
“So di non avere il diritto di chiederti di restare dopo tutto quello che ti ho fatto ma ti amo e senza di te perderei facilmente la testa”
Perché mi stava facendo quello? Perché non riusciva a capire che avessi davvero bisogno di allontanarmi da lui?
Edward mi avvolse fra le sue braccia, appoggiando la sua fronte sulla mia nuca “ ti prego … non lasciarmi, non lo sopporterei”
Nuovamente sentii le guance bagnate e la consapevolezza di essere sull’orlo di un cedimento mi fece scoppiare in lacrime.
“Possiamo andare via da New York se vuoi. Trasferiamoci, andiamo via da tutto e da tutti. Io e te, tutto il resto non conta”
Respirai con forza il suo profumo, dimenticandomi persino il motivo per cui fossimo in piedi al centro del nostro soggiorno. Cercai di liberarmi dalle suo tocco ma non me lo permise, stringendomi quasi a farmi male “Edward lasciami andare  …”
“Potremmo sparire per un po’, cambiare identità e visitare l’Europa se vuoi. Hai sempre voluto visitare Roma, beh facciamolo. Cambiamo aria e vedrai che le cose si aggiusteranno, dobbiamo solo darci un'altra possibilità per ritrovarci. Io … posso cambiare”
L’estrema fragilità con cui aveva pronunciato quelle parole mi spiazzò. Non l’avevo mai sentito parlare in quel modo, ogni singola parola era intrisa da così tanto dolore da destabilizzarmi. Un altro calcio della mia piccolina mi diede la forza di ricordarmi del perché mi trovassi in quella situazione.
Asciugai con forza le lacrime che m’impedivano di vedere bene e mi forzai a parlare una volta per tutte “Siamo stati ciechi per troppo tempo Edward. L’amore non basta sempre” ammisi e il nodo che mi strinse la gola non mi permise di dire più nulla.
 
Edward sciolse lentamente l’abbraccio e silenziosamente pregai che non si facesse avanti, consapevole che non sarei riuscita a sostenere il suo sguardo. Ma invece sussultai, sorpresa quando sentii una sua mano sulla mia pancia. “Ho bisogno di voi due Bella. Questo è tutto ciò che mi basta”
Sospirai profondamente, accarezzando la sua mano e assaporando quel momento. Cercai di tenerne il ricordo, consapevole di aver preso una decisione.
Mi feci forza, prima di lasciare la sua mano a parlare “Non cercarmi, ti prego”
A passi veloci cercai di uscire da quella casa piena di dolore ma Edward mi si parò davanti bloccandomi il passaggio “Io e te ci apparteniamo non puoi andartene. Io ti appartengo, Bella.”
La disperazione che leggevo chiaramente nei suoi occhi, rendeva il verde dei suoi occhi più scuro quasi liquido. “Ti amo” ripeté per l’ennesima volta “Resta”
Lo guardai attentamente ancora una volta “No ...” 
e prima che potessi rendermene trovai il coraggio di oltrepassarlo e uscire definitivamente da quella casa.


 

**** ** ****

 
L’avevo fatto. Avevo realmente lasciato Edward. L’ultimo sguardo che ci eravamo scambiati non l’avrei mai dimenticato. I suoi occhi maledettamente espressivi mi avrebbero accompagnato fino alla fine dei miei giorni.
Non sapevo cosa avrei fatto della mia vita da quel momento in poi eppure di una cosa ero certa. Mi sarei pentita di quella decisione per sempre.
Stare con Edward era impegnativo e doloroso la maggior parte delle volte eppure era come se una calamita invisibile mi portasse sempre verso la sua direzione.
Lo amavo, quello non sarebbe mai cambiato e quella consapevolezza era la sensazione che più mi logorava dall’interno. Sarei rimasta al suo fianco anche se circondata da menzogne ma non era quello che volevo per Eleonore, per la mia bambina volevo serenità e la sicurezza familiare che lui non era in grado di darmi. Avrebbe potuto promettermelo se glielo avessi permesso ma non erano altre bugie di cui avevo bisogno. Lui era fatto in quel modo, niente lo avrebbe cambiato e ora che lo avevo capito, avevo fatto le mie scelte.
Accarezzai con mano tremante il mio pancione “Spero di essere riuscita a prendere le decisioni giuste, per te amore”
 
“Prende il volo diretto a Washington ?” alzai lo sguardo lentamente guardando la giovane hostess che mi sorrideva come una che avesse appena vinto alla lotteria. “Prende il volo per Washington?”
Annuii “Si”
“Sarà meglio che si sbrighi allora, perché stiamo per partire”
Raccolsi la mia borsa e mi diressi verso il mio aereo.
“Bella?”
Mi voltai di scatto al suono della voce della mia amica “Te ne vai senza salutarmi?”
Tutti quei pensieri mi avevano anche fatto dimenticare la sua presenza. Scossi la testa abbracciandola “Ringrazia Ben da parte mia” mormorai al suo orecchio e lei ridacchiò “Chiamami quando arrivi ok?”
Le promisi che ci saremmo sentite al più pesto e partii.
 

Il tempo in aereo passò lentamente ma senza che me ne rendessi conto fui a Forks.
Malgrado la primavera fosse ormai alle porte attraverso le grandi vetrate dell’aeroporto riuscii a scorgere chiaramente la pioggia. Niente di poi così nuovo, pensai e il mio pensiero andò Edward e alla certezza che avrebbe sicuramente sbuffato e detto qualcosa di poco carino su quella città che tanto odiava.Scossi la testa scacciando via quel pensiero quando sentii una mano sulla mia spalla.
Sobbalzai ma subito mi calmai quando vidi il volto familiare di Charlie.
 
Non mi fece nessuna domanda. Non mi chiese il perché avessi deciso di venire da lui, si limitò ad abbracciarmi e a portarmi a casa.
“Sono giorni che piove a dirotto e non credo che smetterà tanto presto” mormorò quando tutti bagnati, riuscimmo ad entrare in casa.
“A Manhattan e già primavera inoltrata” commentai distrattamente, guardandomi intorno.
“Sarà meglio che tu faccia un bagno caldo, qui non siamo a New York”
Feci come consigliato. Mi rifugiai nel piccolo bagno di casa e passai un po’ di tempo cullata dal getto caldo della doccia.

Scesi nuovamente al piano di sotto, quando fui pronta alla chiacchierata che mi aspettava con mio padre. Sapevo che fosse preoccupato e che stesse solo aspettando il momento giusto per farmi delle domande.
 
Scesi le scale con lentezza, ascoltando i rumori provocati da mio padre in cucina.
Lo raggiunsi e stranamente lo vidi informare una teglia di lasagne.
Sgranai gli occhi “Papà chi ti ha insegato a fare le lasagne?” domandai scioccata e lui trattene un sorriso.
“Io non imparerò mai a cucinare Bells. Quando mi hai detto che saresti arrivata ho pensato di fare un salto in un ristorante in città e prendere qualcosa di commestibile”
Mi sedetti su una delle sedie intorno al tavolo “Non dovevi disturbarti papà”
Alzò le spalle accomodandosi al mio fianco “Ti va di dirmi che cosa è successo?” domandò improvvisamente ed io non ebbi più il coraggio di guardarlo “ … e ti prego non rispondermi con il solito niente
“Ho bisogno di stare lontana da Edward per un pò” risposi semplicemente ma lui non sembrò accontentarsi.
“Che ti ha fatto quel bastardo?”
Un brivido mi percorse la schiena al suono di quelle parole. Sospirai, infastidita e sentii gli occhi pungere.
“Avresti potuto evitare tutto questo se solo mi avessi dato ascolto anni fa, quando cercavo di tenerti lontana da quel ragazzo” puntai nuovamente lo sguardo nel suo, cercando di capire a che cosa si riferisse.
Sostenne il mio sguardo, serio “Adesso, incinta, non puoi dal giorno alla notte decidere di cambiare la tua vita. Hai altre responsabilità adesso e se decidi di tagliare i ponti con quel ragazzo devi trovare il coraggio di farlo una volta per tutte”
“Non ho chiesto la tua opinione papà” mormorai e lui prese una mia mano.
“Sto solo dicendo che io sono dalla tua parte, non sarà facile tenerlo lontano da te ma possiamo farcela e col passare del tempo tutto ritornerà come prima”
I suoi occhi brillarono, sintomo di quanto fosse felice di quella situazione. L'idea di Edward fuori dalla mia vita lo emozionava come un bambino davanti ad un giocattolo nuovo, non aveva neanche lontanamente pensato a quanto mi faccesse soffrire.
Mi alzai tremante dalla sedia, confusa “Io .. vado a letto. Non ho più fame” sussurrai appena allontanandomi.
 

**** *** ****

 
I giorni a seguire furono dolorosamente tranquilli. Stavo impazzando. Ero venuta di mia spontanea volontà a Forks eppure la mia vita mi mancava. Non avevo ancora sentito neanche Alice. Avevo tenuto il cellulare spento per paura di qualche telefonata indesiderata ma alla sua accensione non avevo trovato nessun avviso di chiamata.

Abbassai il volume del televisore che non stavo neanche guardando e digitai il nome di Alice in rubrica.
Attesi impaziente che rispondesse, scostando la coperta che avevo usato per coprirmi dal freddo di quella sera. “Pronto?”
“Hey, Alice. Come stai?” domandai quasi risentita dal fatto che non mi avesse ancora cercato.
Ci mise un po’ a rispondermi “Bene. Sempre la solita vita. Tu invece come stai, Charlie sta bene?”
“Mmm …” risposi. Mio padre aveva espresso senza peli sulla lingua la sua opinione, mi aveva proposto di ritornare definitivamente a vivere con lui e di interrompere ogni contatto con la famiglia Cullen.
Ma questo avrei evitato di dirglielo “Si, sta bene. Volevo solo sapere se le cose andassero bene lì a New York”
Alice ridacchiò amara “Se per cose intendi Edward, non posso aiutarti perché non l’ho sentito per niente. Non risponde alle mie chiamate”
 Sospirai, conscia della prevedibilità delle sue azioni “Hai provato ad andare al nostro appartamento?”
“Bella, non sono la balia di mio fratello. È una persona adulta e poi lo conosci, era prevedibile che si isolasse”
“Non ha provato a chiamarmi neanche una volta” ammisi tra l’imbarazzo e la preoccupazione.
“Non credi di essere un po’ contraddittoria? Sei tu che te ne sei andata e adesso vorresti che ti chiamasse solo per il gusto di non rispondergli?”
Le sue parole mi sorpresero e il tono con cui mi aveva parlato mi face ammutolire all’istante.
Alice sbuffò “Non volevo, scusami è solo che sono molto impegnata con l’accademia e ho i nervi a fior di pelle”
“È per via del corso estivo a Parigi, non è vero?” domandai ricordandomi del giorno in cui me ne aveva parlato.
“Non ho ancora finito la collezione da presentare e il tempo sembra scorrere così velocemente che dubito di riuscire a farcela”
Cercai di consolarla al meglio che potessi ma nulla sembrò convincerla.
“Cercherò di andare a trovare Edward, appena sarò più libera”
La ringraziai e quando riagganciai mi sentii angosciata.

Non sapevo più che cosa volessi realmente da me o dalle persone che mi circondavano. Sprofondai completamente nel divano e frustrata fino al midollo vi rimasi fino a quando non sentii mio padre rientrare da lavoro.
Non mi mossi dalla mia posizione, rimasi ferma a fissare il soffitto.
“Bells?”
“Sono in soggiorno papà” lo avvisai in un sussurrò e lui tossì schiarendosi la voce.
“Qualcuno e passato a trovarti” m’informò  ed io aggrottai la fronte, prima di alzarmi e puntare lo sguardo verso l’ingresso.
Rimasi molto sorpresa dalla persona al suo fianco “Jacob”
 
Il sorriso con cui mi salutò sparì velocemente dal suo viso, quando notò di non essere ricambiato. Lo fissai per un istante che sembrò infinito, non riuscendo a capire il perché fosse lì. Fu Charlie ad infrangere l’imbarazzante silenzio che era sceso in quella stanza “L’ho incontrato mentre stavo ritornando e quando gli ho detto che eri qui ha insistito per venire a salutarti”
Il modo in cui mio padre adorasse quel ragazzo, mi aveva sempre irritato. Lo aveva sempre considerato un ragazzo perfetto, io pregai solamente che gli fosse passata l’infatuazione che aveva per me.
“Non ci vediamo da tantissimo” mormorò e il suono della sua voce risvegliò una miriade di ricordi infantili.
Mi forzai nel rilassare i muscoli del viso e sorridergli “Già …”
 
Passammo tutta la restante serata in compagnia di Jacob e di suo padre che non aveva resistito alla voglia di rivedermi. Cennammo insieme, rievocando avvenimenti divertenti del passato e raccontandoci dei cambiamenti in cui eravamo andati incontro. Il mio cambiamento era il più grande ed evidente di tutti e Billy, padre di Jacob, non aveva smesso neanche una volta di fissarlo.
“Un figlio è una grande responsabilità” commentò pacato “Come sta il figlio del dottor Cullen? È anche lui in città?”
Poggiai la posata che avevo stretto tra le mani nel piatto, scuotendo leggermente il capo “No … lui non … non è quì” risposi a disagio.
“Ho seguito al notiziario tutta quella storia del banchiere e quando ho saputo che gli avessero sparato sono rimasto completamente spiazzato. Ricordi Jake?”
Il ragazzo annui pazientemente consapevole di quanto suo padre mi stesse turbando.
“Adesso si è ripreso del tutto?”
“Si, sta bene” sussurrai e quando notai le sue labbra muoversi, pronte in una nuova domanda il rumare di una sedia attirò la mia attenzione.
Alzai lo sguardo, notando Jacob in piedi. Si passò una mano fra i capelli cortissimi prima di sorridermi. “Lasciamo questi tu vecchi a discutere di cose noiose e andiamo a fare due passi”
“Se … ti va” aggiunse, dopo aver visto il mio sguardo sorpreso.
 


“Devi scusare mio padre, sa essere molto invadente” Mi guadò mortificato e i suoi occhi scuri risplendettero al chiaro di luna. Alzai le spalle stringendomi nel cappotto.
“Non devi scusarti, va tutto bene” lo guardai per qualche secondo e solo in quel momento mi resi conto di quanto fosse diventato alto.
“Perché non fai altro che dire che va tutto bene?” riportai la mia attenzione su quello che stesse dicendo e lui si fermò.
Aggrottai la fronte “Che cosa …”
“Io non so che cosa tu stia passando ma non credo al fatto che vada tutto bene” ammise pacato.
“Non credo che siano cose che ti riguardino” gli feci notare.
“Sto solo dicendo che sei diversa. L’ultima volta che ci siamo visti eri raggiante, sempre sorridente e adesso guardati” fece una pausa, indicando leggermente il mio viso “Sei incinta, non dovresti essere cosi magra e sciupata”
I miei occhi si riempirono velocemente di lacrime represse “ … e non dovresti piangere appena qualcuno ti dice la più semplice delle verità” concluse.
“Non sei poi così diverso da tu padre” constatai e lui fece un passo verso di me.
Eravamo fermi su quel marciapiede, sotto le stelle e l’unica cosa che riuscivo a pensare in quel momento è che avesse completamente ragione.
“Stare con Edward ti ha reso fragile come una bambina. Se è lui che ti fa stare così male, credo che tu debba considerare l’opzione di rifarti una vita e …”
Sentii la rabbia crescere quando notai di aver già sentito quelle parole “È stato mio padre a mandarti?” trattenni il fiato quando la sua espressione cancello ogni dubbio.
Boccheggiò “Charlie vuole solo la tua felicità …”
Mi passai una mano fra i capelli “Perché non mi lasciate in pace?” sussurrai più a me che a lui.
Cercò di ribattere ma senza risultato “Noi …”
“Noi?! Non dovresti neanche avere un opinione al riguardo, non ci vediamo da anni. Sta zitto, fatti una vita tua e non intrometterti in quella degli altri” la rabbia con cui gli sputai addosso quelle parole lo ammutolirono. Non aspettai oltre e lo lascia lì, sul ciglio della strada e me ne tornai a casa.
 

Al mio rientro trovai mio padre e Billy intenti a guardare una partita di baseball, si voltarono all’unisono. Per un attimo incrociai lo sguardo con quello di Charlie e non so cosa lesse, fatto sta che si voltò nuovamente verso la tv. “E Jake dov’è?” sentii la voce di Billy ma la ignorai salendo al piano di sopra.
Mi rifugiai, ancora completamente vestita, nel mio letto e mi maledii quando lì in quella stanza buia mi immaginai nuovamente fa le braccia calde e intrise d’amore di Edward.
 



“Vorrei solo che non ti preoccupassi così tanto mamma, tutto qui!” giocherellai con una delle calamite attaccate al frigorifero mentre cercavo inutilmente di rassicurare mia madre.
“Sto solo cercando di capire, tesoro ma tu non me ne dai la possibilità” chiusi gli occhi sbuffando silenziosamente e mi pentii all’istante di averla chiamata.
“Te l’ho detto. Ci siamo semplicemente presi … una pausa, del tempo per riflettere” quelle parole suonavano amare nella mia testa e malgrado fossi totalmente convinta della mia decisione non riuscivo a smettere di pensare a lui o semplicemente speravo che lui pensasse a me.
“Non vi è sembrata una scelta sbagliata la vostra?! Tra pochissimo nascerà la bambina e voi vi prendete una pausa? Mi sembra totalmente da irresponsabili”
L’idea di dover dare spiegazioni a chiunque incontrassi iniziava ad infastidirmi a dismisura.
“Più che altro è stata una mia decisione e credo che sia una la cosa migliore” sussultai quando un lampo squarciò il cielo furi dalla finestra. Forks e il suo cattivo tempo, pensai.
“Vuoi che venga lì?” domandò improvvisamente con voce sottile “Potremmo stare insieme e parlare. Conoscendo tuo padre, sarà utile come una coperta ad agosto”
Accennai un sorriso “Papà sta facendo proprio quello di cui ho bisogno, mi lascia i miei spazzi e va bene così” mentii ricordando la discussione con Jacob.
Un lungo sospirò fuoriuscì dalle sue labbra “Io non so quali siano i vostri problemi ma di una cosa sono sicura: Edward è un bravo ragazzo e ucciderebbe per te”
Strinsi la cornetta con forza ricordando a me stessa che piangere non sarebbe servito a niente ma il desiderio di sfogarmi fu troppo forte.
“Mi manca …” ammisi e una lacrima rigò il mio viso.
“E allora torna da lui, tesoro. Tutti i problemi possono essere risolti”
Scossi la testa “No, mamma, se c’è una cosa che ho capito negli ultimi mesi è che io e lui siamo troppo diversi. Lo amo cosi tanto che ogni volta che penso a lui, il cuore mi fa male ma so che è sbagliato. Devo imparare a stargli lontano per il bene di Eleonore”
“Non puoi pensare davvero di rifarti una vita senza di lui, sarete legati per sempre perché Eleonore è anche sua figlia”
“Non so cosa fare” ammisi ancora, poggiando la fronte alla parete.
“Non puoi davvero pensare di tenerlo lontano anche da sua figlia, sarebbe …”
“Non farei mai una cosa del genere …” la interruppi, voltandomi e trascinando una sedia verso la mia direzione quando cominciai a sentire le gambe molli “ ... ma mamma, Edward è un bugiardo. Mente in continuazione, dice di amarmi ma alla prima occasione mi isola, mi tratta come se fossi una bambina da proteggere e non come la sua compagna o semplicemente come una donna”
Renèe non proferì parola.
“Ed io questo non lo voglio, non è la vita che voglio” conclusi.
 

La telefonata con mia madre non fece altro che farmi sentire peggio. Mente e cuore non sempre seguivano la stessa direzione eppure in quel momento avrei voluto avere le idee più chiare, sapere cosa fare.
Un raggio di sole si fece strada fra le spesse nuvole che oscuravano quel pomeriggio, così decisi di uscire di casa, lo stare chiusa costantemente fra quattro mura cominciava a soffocarmi. Erano giorni che non assaporavo della sana aria fresca tipica di quella città. Così mi cambiai e munita di un caldissimo cappellino di lana uscii.

Camminai con lentezza, cercando di non sforzarmi eccessivamente e di concentrarmi su qualunque cosa mi evitasse di pensare.
Ogni strada, negozio, abitazione mi sembrò nuova, quasi estranea come se non l’avessi mai vista prima e quando per un attimo pensai addirittura di essermi persa, sentii qualcuno chiamare il mio nome.
La voce che sentii alle mie spalle era l’unica che in quel momento avrei voluto evitare. Non avrei potuto sopportare di rispondere ad altre domande. Pensai di continuare a camminare ma quando sentii nuovamente pronunciare il mio nome decisi di voltarmi e due occhioni verdi tremendamente familiari vennero verso di me.
“Esme, ciao”
Riuscii quasi a cogliere la dolcezza del sorriso che mi rivolse. Gli sorrisi a mia volta ma non riuscii a trasmetterle la stessa tranquillità che mi aveva trasmesso.
Si avvicinò a me, con un eleganza invidiabile “Non sapevo che fossi in città” affermò sorpresa prima di abbracciarmi.
“Edward è con te?” si guardò intorno cercandolo per poi puntare gli occhi su di me, attendendo una risposta.
“No …. No, ci sono solo io” balbettai.
Sorrise “Scommetto che impegnato nel suo studio, non è vero?!” la sua fu una domanda retorica “Non ha mai il tempo di farmi neanche una telefonata o almeno è quello che mi piace pensare. Edward non è mai stato un tipo espansivo e preferisco immaginarlo occupato, non mi va di pensare che non voglia parlarmi” sospirò, per poi scuotere la testa “Sto divagando, scusami” mormorò prendendomi per mano.

“Sei una meraviglia, un po’ sciupata ma pur sempre bellissima. Come stai?” e il suo entusiasmo si spense lasciando spazio alla preoccupazione.
Mi passai la mano libera sul viso “Sto bene, non preoccuparti, ero uscita a fare due passi” e stupidamente non avevo messo in conto il fatto che potessi incontrarti.
“Da quanto tempo sei a Forks?”
Decisi di non dirle niente e non farla preoccupare. Così mi limitai a darle una risposta vaga “Da qualche giorno” mormorai e lei mi guardò confusa senza però fare altre domande.
“Vieni a casa con me, Carlisle sarebbe felice di vederti, l’ultima volta che è capitato le circostanze erano alquanto tragiche” cercò di essere al quanto scherzosa ma il tono che usò mi fece rivivere l’angoscia di quei due giorni trascorsi in ospedale.
 
L’idea di vedere il padre di Edward mi terrorizzava. Sapeva essere alquanto acuto ed ero sicura che avrebbe notato ogni mio singolo malessere facendomi alla fine cedere e sicuramente piangere. Al contrario di suo figlio ero convinta che non fosse affatto un uomo cattivo e che tenesse al benessere dei suoi figli più di ogni altra cosa. Sapeva essere molto duro, freddo, rigido e quello era l'apetto che Edward aveva preso da lui ma non avevo mai avuto il coraggio di dirglielo perchè sarebbe stato un insulto per lui. Si somigliavano più di quanto pensasse.

“Non credo sia una buona idea, Charlie tornerà a casa a momenti e …” non riuscii a formulare una scusa decente e lei mi anticipò.
“Ho capito, non fa niente non preoccuparti ma lascia che ti riaccompagni a casa di tuo padre allora”
Con la sua voce, lo sguardo e i suoi modi gentili Esme risultava una donna estremamente dolce e attenta, sperai che non avesse intuito il mio stato d’animo e così accettai il suo invito.

 
EDWARD
 
Sono giorni che cerco di parlarti senza ricevere risposta. Ieri sono anche passata al tuo appartamento e non mi hai aperta, inizio a preoccuparmi seriamente. Per favore richiamami o mi costringerai a farti sfondare la porta dai pompieri. Seriamente, voglio solo sapere se stai bene. So che la partenza di Bell…
 
Premetti il piccolo bottone rosso, non ascoltando il resto del messaggio lasciatomi da Alice in segreteria. Rimasi immobile, fissando il piccolo apparecchio che negli ultimi giorni non aveva fatto altro che intralciare i mie silenzi.
Un’latra luce lampeggiò su di esso, illuminando ritmicamente l’angolo del soggiorno in cui era posizionato il telefono.
 
Perché nessuno risponde al telefono? Ho provato a contattarti per tutta la mattinata, senza risultati. Chiamami appena puoi, credo di aver trovato finalmente la pista giusta e forse po…
 
Premetti nuovamente con forza, l’interruttore di cancellazione dei messaggi, quando la voce di Eric riempì la stanza. Non volevo neanche più sentire il suo nome.
Mi passai una mano fra i capelli prima di portarmi alla bocca la bottiglia di vodka semivuota e berne dei lunghi sorsi. Avere la mente costantemente offuscata dall’alcol era stato, inizialmente di grande aiuto ma negli ultimi giorni neanche quello sembrava più essermi di conforto.
L’unica persona della quale m’importasse realmente era andata via ed io non riuscivo a pensare ad altro, se non al fatto che fosse la cosa giusta. La magia era finita, Bella si era finalmente resa conto di quanto fossi marcio e aveva deciso di andarsene prima che potessi fare del male anche a Eleonore. Il solo pensiero di non poter neanche più sentire la sua voce mi fece perdere il controllo e in un attimo la bottiglia scivolò dalle mie mani sfracellandosi al suolo.
Il suono che provocò all’impatto col pavimento si fuse con quello della segreteria che mi avvisava dell’ arrivo dell’ennesimo messaggio.
 
Edward muovi il culo e rispondi al telefono” distolsi velocemente lo sguardo dai cocci di vetro, concentrandomi sulla voce seria di Emmett “Alice mi ha detto quello che state passando tu e Bella ed il fatto che tu non risponda alle telefonate ci preoccupa. Rispondi la telefono!” la voce autoritaria che usò fino a quel momento si affievolì, lasciando spazio ad un tono più comprensivo.
 
Fratellino, so che quella ragazza sia la cosa più bella che ti sia capitata dopo aver attraversato un periodo letteralmente infernale della tua vita ma noi vogliamo solo starti vicino o almeno sapere se sei vivo. Sono sicuro che in questo momento tu mi stai ascoltando e conoscendoti sarai appezzi e ubriaco da giorni ormai. Voglio solo sapere se stai bene fisicamente, non ti dirò che andrà tutto bene perché quello non lo so ma per favore Edward rispondi a questo maledetto telefono
Mi avvicinai al telefono e colto da un improvviso desiderio di parlare con qualcuno, alzai la cornetta.






 

   
 
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