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Autore: hiromi_chan    05/12/2011    4 recensioni
Un ragazzo alla ricerca di se stesso, un viaggio alla scoperta dell'amore tra passato, presente e futuro.
"Senti deficiente, io ti conosco...dove cavolo ti ho già visto?"
[SpainxRomano][accenni FrUk]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Francis Bonnefoy era un bell'uomo sulla quarantina dall'aspetto piacevole e curato. Non era poi tanto diverso dal ragazzo di ventisei anni che si divertiva a rimbeccare ogni volta i suoi amici, sottolineando quanto fossero tristemente privi di buon gusto nel vestire.

Il tempo era stato magnanimo con lui; sembrava una specie di affascinante divo del cinema con quelle rughette intorno agli occhi, unico segno identificativo più apparente della sua età.

Sembrava che Francis si fosse predetto da solo quella sorte; era sempre stato sicuro del suo aspetto esteriore, fin troppo a dirla tutta, e una volta, quando vivevano ancora insieme, aveva detto ad Antonio e Gilbert:

“Vedrete miei cari, sono sicuro che il sottoscritto, a forza di bere del buon vino, invecchiando farà la sua stessa fine”

Antonio, che si divertiva un mondo quando Francis faceva sfoggio della sua parte più vanitosa, era rimasto in silenzio, mentre il tedesco, seduto a gambe incrociate sul tappeto, non si era lasciato sfuggire l'occasione per una delle sue battutine di pessimo gusto che facevano ridere solo lui.

“Se farai la stessa fine del vino, allora diventerai acido come l'aceto? Sei sulla buona strada, comunque”

Al che Francis aveva sfoderato un ghigno gemello a quello che illuminava di solito il viso di Gilbert, rispondendogli:

“No, spiritoso, intendevo dire che invecchiare non potrà che farmi bene”

In effetti, persino adesso che stava fissando Antonio con l'espressione carica di una certa ansia, gli occhi leggermente stretti come a voler esaminare meglio colui che aveva difronte, senza essersi esibito in nessuna delle sue pose eleganti prefabbricate, Francis non aveva perso nemmeno un briciolo del suo charme.

Fu ciò che, stupidamente, venne da pensare allo spagnolo nel breve silenzio calato tra i due, dopo che il francese gli aveva detto che era sparito da quindici anni.

E ora Antonio se ne stava lì, con le braccia a penzolone lungo i fianchi e le labbra arricciate in una smorfia dubbiosa. Sarebbe rimasto così, immobile con il vuoto che gli rimbombava nel cervello, se Francis, in un gesto preciso e veloce, non avesse prontamente spostato una mano dalla sua spalla fino al suo fondo schiena.

Solo quando si sentì stringere proprio lì non tanto elegantemente dalla mano di Francis, Antonio saltò sul posto, dimenticando per un attimo lo stupore e sostituendolo con una buona dose di irritazione. Le vecchie abitudini erano, a quanto pareva, dure a morire!

DIOS, Francis! Ma che accidenti stai facendoooo?!”

“Scusa, scusa, ma dovevo assolutamente accertarmi che fossi proprio tu, mon cher” si giustificò Francis, portando le mani in alto.

“E avevi soltanto questo modo per farlo?” disse lo spagnolo, a metà tra il divertito e l'esasperato.

“E' il metodo infallibile, no? Il tuo sederino saprei riconoscerlo tra mille...così bello sodo!”

Improvvisamente Francis non sembrava avere proprio nulla di diverso dal ragazzo molto francese (Antonio non sapeva descriverlo meglio di così) che aveva appena rivisto nei suoi ricordi.

Con una mossa plateale il biondo sospirò, portandosi il dorso della mano destra alla fronte e la sinistra sul cuore.

“Avevo bisogno di una riconferma ma ora che ti ho palpato il sedere come ai bei vecchi tempi sono sicurissimo che sei tu! Oh, Antoniò!” disse, per poi fiondarsi nuovamente tra le sue braccia.

Antonio pensò che Francis si stesse comportando nel suo solito modo esagerato, enfatizzando gesti e parole come amava spesso fare. Eppure, senza neanche sforzarsi tanto, poteva sentire con quanta disperazione gli si stesse stringendo contro le spalle, le lunghe dita affondate nel suo maglione tanto da fargli quasi male.

Cercando di incontrare i suoi occhi, tentò di fargli alzare la testa allontanandolo lievemente da sé.

Non che non volesse continuare a ricambiare l'abbraccio; anzi, aveva un terribile bisogno di essere tenuto stretto stretto da qualcuno che gli volesse bene, e Francis era sempre stato così bravo a farlo sentire amato!

Ma era chiaro che la reazione dell'amico, per quanto gradita, fosse stata esagerata in modo stonato. Era come se Francis si stesse sforzando con tutto se stesso di apparire meno sconvolto di quanto non fosse...Antonio poteva dirlo perchè, pur non essendo un tipo particolarmente sensibile, conosceva Francis come le sue stesse tasche.

Inoltre, le mani dell'altro che tremavano non lasciavano dubbi sullo stato emotivo in cui si trovasse.

Ma Antonio, per quanto stravolto e pallido, era lontano dal sentirsi un fantasma di ritorno dall'oltretomba come doveva sembrare adesso a Francis.

In quel momento, davanti al portone di casa Vargas, l'incontro che aveva tanto desiderato col suo migliore amico era sì stato strappalacrime come se l'era immaginato, ma aveva generato più dubbi che altro. Bisognava chiarire la situazione.

“Francis” chiamò quindi Antonio, portandogli le mani in faccia, “Francis, che cos'è che hai detto poco fa? Ho bisogno di sapere che piega hanno preso le cose, è importante”

L'altro alzò finalmente la testa, il viso era ormai una maschera di tristezza.

“Ti ho detto che sei stato...” iniziò con voce incerta.

Poi però si fermò per un secondo, si riprese subito dopo e piegò le sopracciglia con aria di stizza, le labbra si storsero in un sorrisetto scocciato e Francis scattò sul posto con energia, andando ad afferrare Antonio per i capelli.

“Sei stato uno stronzo a sparire da un momento all'altro senza dirmi nulla! E adesso te ne ritorni dopo quindici anni giovane e fresco come un ragazzino, mentre io sono dovuto invecchiare come un comune mortale e per quanto sia ancora un esemplare di maschio molto bello, non posso negare che gli anni siano passati per me, dieu!” blaterò con agitazione.

“Ahi ahi ahi!! Lasciami i capelli accidenti!” sbraitò Antonio.

La presa dell'altro era sorprendentemente forte e pure un po' troppo vendicativa per uno che un attimo prima aveva tutta l'aria di essere affranto dal dolore. Lo spagnolo tentò di svincolarsi da quella specie di morsa e per allontanare l'altro, gli si attaccò alla barba, spingendogli in dietro la testa.

“Ma che ti prende adesso, mi stai prendendo in giro?!”

“Oh, mon cher”, sì, Francis aveva decisamente il tipico tono provocatorio da rissa da pub che riservava in genere per i suoi battibecchi con Kirkland, “dovrei essere io a chiederti se sia tutta una presa in giro, non ti pare? Non ti sembra che la situazione sia un tantinello surreale?”

Prima che Antonio potesse aprire bocca per ribattere, la voce cristallina di Feliciano arrivò da dentro casa.

“Antonio, chi era alla porta?”

In un attimo di panico, lo spagnolo fissò con orrore l'uomo che aveva davanti.

Per quanto il più giovane Vargas potesse aver percepito che c'era qualcosa di strano nella sua presenza lì (Antonio non poteva dimenticare quando gli aveva detto che non sapeva chi o cosa fosse), in quel momento più che di essere scoperto aveva paura per l'incolumità del ragazzo: nonostante Francis lo stesse guardando con un paio di occhi curiosi e innocenti da agnellino, Antonio tremava di paura immaginandosi una sagoma francese che volava addosso a un piccolo italiano tentando di abbracciarlo e baciarlo.

No, avrebbe dovuto assolutamente evitarlo! Senza contare che se Francis avesse provato per davvero ad allungare le mani su suo fratello, allora sì che Lovino non avrebbe perdonato mai e poi mai Antonio.

Per tutti questi motivi, Feliciano non avrebbe saputo della presenza del francese.

Dovevano andare via subito senza farsi vedere, prima che decidesse di raggiungerli all'ingresso!

“Non è niente di che, Feli” urlò quindi Antonio verso il corridoio, le mani ancora serrate sulla barba dell'altro, “è venuto a trovarmi un amico che avevo rivisto prima...e credo proprio che adesso me ne andrò via con lui”

“Ma...a quest'ora?”

La voce di Feliciano suonava genuinamente preoccupata e Antonio si affrettò, temendo di veder spuntare da un momento all'altro il suo buffo ciuffetto arricciato di capelli.

“Sì sì sì, ma è tutto apposto, non ti scomodare, starò da lui per sta notte e poi tornerò domani...sai, non ci vediamo da tanto tempo”

Detto questo guardò con fare allusivo l'amico, immobile con le mani affondate nei suoi capelli ricci, gli occhi blu piegati in un sottile divertimento, ma in qualche modo stanchi, forse anche un po' tristi.

“Non ci vediamo da troppo tempo, a quanto pare” aggiunse Antonio, piano.

“Ma...Antonio aspetta, dovevo dirti una cosa importante!”

I passi di Feliciano risuonarono distintamente e la voce si era fatta più forte: stava venendo loro incontro!

“Scusa scusa scusa Feli, me la dirai domani, va bene?” gridò lo spagnolo, e senza aspettare una risposta, sussurrò un “filiamo via” alla volta di Francis, lo prese per un polso e schizzarono fuori dal giardino di casa Vargas.

Dopo pochi metri il francese si portò in testa, facendo segno all'altro di seguirlo, guidandolo probabilmente, pensò Antonio, verso la macchina con cui doveva essere venuto fin lì. E infatti eccola parcheggiata laggiù l'auto scura dalla linea elegante di Francis, così adatta al suo proprietario ...che ora si scavava nervosamente nelle tasche in modo poco elegante.

Merde, ma dov'è la chiave? Ah eccola! Sali, sali! Non ho capito bene perchè, ma se dobbiamo scappare, meglio farlo come si deve” disse mentre salivano entrambi in macchina.

“Non volevo che quel ragazzo ti vedesse, avrei dovuto spiegargli cose che...non so spiegarmi neanche io” fece Antonio, tentando contemporaneamente di allacciarsi la cintura e chiudere lo sportello.

Francis intervenne in suo aiuto, piegandosi in avanti per aiutarlo con la cintura.

“E' carino, questo ragazzo?” chiese con pacato interesse.

“Anche per questo siamo scappati, ho voluto metterlo in salvo da te”

Francis sorrise, mise in moto, gli lanciò un'occhiata ammiccante che Antonio non capì.

“Quindi è lui la persona a cui ti riferivi nella lettera...cioè, altro che “riferivi”! Per la maggior parte non ho fatto che leggere di questo ragazzo che hai incontrato quasi per miracolo, che è legato a te da qualcosa che non sai cosa sia, questo tipo così difficile a cui tu tieni ma che...insomma Antonio, per certi versi mi è sembrata una specie di letterina d'amore, mi è parso che tu ti sia ricordato solo all'ultimo di specificare che eri vivo e che stavi bene e oh, guarda un po', che viaggiavi nel tempo”

Il sarcasmo di Francis venne percepito solo lontanamente dallo spagnolo, troppo concentrato sul suo cuore che batteva forte e un po' dolorosamente, forse per la corsa di prima, più probabilmente perchè stava pensando al suo Lovino e a come l'aveva rifiutato.

“Sì...cioè no, quello che ha parlato poco fa era suo fratello, ma...senti Francis, a proposito della lettera, io...”

Prima ancora di spiegargli ciò che doveva essergli sembrato pura fantascienza, prima di chiedergli della faccenda dei quindici anni, prima di tutto, c'era una cosa che premeva nel petto di Antonio; era un pensiero che scalpitava e che non poteva rimanere taciuto oltre.

“Mi dispiace Francis, mi dispiace, mi dispiace tanto. Non avrei mai voluto arrivare a nominare Jeanne solo per farti capire che ero davvero io il mittente di quella lettera. Lo so che è la cosa che ti fa più soffrire al mondo, io non...”

“Va tutto bene” lo interruppe Francis, una nota di dolcezza della voce.

“Mi dispiace tanto”

“Lo so”

Francis rimase in silenzio per un paio di secondi, mostrando un sorriso sincero, e per qualche attimo i suoi occhi blu luccicarono nel buio della sera.

“Oh, lo so che sei uno sciocco senza un briciolo di sensibilità e non te ne faccio una colpa per questo, assolutamente, sono abituato alle tue stupidate”, riprese, infierendo un po', “anzi...hai fatto bene a fare il suo nome, direi. Ammetto che all'inizio, leggendo le prime righe, ho subito pensato che fosse tutta opera del mio bruco...sai, uno dei suoi soliti giochetti idioti per tentare di convincermi dell'esistenza del magico lato oscuro e del mondo delle fatine”

Antonio capì subito che Francis si stesse riferendo ad Arthur Kirkland.

E non perchè avesse parlato di bruchi, fate e magia, quanto piuttosto per l'aria compiaciuta, divertita e leggermente intenerita che si era dipinta sul suo volto.

“Comunque” disse ancora il francese, “ho capito subito dopo che non era affatto uno scherzo, per quanto assurdo fosse quello che stavo leggendo, e che eri stato davvero tu a scrivermi...la tua calligrafia grossolana e la tua sintassi per niente lineare le riconoscerei tra mille, mon amie

Antonio sorrise proprio mentre Francis parcheggiava con un paio di manovre esperte davanti alla sua bella villetta. Erano arrivati senza che se ne fosse reso conto.

Gli eleganti alberi del giardino addobbati in azzurro e argento, le lucine bianche poste a coronare la porta...la casa dall'esterno era quasi identica a quella che Antonio aveva visto quella sera del 2005 che ora sembrava tanto lontana, e che in effetti lo era.

Solo un dettaglio gli fece leggermente storcere il naso: le luci natalizie grosse come lacrime che scendevano dal tetto che, per quanto graziose, ricordavano in modo poco rassicurante la pioggia.

“Non sono il massimo in questa situazione, vero?” fece Francis, ammiccando con il naso all'insù proprio verso quelle decorazioni.

“Se ho ben capito quello che hai tentato, maldestramente, lasciatelo dire, di spiegare nella lettera, quando piove tu...fai come dei...salti nel tempo? Accomodati, accomodati” disse, facendo strada dentro casa.

“Ma non sai il motivo per cui succede, non è così?”

“Esatto. Tutto quello che so è c'è una causa ben precisa, e che questa ha sicuramente qualcosa a che vedere con il ragazzo di cui parlavamo prima”

Francis gli lanciò un sorriso obliquo mentre lo fece sistemare accanto a lui sul un comodo divano bianco di pelle del salotto.

“E tutte queste cose tu le sai...fammi indovinare...perchè te lo ha detto il tuo istinto?”

Antonio rispose col più sincero dei sorrisi; come lo capiva al volo il francese, nessuno l'aveva mai capito.

Francis però emise un piccolo sbuffo e si coprì la fronte con una mano.

“Il tuo istinto...come no! Sei sempre sconsiderato fino al midollo, tu” disse, ripetendo l'esatta espressione usata da Jeanne quando gli aveva riferito che l'amico parlava così di lui, nelle sue preghiere.

In quel momento il cuore di Antonio si strinse; sia perchè sentiva di non aver mai voluto più bene di così al suo amico e contemporaneamente di non aver mai avuto più bisogno di lui; sia perchè non aveva certo dimenticato Jeanne.

Antonio si chiese se fosse il caso di riferire a Francis di quella specie di visione nella quale aveva parlato con la sua vecchia, amata amica.

Già gli era sembrato troppo nominargliela...d'altro canto, credeva davvero che magari al francese avrebbe potuto far piacere sapere che quella ragazza esisteva ancora davvero, da qualche parte.

Trovare le parole per esprimere quei concetti era difficilissimo, ma Francis tolse Antonio dall'impiccio introducendo lui per primo il discorso.

“Sei sconsiderato anche quando scrivi, il che è strano se pensi che è un'azione che richiede una certa dose di attenzione e buon senso. Invece scommetto che hai buttato giù tutto di getto...mi riferisco soprattutto a quel P.S... come diceva quella frasetta che hai aggiunto alla fine? ...Un'ultima cosa, ti sembrerà nulla ma forse è importante, forse, dimenticavo di dirti che qualcuno mi ha detto che Mont Saint-Michele al mattino è un luogo meraviglioso...”

Francis aveva parlato con gli occhi puntati al soffitto, la voce pensierosa e un po' vaga. In realtà aveva citato quella frase alla perfezione, parola per parola, come se l'avesse letta così tante volte da impararla a memoria.

Il suo sguardo si incatenò a quello di Antonio, intenso ma anche lontano, sereno.

Senza bisogno di altre parole o spiegazioni, Francis disse solo:

“L'hai vista, non è così?”

Lo spagnolo annuì.

“E com'era?”

“Dolce. Ma anche forte. Piccola, ma luminosa. Ha qualcosa...” si sforzò Antonio, “qualcosa di...”

“Qualcosa di unico” completò Francis. Si portò l'indice alla labbra, un'espressione divertita si andava ora dipingendo sul suo viso.

“Solo lei avrebbe potuto lasciare un messaggio così! Vedi, non l'avevo mai detto neanche a te Antonio, ma la prima volta che incontrai Jeanne fu una sera in cui me ne stavo a fare lo stupido con degli amici, davanti alla Fontana degli artisti...e la vidi tra la gente...una specie di apparizione! Come in un sogno mi feci largo tra tante facce sconosciute, subito la avvicinai e...cercai di abbordarla in tutti i modi. Mon dieu, a ripensarci adesso mi viene voglia di scavarmi una buca per la vergogna e restare sotto terra per sempre”

La mano di Francis era salita fino al naso e ora stava andando lentamente a coprirgli gli occhi, che teneva chiusi.

“Quella ragazza spiritosa ma per niente sciocca, simpatica ma dallo sguardo fermo...oh, il cuore mi batteva a mille. Chissà come, riuscii a tenerla per me per tutta la serata, fino a notte fonda, e avrei voluto continuare a passeggiare con lei fino all'alba o fino al giorno dopo ancora, ma non sapevo più che scusa inventarmi...per convincerla le dissi qualcosa come...avanti cherie, dobbiamo ancora vedere tante cose; per esempio, non lo sai quant'è bello Mont Saint-Michele alle prime luci del giorno...?”

Antonio si era ritrovato a sorridere nell'ascoltare quel racconto anche perchè era lo stesso Francis a parlare con voce pacata, tenendo gli occhi nascosti.

Sembrava una di quelle favole con una bella principessa che incontra un principe francese, una di quelle che finisce con un “e vissero tutti felici e contenti”.

Ovviamente lei poi non volle venire con me fin lì” riprese Francis, “ma non l'avevo mai saputo. Non l'avevo mai saputo che in seguito c'era andata per davvero a vedere quel posto al mattino presto, io...”

Francis sospirò con una certa allegria, fissando prima il soffitto, e poi Antonio. Sembrava decisamente di buon umore adesso, mentre scompigliava con una mano i suoi corti ricci.

Ti devo ringraziare mon amie! Hai fatto le veci del messaggero del paradiso. In qualche modo questa tua assenza prolungata, oltre ad avermi fatto stare male come un cane, mi ha portato anche del bene”

Dopo quell'affermazione, Antonio si riscosse, sentendosi come uscito da una bolla di sapone.

Giusto, Francis, ma davvero sono sparito per tanti anni? Dimmi tutto, quand'è che sarebbe successo?”

Te l'ho già detto, quindici anni fa”

Sì, ma precisamente quando?”

Nel 1996, il...il 28 Dicembre 1996” disse Francis, scosso da un brivido.

Antonio andò a fissare il pavimento, sconvolto.

Dunque l'esatto giorno in cui aveva cominciato a viaggiare attraverso gli anni, era poi completamente sparito dall'anno in cui trascorreva la sua vita di tutti i giorni.

Non aveva iniziato a vivere due vite parallele come si era immaginato; l'esistenza di Antonio negli anni '90 non era continuata di pari passo alla sua.

Lui era proprio volato via, anima e mente e cuore e corpo.

E' così...era per questo che non trovavo casa mia nel 2005...io non c'ero proprio, nel 2005!” esclamò, mentre Francis sembrava più confuso che mai.

Capisci Francis, capisci? Mi sono spostato “tutto”, completamente! La mia vita non è continuata, sono proprio...sparito”

Quella realizzazione fu abbastanza devastante; era una cosa che Antonio non aveva minimamente immaginato.

La sua esistenza non esisteva più nel corso del tempo; in qualche modo, agli occhi di tutto il mondo, lui era come morto, pure essendo vivissimo.

Va bene, va bene, forse ho capito ma...non è un problema, no?” intervenne Francis, afferrandogli le spalle.

Ora ti vedo e ti sto toccando, sei qui in carne e ossa, quindi sei vivo...forse, come tutto questo è cominciato, quando avrai trovato la chiave, tutto finirà e poi... potrai tornare alla tua vita normale”

Tornare alla sua vita normale...?

No!” urlò Antonio in faccia a Francis.

No, no.

Rimase così Antonio, un burattino con i fili tagliati, bloccato sul posto da una strana agitazione che stava iniziando a invaderlo da dentro.

Un calore poco piacevole gli si diffondeva sulla pelle, mentre respirare regolarmente si stava facendo più difficile e l'immagine di Francis era sempre più sfocata.

Tornare a, tornare alla mia vita nel '96?, no, dovrei lasciare, la mia vita, adesso non è come prima, dopo, poi io dovrei...”

C'erano tante cose che adesso Antonio voleva dire, forse troppe, tanto che gli mancava il fiato per riuscire a parlare con calma.

La sua voce suonava lontanissima al suo stesso orecchio; era come se qualcun altro stesse parlando al posto suo, e lo faceva male.

Con un'ondata di panico crescente, Antonio si accorse che non stava articolando i suoi pensieri in parole in modo sensato e che, in maniera direttamente proporzionale allo sconcerto, gli occhi gli si stavano dilatando; tutto a causa di una consapevolezza che si stava facendo largo nella sua mente e che l'aveva mandato nella confusione più totale.

Se torno lì, poi non potrei più, non posso, io, dovrei lasciare,

dovrei lasciarlo,

dovrei lasciarlo...

dovrei...

lasciarlo...”

Che stai dicendo Antonio, stai bene Antonio, ti senti male, stenditi, dio, sentiva lontanissimo lo spagnolo dentro la sua testa, vado a prenderti un bicchiere d'acqua, poi potrai tornare alla tua vita, hai fatto le veci del messaggero, tornare alla tua vita, del messaggero del paradiso ma così dovrei lasciarlo, dovrei lasciare Lovino, dovrei dirgli addio perchè lui, eccomi Antonio ho preso l'acqua, acqua, ci vorrebbe un po' d'acqua per raffreddare questo posto, perchè lui nel '96 è piccolo, è troppo piccolo e io non voglio, dio, io non voglio, dio...

 

 

Mi senti, Dio?

Mi senti, non è vero?

 

E' troppo piccolo e io non voglio...

 

Dai ragazzo, anche tu...

 

 

 

Il viso preoccupatissimo di Francis fu la prima cosa che Antonio vide quando le orecchie smisero di fischiargli e la vista tornò lucida. Era proteso su di lui e gli stava così vicino che alcune ciocche di capelli biondi gli ricadevano sul suo naso.

Francis...mi fai il solletico, spostati”

Oh, ma guarda tu cosa devo sentire dopo averti fatto amorevolmente da balia per tutte queste ore” soffiò il francese, seccato ma indubbiamente sollevato.

Antonio tentò di alzare il busto, ma l'amico lo spinse con decisione verso il divano dov'era steso, impedendogli di muovere anche solo un muscolo.

Che cosa mi è successo...?” chiese, confuso, con ancora l'eco tutte quelle voci che gli rimbombava nella testa.

Se non lo sai tu...stavamo parlando ma improvvisamente sei impallidito, avevi l'aria di uno che è sul punto di vomitare, una visione tremenda, te l'assicuro...hai iniziato a dire frasi sconnesse e respiravi a fatica, poi alla fine sei caduto come un albero abbattuto”

Francis aveva cercato di minimizzare il tutto parlando con una voce appena spiritosa, ma era molto ansioso e ad Antonio non sfuggì come lo squadrasse, magari per paura di vederselo svenire davanti un'altra volta.

E' stato una specie di attacco di panico, credo, ma è passato ora” disse Antonio per rassicurarlo, portandosi una mano alla fronte.

Eppure era strano.

Sensazioni del genere gli erano purtroppo familiari; indubbiamente, era proprio così che si sentiva quando lo assalivano le sue crisi di claustrofobia.

Ma sta volta non era stato nessuno sgabuzzino a stenderlo; era bastato capire che il suo bel sogno con Lovino rischiava di infrangersi comunque, che l'altro gli volesse un po' di bene o meno.

Lui lo amava.

Ma come avrebbe fatto a restare con Lovino se c'erano tanti anni a dividerli? Non avrebbe potuto? Avrebbe potuto? Se avesse scoperto quello che doveva, se avesse ricordato la cosa giusta, sarebbe potuto restare con lui? O sarebbe tornato nel suo anno, lasciandolo alla sua vita?

Aaaaaaahhhhh” gemette per la rabbia, prendendosi la testa tra le mani.

Non ti ho mai visto in questo stato” fu il secco commento di Francis.

Anche quando eravamo giovani...va bene, tu sei ancora giovane, allora anche quando ero giovane io e ti accudivo quando ti veniva la febbre, non ti ho mai sentito vaneggiare così. Parlavi di un bambino piccolo e di acqua...di pioggia”

Ho detto altro?” si allarmò Antonio, alzandosi a sedere. Francis lo spinse di nuovo giù.

No, solo questo, e sinceramente non ho capito bene cosa stavi dicendo. Non hai parlato molto, per fortuna, ma certo non ti sei risparmiato nel dormire”

Perché, per quanto sono rimasto incosciente?”

Da ieri sera fino ad adesso...mi hai fatto prendere un bello spavento! Dieu, è pomeriggio, non vedi che fuori c'è il sole? Anche se è un po' nuvoloso però, ho paura che possa piov...”

Antonio non lo lasciò finire e si alzò in piedi con un colpo di reni, afferrando il polso dell'altro con decisione, per fargli capire che non aveva senso cercare di farlo stare buono, ora.

Francis, devo assolutamente andare da Lovino. Ci sono dei ricordi che ho messo da parte e di cui mi devo riappropriare, non so quali ma c'è un collegato tra lui e tutto il resto. Voglio andare da Lovino, adesso”

Fino a quel momento, Antonio aveva sempre pensato che ad unirlo a Lovino Vargas fosse stato qualcosa di positivo, qualcosa di bello; ora invece stava iniziando ad avere paura.

Non ne capiva il motivo, ma aveva paura da morire e sentiva prepotente il bisogno di accertarsi che Lovino stesse bene.

Perché le voci che aveva percepito nella testa l'avevano turbato: non erano stati i vaneggiamenti causati dallo svenimento; tanto meno era suoni pacati o immaginari, ma vividi e spaventati, quasi gridati, vicini a lui...come ricordi a un passo dal riaffiorare eppure ancora oscuri.

Mai come adesso desiderava scoprire cosa stesse succedendo, perchè tutto ciò non lo convinceva affatto.

E se, come gli aveva fatto pensare Francis, davvero alla fine avrebbe dovuto dividersi da Lovino...non voleva accettarlo, non voleva nemmeno pensarlo, ma se davvero doveva succedere, allora non aveva tempo da perdere.

Eppure, nonostante la sua espressione fosse risoluta e quanto mai seria, un po' accigliata perfino, Francis non dava segni di aver capito l'urgenza del momento.

Immobile, il polso ancora stretto nella mano di Antonio, disse piano:

Non andiamo da nessuna parte. Non prima che tu...”

Francis!” tuonò lo spagnolo, tanto forte da sentirsi bruciare la gola per l'irritazione e gli occhi per le lacrime.

Credeva che almeno lui avrebbe capito! Perché gli faceva sprecare così i minuti, perchè voleva fermarlo?

Se non vuoi aiutarmi, almeno lasciami andare! No, aspetta...se mi porti in macchina fino a casa dei Vargas arriverò prima, non farmi perdere tempo, ti prego!” moderò la voce Antonio, suonando leggermente supplichevole.

Fammi finire di parlare...” accennò Francis, prendendo a sua volta il polso di Antonio.

Ma non capisci?! Devo andare subito da lui, sento che solo così ricorderò ciò che mi serve! Solo così tutto avrà un senso! E' solo perchè c'è lui che ha senso che io sia qui, ora, e non voglio perderlo!”

Quella frase risuonò con la potenza di un petardo nel bel salotto elegante di Francis, e la verità di quel messaggio investì in pieno Antonio solo dopo averlo pronunciato.

Che amava Lovino lo sapeva bene.

Di amarlo così disperatamente, di aver così bisogno della sua presenza, di aver così paura per la sua incolumità, di temere che perderlo avrebbe danneggiato il suo cuore irrimediabilmente...ecco, questo non lo sapeva.

Un'intensità tale che quasi rientrava nella disperazione era qualcosa a cui non aveva mai pensato prima. Un amore potente, forte, coraggioso: un amore totale.

Un miracolo.

Il destino l'aveva portato da Lovino, e se alla fine avrebbe voluto dividerlo, be', che ci avesse provato! Antonio si sarebbe aggrappato a quell'amore, avrebbe lottato con le unghie e coi denti pur di difenderlo.

Non voglio perderlo” ripeté, dimenticando per un attimo che Lovino l'aveva respinto.

Francis affilò lo sguardo, uno sguardo strano, e si morse le labbra.

Credi forse che io non sappia cosa significhi perdere qualcuno?”

Una luce decisa gli brillava negli occhi; la voce non era alterata, quanto piuttosto un po' delusa. Antonio avrebbe potuto percepire suoi nervi tesi anche se non gli avesse afferrato il polso, solo guardando la sua posizione rigida.

Ti stai dimenticando che la mia lista è un pochino più lunga della tua, Antoniò: prima Jeanne, poi Gilbert e l'anno dopo sei sparito nel nulla pure tu. Non mi era rimasto che Arthur...senza quel pazzo isterico non so proprio cosa ne sarebbe stato di me. Per capire che dovevo prendermi quello che volevo e tenermelo stretto senza esitare, mi ci è voluto un bel po'...ho dovuto perdere tre persone che amavo, ad essere precisi” disse, con una strizzatina d'occhio.

Antonio rimase impietrito dal tono dolce di Francis; non era melenso, romantico, spiritoso, malizioso, provocatorio come quello del Francis che aveva sempre conosciuto.

Era un qualcosa di nuovo, una sensibilità più matura che l'amico doveva aver sviluppato anno dopo anno. Infondo era ormai un uomo cresciuto da un pezzo.

Lo spagnolo si sentì un po' un verme per aver frainteso le sue intenzioni.

Anzi, devo correggermi” riprese il biondo, lasciando andare Antonio e accarezzandosi la barba, “fino a ieri credevo di aver perso per sempre anche te. Invece in qualche modo sei qui, e tutto quello che ti chiedo e di non sparire di nuovo dalla mia vita. Era questo che volevo dirti, capito? Non si va da nessuna parte prima che tu non mi abbia promesso che non ti perderò più di vista. Tu e la tua impulsività, nemmeno mi fai finire di parlare, zuccone che non sei altro!”

Antonio non riuscì a trattenere una risata che era a metà tra un sospiro e un singhiozzo, toccandosi la fronte con una mano.

Solo in quel momento si figurò un Francis tutto solo dopo la morte di Gilbert e la propria sparizione, che affondava i suoi dispiaceri in fiumi di vino.

Per la prima volta in assoluto provò un sincero moto di gratitudine verso l'esistenza di Arthur Kirkland.

Non ci divideremo più” disse, cercando di metterci tutta l'intensità che poteva, “è una promessa”

Una promessa che stringeva, oltre che con Francis, anche con se stesso: neanche lui voleva perderlo, semplicemente perchè Francis, per Antonio, c'era sempre stato.

Anche nel '96, anno in cui, ora lo capiva, viveva la sua vita senza avere una direzione da seguire, quando l'unico motivo per cui non era affondato del tutto era stata la sua presenza.

In qualche modo se lo sarebbe tenuto stretto così come avrebbe fatto con Lovino, sia che fosse rimasto lì nel futuro, sia che fosse tornato nel passato.

Oh, davvero, come non lo sapeva, ma non si sarebbero più divisi.

Proprio nel momento in cui l'espressione di Francis si fece più rilassata, un rumore proveniente dall'esterno, uno scoppiettio di un vecchio motore, lo fece scattare sull'attenti.

Il francese volò verso il finestrone, irrigidendosi di colpo e sussurrando con tono abbastanza udibile un “non è possibile”.

Che sta succedendo?” chiese Antonio, allarmato.

E' tornato il bruco! Era andato a trovare i suoi parenti e aveva detto che sarebbe stato di ritorno domani, ma è già qui, quella è proprio la sua vecchia carretta inglese, sacre bleu!”

Con uno scatto tornò da Antonio e prese a spingerlo freneticamente attraverso il corridoio.

Mi dispiace tanto ma devi andartene subito! Se ti vedesse Arthùr, che ti crede sparito da quindici anni, pazzo com'è gli verrebbe voglia di vivisezionarti o qualcosa di simile!”

Un brivido scese giù lungo la schiena di Antonio; non c'era ironia nella voce di Francis, e del resto anche lo spagnolo sapeva che Kirkland sarebbe stato perfettamente capace di farlo a fette con un taglierino in nome della ricerca scientifica sulla magia.

Vai, da queste scale si arriva in cantina, c'è una porta che da sull'esterno, puoi uscire da lì! Non posso venire con te per ora perchè Arthùr avrà sicuramente visto la mia auto parcheggiata qua fuori, ma ecco, prendi questo”

Antonio tentava di starlo ad ascoltare, di non cadere dalle scale e contemporaneamente di afferrare al volo l'oggetto che Francis gli aveva passato.

E' il mio i-phone...un telefono! C'è il numero di casa salvato in rubrica, mi devi chiamare, capito?” soffiò in tutta fretta Francis.

Antonio si concesse un attimo per esternare la sua perplessità.

Ma io non so usarlo questo coso” disse, e probabilmente ci avrebbe messo un sacco di tempo a capire come funzionava anche se non fosse stato un ragazzo del 1996.

Imparerai! Corri, adesso!”

Il ragazzo annuì ed ebbe giusto il tempo di sibilare un grazie allarmato ma sincero alla volta di Francis, prima che questo gli chiudesse la porta della cantina alle spalle.

Era una specie di piccola rimessa, ma sufficientemente grande per evitare attacchi di panico, e Antonio, col cuore in gola, trovò subito la porta che dava sull'esterno ed uscì.

Guardandosi intorno scorse subito la figura di Kirkland, girato di schiena, che armeggiava con le chiavi di casa, non riusciva ad aprire la porta, si attaccava al campanello e intimava al compagno di finirla con quei giochi idioti e di aprirgli immediatamente, o sarebbe stato peggio per lui.

Antonio si immaginò che Francis fosse dall'altra parte a tenere la porta bella chiusa.

In tutto quel trambusto fu facile riuscire a passare inosservato e ad andarsene di corsa via di li; meno facile fu tentare di far calmare il cuore che gli batteva all'impazzata per l'agitazione.

Ogni metro che percorreva sembrava aumentare la distanza che lo divideva dalla casa dei due fratelli, anziché diminuirla; ogni secondo che passava lontano da Lovino sembrava sprecato.

Proprio non riusciva a togliersi dalla testa quell'indefinibile brutto presentimento, quel senso di chiuso che gli attanagliava i polmoni.

Avere paura di qualcosa che non si conosce era terribile; correva con questa strana preoccupazione, il viso gelato dal freddo pungente e il corpo che quasi prendeva fuoco tanto era accaldato.

Senza considerare che sentiva ancora un leggero senso di debolezza e nausea a causa dello svenimento di prima; tuttavia, anche in questo stato alla fine Antonio riuscì ad arrivare a casa dei Vargas, e ansante, si buttò sul campanello.

Lovino, Feliciano, apritemi! Aprimi, Lovi...”

Ad Antonio bastò intravedere un ciuffetto di capelli castani per sospirare di sollievo; quando però il portone lasciò completamente scoperto il viso morbido e gli occhi nocciola del minore dei fratelli, ci mancò poco che Antonio non lo spostasse di peso per vedere se dietro di lui c'era l'altro.

Antonio” gemette Feliciano, triste e con gli occhi lucidi “eccoti finalmente! Lovino è...”

Così come era scesa per un attimo, la paura risalì subito ad annebbiargli il cervello.

Che è successo a Lovino, che gli è successo, sta bene?”

Non lo so...è uscito sta mattina presto e non è ancora tornato, ha lasciato il cellulare a casa e io non so dove sia”

Ci penso io, vado subito a cercarlo”

E già aveva fatto dietro front ed era pronto a rimettersi a correre, se non fosse stato per la mano di Feliciano che gli si era posata delicatamente sulla spalla.

Aspetta solo un attimo, c'è una cosa che ti devo dire”

Si mordeva il labbro inferiore e lo guardava in modo incerto, lasciando vagare gli occhi sul suo viso, cercando di leggervi chissà cosa.

Ieri sera, quando sono andato in camera sua per portargli la cena, mio fratello mi ha raccontato cosa è successo tra voi, quello che gli hai detto...”

Ah. La dichiarazione, il “ti odio”.

Quindi ci aveva visto giusto quando aveva pensato che i due fratelli si erano fatti quattro risate alle sue spalle.

Lasciamo perdere, è stato un fallimento” disse Antonio, con aria un po' abbacchiata, ma riprendendosi subito, “senti, non importa ora, se ho infastidito Lovino o se l'ho fatto arrabbiare, mi farò perdonar...”

Ma no, era così felice!” lo interruppe l'altro, scuotendo forte la testa come un bambino piccolo.

Mentre mi raccontava tutto era così felice...lui non lo ammetterebbe mai, ma io lo so com'è fatto”

Il mondo si fermò per un attimo: quindi Lovino non era davvero arrabbiato con lui, né tanto meno era rimasto schifato da quella scenetta?

Addirittura era...felice?

Ma era possibile?

Feliciano intercettò subito l'espressione vacua per l'incredulità di Antonio, e, inaspettatamente, assunse un cipiglio un po' seccato.

Non guardarmi con quell'aria stupita, mi devi credere: io lo capisco, è mio fratello, accidenti! Mentre mi parlava ce la metteva proprio tutta per non sorridere, si sforzava di mantenere gli occhi asciutti, come faceva quando da bambino la zietta gli regalava i pomodori”

I pomodori...ma che stai dicendo?”

Ascolta” iniziò Feliciano, tentando di assumere un fare pratico senza riuscirci, “ogni volta che gli zii gli portavano i cesti di verdure, Lovino si arrabbiava sempre e non faceva che brontolare, ma era davvero contentissimo che quei regali fossero stati fatti proprio a lui...e se li portava in camera, i pomodori, sbattendo forte la porta contro il naso della zietta. Io poi lo spiavo dalla serratura e vedevo che se li rigirava tra le mani, li guardava, li teneva per sé, quasi come se non credesse fossero suoi...è la stessa cosa, no? Per i pomodori come per te, no?”

Quindi Lovino lo considerava...alla pari di un pomodoro?

Oddio Antonio, ma davvero non ci arrivi?” piagnucolò Feliciano al silenzio dello spagnolo, agitando le mani.

Io e mio fratello non ci fidiamo della gente”

Nel dire quella frase il suo tono era cambiato.

Stava cercando di suonare meno agitato possibile, e sicuramente non era mai stato più serio di così, anche se qualche lacrima faceva capolino ai bordi degli occhi.

Scherzare con i compagni o fare gli scemi con le ragazze non conta” continuò, “dopo aver visto mancare i nostri genitori prima e nostro nonno poi, abbiamo paura ad avvicinare gli altri, io e Lovino, così paura che ci viene da piangere...perchè ci spaventa l'idea di rimanere da soli, alla fine. O almeno, per me era così prima”

Feliciano si fermò giusto il tempo di asciugarsi una lacrima che gli era scappata lungo la guancia, spezzando la voce con un sospiro incerto. Quando riprese a parlare, il viso gli si colorò di una sfumatura più rosea.

Adesso è diverso, ho...conosciuto una persona. E' un tipo un po' strano, ma è un bravissimo ragazzo e un buon amico che mi rende felice...e mi da la sicurezza che non mi abbandonerà. Temevo che per Lovino non sarebbe mai arrivato questo momento, il momento in cui avrebbe trovato una persona dopo averne perdute tre, e invece guarda un po'...sei arrivato tu!” disse, accompagnando la frase indicandolo con il dito, quasi come gli avesse puntato al petto una pistola.

“E lui, che non si fida di nessuno, si è fidato subito di te!”

Se il dito di Feliciano era una pistola, quello che aveva appena detto era stato come un colpo sparato dritto dritto dentro Antonio.

Quindi secondo te ho qualche possibilità con Lovino?” disse in fretta, la voce asciutta per l'emozione.

L'altro gli appoggiò le mani sulle spalle e prese a scuoterlo forte come un cocktail.

Ma certo, certo, certo che sì! Sennò perchè quando gli ho detto che te n'eri andato ieri sera è diventato bianco come un lenzuolo? Non ci ha pensato due volte a uscire apposta per cercarti”

“Ma io lo amo” disse con foga Antonio, a caso, nell'agitazione più totale, anche se non ce n'era bisogno.

“Fantastico!” esclamò l'altro, “Allora corri, va e trovalo!”

“Corro!”

E corse, Antonio, corse con le ali ali piedi attraverso le casette tranquille immerse nel freddo di dicembre, attraverso le piccole vie illuminate della città, attraverso le vetrinette che rimandavano il riflesso di un ragazzo giovane con un sorriso di pura gioia stampato in faccia.

Lovino era stato felice per la dichiarazione, aveva una possibilità con Lovino, Lovino si fidava di lui, si preoccupava per lui....nella testa di Antonio non c'era posto per altro.

“Yahooooo!” gridò come un matto, saltando mentre correva, la gente a passeggio che lo guardava male.

Felicità, felicità, felicità...

Era possibile essere più felici di così? Oh, sì, forse sarebbe stato possibile, ma solo se Lovino gli avesse detto che anche lui ricambiava completamente i suoi sentimenti.

Pur essendo preda dell'euforia più totale, un pezzettino del cervello di Antonio rimase lucido e gli suggerì che un posto dove poteva andare per evitare di girare a vuoto c'era; un posto dove il suo amato Lovino si rifugiava, il suo posto: la terrazza del centro commerciale.

“Yahooooo, aspettami, sto arrivando da te, mi amoooooor

 

 

 

 

 

 

 

 

28 Dicembre 1995

 

 

 

Antonio era seduto sul tappetto.

Aveva abbandonata per qualche attimo la chitarra sul grembo perchè la sua attenzione era stata catturata da uno dei loro soliti battibecchi senza senso.

Accanto a lui, Gilbert se ne stava a gambe incrociate, con i gomiti puntellati sulle ginocchia e il mento sepolto tra le mani.

Sul viso gli era spuntato il tipico ghigno di quanto stava per fare uno dei suoi commenti che volevano essere taglienti ma che risultavano solo battutine insipide.

Se farai la stessa fine del vino, Francis, allora diventerai acido come l'aceto? Sei sulla buona strada, comunque” disse infatti, con un certo compiacimento.

Francis, seduto sulla poltrona e intento a rigirarsi tra le dita un bicchiere di rosso come un autentico sommelier, non si scompose.

No, spiritoso, intendevo dire che invecchiare non potrà che farmi bene”

Secondo me invece ti farà malissimo. Già adesso sembri molto più vecchio di quello che sei. A meno che tu non abbia fatto altro che mentirci fin'ora riguardo la tua età...merda Antonio, stiamo convivendo con un trentacinquenne e nemmeno lo sapevamo”

Il tedesco fece appena in tempo a dare una gomitata ad Antonio prima che Francis, offeso, gli scagliasse un cuscino sul naso.

Pensa per te, mocciosetto! Se tu quello che non dimostra la sua età...quanti anni hai, sedici?”

Sta attento Antonio, è entrato in azione il principe degli insulti...”

Non farmi venire laggiù, Allemande!”

Secondo me” intervenne lo spagnolo, tranquillo, “l'unico che dimostra effettivamente la sua età qui sono io”

Traditore!”

Ma sentiteli...dieu, volete farmi fare l'adulto? E va bene allora, datevi una calmata, bambini! Anzi, filate fuori di qui, ho bisogno della calma più assoluta per cucinare il nostro pranzo di post Natale e con voi due tra i piedi è sempre un inferno”

Ok papà” disse Antonio, scherzoso, “ma dove dovrebbero andare questi tuoi due poveri bimbi in una mattina così fredda?”

Lascia perdere quel vinofilo, andiamocene via, Antonio...accompagnami in un posto”

Gilbert si alzò, stiracchiandosi i muscoli. Antonio lo imitò.

Dove devi andare?”

Non ho ancora preso nulla come regalo per Ludwig, quest'anno...sì, sì, lo so che tanto non potrò consegnarglielo comunque...per ora” disse, illuminandosi in un sorrisone.

Il giorno in cui Lud verrà finalmente in Italia, gli scaricherò addosso un sacco pieno di tutti i regali acquistati per lui nel corso del tempo! Che ve ne pare, eh? Un'idea geniale ponderata a lungo da una persona eccezionale, no? Avanti con il giro di ovazioni!”

Antonio fissò l'amico che ora si stava atteggiando in una posa un po' ridicola, alzando il mento in modo superbo.

Le lucine che si erano divertiti ad appendere al muro illuminavano curiosamente la sua pelle fin troppo chiara; macchie gialle e rosse e verdi gli balenavano a intermittenza persino tra i capelli, facendoli sembrare più bianchi che biondi per contrasto.

Incredibile come un megalomane del genere potesse essere così maledettamente tenero con le persone che amava.

Era per questo che Antonio e Francis lo adoravano.

E' un'idea carina, Gilbert” concordò Antonio.

Salutando Francis con baci mandati in aria e frasi scherzose, i due ragazzi uscirono dal loro appartamento, prendendosi a braccetto.

Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che Gilbert lì dentro non ci sarebbe mai più tornato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

 

Salve ^-^ scrivere questo capitolo sta volta è stato più faticoso del solito, spero che non risulti troppo confuso...se è così, perdonatemi!! Sta volta Antonio è riuscito a far scappare la pazienza pure a Feliciano xD

A proposito, più vado avanti e più la storia si allunga un pochino, chissà che alla fine non arrivi a dodici capitoli...abbiate pazienza, sia nei confronti di Antonio che nei miei xD

Ringrazio ancora infinitamente tutti voi che leggete e seguite, spero di leggere i vostri commenti che fanno sempre piacere! Alla prossima :3

   
 
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