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Autore: effewrites    07/12/2011    7 recensioni
«Oh, potente Zeus, divino marpione, abbiamo scoperto la verità! Rivelaci la nostra parentela e conducici al Campo Mezzosangue!» proclamai con tono teatrale.
Come c’era da aspettarsi, non successe nulla.
«Mh. Forse non è Zeus. Forse è Poseidone o Ade» riflettei.
«O forse si è solo offeso perché lo hai chiamato marpione» propose Eric.
Sorrisi voltandomi verso di lui. «Sarebbe bello se fosse vero»

Shawna e Eric January hanno sedici anni, sono gemelli e sono due ragazzi normali — con una famiglia di schifo, ma normali.
Ma quando vengono catapultati improvvisamente in un mondo che ritenevano fosse solo frutto della fantasia, cosa rimane di normale nella loro vita?
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Legge di Gumperson: La probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità.

 
Il silenzio era interrotto solo dal mio respiro pesante.
La stanza era calda ma non afosa. Un venticello leggero arrivava ogni tanto a sfiorarmi la fronte e a farmi rabbrividire.
Feci una smorfia, sospirando pesantemente e stiracchiandomi sotto le coperte leggere che mi coprivano. Adesso riuscivo anche a sentire altri rumori; c’erano dei ragazzi, fuori, che stavano gridando e ridendo, e per strano che potesse sembrare riuscivo ad udire anche uno sferragliare come di spade.
…spade?
Aprii gli occhi, e una sensazione di voragine mi si aprì alla bocca dello stomaco.
Dove diavolo ero finito? Mi trovavo in uno stanzone costruito in legno, con tanti lettini ospedalieri messi l’uno accanto all’altro con quel minimo di distanza per far sì che tra un lettino e l’altro vi fosse lo spazio per una sedia e un comodino.
Accanto a me c’era Shawna, e questa consapevolezza riuscì in un qualche modo a rincuorarmi. Era seduta su una sedia accanto alla mia brandina, con la testa poggiata sulle lenzuola e le braccia a farle da cuscino. Il sole che entrava da una delle finestre lì vicino dava ai suoi capelli ricci e scuri una sfumatura ramata.
Sembrava stesse dormendo pesantemente.
Le scostai un ricciolo dal viso e notai che aveva le labbra appena incrostate di sangue. Fin da quando era piccola Shawna aveva avuto il brutto vizio di mordersi a sangue le labbra ogni qual volta fosse stata nervosa o preoccupata o spaventata.
A giudicare dal gonfiore causato dal morso, stavolta si trattava di un mix di tutte e tre le cose.
«Ah, stupida Nana…» mormorai, accarezzandole piano il cespuglio di capelli che aveva in testa. Continuava a dormire. Non si muoveva neanche di un centimetro.
Per un attimo mi assalì il panico più totale.
«Sta bene» mormorò qualcuno da un angolo della stanza, e sobbalzai.
«Scusami, non volevo spaventarti»
Poggiata contro uno scaffale lì vicino, c’era una ragazza. Una ragazza piuttosto strana, a dire il vero.
Non era molto alta ed aveva un viso pallido, circondato da corti e scompigliati capelli neri. Vestiva una maglietta arancione acceso con stampate sul davanti a caratteri grandi e neri le lettere “CHB”, un paio di jeans aderenti e stracciati cosparsi di spille di gruppi rock sulle tasche e degli anfibi.
La nota stonata dell’insieme era la spruzzata di lentiggini che aveva sul naso. Che senso avevano quelle lentiggini? Le avrei trovate carine su qualsiasi ragazza con i capelli rossi e gli occhi chiari, non su una mora con quelle assurde iridi blu elett—
Deglutii, e di colpo mi resi conto di quanto il mio cuore stesse galoppando nel petto. Un infarto; se avesse continuato così mi sarebbe di certo venuto un infarto.
Non sapevo in che razza di posto io e mia sorella fossimo mai andati a finire, ma di certo doveva essere una coincidenza il fatto che di fronte a me avessi avuto l’incarnazione vivente di Talia Grace.
«Le ninfe mi hanno detto che è stata tutta la notte accanto a te. Hanno provato a convincerla a sdraiarsi per un po’, ma quella ragazza deve avere proprio la testa dura!» disse la ragazza-Talia-Grace, accennando a Shawna con un movimento del capo.
Feci un sorrisetto. «Più che dura, fidati» mormorai, prima che nel mio cervello iniziasse a risuonare un campanello d’allarme. Quella tipa non aveva parlato di ninfe, vero?
«Dove diavolo siamo finiti? I-Ieri sera eravamo a casa, e c’era quel temporale assurdo ed è andata via la corrente e—»
«Woh, frena!» esclamò la ragazza, allontanandosi dal muro e venendosi a sedere sulla brandina accanto alla mia. Da vicino era ancora più lampante e inquietante la somiglianza tra lei e la Talia che avevo sempre immaginato. Sentii Shawna muoversi sul letto; si stava svegliando.
«Siete al Campo Mezzosangue, quindi tira i freni e rilassati, adesso siete al sicuro. Ah, per la cronaca, io sono Talia»
Riuscii a percepire ogni singolo neurone del mio cervello che si lasciava cadere morto al suolo.
«Mi stai prendendo per il—» mi morsi la lingua. «Mi stai prendendo in giro?»
Talia inarcò un sopracciglio scuro. «Perché dovrei?»
Shawna sbadigliò e si raddrizzò sulla sedia, strofinandosi gli occhi e stiracchiandosi per bene. M’imposi di non tremare e di non dare fuori di testa, anche se quegli stessi neuroni suicida di poco prima adesso stavano urlando e correndo come dei pazzi nel mio cervello, non aiutandomi affatto a mantenere la calma.
«Buongiorno» salutò Talia, osservando a turno me e mia sorella con un’espressione che non riuscivo a decifrare.
Appena Shawna fu abbastanza lucida da comprendere che, sorpresa!, non eravamo soli nella stanza balzò in piedi, aguzzò lo sguardo e squadrò da capo a piedi Talia.
La vidi sgranare gli occhi, boccheggiare, tremare, passare dal color rosa al bianco al blu al porpora al rosso.
«Puoi semplicemente evitare di andare totalmente fuori di testa?» le sussurrai nel panico. Quando Shawna impazziva… be’, nessuno avrebbe mai voluto avere a che fare con lei in quei momenti.
«T-tu… t-t-t-tu sei…?» balbettò con aria sconvolta.
«Sono Talia» si presentò nuovamente la ragazza. Aveva uno sguardo che gridava “sto-avendo-a-che-fare-con-dei-pazzi-vorrei-essere-ovunque-tranne-che-qui”.
«Figlia di Zeus» aggiunsi in un sussurro. Mi ero accorto che sia io che mia sorella stavamo indossando la stessa identica maglietta arancione che aveva indosso anche Talia. E avevamo cerotti e garze un po’ dappertutto. In nome del cielo, che diavolo era successo la sera prima?!
Sentii Talia trattenere il respiro.
«Non ho mai detto di essere figlia di Zeus» aggiunse con un tono di voce scontroso. La ignorai, troppo incasinato mentalmente per preoccuparmi dell’aver forse appena compiuto un passo falso parlando di qualcosa che non avrei dovuto sapere.
«Shawna, siamo al Campo Mezzosangue» mormorai rivolto a mia sorella, che deglutì e si passò una mano fra i capelli.
«Lo so. Ieri sera Percy continuava a blaterare cose assurde mentre ci portava in infermeria»
«Percy? Percy Jackson
Shawna mi rivolse uno sguardo irritato. «Quali altri Percy conosci, di grazia?»
Scossi la testa con violenza. «Cazzo, non è questo il punto! Shaw, è un casino assurdo. Siamo al Campo Mezzosangue, per la miseria! Il Campo Mezzosangue! Il parto mentale di uno scrittore!» aggiunsi quest’ultima frase con il tono di voce più basso possibile. Ci mancava solo che Talia ascoltasse e decidesse che sia io che mia sorella eravamo matti da legare. «Tutto questo non può essere vero»
«Ho seriamente preso in considerazione l’idea di essere morta e finita chissà dove. Oppure di essere impazzita. Sarebbe una spiegazione più che logica»
«Che ne direste se io adesso vi lasciassi ai vostri strani e decisamente inquietanti discorsi tra fratello e sorella e andassi a chiamare qualcuno? Chirone, ad esempio…» disse Talia.
«O uno strizzacervelli» aggiunsi io.
«Il Signor D non è versato in materia di follia?»
«Conosci il Signor D?» domandò Talia a Shawna, che ammutolì non appena la figlia di Zeus le rivolse la parola.
«In un certo senso» rispose alla fine, non senza una certa fatica.
Talia arricciò le labbra. «Vado. Torno a momenti» disse, dopodiché con un sospiro sconfortato aprì la porta e lasciò me e Shawna da soli.
Guardai mia sorella, e lei guardò me. Immaginavo che mi avrebbe assalito con domande o con congetture o con qualsiasi altra frase riguardante la nostra imprevista presenza in quello che fino a una decina di minuti prima consideravo essere solo un libro senza un minimo fondamento di verità.
Invece, le uniche parole che Shawna riuscì a pronunciare furono: «Quella era Talia»
Alzai gli occhi al cielo, trattenendo un’imprecazione. «Sì, era lei»
«Talia Grace»
«Esatto»
«Quella Talia Grace»
«Proprio lei»
«Penso di amarla»
Quasi caddi dal letto. Anzi, senza il quasi.
«SHAWNA?!» esclamai mentre tentavo di alzarmi e sentirmi meno come un convalescente, inciampando però nel lenzuolo durante il tentativo e quasi capitombolando per terra.
«In una maniera totalmente platonica, ovviamente! Ma, dèi!, quella ragazza è… è…»
Il sorriso esaltato che Shawna aveva in volto si spense all’improvviso. La vidi in difficoltà. Aggrottò le sopracciglia e mi lanciò uno sguardo supplicante aiuto.
«È…?» la spronai.
«Mi sembra strano riferirmi a lei come al mio personaggio preferito della saga di Percy Jackson. Sai com’è, ci ho appena parlato a quattr’occhi»
«Se per aver parlato con lei intenti l’averla fissata come un pesce lesso con un deficit mentale allora sì, hai appena parlato con il tuo personaggio preferito della saga di Percy Jackson»
«E questo non è affatto normale»
Scossi la testa. No che non era normale.
Mi lasciai sfuggire un gemito frustrato, e nonostante mi fossi appena alzato dal letto vi ripiombai sopra, sedendomi e lasciando sprofondare la testa tra le mani.
Sentivo il cervello andarmi a fuoco. Non mi sarei stupito se di lì a qualche momento mi fosse scoppiata la testa, lasciando solo un corpo spaesato e scoordinato ad attendere Talia.
Attendere Talia. Talia.
Una piccola parte di me non voleva rassegnarsi all’idea che stesse tutto accadendo per davvero: stava vagliando tutti i possibili avvenimenti che avrebbero potuto rendere possibile la follia che stavo vivendo in quel momento.
Sentii Shawna sedersi accanto a me e posarmi una mano sulla spalla. Voltai la testa in modo da poterla vedere in viso.
«Non so cosa sta accadendo» esordì, con gli occhi che ebbero un guizzo improvviso, le iridi più verdi che castane come ogni volta che venivano illuminate dal sole. «Ma, se ti può far star meglio… non è quello che abbiamo sempre voluto?»
Rimasi in silenzio per qualche istante, dopodiché fui in grado di esclamare un sonoro: «Cosa?»
«Campo Mezzosangue, Eric. Siamo al Campo Mezzosangue. Abbiamo appena parlato con Talia Grace. In nome degli dei, Percy Jackson mi ha tenuta tra le braccia!»
Continuai a guardare mia sorella, basito. Shawna sembrava sprizzare gioia pura da ogni singolo poro della sua pelle. Come diamine era riuscita a tornare così felice in meno di una manciata di minuti?!
«Devi aver battuto la testa molto forte, Shaw»
«Sto solo cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno. Eric, finché non capiamo che cosa è successo—»
«Se mai lo capiremo…»
Alzò gli occhi al cielo. «Finché non capiamo cosa è successo, dicevo…» di nuovo, quel guizzo che avrei osato definire “di follia” le attraversò lo sguardo. «Non possiamo semplicemente accettare la situazione?»
Avrei voluto rispondere con qualche frase sensata, ma tutto d’un tratto non riuscii più a spiccicare parola. Nella mia testa fecero capolino le immagini di me e Shawna da bambini, armati con i mestoli della cucina e i coperchi dei bidoni della spazzatura, che giocavamo ne giardino di casa immaginando di essere al campo per semidei, lottando e allenandoci.
Una calda sensazione al petto e al ventre mi fece rabbrividire, come se qualcosa di ghiacciato mi avesse appena sfiorato la schiena.
Sbattei le palpebre, e per la prima volta da quando avevo riaperto gli occhi cercai di vedere la situazione come l’avrebbe vista l’Eric di dieci anni, e non quello di sedici. Come l’avrei vista se fossi stato ancora un bambino.
«Siamo al Campo Mezzosangue» sussurrai di nuovo a mia sorella, ma stavolta c’era qualcosa di diverso nella mia voce. Traspariva tutta la mia emozione. Mi ritrovai a fantasticare su quello che avrei fatto una volta uscito dall’infermeria: sarei andato a trovarmi un alloggio in una delle cabine, mi sarei allenato con la spada, mi avrebbero dato un’armatura, avrei giocato alla Caccia alla Bandiera!
Per un attimo mi attraversò come un lampo l’idea che avrei potuto conoscere l’identità del genitore che non avevo mai avuto.
Forse era vero che mio padre era un Olimpio; forse era vero che non ci aveva semplicemente abbandonati, ma che era stato costretto ad andarsene.
Evidentemente Shawna stava avendo gli stessi pensieri, perché fece un sorrisetto e scosse la testa.
«Chi l’avrebbe mai detto che un giorno saremmo finiti dentro un libro»
Non aveva neanche terminato di parlare che la porta dell’infermeria si aprì, e Talia comparve sulla soglia con uno sguardo accigliato.
«Avanti, venite fuori. C’è un bel po’ di gente che vuole fare la vostra conoscenza»
 

***

 
Non riuscivo a credere a ciò che stavo vedendo. Fosse stato possibile, mi sarei cavato gli occhi per controllare da vicino se avessero funzionato ancora bene.
Perché trovarmi faccia a faccia con uno stallone bianco dal busto umano non era esattamente una cosa che un paio di occhi normali sarebbero stati in grado di vedere.
Chirone era esattamente come avevo imparato a conoscerlo attraverso i libri: gentile, posato, con un’aria saggia dovuta forse al suo finto ruolo di professore di latino, la prima forma con la quale tutti i lettori della saga avevano fatto la sua conoscenza.
Ci sorrise, ci chiese se ci fossimo ripresi, volle sapere la nostra storia.
Il punto era che né io né Shawna eravamo bravi nel mentire, e di dire la verità non se ne parlava assolutamente. Ribadisco il concetto: non potete dire a un gruppo di personaggi di un libro che sono i personaggi di un libro. A meno che non vogliate ritrovarvi rinchiusi in una cella imbottita con le braccia imprigionate in una camicia di forza.
Fortunatamente, Chirone sembrò non voler insistere sulla questione “chi-siete-da-dove-venite”. Si limitò soltanto a farci cenno di seguirlo, mentre chiamava un ragazzino con un’armatura tre volte più grossa di lui e gli chiedeva di andare a chiamare qualcuno di cui non compresi bene il nome.
Quando il ragazzino si fu allontanato, Chirone ci rivolse nuovamente tutta la sua attenzione.
«Secondo la prassi tutti i nuovi arrivati dovrebbero vedere il filmato esplicativo prima di fare un vero e proprio giro del campo per iniziare ad ambientarsi, ma voi due non avete proprio una bella cera» sospirò il centauro.
Ero tentato dal dire: «Sarebbe stato strano se l’avessimo avuta»
«Ad ogni modo» riprese Chirone. «Farò in modo che possiate riposarvi al più presto in una delle cabine. Immagino che la vostra casa da oggi in poi sarà quella di Ermes, dal momento che… umh, l’identità del vostro genitore divino è ancora sconosciuta»
«Cosa fa presupporre che siamo davvero semidei?» esclamò Shawna, con una smorfia confusa in viso.
Chirone sorrise, paziente. «Solo i semidei possono attraversare i confini del campo, mia cara»
«Oh!» fece lei, arrossendo violentemente. «Giusto…»
 Attesi che Chirone fosse nuovamente distratto per lanciare un’occhiata truce a mia sorella.
«Non guardarmi in quel modo» borbottò Shawna. «Fare i finti tonti aiuta a sviare i sospetti»
«Come se tu avessi bisogno di fingere per far credere agli altri di essere totalmente—»
«E comunque, stasera si terrà un falò. È molto probabile che il vostro divino parente decida di rivelarsi questa sera. È capitato molto spesso che alcuni ragazzi venissero riconosciuti solo durante occasioni quali falò o assemblee… gli dei tendono ad essere teatrali» riprese Chirone, interrompendoci.
«Un falò. Ci saremo» assicurai. L’idea del poter essere riconosciuto da qualche divinità era peggio di una scarica di adrenalina pura.
«Allora magari è meglio che andiate a riposare, Eric. Tu e tua sorella dovete essere ancora molto stanchi… ieri sera ci avete fatto prendere un bello spavento»
«Io direi invece che lo spavento lo abbiamo preso noi! Oh, be’, io quantomeno dal momento che il signorino ha ronfato da ieri fino a poco tempo fa» disse Shawna con un’alzata di spalle, indicandomi con un cenno del capo.
Le lanciai un’occhiataccia. «Giusto, perdonami se sono svenuto. La prossima volta che faremo la nostra entrata trionfale in un campo per semidei cercherò di essere ben sveglio»
Chirone rimase ad osservarci con le sopracciglia inarcate. Per un attimo mi sentii in imbarazzo.
Poi, però, la mia attenzione venne attratta da qualcosa — anzi, qualcuno — che mi impedì di imbarazzarmi oltre.
«Mi aveva fatto chiamare, Chirone?» cinguettò una delle più belle ragazze che avessi mai visto in tutta la mia vita, più bella di tutte le modelle e le attrici di questo mondo messe insieme per creare un prototipo di perfezione.
Aveva capelli lunghi, folti e neri, che svolazzavano ad ogni movimento del suo capo come se fossero costantemente mossi dal vento. Gli occhi erano celesti, circondati da ciglia lunghe e resi ancora più belli dalla presenza di due marcate sopracciglia scure, dalla forma che si armonizzava perfettamente con quella del viso.
Inutile parlare del sorriso di quella ragazza; qualcosa da togliere il fiato.
«Silena. Ti ringrazio di essere stata così veloce» la salutò Chirone.
La mia bocca si spalancò. Letteralmente.
Silena. Silena Beauregard, figlia di Afrodite. La nostra permanenza forzata al campo si era fatta tutto d’un tratto ancora più interessante di quanto non fosse già stata.
«Eric. Stai sbavando» sospirò seccamente Shawna, schiaffandosi una mano in viso e arrossendo. «Ti chiedo scusa. Di solito non è così… imbarazzante»
La risata di Silena mi fece ritornare alla realtà. «Oh, tranquilla. A volte capita» disse scrollando le spalle.
«Silena sarà la vostra guida. Nessun problema, suppongo» disse Chirone.
Problema? Andare in giro con una figlia di Afrodite come Silena Beauregard avrebbe mai potuto rappresentare un problema?!
Silena batté le mani, con un sorriso entusiasta in viso, e la prima cosa che fece fu prendere Shawna sotto braccio. «Nessun problema!» esclamò, poi si rivolse a me e mia sorella. «Sono Silena Beauregard, figlia di Afrodite. È un piacere conoscervi»
«Io sono Shawna. Sbrodolino qui dietro è mio fratello Eric. Il piacere è tutto nostro»
Avevo voglia di torcerle il collo.
Chirone si congedò, scusandosi, dal momento che di lì a poco sarebbe cominciata una lezione di tiro con l’arco, e ribadendo che con Silena eravamo in ottime mani.
Stavamo per iniziare il nostro “giro turistico” con la figlia di Afrodite, quando all’improvviso sentii qualcuno afferrarmi una spalla.
Mi voltai, e con mia grande sorpresa vidi Talia Grace che mi guardava dal basso all’alto — lo avevo realizzato solo in quell’istante: Talia era di molto più bassa di me — con un’aria per niente rassicurante.
«Ti dispiace, Silena?» domandò, sempre con un cipiglio in viso che non prometteva nulla di buono. «Ho bisogno di fare quattro chiacchiere con… ti chiami Eric, giusto?»
Spaesato, annuii.
«Fai pure» mormorò Silena, con un’aria confusa quanto la mia, mentre Shawna al suo fianco aveva sgranato gli occhi e stava osservando la scena. «Magari se non sei impegnata potresti fargli fare tu un giro del campo!»
Talia annuì. «Certamente. Ti ringrazio» disse, poi mi afferrò bruscamente per un braccio e mi trascinò via. Riuscii a lanciare a mia sorella uno sguardo che sperai fosse rassicurante, mentre Silena iniziava a camminare insieme a lei.
Quando io e Talia fummo abbastanza lontani da non riuscire più a vederle, mi resi conto che quella spostata mi aveva anche portato in una zona del campo abbastanza deserta, al limitare della foresta.
«Che ci facciamo qui?» esclamai sulla difensiva.
Lei mi lanciò un’occhiata penetrante. «Mi spieghi come facevi a sapere che sono la figlia di Zeus quando io non lo avevo nemmeno accennato. E ti conviene avere una spiegazione parecchio plausibile, biondino. Oppure ti pentirai di aver messo piede al Campo Mezzosangue»



















L'angolo della Malcontenta: Sto già iniziando con i "Chi me l'ha fatto fà" e i "Che il cielo me la mani buona" ogni volta che penso a quanto non sento mia questa storia ._. Cioè, oddio, è una cosa strana: ho voglia di continuarla ma quando peso al lato "pratico" della faccenda mi viene da mettermi le mani tra i capelli D:
Ah, Scott Scott Scott, è così facile scrivere con il tuo POV çwç Shawna anche è semplice. Eric no. E io come una brava stupida scrivo anche con i suoi POVs :'D

Ad ogni modo, ringrazio tutti quelli che hanno recensito/inserito nelle seguite/preferite/ricordate! Siete davvero meravigliosi <3 
Vediamo, cosa dire? Sto vedendo Revenge e sto mezza addormentata, quindi non riesco neanche a mettere due parole in croce decentemente (tra l'altro mi scuso se ci saranno errori nel testo. Come ho detto, sto già dormendo ._.)

C'è Silena -w- perché AMO Silena. E la mia Silena in questa fanfiction è Lucy Hale, mentre per quanto riguarda Talia solitamente la vedo come Kaya Scodelario, ma per questa fanfiction ho preferito Ksenia Solo.
Shawna è ispirata a Shawna Howson, mentre il nostro Eric ha il (bellissimo) volto di Evan Peters :D

Eeeee con questo, direi che abbiamo finito.
Grazie per aver sopportato <3
Eff.

  
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