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Autore: BravaCharlie    12/12/2011    2 recensioni
«La gente dice che sono abbraccioso» se ne esce lui, senza alcuna inflessione particolare nella voce.
Madda vorrebbe rispondere, si farebbe ammazzare piuttosto che rispondere, avrebbe paura che la sua lingua impazzita e i suoi ormoni patologici le facessero dire qualcosa di estremamente imbarazzante.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    Buonasera, anime insonni.
    Due parole prima di lasciarvi a questa mini-fic. Innanzitutto, grazie mille a tutti voi che avete intenzione di leggere la storia che segue; mi rendete immensamente felice.
    Secondo poi, un paio di precisazioni sulla storia. E’ vera, è autobiografica. Madda è il mio alterego letterario, condividiamo la stessa iniziale. Maddalena (Maria Maddalena) è un personaggio che mi ha sempre affascinata. Tanto santa quanto puttana. Vorrei avere una personalità così contorta. Temo, invece, di essere terribilmente più banale. Elena era la donna più bella del mondo, così come, ai miei occhi, lo è la mia migliore amica. Non ho mai trovato, in tutta la mia vita, una donna dotata della stessa quantità astronomica di charme.
    Tutti gli altri personaggi nominati sono miei colleghi universitari con nomi fittizi. Ho davvero un esame di Management domani mattina, e non so un cavolo, per altro. Sigh.
    In ultimo, una dedica. Alla mia specialissima Soul Sister. Ieri a cena si parlava d'ispirazione. Ecco, Sis, la mia ispirazione sei tu. I love you.
    Ciò detto, vi lascio alla lettura. Grazie davvero, voleste lasciarmi un commento, ne sarei davvero contenta c:
    Un abbraccio
    Paradoxia


UN ABBRACCIO


    “La vita è un susseguirsi di esami”. Sicuramente, ci sarà stato al mondo un qualche imbecille che ha detto una roba simile. Si sarà sentito anche profondo, l’idiota.
    L’idiota.
    L’idiota, nel suo caso, ha ragione. Questo semenstre, Madda l’ha passato sottoterra, nella biblioteca della sua Università Americana nel Cuore di Roma.
    E’ vicina ad una crisi isterica, se lo sente. Sono le 20:30 di Domenica sera, e lei è ancora sommersa da grafici ed appunti; cercando di farsi entrare in testa delle management strategies che non ne vogliono sapere.
    Pausa sigaretta, dai. Un’altra. Madda è una ciminiera nei giorni normali – molto poco femminile, lo sa anche lei; durante le sessioni d’esame diventa una ciminiera al quadrato.
    Alza gli occhi dalle sue scartoffie e butta uno sguardo agli studenti che la circondano. Li detesta tutti, in questo momento, uno per uno. Bisbigliano, sfogliano, scrivono, la irritano e basta. Potessero sparire tutti in un istante, PUFF! Sai la gioia? Prova a chiudere gli occhi, Madda, magari succede.
    Respiro.
    Respiro.
    No, niente. Peccato.
    D’accordo, magari è un tantinello esagerato. Un po’ isterica, Madda? Eufemismo. E’ in preda ad una delle sue peggiori crisi di solitudine.
    Da quando Elena si è felicemente fidanzata, la vita sociale di Madda è calata esponenzialmente. Non perché non abbia amici con cui uscire; semplicemente, non ha più voglia. Tutte le compagnie del mondo non valgono la sua Elena, che le vuole comunque un bene infinito – anche Madda lo sa – e, anche se i nuovi ragazzi che ha iniziato a frequentare hanno un cuore d’oro e la fanno ridere di brutto, con loro non finirà mai di sentirsi fuori posto.
    Disagio. Madda calibra le parole, quando è con questi nuovi ragazzi, accavalla le gambe e poggia solo i polsi sul tavolo. Gesti che fa anche quotidianamente, ma senza pensarci. Con loro, invece, è sempre consapevole di poter sbagliare, ed essere additata come estranea a quella famosa Roma Bene che non le appartiene.
    Un po’ li disprezza, un po’ li invidia, un po’ pensa che siano troppo vuoti, un po’ vorrebbe essere come loro e avere una vita più facile e senza tanti pensieri.
    Uffa.
   Madda si sente schifosamente sola, in questo periodo. Ha la lacrima facile, il che è abbastanza compromettente, visto che piuttosto che piangere in pubblico venderebbe un rene, il che la costringe ad abbassare lo sguardo molto più spesso di quanto non vorrebbe e ad andare in bagno un numero se non altro... particolare di volte.
    La verità è che pensa che sia arrivato il momento di trovarsi un uomo, un uomo vero. Un uomo e basta, fisso, serio e che duri più del tempo di un bacio in discoteca.
    Un uomo che non la faccia temere di soffocare e che distrugga sul nascere la voglia di fuggire a gambe levate che l’assale al sentore di ogni relazione stabile nella sua vita.
    Sì, certo. Tutto molto meraviglioso e poetico; ma all’atto pratico, Madda non è innamorata, al momento. Non è nemmeno infatuata, né interessata, né leggermente attrata. Che Zeus fulmini Platone, lui e la sua miriade di stupide idee.

    No, basta. E’ proprio l’ora di una pausa sigaretta. I pensieri iniziano a divagare in direzioni spiacevoli, e le lacrime – di stanchezza! – sono pericolosamente tremolanti alla coda degli occhi.
    Si tuffa nella borsa – ma dove diavolo è l’accendino? – recupera un pacchetto quasi pieno, cellulare e mezzo euro, ché nella vita c’è bisogno di cioccolata.
    Riemergiamo dal sottosuolo.
    All’ingresso della biblioteca Michela e Federica, anche loro in procinto di prendersi una pausa, anche loro ad imprecare contro lo stupido Management.
    «Noncelafacciopiùnoncelafacciopiùnoncelafacciopiù! Io gli do fuoco, a quel cazzo di libro!» prorompe Madda. Bonjour, finesse.
    Probabilmente, Michela risponderebbe volentieri, ma non ne ha il tempo.
    «Hey, bambola!»
    Madda la conosce bene, quella voce.
    «Gabriele, già sono isterica di mio, vuoi proprio farmi diventare un’assassina? Per la milionesima volta, non chiamarmi bambola!»
    Gabriele, un amico non proprio amico, un conoscente che si prende troppa confidenza, l’eterno ragazzino che pensa che la vita sia una barzelletta. Capelli rasati con ciuffo, un numero di tatuaggi tra schiena e spalle niente male non meglio identificato, giubbotto di pelle, le scarpe più appariscenti che l’uomo abbia concepito e un eterno sorriso con il quale non ti riesci ad incazzare, perché è troppo, troppo contagioso. Tanto quanto è beffardo è lo sguardo che gli luccica negli occhi in quel momento.
    All’apparenza, un tipo a cui non daresti un soldo, un fighetto stereotipato che dopo il primo impatto si rivela non solo simpaticissimo, ma anche più intelligente di quanto non si ostini a voler far credere.
    Madda l’ha visto piangere, una settimana fa; ha perso un caro amico. Non sapeva cosa fare, davanti ad un uomo che piangeva.
    Poi ha smesso. Ha pianto una volta sola. Ha archiviato il dolore per poter pensare agli esami.
    Si sfoga con lei, ride e strascica i suoi “bambola” che trasudano sfottò.
    Madda non riesce a completare il suo sproloquio, perché Gabriele la raggiunge in due falcate e la abbraccia. La abbraccia e basta, senza una parola. La abbraccia tanto, la abbraccia stretta, la abbraccia strana, con l’intero corpo che le aderisce contro – Madda riesce a sentire il suo petto pulsarle lento e deciso contro il seno.
    Non dice niente, continua ad abbracciarla, e Madda non può evitarsi di stringerlo a sua volta. Si rilassa, per la prima volta in quasi venti giorni. Scioglie le spalle, intreccia le dita, piega il collo e poggia la testa sulla sua spalla – la prima spalla abbastanza alta perché Madda e il suo metro e settantacique più stivali con tacco possano appoggiarvisi comodamente.
    «La gente dice che sono abbraccioso» se ne esce lui, senza alcuna inflessione particolare nella voce.
    Madda vorrebbe rispondere, si farebbe ammazzare piuttosto che rispondere, avrebbe paura che la sua lingua impazzita e i suoi ormoni patologici le facessero dire qualcosa di estremamente imbarazzante.
    «E te credo! Per lei che è ‘na pertica!» salvata in calcio d’angolo da Michela e le sue uscite in dialetto.
    Madda stringe un’ultima volta la presa attorno al petto di lui, poi si stacca e sorride. Ha un calore buffo all’altezza del cuore, come se la solitudine agghiacciante dell’ultimo periodo di fosse sciolta, anche se solo un poco.
    Incredibile che qualcuno abbia capito di cosa avesse bisogno senza nemmeno conoscerla così bene. O forse no. Magari non ha capito assolutamente nulla, ha avuto solo un tempismo d’eccezione.
    Escono in cortile, Gabriele cede il passo a Madda con la sua solita galanteria ostentata e fasulla, e persino un mezzo inchino.
    Madda si accende la meritata sigaretta – questa pausa sta durando un po’ troppo per i suoi standard... – aspira una boccata serena e chiacchiera con i ragazzi.
    E’ bastato un abbraccio.
    Un abbraccio qualunque, un abbraccio banale, un abbraccio come tanti.
    ...
    Magari no.
    Magari quell’abbraccio sarà l’inizio di una di quelle cose melense e ridicole da film rosa. Magari diventeranno migliori, inseparabili amici.
    Un po’ non ci pensa, un po’ ci spera troppo. Si sente meno sola. Vorrebbe sentirsi meno sola tutti i giorni.
    E’ bastato un abbraccio.
    Un abbraccio qualunque, un abbraccio banale, un abbraccio come tanti.
    Un abbraccio che l’ha scaldata dentro.
    Così tanto, che Madda vuole raccontarlo.
    Così tanto, che Madda ha dovuto scriverlo.
  
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