Trascorsero
giornate furibonde durante le quali Rosso quasi non dormì
né mangiò, tutto
preso com’era a catturare, allevare, allenare.
Per
l’ora di
pranzo del suo primo giorno di viaggio, aveva già raggiunto
Smeraldopoli. Là
aveva consumato in fretta quello che sarebbe stato probabilmente il suo
ultimo
vero pasto per i suoi successivi due giorni, aveva visitato il Centro
Medico
per Pokémon, ascoltando in un angolo le voci di alcuni
allenatori riguardo al
Bosco Smeraldo, e si era rimesso in cammino.
Charmender
si era
dimostrato simpatico e affettuoso con lui. Gli obbediva senza
difficoltà e gli
piacevano molto i biscotti che Rosso condivideva con lui. Di notte,
quando
Rosso s’intristiva per la propria solitudine, lo faceva
uscire dalla sua
Pokéball e parlava con lui. Charmender alleviava il suo
vuoto.
Catturò
un
Caterpie, poi un Oddish, in previsione della prima palestra che aveva
deciso di
sfidare, quella di Brock di Plumbeopoli. Sapeva che Charmender sarebbe
risultato svantaggiato come tipo, ma comunque non demordeva: gli
sembrava che
stesse facendosi molto forte in poco tempo. Poco prima di raggiungere
Plumbeopoli, quando ormai quasi non vi sperava più,
catturò un Poliwag che però
gli appariva troppo debole, non tanto (in realtà) per Brock,
quanto piuttosto
in paragone alla sua ambizione.
Ma
Plumbeopoli fu
per lui una rivelazione. Aveva sempre creduto che le città
si assomigliassero
le une con le altre come i cuccioli con le madri, e così
era, in effetti, per
quanto riguardava Biancavilla e Smeraldopoli, per esempio. Ma in
confronto a
Smeraldopoli, che quantomeno Rosso conosceva in parte, Plumbeopoli era
immensa
(e cosa non avrebbe pensato, riguardo Azzurropoli o, ancora
più avanti,
Zafferanopoli o addirittura Fiordoropoli?) e, per la prima volta dopo
tanti
giorni, Rosso si sentì nuovamente un ragazzo che andava a
scoprire nuove
città…si sentiva perso.
Era ormai
pomeriggio inoltrato, e dopo aver vagato senza meta per circa
un’ora , Rosso
cominciò a sentirsi addosso tutta la stanchezza e la fame
del suo viaggio.
Dalla sua partenza da Viridian City, non aveva mangiato altro che
biscotti al
cioccolato e un piccolo panino al formaggio che aveva trovato in una
tasca
dello zaino. Ma ora i crampi allo stomaco cominciavano a farsi sentire,
e così
Rosso, chieste indicazioni per il più vicino Centro
Pokémon, vi si diresse e vi
entrò.
Ottenuta
una
stanza, portò i suoi Pokémon a riposare e a farsi
controllare, dopodiché dormì
per un paio d’ore, almeno finché
l’infermiera Joy, come Rosso le aveva chiesto,
non lo chiamò per la cena. Allora Rosso consumò
un pasto caldo e abbondante che
rinfrancò le sue forze nella sala in cui solitamente gli
allenatori si
incontravano, solo in un angolo ma con le orecchie attente alle voci
che lo
circondavano.
Fu un
bene per
lui ascoltare, quella sera, sebbene ormai cominciasse a detestare
sempre più il
suono di voci umane. A un tratto sentì qualcuno urlare una
battuta, qualcosa
come: “Ma prima o poi anche il Team Rocket si
fossilizzerà!” e tutti attorno
scoppiare a ridere. Sorpreso, volse il capo e si guardò
attorno per indovinare
chi avesse gridato quelle parole, e vide che esse provenivano da un
robusto
Avventuriero circondato da varie altre persone.
Suo
malgrado
incuriosito, Rosso, che aveva ormai terminato la cena, si
alzò in piedi e si
avvicinò al tavolo dell’Avventuriero.
“Scusate”
disse a
voce abbastanza alta da farsi udire: “Non volevo origliare,
ma vi ho sentiti
parlare del Team Rocket, e vorrei capire…”
“Accomodati!
Accomodati!” esclamò quegli, invitandolo a sedersi
al proprio fianco: era buono
e gentile come tutti gli Avventurieri. “Siediti, ragazzo mio,
io mi chiamo Nan,
e tu?”
“Mi
chiamo Rosso,
e vengo da Biancavilla” replicò quegli
tranquillamente.
“Biancavilla!
La
mia ragazza è di Biancavilla, e la sto giusto andando a
trovare. Se vorrai,
potrò portare qualche messaggio a casa da parte
tua.”
“Dicevamo
del
Team Rocket” lo interruppe Rosso, che detestava cambiare
argomento.
“Il
Team Rocket,
è vero! Beh, che c’è da dire? Devi
sapere che sono venuto fin qui da
Celestopoli attraversando le grotte del Monteluna, e vedi,
là si trovano un
mucchio di fossili, e persino alcuni pezzi di meteoriti. Beh, ti
confesso che
speravo di trovare io stesso qualche scheggia di ambra, ma nulla di
più, da
regalare alla dolce Josephine. Comunque, mentre davo
un’occhiata in giro, mi è
capitato d’incappare in un mucchietto di quei Rocket. Saranno
stati cinque o
sei, non di più, e si trovavano proprio nella zona in cui
sono stati ritrovati
i fossili di Pokémon antichi e in cui solo le
autorità scientifiche possono
scavare. Ebbene, quei Rocket stavano ammucchiando un sacco di fossili
in un
grande cesto!”
“Ho
urlato loro
di smettere di rubare i fossili, che appartengono alla
comunità, ma invano: due
di loro mi hanno attaccato e i miei Pokémon, già
stanchi, non ce l’hanno fatta.
Perciò ho dovuto fare ritirata e sono venuto qui di corsa!
Ho dato l’allarme
alla polizia, e loro faranno ciò che credono meglio. Ecco
qua, ragazzo: sei
soddisfatto?”
Rosso non
rispose, ma rimase un po’ soprappensiero, riflettendo. Poi,
improvvisamente,
sentì come la presenza di due occhi puntati sulla sua
schiena stanca, e si
volse di scatto. Vide un ciuffo di capelli rossi e un alone viola scuro
nell’ombra di un angolo della sala, ma dopo un attimo esso si
spense dietro una
porta che si chiudeva.
“Blu!”
mormorò
Rosso balzando in piedi. “Blu è qui!”
Corse in
un lampo
fino a quella porta, la spalancò, si precipitò
fuori: ma di Blu non c’era più
traccia nell’aria, né sulla terra, a quanto
sembrava.
Il
mattino
seguente, Rosso sfidò Brock senza indugio, e non ebbe a dire
il vero grossi
problemi a batterlo. Aveva finalmente avuto la sua prima medaglia, la
medaglia
Sasso, eppure in qualche modo si sentiva insoddisfatto: certo,
Charmender era
forte, ma il resto della sua squadra era in qualche modo di
un’insopportabile
mediocrità, un’intollerabile debolezza che non
poteva conciliarsi col suo
sogno. Si disse che, a costo di frugare tutta Kanto, avrebbe catturato
Pokémon
molto più forti. E così, mentre si avviava al
passo verso i misteri del
Monteluna, progettava la sua squadra ideale.
A poco a
poco,
tra gli alti monti, cominciava a spuntare l’alta cima aguzza
del Monteluna. Via
via che camminava, gli occhi puntati su di esso, Rosso ripensava alle
parole
dell’Avventuriero, e si diceva: “Che cosa
troverò là?”
A ogni
passo la
strada si faceva sempre più in salita, ma Rosso non
demordeva, non poteva
demordere: finalmente arrivò in cima.
La
sommità del
monte era arida e brulla, ma qua e là sorgevano cespuglietti
spontanei che
nascondevano le entrate di varie gallerie sotterranee. La maggior parte
di essi
era stata rudemente spostata; solo uno di essi, tuttavia, risultava
ordinatamente potato e sormontato da un cartello che recava la scritta:
“Per
Celestopoli.”
Ormai
deciso,
Rosso si calò senza esitazione nella galleria, di cui
percorse senza difficoltà
il primo tratto, illuminato artificialmente a giorno e ormai percorso
da
innumerevoli segni di piedi umani. Catturò uno Zubat e un
Geodude, ma non
riuscì in nessun modo a trovare un Clefairy, la qual cosa lo
irritò
profondamente.
Ma a poco
a poco
raggiunse la zona degli scavi, vividamente illuminata e contrassegnata
da varie
transenne, perfettamente distinguibili nella luce.
Ricordando
le
parole dell’Avventuriero, Rosso si avvicinò, suo
malgrado incuriosito, alla
zona transennata. Risultava vuoto, ma in un angolo giaceva un gran
mucchio di
pale e picconi incrostati di terra e muschio.
Non
sembrava vi
fosse nulla di storto.
“Beh,
se ne
saranno andati. Oppure la polizia li ha cacciati”
pensò Rosso alzando le
spalle; e dicendosi che non valeva la pena di infilarsi lì
dentro, si allontanò
seriamente.
Ma
d’improvviso
un suono confuso di voci e di passi, proveniente da una galleria
laterale il
cui accesso si trovava nella zona transennata lo richiamò, e
Rosso (ai cui occhi
balenò d’improvviso una rapida
sequenza d’immagini – Blu, il Team Rocket, le foto
dei Pokémon morti, e di
nuovo Blu), senza riflettere, scavalcò d’un balzo
le transenne e attraversò di
corsa la zona, gettandosi dritto in quella galleria.
Anch’essa
era
vividamente illuminata, ma non c’era, almeno apparentemente,
anima viva fin
dove arrivava la sua vista. Dopo qualche decina di metri, si
fermò,
domandandosi se non fosse il caso di tornare indietro, ma proprio
quando l’eco
dei suoi passi si fu spenta tra le pareti di pietra, egli
percepì di nuovo quei
rumori indistinti. Dopo un attimo di ascolto, distinse una voce
più chiara e
netta delle altre che urlava: “Jack, nel cesto!”
Udire
quella voce
e spiccare una corsa, furiosa, in avanti, fu un tutt’uno:
percorse la galleria
come un lampo, ignorando l’eco dei propri passi nella
caverna, precipitandosi
nella grotta più ampia riservata agli scavi.
E in
effetti vide
tre persone nerovestite affaccendarsi per la grotta, curve, sui loro
cesti
pieni di scatole infrangibili, trasparenti, dal chiaro
contenuto…e Rosso non ci
vide più dalla rabbia nel collegare d’improvviso
quei fossili alla fiammante
tuta nuova di Blu, di Blu che non aveva più visto…
“Fermi!”
Ma chi
era lui
per mettersi contro Team Rocket? Nessuno, Rosso non era davvero
nessuno, solo
un piccolo allenatore di Biancavilla che viaggiava da pochi giorni, e
loro,
invece…
Ma Blu,
c’era Blu
dietro tutto ciò! Giovanni o Blu, Rosso ormai non faceva
differenze, tutto era
peste per lui, peste. Vide che d’improvviso i loro corpi si
raggelavano e i
loro capi si voltavano, ma poi vide anche che risero alla sua vista.
“Ma
è solo un
bambino!”
“Cielo,
e ci
siamo spaventati tanto per un semplice bambino!”
“Un
bambino!”
Ecco, ora
Rosso
era paonazzo per la rabbia e l’umiliazione ricevuta, e
urlò: “Non sono solo un
bambino, sono un allenatore!”
Ma chi
avrebbe
mai potuto credergli? Certo, andava in giro con qualche
Pokéball appesa alla
cintura; ma un ragazzino con quattro soli Pokémon e qualche
Pozione nello zaino
non sembrava un allenatore molto pericoloso.
“A
chi credi di
far paura, ragazzino?” domandò la sola donna del
gruppo, venendo in avanti: era
una donna alta dai folti capelli scuri… Rosso
indietreggiò d’un passo. Ma ora
che lo aveva visto meglio, d’improvviso la donna
avvampò furiosamente: “Rosso!”
“Helena!”
“Helena,
tu…tu lo
conosci?”
“Zitto,
Jack! Hai
vinto, Rosso, ce ne andiamo via. Conosci i nostri
nomi…lasciate tutto qui,
ragazzi! Non devono poterci incriminare con i fossili!”
Ma come
lasciarsi
sfuggire quell’occasione? Ormai i tre, abbandonati i cesti,
facevano per
scappare…
“Helena,
Hugh,
aspettate!”
“Ah,
no,
ragazzino! Pensi di poterci fregare?”
“No,
vi prego,
aspettate! Dovrete pur sapere dov’è andato
Blu!”
Forse con
un
senso di rammarico e di perplessità, i due si voltarono un
momento.
“Che
ti importa
di Blu, Rosso? Non avete forse litigato?”
“Litigato?
Sì,
abbiamo litigato. Ma dov’è andato? Lo
saprete!”
“No,
non lo so. È
in viaggio come te, e non sta mai fermo. Anche se, forse, si sta
allenando col
Capo…dove, non te lo dirò di certo!”
“E
io non voglio
saperlo” replicò bruscamente Rosso, risvegliato da
quella parola, “Capo”. Non importa,
andatevene pure! Ci rivedremo, e ve la farò vedere
io.”
“Andiamocene,
allora” sbottò Hugh, e i tre ben presto
scomparvero tra le ombre della
galleria.
Ora Rosso
era di
nuovo. Si sentiva solo e confuso; pensava a Blu e al proprio aspetto
troppo
debole… no, non solo al proprio aspetto.
Pensava alla sua vera debolezza.