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Autore: Afaneia    17/12/2011    3 recensioni
Quando erano piccoli, Rosso e Blu giocavano insieme ed erano l'uno l'opposto dell'altro: il fuoco e l'acqua, il nero e il bianco, l'istinto e il buonsenso, la pazzia e la ragione.
Eppure, qualcosa deve essere accaduto perché Rosso e Blu si siano poi ritrovati a essere rivali. Cosa può averli divisi in una città serena quanto Biancavilla? E che cosa, poi, porterà Rosso ovunque in giro per Kanto, e che cosa lo spingerà a fuggire il mondo ritirandosi sulla cima del Monte Argento?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga della Prescelta Creatura'
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Il vulcano gorgogliava e ribolliva tuonando a poche decine di metri da Rosso, ma egli ristava immobile e severo, ritto sulla cima del monte, gli occhi infissi sulla lava che si smuoveva nelle sue profondità.

Blu lo amava. Ma soprattutto, lui amava Blu. Ora sapeva, era consapevole che era Blu tutto ciò che lui aveva sempre cercato e inseguito in tutti quei mesi di dolore e stanchezza.

Forse era per questo motivo che aveva deciso, tutto a un tratto, di non partecipare alla Lega: aveva per mesi rincorso quello spettro di Blu con la speranza di un ultimo scontro alla Lega, ma ora, ora che davvero si erano ritrovati, non era più la Lega che bramava. Era qualcos’altro, qualcosa che non poteva essere la Lega a dargli.

No, non era una facile fama che desiderava, non era un mondo di applausi e un accesso alla Sala d’Onore; era qualcosa di più duraturo e profondo, era un’eterna consacrazione nella storia dei Pokémon, un timore reverenziale nei propri confronti. Voleva essere, semplicemente…già, essere…ma non aveva già sentito, da qualche parte, di una creatura che è…?

Sentiva una forza potente, disperata, che cercava di richiamarlo a sé in modo irresistibile, incredibile… era come una musica che lo avvolgeva, che lo chiamava irresistibilmente. Era Blu? No, non era Blu. Ma allora che cos’era?

Eppure si sentiva attratto da quella potenza. Essere, semplicemente, già… cos’era quella forza che cercava di trarlo a sé? Ora era vicino, sempre più vicino al baratro del vulcano, e sotto di sé sentiva scorrere le grandi fiamme delle profondità della Terra, ed era tutto così caldo e soffocante, ma quella forza non cessava di attrarlo, sembrava anzi che volesse condurlo nel vuoto… là c’era qualcosa che stava cercando, ma non era Blu, non era Mewtwo, era un’entità… sentiva che lo scrutava con il suo sguardo penetrante, sentiva che lo fissava…

“Blu” pensò. “Blu, mio caro Blu, perdonami.” E mosse un passo verso il fiammeggiante abisso che lo chiamava.

 

Gli parve di sprofondare in se stesso, ma nel se stesso che non voleva, che non sapeva…e sprofondava in basso, sempre più in basso, verso l’oscurità (ma non avrebbe dovuto accoglierlo lava ribollente?), ma non verso la morte.

E ora si contorceva e urlava, atterrato senza schianti, si dimenava, c’era come qualcosa che lo tartassava dal profondo della sua anima; ecco, stava combattendo tutto l’orrore che la sua anima covava, ma anche lo sguardo di quella terribile entità… gridò per ore, contorcendosi tra le spire di febbre in un luogo che non conosceva, ma che probabilmente era deserto, perché nessuno gli venne in aiuto.

Ma poi fu come se quell’entità avesse abbandonato la sua mente; allora l’orrore che la sua anima da anni si trascinava dietro, non più stuzzicato dal volere dell’Entità, si quietò, e tornò ad acquattarsi in fondo al suo animo, là dove era sempre stato, e là rimase. Allora Rosso si rigirò nella notte e rimase là, a pancia in su sotto il cielo stellato, a riprendere fiato.

Quale oscura follia l’aveva spinto nel baratro del vulcano? Quale perverso desiderio si era impadronito di lui, in quegli attimi di solitudine? Egli non lo sapeva. Ma dov’era ora? Non avrebbe dovuto essere morto?

Anzi: era vivo o morto?

Sentiva il proprio respiro rallentare e farsi quieto e regolare, ma insieme sentiva una qualche angoscia farsi insopportabile, come se una fretta indescrivibile lo stesse spingendo a risolvere qualcosa d’irrisolvibile, o qualche cosa del genere. Si appoggiò le mani sul petto e sentì che da qualche parte dentro di lui c’era un cuore che pulsava e un’ anima ardente che fremeva ancora, malgrado tutto. Egli era vivo, allora. Ma dove?

A poco a poco, i suoi occhi misero a fuoco il cielo sopra di lui. Ed era un ampio cielo nero trapunto di stelle, un cielo estivo da cui non spirava altro che una brezza leggera. Eppure il suo animo non se ne sentiva appagato, non del tutto. Più scrutava il cielo, e più Rosso si rendeva conto che qualcosa non andava, che qualcosa non quadrava: era come se le stelle fossero dislocate male, collocate nel modo sbagliato, come se pezzi di cielo con le rispettive stelle fossero stati sovrapposti senza un armonico criterio.

Quello era un cielo sbagliato, insomma.

Via via che Rosso si convinceva che quello non era un prodotto della sua mente, sentiva crescere dentro di sé una serie di domande confuse. Se quello non era il cielo giusto, allora dov’era? E per quale motivo il cielo appariva così strano?

Rosso finì per sollevarsi con quelle domande in testa e per guardarsi intorno con occhi perplessi. Ma come? Non era stato solo fino ad allora? No, perché egli si trovava in una piazza, ed era circondato da decine di persone che si muovevano e s’incrociavano e s’ignoravano, ma anche quelle persone avevano in sé qualcosa di strano, nulla che, logicamente, non quadrasse, no, ma anche loro era come se fossero stati progettati male, come se le parti del loro corpo fossero state sovrapposte nel modo sbagliato. Ma se era circondato da tutte quelle persone, allora perché nessuno lo aveva aiutato quando aveva urlato per ore? No, c’era qualcosa di sbagliato in tutto ciò.

Rosso si voltò, e d’improvviso fu come se tutte quelle persone fossero scomparse, come se anzi non ci fossero mai state. Ora egli era solo in un parco buio e silente, e c’erano altalene e scivoli e tutte quelle cose che devono esserci in un parco, ma era come se fossero nel posto sbagliato. C’erano molte panchine e tutte erano vuote, ma ce n’era una sulla quale sedeva un vecchio, anch’esso sbagliato.

“Chi sei?” esclamò Rosso, alzandosi in piedi. “Perché non mi hai aiutato?”

“Aiutato?” disse l’uomo con voce bella, ma anch’essa stranamente inadeguata. “Aiutato? Ragazzo mio, come avrei potuto? Vedi bene che sono cieco.”. Rosso lo guardò con attenzione e vide che i suoi occhi erano azzurri e stranamente fissi. Aveva ragione.

“Va bene, ma…stavo urlando, e tu mi devi aver udito.”

“Udito? Sì, è vero che ti ho udito. Ma cosa potevo fare? Tutti soffrono, quando vengono qui. Questo è il regno di Missingno.”

“Missingno?” ripeté Rosso. Rabbrividì, e d’un tratto tutto gli fu chiaro: “È l’Entità!”

“Un’entità, già” disse il vecchio.

“Ma…ma tutte quelle persone…nessuna si è fermata!”

“Persone? Ma qui non c’è nessuno.”

“No, ma prima c’era un sacco di gente, te lo giuro!”

“Prima? Può darsi. Le cose muoiono rapidamente, nel mondo di Missingno.”

“Ma chi è questo Missingno? Parla!”

“Missingno è e conosce” disse il vecchio. “Missingno è tutto ciò che non si può essere, e regna su una città che non esiste.”

“Città, hai detto?” Rosso si guardò intorno, e d’improvviso si vide circondato da vie e palazzi di errori e numeri, da cose orribili… “Ma allora…allora questa è…”

“Oh, Rosso, non l’hai ancora capito? Questa è la Città dei Numeri.”

Rosso si voltò e guardò di nuovo il vecchio, ma egli parve di nuovo mutato ai suoi occhi.

“Perché mi chiamavate?”

“Chiamare? Io non ti chiamavo, io forse non esisto neppure. Missingno, forse, ti chiamava.”

“Ma tu esisti!” esclamò Rosso, avvicinandoglisi. “Oh, tu esisti certamente! Io e te stiamo parlando!”

“Tu parli di esistere qui, nella Città dei Numeri? Solo Missingno qui esiste per certo. Quanto a noi, non so dirti.”

“Ma allora dov’è Missingno?” gridò Rosso, afferrandolo con rabbia. “Voglio sapere perché mi chiamava!”

“Forse tu per primo lo sai, senza che lui abbia bisogno di dirtelo” disse il vecchio.

“No! Io non lo so, ho solo seguito quella forza!” urlò Rosso, scuotendolo, ma d’un tratto si accorse che il vecchio non era affatto tra le sue mani, ma in piedi alle sue spalle, ed era come se fosse in qualche modo cambiato. Rosso non riusciva a spiegarselo, ma era come se qualche parte del suo corpo si fosse spostata, mutandone l’insieme. Era qualcosa di insieme terribile e meraviglioso.

“Rosso! Forse che non è stato il tuo sogno a spingerti fin qui?”

“Cosa ne puoi sapere tu dei miei sogni?” esclamò Rosso, scivolando su quella panchina. Ora il vecchio era di fianco a lui, di nuovo orrendamente, indefinibilmente mutato; tutto era bianco intorno a loro, e il cielo era scomparso.

“Tutti coloro che la voce di Missingno chiama vogliono la stessa cosa, ma non sono mai la creatura che cerca e non trova, la Prescelta Creatura che in questo secolo deve arrivare qui.”

“Cos’è la Prescelta Creatura? Chi è?”

 “Chi sia? Non so, in ogni secolo è un’anima diversa. Cos’è? Una creatura” rispose il vecchio. “È…ma come spiegarlo? È qualcuno così forte e potente che non si possa non riconoscerlo. È un’anima eterna in innumerevoli corpi mortali, è un canto divino che si reincarna nel giusto momento, nel giusto corpo. È…ma tu, se non lo sei, perché sei qui?”

D’un tratto Rosso balzò in piedi, e quella dimensione bianca sfumò e tornò di nuovo quello strano parco buio, ma ora la panchina era vuota e il vecchio era scomparso. Dio! Ma cosa stava succedendo? Erano dentro la sua testa, quelle parole di profezia, o erano forse una realtà immutabile, ormai decisa?

“La Prescelta Creatura?” si domandava ansioso, frugando il parco con occhi inquieti. “Io, dunque…ma no?  E se no, perché Missingno mi chiamava?”

Ma d’un tratto una voce lo fece piegare su se stesso come un dolore, ed egli cadde a terra e gemette: era come una voce che rimbombava nella sua testa e lo possedeva, lo soffocava:

“Questo è il mio regno.”

“Sei Missingno?”

“Chi altri potrebbe esserlo?”

“Perché mi hai chiamato?”

“Ti ho chiamato per fare mia la tua volontà, per fare di te uno strumento del mio potere. La tua vita mi sarà utile negli anni che verranno, e ora mi appartiene, e tu sarai un fantoccio comandato dalla mia volontà.”

Ora la mente di Rosso galleggiava, ed egli non pensava che a liberarsi di quella voce tremenda.

“Ora va’, va’ via dalla Città dei Numeri, compi la mia volontà: seguirai lontano il tuo folle sogno, ma ti giuro che un giorno non lontano le tue sofferenze avranno un termine, e tu sarai ripagato di tutte le tue fatiche e dei tuoi dolori,  e godrai di una felicità pari all’infelicità che ti accompagnerà nei prossimi anni. Ora va’, Rosso, e segui il tuo sogno fin dove ti porterà.”

Davanti agli occhi di Rosso si aprì il mare, ed essi vi si immersero e la sua mente volò via da lì.

 

Ecco qua, un capitolo cardine della storia, forse il suo capitolo fondamentale, e di gran lunga il mio preferito per il suo carattere visionario e fantastico. Occorrerà però spendere alcune parole al riguardo:

Città dei Numeri e Missingno: non so quanti di voi abbiano mai giocato a Pokémon Rosso, Blu o Giallo. Si tratta di due bug piuttosto noti, circa i quali potrete documentarvi molto facilmente su Internet, se lo vorrete. Il primo è un luogo accessibile, tramite un bug di salvataggio, dalla Zona Safari e si presenta essenzialmente come un mucchio di pixel confusi e sconnessi: per tale motivo ho deciso di presentare la Città in questa storia come un luogo in cui edifici e persone subiscono un eterno mutamento. Missingno è invece un Pokémon bug che compare grazie al famoso Mew trick, il trucco per catturare Mew, e che può in taluni casi cancellare il salvataggio del giocatore. Si presenta come un mucchio di pixel. Perché ho deciso di usarli? Perché mi ispiravano. Sono due oggetti sbagliati, che non dovrebbero affatto trovarsi nel gioco e che, tuttavia, ci sono.

Prescelta Creatura: non so quanti di voi abbiano visto il film “Pokémon due: la forza di uno.” Personalmente lo vidi da piccola al cinema e fui colpita tantissimo dal titolo “Prescelta Creatura” che viene attribuito ad Ash. Ebbene, ne fui tanto colpita da scriverci una storia, che poi ho buttato via dopo qualche anno perché era semplicemente orrenda ma che rimase dentro di me al punto da averla riscritta due volte. L’ultima ristesura risale a un paio di anni fa ed è tuttora in corso, diciamo che ci lavoro su quando non ho di meglio da scrivere. Si tratta della principale da cui è tratta questa spin off. Il concetto di “prescelta creatura” è un concetto che rielaborai da bambina e che tuttora trovo molto infantile, ma che non ho potuto elidere dalla storia principale senza inficiarne la trama. Perciò vi rimane, ma è trattato secondariamente rispetto ad altri elementi.

Comunque, la storia prosegue. Mi auguro che ancora vogliate continuare a leggere. Grazie a DarkPikachu97 della recensione.

A presto! Afaneia ;)

   
 
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