Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Eohl    23/12/2011    1 recensioni
Elise Scarletsparrow è in ritardo per il suo primo giorno alla prestigiosa quanto affascinante accademia, di cui lei e il mondo ignorano l'esistenza.
La ragazza, però, non è in grado di sapere quali e quante avventure intrise di misteri e piene di ostacoli dovrà affrontare per salvare quel mondo così nuovo ma al contempo così familiare che sta ancora scoprendo, poichè un essere oscuro e malvagio sta già progettando di conquistarlo...
In quest'avventura Elise avrà al suo fianco amici fedeli e di fronte nemici inaspettati e potenti, ma il più grande dei pericoli è nascosto dentro di lei, un potere in grado di difendere la realtà...o di distruggerla...
Con una storia di magia, avventura, amicizia, odio e tradimenti inizierà il viaggio di Elise e dei suoi amici, alla ricerca dell'unico modo per fermare l'Oscurità, nonostante essa sia più vicina a loro di quanto credano...
E' la mia prima storia e mi impegnerò molto, per questo spero vi piaccia e spero di ricevere recensioni costruttive per permettere al mio stile di crescere ed affinarsi.
Attenzione: Premetto fin da subito che per questa storia ho preso (parecchio) spunto dalla saga di Harry Potter (visto che l'adorooo!) ma con una sfumatura autobiografica, perciò spero di non ricevere accuse di plagio.
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buona lettura :)

 


 


 

Capitolo 4.


 


 

Ormai erano arrivati a destinazione. Cairngorms National Park. Un posto che neanche pensavano di poter vedere, eppure erano tutti lì. I passeggeri erano ancora sul treno, il quale stava per raggiungere la stazione. Mancavano solo altri 10 minuti. Dopo l'ultimo avviso del conducente, i ragazzi e le ragazze a bordo avevano radunato tutte le loro valigie, le borse, gli zaini e tutti gli altri bagagli in corridoio, vicino ai loro piedi. Avevano indossato tutti il mantello nero, con i cappucci abbassati, e le sciarpe bianche. Si erano radunati tutti in corridoio, in attesa di uscire. Elise, fuori anche lei dalla sua cabina insieme a Eve e Ruben, diede un'occhiata intorno a sé, guardando tutti i passeggeri che non aveva visto prima. Alla sua destra, c'era un gruppetto di ragazze che rideva e scherzava, mentre alla sua sinistra un paio di ragazzi che si lamentava per una cosa in particolare, ma Elise non riuscì a capire cosa. Una miriade di pensieri e domande si fecero strada nella sua testa.

Erano quasi arrivati. Presto sarebbero scesi dal treno e avrebbero vissuto quell'avventura che era la Downson Mind Academy. Avrebbero trovato tantissime amicizie e forse anche delle antipatie, ma l'importante era che avrebbero passato dei fantastici anni insieme, lei e i suoi amici. Ma c'erano ancora tantissime domande che le passavano per la testa. Per esempio, come ci sarebbero arrivati alla scuola? Dopotutto non credeva esistessero delle scuole all'interno di un Parco Nazionale.

A un tratto il fischio del treno spezzò i suoi pensieri, riportandola alla realtà.

-Siamo arrivati! Vi ringraziamo per aver viaggiato con noi. Buon soggiorno a tutti! Alla prossima!- annunciò il conducente con voce gioiosa.

Il treno si fermò e tutti i passeggeri si precipitarono fuori, trascinandosi dietro le valigie, le borse e gli zaini, ignorando i vari piedi calpestati e le cartacce che si perdevano lungo il corridoio. Quando la folla sparì del tutto, il treno divenne un fantasma. Le cabine aperte, le cartacce, le lattine, le bottigliette...Tutto dimenticato.

Anche Elise, Eve e Ruben si diressero all'uscita, quella più vicina alla cabina di guida del conducente.

-Arrivederci signore.- disse per primo Ruben, non appena lo raggiunsero, e scese dal treno, portandosi dietro la sua valigia.

-E' stato un piacere viaggiare sul suo treno.- aggiunse Eve, facendosi aiutare da Ruben con la sua valigia, e poi scendendo anche lei.

-E' stato un piacere per me, ragazzi.- disse, allargando il suo sorriso da sotto quei baffoni. -Ah, è così bello vedere i ragazzi salire sul mio binario. Ma è un po' triste vederli andare via.- aggiunse, rivolgendosi più a se stesso che a loro.

-Allora, la rivedremo al ritorno?- chiese Ruben, sistemandosi lo zaino in spalla.

-Oh, ma certamente! Sono il solo in grado di guidare questo treno! Vi ho portati tutti qui e sarò solo io a riportarvi indietro!- rispose lui, con un sorriso raggiante. Elise, Eve e Ruben, furono contagiati da quel sorriso. -Oh, a proposito! Ricordate, per raggiungere la scuola dovete percorrere quel grande viale alberato, sempre dritti. Non cambiate strada o rischierete di perdervi. E' già successo..un paio di volte..- Quest'ultima frase non sembrò rassicurare il trio, che cominciò a lanciarsi occhiate timorose.

-Ma non preoccupatevi. Dopo il sentiero troverete un passaggio che vi condurrà dritti all'accademia. Arriverete in un batter d'occhio!- assicurò lui. -Beh, ora vi conviene andare! Sbrigatevi o resterete indietro!- disse l'uomo, indicando la folla di ex-passeggeri che stava già procedendo a passo spedito lungo il sentiero alberato.

-Sì, grazie signor..?- chiese Ruben.

-Cairon. Cairon Indigo.- si presentò lui. -Ma potete chiamarmi Signor Conducente.- aggiunse lui, facendo l'occhiolino a tutti e tre.

-Allora, arrivederci Signor Conducente!- salutarono loro, appena Elise scese dal treno con il suo borsone.

-Arrivederci ragazzi!- salutò anche lui, facendo scattare la chiusura delle porte.

Ecco, era iniziata l'avventura.


 

Elise, Eve e Ruben si voltarono inspirando l'aria fresca della foresta. Davanti e loro c'era uno stabile grigio, una specie di biglietteria del treno. E poco più a destra dello stabile, c'era il viale alberato. Era una strada molto ampia, completamente ricoperta di ciottoli e foglie secche rosse, gialle e verdi. Gli alberi erano giganteschi, alti quasi come dei palazzi di 4 o 5 piani. Non avevano mai visto degli alberi così. Probabilmente erano dei platani. Il trio si diresse verso il viale alberato di corsa, appena notò che gran parte dei passeggeri era già sparita, per quanto era lontana ormai. Cominciarono a correre con più forza che poterono, per raggiungere almeno gli ultimi della fila, ignorando i sassi o i legnetti che disarcionavano le valigie che si trascinavano dietro. Ormai lontani dalla biglietteria ed essendo gli ultimi, si ritrovarono lungo il viale alberato completamente soli, non appena videro gli ultimi due della fila scomparire dietro la colline. E purtroppo, si resero conto di essersi persi.

-No, non ci siamo persi.- contestò Ruben, mentre Eve gli rispondeva a tono.

-Invece ti dico di sì! Ci siamo persi tutti gli altri!- esclamò lei.

-Appunto! Ci siamo persi gli altri, ma noi no, non ci siamo persi. Se ci fossimo persi, ci sentiremmo persi! Ma non lo siamo! Se lo fossimo credo che lo saprei, no?- ripeté lui, incrociando le braccia dopo il suo discorso senza capo nè coda.

-Ma non ha alcun senso!- replicò Eve, confusa. E mentre loro due si rimbeccavano, Elise si trovava a pochi metri di distanza da loro, osservando tutto quello che c'era intorno a sé. Le foglie, i grandi platani, il sentiero. Lei sapeva, anzi sentiva, che non si erano persi, anche perchè la strada che avrebbero dovuto percorrere era sempre dritta, senza mai deviazioni, come aveva detto il conducente. Si voltò verso i suoi amici e camminò nella loro direzione. Li interruppe con uno schiocco di dita, per attirare la loro attenzione.

-Dobbiamo andare sempre dritti.- disse lei, semplicemente. Loro presero le loro valigie, rimaste abbandonate a terra durante la loro discussione.

-Sì, ma appena il sentiero finirà? Come ci arriveremo a scuola? A piedi?!- chiese lui, scettico. Elise e Eve alzarono gli occhi al cielo, in contemporanea. -Se pensi che..- continuò lui, prima di essere interrotto da Eve, che allargò le braccia.

-Mio dio, Ruben, ma non puoi rompere le scatole in questo modo! Il conducente ha detto che appena avremo superato il sentiero avremmo trovato un passaggio che ci avrebbe portati dritti fino a scuola!- disse lei. -Perciò non rompere le..- aggiunse lei, prima di essere interrotta dalla mano di Elise, che le tappò la bocca. Si lamentò boccheggiando e, quando finalmente Elise la liberò, si imbronciò con tutti e due. Lo stesso fece Ruben, che si voltò dall'altra parte. Elise sospirò.

-Ragazzi, coraggio, prima superiamo questo viale meglio è.- disse lei ma, notando che nessuno dei due si muoveva, provò a giocarsi le carte in un altro modo. -Ma se volete perdervi il passaggio fino a scuola, facendovela così a piedi fino a chissà dove, siete liberissimi di farlo. Ci vediamo all'accademia.- disse lei, riprendendo a camminare con un sorriso stampato in faccia. E, in men che non si dica, se li ritrovò, seppur ancora imbronciati l'uno con l'altra, al suo fianco. Elise rise contagiando gli altri due che ripresero, così, a correre.

Dopo aver superato la collina e percorso tutto il sentiero dei platani, che scoprirono essere pieno di avvallamenti, si ritrovarono davanti ad un'altra collina, ricoperta di fiori bianchi, che la rendeva una sorta di giardino ricoperto da un tappeto di neve candida. In cima, videro una costruzione. Da quanto potevano vedere ai piedi della collina, c'era un piccolo stabile con delle cabine rosse leggermente sollevate da terra da delle funi di ferro.

-E' una funivia?- chiese Elise, confusa.

-E' questo il nostro mezzo di trasporto?- chiese Ruben, più a se stesso che agli altri.

-A quanto pare.- concluse Elise. Poi tutti e tre notarono, mentre risalivano quella collina, che c'era ancora una persona accanto allo stabile. Una volta giunti in cima, affaticati per la salita, si appoggiarono ai loro ginocchi. Quando tornaronoo a respirare normalmente, notarono che quella persona li stava guardando. Era una ragazza. Una molto carina in effetti. Era molto magra e non particolarmente alta. Aveva dei lunghi capelli castano chiaro, dei grandi occhi nocciola, delle labbra rosse, un sorriso perfetto circondato da un apparecchio argentato, che non la imbruttiva, anzi, le dava un'aria più dolce. Si portava dietro una gigantesca valigia viola e indossava la divisa, la stessa della loro scuola. La ragazza sorrise a tutti loro.

-Ciao!- disse, accennando con la mano a un saluto. Eve, in quel momento, poté giurare di aver sentito Ruben sospirare, essendogli vicina. Ma nessuno, a parte lei, sembrò accorgersene, nemmeno Elise.

-Ciao. Scusa, siamo rimasti indietro. Puoi dirci come..?- chiese Elise, indicando la funivia.

-Come prendere la funivia? Purtroppo ci tocca aspettare la prossima cabina.- disse lei, indicando le cabine rimaste a terra.

-Quelle là sono rotte. Dobbiamo aspettare la prossima.- aggiunse e poi tornò a guardarli tutti. -Siete solo in tre?- chiese lei. Elise annuì per tutti.

-Che fortuna! Allora possiamo prenderla tutti insieme. I posti sono a quattro.- disse la ragazza. -Oh, a proposito..Freya Toweringlance.- si presentò lei, tendendo la mano verso Elise, che la strinse.

-Elise Scarletsparrow.- si presentò lei. Freya si mise davanti a Eve.

-Eve Blossom.- si presentò Eve, stringendole la mano. Ma neanche due secondi dopo che l'ebbe toccato la mano, ecco che Freya era già davanti a Ruben.

-Freya Toweringlance.- disse lei, sorridendogli e prendendogli la mano tra le sue. Ruben, in quel momento, spalancò gli occhi e, per la prima volta boccheggiò il suo nome.

-R-Ruben V-Viridian.- si presentò lui. Eve, in quel momento, sentì qualcosa salirle su per la gola. Sembravano essere rimasti ghiacciati, l'uno di fronte all'altra. Tocco sempre a Eve schiarirsi la voce per farli tornare tra loro. Si staccarono subito e, poco dopo, Freya si incamminò davanti a loro.

In lontanaza, tra gli alberi, un puntino rosso si stava avvicinando. La cabina della funivia era in arrivo. Appena si fermò, tutti e quattro vi salirono a bordo, posizionando le borse e le valigie ai loro piedi. Purtroppo Elise e Eve dovettero stringersi tra di loro, per poter fare spazio all'enorme valigia viola di Freya. Quest'ultima si era comodamente seduta accanto a Ruben, che guardava fuori dalla cabina, osservando il paesaggio. Si stavano alzando sempre di più, arrivando a sovrastare gli stessi platani, e vennero portati al centro della foresta, nel cuore del Cairngorms National Park.


 

Passarono venti minuti circa, durante i quali la cabina della funivia era rimasta sollevata sopra la foresta. Poi aveva cominciato a scendere, avvicinandosi agli alberi. Quando, finalmente, la cabina toccò terra, i quattro passeggeri recuperarono le loro valigie e scesero. Si ritrovarono tutti insieme nel centro della foresta, o forse addirittura dall'altra parte. Grandi alberi troneggiavano su di loro e un tappeto di foglie decorava il terreno. L'aria fresca dell'autunno fece volare alcune foglie colorate verso di loro. Alcune finirono nei loro cappucci, altre si attaccarono semplicemente ai capelli.

Freya si stava ancora testando i suoi, alla ricerca di pezzi di foglie secche rimasti intrappolati, quando la folata di vento cessò e le foglie tornarono a posarsi a terra. Poco dopo tutti insieme camminarono dritti, verso un sentiero più grande di quello dei platani, e quando vi arrivarono sentirono delle voci ridere e altre chiacchierare. Si girarono alla loro sinistra e percorsero il viale di corsa, tirandosi dietro le valigie e una volta raggiunta la fine del viale, videro davanti a loro una lunga discesa che portava direttamente all'accademia. Poco più lontano da essa c'era un lago lungo e ampio, che rispecchiava le nuvole bianche e il cielo azzurro, creando un effetto meraviglioso in armonia con tutto ciò che lo circondava. L'accademia era un edificio gigantesco, così grande che non bastava chiamarlo 'edificio'. Era una specie di castello, costruito su quattro colline e circondato dai grandi alberi della foresta. Su ogni collina c'era una torre gigantesca, unita l'una all'altra da delle mura. Nella facciata orizzontale, proprio quella di fronte a loro si ergeva un campanile altissimo, molto di più delle altre torri, dove al centro un maestoso orologio in stile vittoriano segnava le ore.. Dietro le quattro colline emergeva un vastissimo prato e, poco più in là, un fiume separava le quattro torri da un'altra parte del castello, la quale era collegata ad esse da un ponte di legno, coperto da un tetto ad arco. Quella parte separata dal castello comprendeva cinque totti minori rispetto alle altre, tranne una che, alta com'era, stonava con tutto il resto. Non c'era traccia di alcun tipo di cortile all'interno del castello. L'esterno, invece, era pieno di alunni: alcuni correvano, altri studiavano su quelli che sembravano tavoli da pic-nic e altri ancora..giocavano con il fuoco?

Elise poté giurarlo, aveva visto alcuni ragazzi che giocavano con una fiamma. Anche se era molto lontana, ne era sicura. Ma non poté accertarsene perché Eve, Ruben e Freya si erano già incamminati, sorpassandola. Diede un altra occhiata in direzione di quella fiamma ma non la vide più, e decise di proseguire, raggiungendo gli altri. In fondo era molto stanca. Poteva essere stato qualche stupido giochetto con il fuoco, ma non se lo chiese oltre e corse verso l'accademia, quella che per quell'anno appena incominciato sarebbe stata la sua casa.


 

Appena si ritrovarono ai piedi della scuola, davanti al gigantesco portone di legno, grande quanto un palazzo a due piani, si fecero coraggio ed entrarono. All'interno era..spettacolare!

Tutto era completamente costruito in pietra, eccezion fatta per le scale che erano in legno massiccio, cosa che donava alla scuola un aspetto medievale. C'erano dei candelabri sospesi in aria, con due dozzine di candele spente, e neanche la minima traccia di luci elettriche. C'erano scale dappertutto che conducevano ai piani superiori, formando delle scale a chiocciola quadrangolari, se viste dal basso. Elise le contò: erano più o meno una decina e su ogni scala vedeva ragazzi e ragazze che correvano o si fermavano a chiacchierare. Le porte che conducevano alle altre ale del castello erano interamente in legno massiccio scuro, con dei pomelli d'oro, e si trovavano ai lati delle scale. C'erano quadri dappertutto, molti dei quali raffiguravano gli elementi della natura: fuoco, aria, terra e acqua. Naturalmente c'erano anche tantissimi ritratti, ma ciò che non mancava mai in ogni parete, o almeno quelle dell'entrata, erano gli arazzi. Rossi, verdi, blu e gialli, che adornavano le pareti. Per terra, invece, c'erano dei tappeti persiani.

Elise, Ruben e Eve erano così meravigliati che neanche si accorsero che Freya, avendo riconosciuto le sue amiche nell'ingresso, se n'era andata, lasciandoli soli. All'improvviso le campane del campanile, il quale era proprio a circa dodici piani sopra di loro, cominciarono a suonare, facendo rimbombare nella scuola 3 potenti rintocchi, ciascuno di tonalità diversa dall'altro. Come se quel suono fosse stato un trillo d'allarme, improvvisamente tutti gli studenti scesero dalle scale avvicinandosi alla porta di sinistra e introducendosi nella sala successiva. Anche Eve, Elise e Ruben si diressero verso quella porta, portandosi dietro le valigie e le borse. Percossero tutto il corridoio, il quale aveva da un lato dei giganteschi finestroni, che lasciavano inondare il corridoio della luce del primo pomeriggio. Istintivamente Ruben portò gli occhi sull'orologio, il quale segnava le 17:58. Dall'altra parte la parete era ricoperta di quadri antichi e vecchi arazzi. Più avanti, proprio in fondo al corridoio, c'era una porta molto più grande di quella precedente, quasi alla pari con quella dell'entrata. Aveva al centro due grandi maniglie argentate, lunghe e intrecciate, sinuose e dalla forma di due serpenti, i cui occhi erano due piccole pietre rosse. Ma ciò che principalmente colpì Eve, Elise e Ruben erano le molteplici valigie, zaini, borse e borsoni che si trovavano lì accanto al porta.

-Lasciatele lì.- disse una voce maschile. Il trio si voltò, notando un uomo alto, sulla cinquantina, dal viso imbronciato e dagli occhi spenti. Aveva dei corti capelli neri e delle sopracciglia folte e, sul grosso naso adunco, un paio di occhiali dalla montatura nera e piuttosto malandata. Indossava un maglione lungo a maniche nere, che lo rendeva ancora più grasso, e dei pantaloni neri, sporchi all'altezza delle scarpe. Vicino a lui sostava un carrello e, appoggiato al muro, uno scopettone. Costui, che doveva essere il bidello, appena uscito da una piccola porta di legno malmessa, aveva detto loro di posare i loro bagagli appena fuori della grande porta. Loro, dopo averli posati vicino a quella che avevano riconosciuto come la valigia di Freya, entrarono nella grande sala.

Davanti a loro videro quattro lunghi tavoli di legno, lunghi forse come trenta o quaranta tavoli di dimensione normale, coperti da quattro lunghe tovaglie nere con i bordi di colore diverso per ogni tavolo: quella del secondo tavolo alla loro sinistra aveva i bordi rossi, quella del primo tavolo a sinistra li aveva verdi, quella del primo tavolo alla loro destra li aveva celesti e quella del secondo tavolo a destra li aveva blu. Alle pareti di destra e sinistra c'erano i soliti arazzi, mentre diversi candelabri pendevano dal soffitto. Sulla parete di sinistra, ad illuminare la sala, c'erano delle grandi vetrate di vetro, adornate da ghirigori fantasiosi. Queste erano alte quasi fino al soffitto e davano sul fiume e sui grandi prati verdi e, in lontananza, si poteva scorgere l'altra parte del castello, collegata dal grande ponte. In fondo ad essa, dalla parte opposta di dove si trovavano Ruben, Eve ed Elise, c'era un altro tavolo, più corto degli altri, messo in orizzontale, al quale sedevano gli unici adulti in tutta la sala. Dovevano essere senz'altro i professori, alcuni dei quali confabulavano tra di loro mentre altri fissavano gli studenti.

C'erano ragazzi di ogni età, ognuno che chiacchierava e scherzava, altri scrivevano o leggevano, ma la maggior parte era seduta. Infatti essendo quasi ora di cena, tutti i tavoli erano finemente apparecchiati con bicchieri, piatti e posate d'argento. Il cibo, però, non era ancora stato servito, poiché mancavano ancora due ore al banchetto.

Elise notò una cosa strana, e cioè che la maggior parte degli studenti avevano le cravatte e le sciarpe colorate, e non bianche come le loro. Ma Elise non poté farsi altri interrogativi, neanche quando vide di nuovo una fiamma guizzare per aria, perché Ruben e Eve la tirarono verso uno dei tavoli, il primo a destra, nella parte più vicina alla porta.

Per i successivi 15-20 minuti, tutti e tre si ritrovarono istintivamente a darsi un'occhiata intorno. Ma ognuno per motivi diversi. Ruben, per esempio, osservava tutte le ragazze ai tavoli, con lo scopo di trovare Freya. Eve, invece, guardava ogni ragazzo nella sala, nel tentativo di trovare Blake. Elise, a differenza dei suoi due amici, si limitava a gettare un'occhiata alla sala e, con essa, tutti gli studenti ma, in particolar modo, agli insegnanti. Erano undici in tutto.

Partendo da sinistra, dalla parte del tavolo più vicino alle vetrate, c'era un uomo abbastanza alto e magro, sulla cinquantina forse, anche se sembrava più giovane. Aveva dei profondi occhi azzurri, circondati da delle occhiaie scure, una leggera barba e dei corti capelli neri, punteggiati da pochi capelli bianchi. La sua espressione perennemente imbronciata era concentrata davanti a sé, su un piccolo foglio di carta bianca. Indossava una giacca blu cobalto e dei semplici pantaloni neri. Sotto la giacca non indossava niente, per modo di dire. Era coperto completamente, dalla cintura dei pantaloni fin sotto la mascella, da delle bende bianche, che non lasciavano intravedere neanche un solo centimetro di pelle. Ad adornare il tutto, un papillon nero legato al collo, mentre tra le braccia conserte, c'era un bastone da passeggio di legno nero, il cui poggiamano era una zampa di falco argentata che stringeva tra gli artigli una sfera trasparente.

Accanto a lui, c'era un altro insegnante, più basso e un po' più in carne, sulla settantina forse, anche se il suo sorriso smagliante gliene ne toglieva più del previsto. Aveva dei capelli brizzolati e il suo viso era ovale, segnato da alcune rughe, ma al cui centro spuntavano due occhi verde foglia. Indossava una camicia bianca, aperta ai primi 3 bottoni, e dei pantaloni neri. Le mani erano incrociate sotto il mento e facevano da appoggio. Sul dito medio della mano sinistra c'era un grosso anello d'argento, che si attorcigliava intorno al dito, formando un gufo dagli occhi neri.

L'uomo stava animatamente chiacchierando con un suo collega, un uomo che non avrà avuto più di venticinque anni. Il viso, dai tratti tipicamente giapponesi, esprimeva una dolce risatina, illuminata dai suoi denti perfettamente dritti e bianchi. I capelli neri erano lunghi fino alle spalle, con una ciocca viola appena dietro l'orecchio sinistro. Indossava un gilè nero di pelle, proprio come i pantaloni a vita bassa, sotto il quale lasciava intravedere la sua pelle abbronzata e il suo fisico scolpito. In contrasto con tutto il resto, c'erano gli occhi azzurro cielo, dal taglio a mandorla, leggermente nascosti dalla frangia. Al polso portava un cinturino di pelle, anch'esso nero, con sopra un braccialetto argentato, formato da due delfini che si intrecciavano tra di loro.

Accanto a lui c'era una donna, di non più di 20-25 anni, almeno per quanto ne dimostrava. Era bassa e molto magra, non particolarmente formosa, dai capelli biondo cenere molto corti, con una frangia che le copriva quasi interamente un occhio. Indossava un semplice vestito anni venti, senza maniche e lungo fin sopra i ginocchi, e interamente nero, il che le rendeva la pelle ancora più chiara di quanto già non fosse, cosa che le donava un'aria delicata. Portava degli orecchini, a forma sferica e grandi quasi come due palle di Natale. Le labbra piccole e a cuoricino e i grandi occhi ampiamente truccati, rendevano il suo viso simile a quello di una bambina curiosa, solo con un'espressione totalmente indifferente. Al collo portava un girocollo di velluto nero, al cui centro era legato un ciondolo dalla forma di un ragno d'argento, dalle lunghe zampe.

L'insegnante successivo era un uomo davvero molto affascinante, sulla quarantina circa, dalla pelle molto abbronzata, alto, muscoloso e...pelato. Non aveva neanche un capello sulla testa ma, insieme alla sua espressione perennemente imbronciata, alle sopracciglia inarcate e allo sguardo duro e glaciale, assomigliava ad un boss mafioso americano degli anni trenta. Gli occhi erano castano scuro e avevano un taglio sottile ma spesso, il che lo rendeva molto simile a un egiziano. Indossava una giacca e dei pantaloni neri e una camicia bianca, aperta ai primi quattro bottoni, così da lasciare intravedere il collo abbronzato e una minima parte del suo fisico asciutto, ma in particolar modo una lunga collana, il cui pendente, anch'esso in argento, aveva la forma di un ghepardo in corsa. L'uomo, senza distorcere mai la sua espressione visibilmente irascibile, stava discutendo con un altro insegnante alla sua sinistra, stringendo il calice di vetro che aveva in mano ogni qual volta interveniva qualcun altro nella conversazione, cosa che accadeva spesso.

L'uomo di fianco al pelato, seduto al centro preciso della tavola, era anche lui sulla settantina, dai corti capelli brizzolati tirati all'indietro. Era elegante e, anche sotto le rughe dell'età, si dimostrava giovane ma con un atteggiamento da signore. La sua altezza era quasi uguale a quella del pelato, solo che era meno muscoloso e non molto magro. Aveva dei profondi occhi blu cangianti al verde, misteriosi e austeri ma dall'aria vincente. Indossava una giacca nera da smoking e sotto una camicia bianca, con il colletto aperto, e portava una cravatta piuttosto originale: quattro strisce colorate di rosso, blu, celeste e verde una accanto all'altra, con dei ghirigori sopra. Guardava il pelato con un sorrisino sulle labbra sottili. Appena sotto la mandibola aveva una cicatrice lunga quasi quanto un dito, forse provocata da un taglio. Teneva le mani elegantemente poggiate sulla tavola, incrociate e ornate da quattro anelli, due sul medio e sull'anulare della mano destra e altri due nella stessa posizione sulla mano sinistra. Erano de semplici anelli argentati, con dei ghirigori intorno e delle pietre incastonate al centro. La prima sembrava un rubino, la seconda uno zaffiro, la terza uno smeraldo e la quarta un diamante. L'uomo, che Elise riconobbe come il preside, sedeva su una sedia molto più grande e maestosa delle altre. Una risatina isterica le fece distogliere lo sguardo e, prima di tornare a guardare il tavolo dei professori, diede un'occhiata agli altri studenti. Nessuno sembrava averci fatto caso.

La risata apparteneva a un uomo accanto al preside, sulla destra. Un uomo a dir poco..bizzarro. Elise non riuscì a distinguere nemmeno i la sua età o i particolari del viso, poiché questo era completamente coperto da della cipria bianca. Le labbra erano smisuratamente lunghe, con i bordi a ricciolo, ma non erano reali, perchè il rossetto passato su di esse formava una linea così lunga e discontinua che assomigliava più a una grande cicatrice insanguinata, che ad una bocca umana. Gli occhi erano truccati non solo sulle palpebre ma anche intorno alla linea dell'occhio. Il sinistro era dipinto a formare un trattino, o un meno, mentre il destro formava una 'x', entrambe nere. Tutto questo trucco esagerato era sbavato in alcuni punti, così da conferirgli un'aria spettrare da film horror. Indossava una giacca di pelle, lunga quasi fino a terra, e una maglietta nera con stampato sopra un asso di picche nero dai bordi bianchi. I capelli erano bianchi, tinti e tirati all'indietro con il gel, ma con qualche ciuffo volante che tornava davanti al viso, dandogli un'aria ancor più..pazza e animalesca. L'uomo, o meglio il clown, stava ancora ridacchiando in faccia al pelato, quando il preside si mise a borbottare qualcosa che fece azzittire e imbronciare ancora di più il pelato e ridacchiare ancora il clown.

Elise si soffermò un minuto in più a fissare quello strano soggetto e i suoi movimenti. Indossava dei guanti bianchi malridotti e sgualciti, che prima ad Elise erano sfuggiti. Stava rigirandosi tra le mani un calice vuoto di vetro, come un bambino che non aveva mai visto niente del genere. Ma la sua espressione riusciva a battere i suoi gesti delicati. Dura, fredda e insensibile. Uno sguardo nascosto ma abbastanza profondo da battere quello dell'uomo con il bastone da passeggio.

Elise rabbrividì istintivamente e distolse lo sguardo, posandolo sull'uomo accanto. Era davvero molto bello. Era molto alto, con dei capelli corti e di un biondo molto simile all'oro, aveva una leggerissima barbetta e dei baffetti biondi appena accennati e un corpo stupendo, infatti sotto il camice bianco che indossava, portava una maglietta nera che risaltava il suo fisico scolpito. Ma ciò che maggiormente colpì Elise fu lo sguardo. Intelligente, serio e profondo. Ma non profondo tanto per dire. Sembrava che dietro quelle pozze azzurre si nascondesse il segreto dell'universo o roba simile. O forse nascondevano soltanto un passato difficile, molto difficile, di quelli che ti segnano l'esistenza. Di quelli che ti portano non ad affrontare la vita, ma a sbranarla. Sembravano scrutarti dentro, fino al più profondo dell'anima. Da quegli occhi si poteva capire tutto e niente. Istintivamente Elise si ritrovò a pensare: ''Ma che cavolo ci fa un dio greco qui?''

Scrollò la testa per scacciare via quel pensiero, imbarazzata.

Accanto a lui, c'era una donna dall'aspetto a dir poco meraviglioso, con dei capelli neri lunghi fino alle spalle, mossi e con la frangia tirata indietro da un fermacapelli d'argento, con su sopra inciso una rondine in volo. Gli occhi erano truccati in modo molto preciso e semplice e le iridi erano di colore viola. Un colore sfavillante e troppo reale per appartenere a delle banalissime lenti colorate. Le labbra perfette erano rosse come un bocciolo di rosa e indossava un vestito blu elettrico, stretto in vita e scollato sulle spalle, con dei pantaloni neri e delle scarpe col tacco dello stesso colore.

Accanto a lei, all'ultimo posto della parte destra del tavolo, c'era un uomo sulla quarantina circa, dai capelli castani e scompigliati. Aveva dei baffi castani e un sorriso gentile e spiritoso. Indossava una giacca marrone, una camicia blu scuro e dei semplici pantaloni abbinati alla giacca. Era l'unico insegnante che sembrava un'insegnante. L'unica cosa che stonava era un anello che portava all'indice della mano sinistra, con sopra inciso un cavallo in corsa, ovviamente in argento.

Elise era ancora intenta ad osservare quell'uomo quando, a ridestarla dai suoi pensieri, ci pensò la campanella che stava suonando il preside, per attirare l'attenzione di tutti gli studenti, i quali tornarono in fretta al loro posto e stettero in silenzio, in attesa. Il preside si alzò in piedi, sorridendo, e iniziò a parlare, dando il benvenuto a tutti.

-Bentornati a tutti coloro che sono stati qui gli anni precedenti e benvenuti per tutti i nuovi arrivati che sono giunti da poco. Io sono il Preside Eoin Lush, della Downson Mind Academy. Per i nuovi arrivati, è bene che sappiate che questa non è una scuola come quelle che avete frequentato. Questa è un'accademia di poteri sovrannaturali ed io, che ne sono il preside, ho il piacere nonché il dovere di informarvi che questa è una scuola molto privilegiata e mi aspetto il massimo da tutti voi. Qui imparerete come gestire i poteri che da sempre sono nascosti dentro di voi, per poi sapere come meglio utilizzarli in futuro ma, soprattutto, per imparare a controllarli.- Un mormorio si elevò da tutti i novizi del primo anno, che venne puntalmente fermato dal preside.

-Silenzio. So che può sembrare strano o forse impossibile da credere, ma fidatevi se vi dico che nessuno, ripeto, nessuno di voi è stato ammesso qui senza una ragione. C'è un potere particolare in ognuno di voi e probabilmente anche molto talento. So che molti di voi mi renderanno orgoglioso, in particolar modo, se oltre a saper usare i vostri poteri, sarete in grado di controllarli. Fate attenzione. Questo è di vitale importanza. Ricordate: si può essere forti quanto si vuole o si crede, ma il potere non è nulla in confronto al controllo di voi stessi. La più grande forma di potere è il controllo. Vedete, la mente è una cosa molto delicata. Può vacillare, può spezzarsi, ma può anche diventare incredibilmente geniale, grazie alla volontà e all'allenamento. E' l'arma più potente che avete. E', per così dire, la base del vostro essere.- Seguì un momento di silenzio, durante il quale ogni dubbio che si era creato nella mente dei nuovi arrivati si dissolse come neve al sole.

-Attenzione, questa è una cosa della massima importanza.- proseguì il preside, ottenendo l'intera attenzione di tutti.

-E' severamente vietato a tutti infrangere le regole poste sui vostri poteri, che apprenderete durante le lezioni, naturalmente dai vostri professori.- disse il Preside Lush indicando l'uomo con il bastone da passeggio.

-Vi presento il professor Jack Blade, insegnante di Scienze Soprannaturali.-

Il signor Blade si limitò ad accennare con il capo, senza scomodarsi di cambiare posizione né espressione.

-Il professor Apple Quest, insegnante di Lingue Straniere.-

Il signor Apple, invece, fece un gran sorriso e salutò con la mano tutti quanti.

-Il professor Shiny Henge, insegnante ed esperto di Conoscenza delle Creature Soprannaturali.- disse il preside, indicando la rock star giapponese, che lanciò un paio di occhiolini per la sala.

-La professoressa Rajah Moons, insegnante ed esperta di Metamorfosi.- disse, indicando la biondina anni venti, che accennò con il capo, rimanendo indifferente.

-Il professor Imran Thaw, insegnante di Attacco e Difesa, nonché vicepreside dell'accademia.- e accennò al pelato, che in risposta alzò il suo sguardo freddo e intimidatorio verso l'intera sala, per poi rivolgerlo alla biondina anni venti, sussurrandole qualcosa.

-Il professor Hollow, insegnante di Conoscenza, Sviluppo e Controllo dei Poteri.- e indicò il clown, il quale in risposta si leccò le labbra, evidenziando ancor di più il suo terribile aspetto.

Elise distolse lo sguardo, per paura che quello del clown incontrasse il suo. Aveva una brutta sensazione riguardo a quell'uomo. Ma non sapeva perchè.

-Il professor Andrej Might, medico e insegnante di Medicina.- Al suo nome, il professor Might levò lo sguardo verso la sala, sfoderando un sorriso che lasciò parecchie ragazze senza fiato.

-La professoressa Daisy Brandly, insegnante di Letteratura.-

La donna dagli occhi viola sorrise dolcemente, rivolta a tutti i presenti.

-E infine, il nostro professore di Storia Soprannaturale, Henry White.- disse indicando l'ultimo uomo della parte destra del tavolo, che sorrise sotto i baffi prima di fare un cenno di saluto a tutti.

-Adesso, per i nuovi arrivati, è giunto il momento della Selezione degli studenti.-

E detto ciò, dalla porta principale, entrò il bidello, che spingeva un carrello portasacchi nero, con sopra un oggetto coperto da un telo marrone polveroso. Tutti gli studenti, o almeno quelli nuovi, lo guardavano stupiti e curiosi, chiedendosi cosa nascondesse.

Una vola giunto davanti al tavolo dei professori, il bidello lo posizionò con grande fatica a terra, in bella vista. Poi slegò dei laccetti ai lati dell'oggetto e ne tolse il telo, scoprendone un magnifico e antico specchio in legno di massello, sostenuto da due colonne finemente decorate a motivi floreali, che gli permettevano di ruotare su se stesso. Sulla parte più alta della cornice si ergevano due serpenti in bronzo che si attorcigliavano tra di loro e guardavano fisso verso la sala.

Il bidello lo sistemò per bene, in modo che non potesse cadere o spostarsi, e poi se ne andò, oltrepassando la sala e sparendo oltre la porta principale.

Il preside attirò di nuovo l'attenzione di tutti.

-Lo Specchio vi suddividerà in uno dei quattro Casati dell'accademia: Il Casato del Fuoco.- e indicò il tavolo dai bordi rossi. -Il Casato della Terra.- disse, indicando il tavolo dai bordi verdi. -Il Casato dell'Aria.- e indicò il tavolo dai bordi celesti, dove momentaneamente si trovavano Elise, Eve e Ruben. -E il Casato dell'Acqua.- disse, infine, indicando l'ultimo tavolo, quello con i bordi blu.

-Lo Specchio vi smisterà in uno di questi e, una volta finita la cena, verrete portati nei vostri Dormitori da uno dei professori. I vostri bagagli si trovano già nelle vostre camere. Bene, e ora diamo inizio alla Selezione!- annunciò, sorridendo a trentadue denti e accomodandosi al suo posto.

Tutti gli studenti guardarono lo Specchio, notando con grande stupore che il vetro cominciò a diventare bianco e a trasformarsi in acqua. La superficie si increspò, disperdendosi in onde bianche, ma senza far cadere nemmeno una goccia. Sembrava come se qualcuno avesse lanciato un sassolino nel latte. All'improvviso la professoressa Brandly si alzò in piedi e srotolò una lunga pergamena bianca, lasciando che i sigilli cadessero sul tavolo, accanto ai bicchieri.

La prima ragazza che fu nominata sull'elenco era una certa Rosie Aradel, una ragazza bassina con due lunghe trecce nere ai lati del viso che, titubante, raggiunse lo Specchio e, seguendo le istruzioni dei professore, vi mise una mano dentro, attraversando lo specchio come fosse davvero nient'altro che Acqua. La ragazza percepì un leggero pizzicorio sul braccio e quando si ritrovò a estrarre la sua mano dalla superficie di vetro liquido, notò uno strano tatuaggio sul palmo della sua mano destra. Era nero e aveva la forma di una fogliolina stilizzata. Rosie rimase scioccata da quello strano avvenimento, ma non appena il preside le indicò il tavolo dove era stata smistata, il tavolo dai bordi verdi del Casato della Terra, sentì un'insana gioia pervaderle dentro.

Seguì un notevole numero di ragazzi e ragazze che copiarono le stesse mosse di Rosie, ritrovandosi alcuni al Casato della Terra, altri a quello dell'Acqua, altri ancora a quello dell'Aria e infine alcuni al Casato del Fuoco. E gli studenti degli altri anni accoglievando ognuno di loro con un grande applauso e delle esclamazioni festose.

Fu, poi, il turno di Blake Beatifbeat, il ragazzo biondo del treno, che si diresse verso lo Specchio in assoluta tranquillità. Non riuscì a trattenere una risatina quando perpepì quel pizzicorio sul braccio e sembrò molto soddisfatto quando un piccolo uragano nero stilizzato venne marchiato sul suo palmo destro. Raggiunse il tavolo del Casato dell'Aria, quello dai bordi celesti, battendo i vari cinque che gli furono offerti e sfoggiando un sorriso vittorioso.

Dopo di lui venne chiamato anche un ragazzo dai capelli neri e con dei profondi occhi azzurri, che Elise potè giurare di aver già visto. Avanzava quasi con noia verso il tavolo dei professori e quando pose la mano destra, alla quale portava un anello argentato che avvolgeva tutto il suo indice, dentro lo Specchio, questo la spinse via quasi subito, smistandolo immediatamente nel Casato del Fuoco.

All'improvviso Elise si ricordò dove aveva già visto quel ragazzo e quell'anello: il treno. Era il ragazzo vestito di nero che, nel vagone ristorante, siedeva di fronte a quella ragazza dai capelli biondi.

Poco prima di dirigersi al tavolo con i bordi rossi, il ragazzo rimase un paio di secondi a guardarsi il palmo della mano destra, prima di infilarsela in tasca e prendere posto al suo tavolo.

Dopo di lui venne chiamato anche quel ragazzo dai capelli rossicci e gli occhi verdi, con il quale Elise si era scontrata in treno, che venne assegnato al Casato dell'Acqua. MaElise non riuscì a udire il suo nome.


 

-Eve Blossom.- Eve si alzò un po' titubante e quando arrivò davanti allo Specchio deglutì a vuoto e tese una mano in avanti, attendendo per un tempo che pareva infinito. Dopo il leggero solletico Eve ritirò la mano, scoprendo tatuato sul suo palmo destro un uragano stilizzato. Andò verso il tavolo del Casato dell'Aria con un dolce sorriso che cercò di tenere per sè.

-Ruben Viridian.- chiamò la professoressa Brandly e Ruben si alzò, avviandosi verso lo Specchio e tendendovi la mano, nervoso. Anche lui sentì quel leggero solletico e poco dopo, quando ritirò il braccio, notò che la figura stilizzata di una foglia era impressa sul suo palmo. Si guardò intorno per un po', finchè non vide i ragazzi del tavolo del Casato della Terra fargli segno di avvicinarsi, mentre alcuni di loro applaudivano. Ruben sospirò, con un leggero velo di tristezza nello sguardo. Guardò il tavolo del Casato dell'Acqua con un po' di rammarico e poi si diresse al suo, con un finto sorriso dipinto sulle labbra.

Dopo Ruben, un'altra studentessa venne chiamata. Una ragazza bassina, dai grandi occhi nocciola e i capelli castani, che ricadevano lisci lungo tutta la schiena. Tese la mano, ritirandola subito dopo con sopra incisa una fiamma stilizzata. Sembrava molto felice del risultato, la ragazza, che si diresse al tavolo dai bordi rossi con passo affrettato, rischiando quasi di cadere.

Altri ragazzi vennero chiamati, alcuni dei quali già visti sul treno, ma Elise non ci fece poi molto caso, chiedendosi a quale di quei tre Casati sarebbe stata smisata...


 

-..parrow...Elise Scarletsparrow.-

Era la terza volta che la professoressa Brandly la chiamava e quando finalmente la sentì, Elise scattò in piedi e, sotto gli occhi dell'intera sala, si diresse al tavolo dei professori, in silenzio. Una volta davanti allo Specchio diede un'occhiata a tutti gli insegnanti, notando con un po' di sollievo, che nessuno la stava guardando. O almeno era così per loro. Tuttavia Elise non aveva alcuna voglia di voltarsi e controllare. Scacciò mentalmente via tutte le paure inutili che si sentiva addosso e tese la mano allo Specchio, che la accolse fino all'avambraccio.

Era come toccare il fango o la cera liquida, solo che era vetro. Piuttosto strano, in effetti.

Chiuse gli occhi, godendosi il piacevole tepore che la inondava. A un tratto Elise strinse gli occhi e serrò il pugno della mano sinistra.

Un bruciore improvviso alla mano destra le fece sbarrare gli occhi. Al bruciore si sostituì immediatamente un dolore tremendo, così forte che sembrò volerle strappare le vene del braccio. Ma nonostante il dolore, Elise rimase immobile, come pietrificata. E quando cercò di allontanarsi lentamente dallo Specchio, questo si increspò, tirandola ancor più dentro di esso. Poi le onde del vetro si appiattirono, tornando allo stato originale. Il braccio di Elise venne finalmente liberato, come se nulla fosse successo.

Dopo il repentino cambiamento dello Specchio tutta la sala era rimasta completamente indifferente. Tutti gli studenti e gli insegnanti erano totalmente impegnati in chiacchiere vivaci e discorsi illuminanti.

Tranne il professor Hollow, che guardava non visto la scena con una nota di entusiasmo e sadico divertimento, e il vicepreside Thaw, che seguiva i movimenti di Elise con sguardo critico. Ansimante per lo spavento, Elise si guardò la mano, sentendosi la fronte madida di sudore. Sul palmo si stava formando una linea quasi invisibile, alla quale se ne aggiunse un'altra e poi un'altra ancora, formando una strana goccia, molto simile a un occhio. Al centro della figura c'era una goccia stilizzata con un ricciolo, intorno alla quale delle linee curve seguivano il suo movimento, divenendo parallele tra loro mano a mano che raggiungevano il polso. Era una composizione strana, che a Elise fece venire un brivido inconsueto.

Ma non ebbe modo di osservarla ancora, dato che questa sfumò all'improvviso, lasciando vivida solo la goccia stilizzata con il ricciolo, uguale a tutte le altre.

Dopo alcuni istanti di silenzio, Elise alzò lo sguardo verso il preside, notando che sia lui, che il vicepreside Thaw, che il professor Hollow, la stavano fissando. E poi, seppur ancora un po' impietrita, Elise raggiunse il tavolo dai bordi blu, dopo che il preside le fece cenno verso di esso con un sorriso.

La selezione durò ancora per un po', finchè l'ultimo studente non raggiunse il suo Casato e il preside fece un ultimo annuncio.

-Ed ora, la cena!-

E dodici camerieri entrarono nella Grande Sala, spingendo dei carrelli bianchi, con su sopra le più raffinate prelibatezze. C'erano arrosti, bistecche, porchette, salcicce, granchi, sushi, cozze, ostriche, mozzarelle e pomidori, pizze, hamburger, hotdog e 10 diversi tipi di patatine fritte. Per non parlare dei dolci. Uno dei carrelli ne aveva così tanti che sembravano dovessero cascare da un momento all'altro. C'erano persino delle composizioni floreali fatte con la frutta! E poi ancora formaggi, salumi, bruschette. C'era persino il cibo indiano e anche quello cinese. Bastò soltanto guardare quelle squisitezze, che già Elise sentì la confusione che l'aveva perseguitata da quando si era seduta scivolarle via di dosso, per fare spazio all'acquolina in bocca!

-Non mi resta che dire..Bon appétit!- disse il preside, che già si stava gustando con gli occhi un piatto di spaghetti al pomodoro. In un battibaleno tutta la sala si riempì di chiacchiere, risate e puro divertimento. Persino i professori cominciarono a chiacchierare animatamente tra di loro, tranne ovviamente alcuni.

Appena Elise vide un piatto stracolmo di cosce di pollo con contorno di patate al forno ben bruciacchiate e insaporite, non ci pensò poi molto prima di approfittarne, mossa dalla fame di quella mattina. Tutto quello che era successo poco prima sembrava essersi dissolto nell'aria. Mentre si prendeva una bella portata di patate la forno, Elise dette uno sguardo al tavolo dei professori, notando che lo Specchio era stato appena portato via dal bidello. Si voltò ancora, guardando la ragazza di fronte a lei. Una ragazza non troppo alta, bruna, dagli occhi castani e un sorriso simpatico. Aveva un'aria familiare..

-Me ne puoi passare un po'?- chiese, indicando il piatto delle patate. Elise annuì, lo prese e glielo porse. La ragazza se ne prese una buona parte, guadagnandosi un'occhiata scocciata dal ragazzo vicino a lei che, appena lei posò il piatto, lo prese stizzito portandosi nel suo il resto delle patate e posando il piatto il più lontano possibile da lei.

-Che carino..- sibilò lei, ma il ragazzo la ignorò, tornando a parlare con un suo amico.

-Sai, certa gente è proprio maleducata!- disse lei. -Io sono Ivy Blackbug. Piacere di conoscerti!- e le tese la mano.

-Elise Scarletsparrow.- disse Elise, stringendogliela.

-Hai viaggiato sul treno? Non ti ho vista.- chiese Ivy con circospetto. Elise, a differenza sua, si ricordò dove aveva visto quella ragazza. Il treno! Nel vagone ristorante!

-Io sì. Mi ricordo di te. Eri nel vagone ristorante con una ragazza bionda, dagli occhi azzurri.-

-Parli di Ameerah!- esclamò Ivy, dopo averci pensato un po' su. -Sì, era con me. Ma è finita nel Casato della Terra e non ci siamo più viste.- aggiunse lei, un po' malinconica.

-Sai qualcosa su questa scuola?- chiese Elise sottovoce. Ivy la guardò stralunata.

-Non hai sentito prima il discorso del preside?-

-Sì, ma volevo saperne di più. E' un'accademia di Poteri Sovrannaturali, no?- chiese Elise, che ancora non riusciva a crederci. Quando il preside l'aveva annunciato era rimasta senza parole, pensando che si trattava certamente di uno scherzo o roba del genere, ma era rimasta spiazzata alla vista dello Specchio e, non riuscendo a trovare una spiegazione logica, aveva deciso di restarsene zitta, cercando di credere alle parole del preside. Ma ancora faticava a pensarci.

-Sì.- rispose Ivy.

-E studieremo delle materie diverse da quelle delle scuole normali, giusto?-

-Sì.-

-E perchè abbiamo bisogno di questa accademia? Cioè, chi siamo noi?- chiese Elise, accennando a tutti gli studenti. Ivy finalmente capì quella domanda.

-Mi sono fatta la stessa domanda prima della cena. Ho chiesto a quel ragazzo.- rispose Ivy indicando un ragazzo a pochi posti lontano da loro, alto, dai capelli castani quasi biondi, gli occhi castani e un aspetto molto più grande della sua età. Era davvero molto bello.

-Non è carino?- chiese Ivy, con tono sognante.

-E che ti ha detto?-

-Cosa?..Ah! Ecco..Veramente non ricordo..- Non era difficile immaginare che Ivy era stata più attenta alla bocca che si muoveva del ragazzo, piuttosto che alle parole che vi fuoriuscivano.

-Quant'è bello!- esclamò Ivy, accennando al ragazzo di prima. Elise decise di lasciar perdere l'argomento e si concentrò sul cibo. In fondo avrebbero spiegato tutto i professori. O il preside. Elise non stette a rimuginarci più di tanto, dato che i morsi della fame si erano fatti sentire di più davanti a quell'appetitosa coscia di pollo speziata.

-Pancia mia fatti capanna!-


 

-..Vuoi smetterla di ingozzarti in quel modo?- chiese Ameerah, spazientita, ticchettando sul tavolo.

Il ragazzo di fronte a lei la guardò, con la bocca ricolma di dolce al cioccolato.

-Ho fame!- si giustificò lui, dopo aver inghiottito la torta. Da quando Ameerah era stata assegnata al Casato della Terra si era dovuta separare da Ivy, la sua migliore amica. E qual'era il risultato? Stare seduta davanti a un ragazzo che si ingozza come un maiale!

Ameerah fece una smorfia di disgusto quando Ruben, il ragazzo seduto di fronte a lei, addentò la crème brulée, che però gli cascò sul tavolo.

-Non hai un minimo di grazia!- disse lei, facendolo irritare.

-Ha parlato quella che si è ingoiata un'intera teglia di patate!- disse lui, corrucciando lo sguardo. Ameerah lo imitò, incrociando le braccia. Ma entrambi non fiatarono. Poi sospirarono in contemporanea, ripensando ai loro amici, dai quali si erano dovuti separare.

-Anche a te mancano i tuoi amici?- chiese Ameerah, vedendolo persino più abbattuto di lei.

-Sì.- confermò lui, voltando la testa verso gli altri tavoli. -..Una in particolare.- aggiunse.


 

-..Sei sicura di non volerne, Eve?- chiesero le due ragazze vicino a lei.

-No, grazie.- disse lei, in tono malinconico. Le ragazze scrollarono le spalle tra di loro. Le aveva appena conosciute e le erano simpatiche, però le mancavano tanto Elise e Ruben. Era stato un vero peccato che fossero finiti in Casati diversi. Però aveva saputo da quelle due ragazze, di nome Orlaith e Kate, che forse c'era possibilità di finire nella stessa classe. Eve lo sperò con tutto il cuore, dato che, anche se si erano conosciuti da poco con Elise e Ruben, già sentiva di esservi legata. Chissà cosa stavano facendo...

-Sicura? Sono muffin al cioccolato.- disse Kate, indicando quello già addentato che stringeva in mano. Kate era una ragazza di media statura, magrissima, dai capelli lunghi e neri e gli occhi sempre vacui, come se fossero costantemente annoiati. Orlaith annuì, con un gran sorriso. Quest'ultima era la ragazza del vagone ristorante. Quella dai capelli rossi, lo stile gothic e la maglietta degli Evanescence, solo che ora indossava la divisa. Aveva un aspetto più dolce e rassicurante di Kate, ma erano simpatiche entrambe. Eve voltò la testa, verso il tavolo di Elise, trovandola a ridere scherzosamente con una ragazza. Voltò di nuovo la testa, un po' abbattuta, e guardò il piatto dei muffin al cioccolato.

-Magari uno!-


 

-Perchè hai lasciato perdere?- chiese il vicepreside Thaw. Il preside Lush lo guardò, misterioso.

-Perchè non è ancora il momento.- rispose semplicemente il preside, versandosi un altro po' di vino. Il signor Thaw accennò a un finto sorriso.

-Hai sempre la risposta pronta, vero?- chiese il signor Thaw, più a se stesso che al preside.

-E' curioso che tu ancora non conosca bene il nostro amato preside, Imran.- disse il signor Hollow, intromettendosi nella conversazione con la sua voce enigmatica e dalle emozioni invisibili, mentre si rigirava il calice vuoto tra le mani.

-Thaw, per te.- sibilò il vicepreside, fulminandolo con lo sguardo.

-Come vuoi, non ti scaldare troppo.- rispose il signor Hollow, sorridendo, compiaciuto di averlo, come sempre, fatto arrabbiare.


 


 


 


 

Oh, ce l'ho fatta! Sono stanchissima...Questo capitolo mi è costato sangue, sudore e lacrime, visto che l'ho revisionato 3 volte...Spero che abbia dato i suoi frutti...

Sicuramente non riuscirò ad aggiornare prima di Natale, per cui.... Buon Natale a tutti! E Buon Capodanno!^^

Aspetto si sapere cosa ne pensate di questo chappy^^


 

Ringrazio chi legge, chi recensisce e mi da le sue opinioni^^, chi ha messo la mia storia tra le preferite, tra le seguite e tra le ricordate^^ grazie :)


 

A presto!


 


 

Eohl



 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Eohl