NOTE: Chiedo umilmente
perdono per il
ritardo di quasi due settimane e mi cospargo il capo di cenere. Sono
una
bestiaccia, è vero, e non ho nemmeno scusanti
perché il capitolo era pronto già
da qualche giorno. Che volete farci, mi è venuto un forte
attacco di
culopesaggine misto ad apatia (con tanto di
crampi-addominali-fase-pre-mestruale,
giusto per gradire) che mi ha tenuta lontana dalla tastiera del mio
amatissimo
computer. Confido che non si ripeterà più,
comunque.
Il mistero
si infittisce, il delirio dilaga e nessuno dei miei personaggi ci sta
capendo
più una mazza, quindi che dire? Stay tuned e non perdete la
speranza: un altro
paio di aggiornamenti e avrete una risposta ai vostri dubbi.
Buona lettura,
ci si becca a fine pagina!
Un silenzio
esterrefatto seguì quell’affermazione.
Silenzio che
venne infranto da una risata a gola spiegata proveniente dalla
boccaccia larga
di Arthur. Gli occhi dei presenti si spostarono quasi
all’unisono sulla figura
del Re, in abito-pareo e infradito, letteralmente piegato in due (per
quanto
l’ingombrante pancione glielo permettesse) dalle risate,
aggrappato al gomito
del consorte onde evitare di rovinare a terra. Il curioso spettacolo
durò fino
a quando Merlin, vergognandosi a morte, si chinò quel tanto
che bastava per
sibilare all’orecchio dell’altro.
“Arthur,
giuro che se non ti fai passare ‘sto attacco di ridarella
subito i sex toy li
brucio sul serio, quant’è vero che Grande
Fratello è una cafonata pazzesca”.
L’Asino
Reale, percependo nella voce del compagno un tono di velata minaccia, si zittì
bruscamente dopo soli tre decimi di secondo (la
loro vita sessuale era troppo preziosa, e Merlin fin troppo zelante nel
mantenere le sue minacce promesse). Facendo leva
sul braccio del mago si
rimise in posizione eretta e vagamente dignitosa e con la mano
liberà asciugò
le lacrime che gli solcavano le guance.
“Perdonate
il mio disdicevole comportamento, messeri. Al tempo stesso
però debbo
ringraziarvi, Sir Cullen: erano mesi che non mi spanciavo dalle risate
a questo
modo” esordì con un bel sorriso ilare stampato in
volto.
“Quali
delle
mie parole sono state involontariamente motivo di divertimento per voi,
Sire?”
domandò il vampiro, perplesso come se stesse avendo a che
fare con un demente
patentato o con un bambino in vena di scherzi. Entrambe le opzioni non
erano
nemmeno troppo lontane dalla realtà, pensò con un
pizzico di ansia Merlin.
“Vedete,
Sir
Cullen, non mi ritengo un intellettuale né un topo di
biblioteca, ma persino io ho letto
il Dracula di Bram Stoker. Non
potete essere quel che sostenete di
essere, suvvia, perché i vampiri non hanno sorrisi perfetti
da copertina
patinata e occhi ambrati, e soprattutto non sbrilluccicano
alla luce del sole” rispose il regal babbeo non
riuscendo a
trattenere un risolino.
Merlin si
schiaffò una mano in faccia, chiedendosi per
l’ennesima volta per colpa di
quale astrusa congiunzione astrale si fosse dovuto innamorare di un
simile
cretino. Il sorriso esitante di Edward si congelò in una
smorfia contratta
della bocca e Jacob, accanto a lui, emise un ringhio sordo.
“Non
avete
tutti i torti, Sire. Ma vedete, per quanto io rappresenti
l’eccezione che
conferma la regola, sono indubbiamente un vampiro. I miei denti sono
taglienti
come diamanti e intrisi di un veleno paralizzante nonché
mortale ed i miei
occhi diventano più rossi del sangue quando sono a digiuno.
Quanto alla
peculiarità della mia pelle, è
un’eredità da parte di madre”
replicò glaciale.
“Vostra
madre, Sir Cullen?” s intromise cautamente Emrys, rivolgendo
uno sguardo al
marito che intimava chiaramente di tacere, se ci teneva ad uscire vivo
da
quella situazione.
“Sono
figlio
di un diretto discendente del Conte Dracula e di Tinkerbell,
Altezza”, precisò
il rosso un poco meno ostile, ma visibilmente in imbarazzo.
“Il
suo nome
non mi è nuovo: dovrei conoscerla?”
l’altro aggrottò la fronte.
“E’
Campanellino, Altezza. Quella di Peter Pan, per intenderci”.
La fragorosa
risata di Arthur riecheggiò nella corte. Nei giorni a venire
ci furono
sguatteri che giurarono di averne sentito l’eco fin nelle
cucine.
Fortunatamente
il vampiro sembrava averci fatto il callo, a reazioni come quella di
Arthur, e
diede prova di un certo savoir-faire. Il suo compagno, al contrario,
per poco
non azzannò il sovrano alla gola.
Prima
però
che scoppiasse un incidente diplomatico, ci scappasse il morto e i due
stranieri venissero arrestati e giustiziati per direttissima,
intervennero
Cullen -che, con la sua forza prodigiosa, placcò il
licantropo- e Merlin, che eresse
uno scudo difensivo servendosi della magia. Ci vollero delle ore e
molta
pazienza per allontanare la folla assiepatasi nel cortile, trattenere
le
guardie dal compiere gesti inconsulti, sedare gli intenti omicidi di
Jacob e
convincere Arthur a darsi una regolata, ma alla fine riuscirono
nell’impresa.
Sospirando
di sollievo per la scampata tragedia, i due alleati improvvisati si
scambiarono
un sorriso d’intesa. Fu il turno di Pendragon junior di
ringhiare, possessivo
come al solito.
Quando
furono tutti e quattro in grado di parlarsi senza commettere gaffe
colossali o
arrecare offesa all’interlocutore, i re di Camelot fecero strada nel castello
(marcondirondirondello) agli ospiti e li condussero negli appartamenti
reali,
invitandoli a mettersi comodi. Un servitore si occupò di
recarsi nel
laboratorio medico per convocare urgentemente Gaius, Caspian e Peter.
Una volta
arrivati, portando con loro le bambine -che, rispettivamente, volarono
e
strisciarono in grembo ai genitori, seduti sul letto a baldacchino- e
fatte le
presentazioni, il summit ebbe inizio.
“Bene,
direi
che possiamo tranquillamente saltare i convenevoli e venire al sodo.
Gentili
signori”, Merlin guardò dritto negli occhi Edward
e Jacob, accarezzando
distrattamente la testa di Nagini, “qual buon vento vi porta
nel nostro regno?”
Invece di
rispondere, il vampiro si alzò in piedi. Nessuno
osò fiatare, perché si
trattava evidentemente di un momento topico e carico di pathos. Con
gesti lenti
e solenni sciolse i lacci del mantello e lo lasciò scivolare
a terra. Coperto a
stento da un dolcevita color marron glacé (ma non aveva
caldo, che diamine?) e
da un paio di jeans con la fascia elastica in vita, faceva bella mostra
di sé
un pancione marmoreo e di dimensioni considerevoli.
“Noto
che
non siete minimamente sorpresi” commentò
ironicamente. Poi si rivolse a Caspian
e Peter. “Ne deduco che anche uno di voi sia-” e
indicò la propria pancia.
“Io”
alzò la
mano il sovrano di Narnia. “Ma sono solo al quarto
mese”.
“Lo
vedo; il
gonfiore del ventre è appena accennato”
annuì lui.
“E
voi, messere?
A che punto della gravidanza siete arrivato?” si
informò Caspian.
“Quasi
al
sesto mese. E chiamatemi pure Edward” sorrise il vampiro,
schermendosi.
“E
avete già
un pancione così grande? Parola mia, di questo passo non
partorirete un
bambino, ma un ometto fatto e finito!” intervenne -a
sproposito, o forse no-
Arthur, sinceramente ammirato.
“Ciò
è
dovuto al fatto che i neonati dei licantropi e dei vampiri sono
più sviluppati
del normale. Il padre di Edward, medico di professione, ha stimato che
nostro
figlio alla nascita dovrebbe pesare intorno ai sei, sette
chili” parlò per la
prima volta Jacob, con voce roca e vibrante d’orgoglio.
“Sicché
è
pure in grado di parlare” constatò tra
sé e sé il biondo babbeo.
“Poffarbacco,
davvero un gigante in miniatura” si congratulò
Merlin lanciando un’occhiata di
sbieco all’amato. “O gigantessa. Conoscete
già il sesso?”
“E’
un
maschio” rivelò radioso Edward. “E voi,
lo sapete?” chiese rivolto agli altri
tre.
“Nella
nostra epoca non è ancora stata inventata
l’ecografia. Lo scopriremo una volta
che saranno nati, suppongo” scrollò le spalle il
mago, imitato da Peter.
“Ma
è una crudeltà
dover attendere fino al parto per sapere il sesso dei nascituri! Se
permettete,
vorrei farvi dono di un macchinario per le ecografie. Il tempo di
telefonare a
Carlisle perché la ordini e prenda il nostro jet privato e
vi verrà recapitata
nel giro di qualche ora” offrì il (per sempre)
giovane Cullen.
“No!
No, per
carità, Edward. La vostra generosità è
ammirevole, davvero, ma non ce n’è
bisogno. Ci piace la sorpresa, sì. Ecco. Il bello della
diretta, o qualcosa di
simile” rifiutò con ferma gentilezza il mago,
alzandosi per sottrargli l’iPhone
ultimo modello prima che potesse anche solo avvicinarlo
all’orecchio.
“E’
sempre
così altruista?” Arthur, avvicinatosi alla
poltrona occupata dal licantropo, si
azzardò a rivolgergli la parola.
“Oh,
questo
è niente. A quanto pare gli state simpatici. Tende a farsi
prendere un po’ la
mano con le persone con cui si trova a suo agio. Preparatevi a venire
sommersi
di regali costosissimi” borbottò l’altro
ancora imbronciato ma senza più
intenti bellicosi.
“Spero
che
anche voi possiate imparare a apprezzarci, o meglio, ad apprezzare me.
Vi
chiedo scusa, Sir Black, per aver riso del vostro compagno; al vostro
posto
avrei reagito nello stesso modo. Non so cosa mi sia preso,
credetemi” bisbigliò
il Re, contrito.
“Saranno
gli
ormoni, pure Edward ogni tanto si comporta da totale mentecatto da
quando è
rimasto incinto. Comunque sia, anche io debbo porgervi delle scuse,
Altezza:
non avrei dovuto attentare alla vostra vita. Giuro su quanto ho di
più caro al
mondo che non si ripeterà” promise a sua volta
Jacob.
“Ricominciamo
da zero, che ne dite? Molto lieto di fare la vostra conoscenza, il mio
nome è
Arthur” e gli porse la mano destra.
“Piacere
mio. Io sono Jacob” rispose, stringendogliela vigorosamente.
I due nuovi
amici si fissarono con intensità; poi, intrecciando i
rispettivi mignoli,
cantilenarono all’unisono: “Mannaggia al diavoletto
che ci ha fatto litigar:
pace, carote, patate”, scoppiando a ridere
l’istante successivo.
A qualche
passo di distanza, i loro compagni assistettero inteneriti alla
riappacificazione.
“Per
fortuna
hanno appianato le loro divergenze. E’ sempre cosa buona e
giusta evitare una
strage” commentò pensieroso Merlin.
“Ammetto
che
il mio Jake è un po’ irruento,
ma in
fondo è un bonaccione. Io sono il suo punto debole, sapete,
e diventa un
tantino aggressivo e suscettibile quando gli sembra di percepire una
qualsiasi
minaccia od offesa diretta a me” mormorò il
vampiro con occhi colmi
d’ammmòòòre
per il licantropo.
“Mi
ricorda
Arthur” ridacchiò egli.
“Merlin”
lo
chiamò l’Asino Reale, che aveva fatto ritorno alla
sua precedente postazione,
sulle sponde del letto. “Mi sento trascurato. Calati nei
panni del marito
premuroso e servizievole e vieni qui a dimostrarmi quanto mi
ami” ordinò in
tono giocoso, le iridi scintillanti di malizia.
“Chiedo
scusa, amico mio. Un sovrano esigente e territoriale reclama la mia
presenza”
si congedò con un sorriso Merlin e raggiunse Arthur. Si
accomodò, non senza qualche
intoppo dovuto all’incastro tra i pancioni, sulle sue
ginocchia e gli allacciò
le braccia dietro al collo, concedendogli infine un bacio che non aveva
nulla
da invidiare ai più romantici ed espliciti slinguazzamenti
cinematografici.
“Allora:
soddisfatto o rimborsato?” tubò sfarfallando le
ciglia quando furono costretti
a staccarsi per riprendere fiato.
“Stanotte
avrò modo di dimostrarti quanto tu riesca a
soddisfarmi” sorrise l’altro,
sornione e allusivo e sfacciatamente seducente.
Un colpetto
di tosse li distolse dai loro ardori pornografici
romantici, inducendoli
a voltarsi verso la fonte di quel rumore.
“Gaius?
Che
fine avevi fatto, di grazia?” quasi sobbalzò il
mago nel vedere l’anziano
medico sprofondato nella sua poltrona preferita, intento a giocare con
Aithusa
e Nagini (quando si erano allontanate dal letto?).
“Sono
sempre
stato qui, figliolo, ma voi ed i vostri ospiti eravate troppo occupati
a
chiarire malintesi per prestarmi attenzione” li
rimproverò bonariamente l’uomo.
“Perdonaci,
in quanto a galateo abbiamo ancora molto da imparare”. Si
guardò attorno,
qualcosa non tornava. “Dove si sono cacciati Caspian e
Peter?”
“Siamo
qui!”
esclamò la voce del Telmarino proveniente dal paravento
dietro cui Arthur era
solito cambiarsi d’abito.
“E che
diamine stavate combinan-” cominciò Pendragon
junior, ma si bloccò prima di
terminare la frase. Quando vide i due sovrani fare capolino con i vestiti in disordine e
le chiome
scarmigliate, gli ci volle un battito di ciglia per avere una risposta
alla sua
domanda.
“Ehm,
gli
ormoni” abbozzò Peter a mo’ di
spiegazione, arrossendo.
“Non
formalizzatevi
tanto, amici miei. Anzi, divertitevi finché
potete” replicò divertito l’altro, non
senza una punta di malignità. I tempi di magra sarebbero
arrivati anche per
loro, che diamine!
“Signori”,
si alzò in piedi Merlin, abbandonando a malincuore le cosce
tornite del marito,
“abbiamo divagato anche troppo. Cerchiamo di fare il punto
della situazione,
che ne dite? Edward, Jacob, correggetemi se sbaglio. Poco tempo dopo
aver
scoperto di essere in dolce attesa vi ha fatto visita un lugubre ed
inquietante
bambino di nome Tom Riddle?”
Essi
annuirono, visibilmente perplessi.
“E
costui vi
ha poi suggerito di recarvi a Camelot onde capire come sia stato
possibile per voi
concepire un bambino?” incalzò.
“Come
siete
riuscito ad indovinare tutto ciò? Servendovi della
magia?” chiese Jacob, battendo
le palpebre con stupore.
“Gaius,
a te
l’onore e l’onere di spiegare ai nuovi arrivati
quel che abbiamo scoperto
finora” si fece da parte Emrys, lasciando la parola al medico.
Egli
ragguagliò a dovere i due ragazzi, chiarendo così
anche il motivo della
presenza di Caspian e Peter.
“Incredibile:
ciò confermerebbe la teoria della relatività
speciale di Einstein” commentò
entusiasta Edward a proposito dello sfasamento spazio-temporale tra
Narnia,
Camelot e, seppure di poco, Forks.
“E
così ci
stavate aspettando?” Jacob era sempre più sgomento.
“Sì,
voi e
l’altra coppia. Ma il mio sesto senso di uomo incinto mi dice
che non dovremo
attendere ancora a lungo per ritrovarci al completo, diciamo”
affermò Arthur.
In quel
mentre si sentì bussare alla porta. Erano Lancelot e Gwaine, che si tenevano
teneramente per
manina. I loro sguardi, però, erano colmi
d’apprensione.
“Ragazzi”
li
salutò Merlin.
“Altezze
reali… cioè: Merlin, Arthur” si
corresse Gwaine dopo l’occhiataccia rivoltagli
dal mago. “Con noi ci sono due buffi individui. Hanno
menzionato un certo Tom
Riddle e li abbiamo fatti passare, come avevate disposto. Possono
entrare?”
“Che
vi
dicevo? Tutti insieme appassionatamente” sospirò
teatralmente l’Asino Reale.
“Ma
come?”,
vi starete chiedendo, “prima ti presenti in riprovevole
ritardo e poi ci lasci
a bocca asciutta, senza neanche uno straccio d’indizio sulla
prossima e ultima
coppia?!”
Ebbene
sì,
mie adorate. In barba al cliché secondo cui “a
Natale si è tutti più buoni”, io
tendo a diventare più cattiva di una pantegana. Scherzi a
parte, forse un
pochino sadica lo sono, ma è una strategia per tenervi con
il fiato sospeso
fino al prossimo capitolo! *schiva un pomodoro marcio*
Non odiatemi
troppo, ok? Lo faccio per voi, trust me.
Auguri di
buone feste, buone vacanze e
buon tutto;
ci risentiamo con l’anno nuovo, dopo che sarò
tornata da Londra.
Tantissimo
ammmòòòre a tutte voi! <3