“Sono
davvero
lieto che tu voglia entrare a far parte delle nostre fila,
Blu” disse Lance
cortesemente, mentre firmava un documento con una lunga penna
d’uccello
colorata.
“Anch’io,
signor
Lance” mormorò Blu, consapevole del fatto che i
suoi occhi rossi e gonfi e la
sua voce rauca potevano contraddirlo.
“Chiamami
Lance,
te ne prego” replicò quegli alzandosi.
“Bene, Blu, parliamo della tua palestra,
ora. Perdonami se ti ho fatto aspettare così tanto, ma era
essenziale che
firmassi subito quei documenti. Per la costruzione del Supertreno
occorre
ancora qualche firma…”
“Non
importa”
disse Blu. “Ho tutto il tempo che serve.”
Lance lo
guardò
per un momento con una forte perplessità dipinta in volto,
ma Blu non reagì.
Allora sospirò e alzandosi disse: “Ti ringrazio
della comprensione, Blu:
anch’io ho da dedicarti tutto il tempo che serve, comunque.
Vieni, ti prego:
non posso sopportare l’aria chiusa di questo ufficio, sapendo
che fuori brilla
questo bel sole caldo. Spero che non ti dispiaccia discutere
fuori.”
“Mi
farebbe
piacere” mormorò Blu con voce spenta, seguendolo
meccanicamente.
Scesero
dabbasso,
percorrendo i pochi piani dell’edificio destinati
all’alloggio degli sfidanti
della Lega Pokémon. Una volta raggiunto il piano terra,
Lance consegnò
all’infermiera Joy i documenti che aveva appena firmato,
pregandola di spedirli
il prima possibile, per poi recarsi con calma all’esterno.
Lo
sguardo di Blu
era assorto e triste. Lance lo notò e, poggiandogli una mano
sulla spalla, gli
rivolse un sorriso.
“Da
quando ti ho
visto la prima volta, mi sono sempre chiesto a cosa pensassero i tuoi
occhi,
Blu” disse. Blu sobbalzò, colpito dalle sue
parole, ma Lance parve volerlo
rassicurare: “No, non ti sto chiedendo di dirmelo. Me lo
dirai a tempo debito,
se vorrai, o non me lo dirai affatto. Ma io sono un uomo molto potente
e potrei
aiutarti, se tu lo volessi.”
Blu non
rispondeva. Lance, che non voleva forzarlo, lo guidò in
silenzio fino all’Arena
delle Battaglie, dove sedettero sulle tribune vuote.
“Ascolta”
disse
Lance a bassa voce. “Senti questo silenzio? Non è
meraviglioso?”
“Sì”
disse Blu, a
voce altrettanto bassa, ma con gli occhi perduti nel vuoto.
“Meravigliosamente
silenzioso. Questo luogo è così diverso dal
giorno della Lega…”
“È
così, hai
ragione. Ma ti confesserò una cosa: di questo luogo
è il silenzio che io amo
soprattutto. È il luogo che sopra ogni altro mi piace, in
realtà. Sento come se
qui dovesse decidersi una parte della mia vita, del mio
destino…”
“Tu
sei il
Campione” disse Blu.
“Sì,
è vero”
mormorò Lance, alzandosi in piedi. “Ma sento che
non è questo il mio destino,
sento che c’è qualcos’altro che mi
aspetta…qualcosa di terribile e bellissimo
insieme…”
La sua
magra,
nera figura slanciata era stagliata contro il cielo azzurro e limpido;
egli
guardava l’orizzonte che si stendeva al di là
dell’Arena, vagheggiando lontano
il proprio destino, che ancora non conosceva. D’un tratto si
riscosse.
“Perdonami:
quando sono stanco tendo a fantasticare… ma tu richiamami se
mi distraggo
ancora.”
“Va
bene” disse
Blu con un sorriso pallido. Lance era ora in piedi di fronte a lui, e i
suoi
vivaci occhi scuri lo scrutavano con attenzione.
“Molto
bene, Blu.
Veniamo a noi. La prima cosa che intendo dirti è questa: io
so perfettamente
chi fosse tuo padre e quali affari gestisse; forse meno
dettagliatamente di te,
ma so quello che faceva. Penso che potremo parlare meglio, ora che
tutte le
carte sono in tavola e ben scoperte.”
Blu lo
aveva
ascoltato in silenzio, colpito. Lance gli appariva tranquillo. Ma
perché aveva
usato quel tono?
“Ma,
Lance…se lo
sapevi, allora perché?”
“La
tua è
un’ottima domanda. Blu, tu non sei un idiota: sai benissimo
che da dieci anni
la polizia tenta d’incastrare tuo padre senza avere prove
sufficienti che lo
inchiodino a Team Rocket. E che cosa potevo fare io? Blu, ma se ho solo
quattro
anni più di te!”
Era vero,
pensò
Blu scrutando Lance con attenzione, vero: Lance, Lance il campione
della Lega
Pokémon, non era davvero molto più grande di lui.
Proseguì: “Ma avreste potuto
rimuoverlo dall’incarico…”
“E
con quale
motivazione? Blu, tuo padre era un Capopalestra eccellente: abilissimo
coi
Pokémon e sempre rispettoso delle regole, almeno per quanto
concerne la
palestra; ogni controllo, regolare o a sorpresa che fosse, ha sempre
dimostrato
che tutto era regolare da lui. blu, non avrei potuto rimuoverlo. Ma lo
tenevo
d’occhio, questo sì. Speravo di
sbarazzarmene.”
“E
ora, è
fuggito” mormorò Blu.
“Ti
manca?”
“Sì”
disse Blu
tristemente. “Siamo stati separati altre volte,
ma…ma per la prima volta in
vita mia sento che è troppo lontano da me perché
il mio pensiero possa
raggiungerlo.”
Lance gli
sorrise
stancamente con aria malinconica e mormorò: “Ti
capisco. Quando morì mio padre,
tre anni fa…sentivo la stessa cosa: avevo come
l’impressione che i nostri
pensieri non riuscissero più a trovarsi in tutto il mondo,
per quanto il mio
cercasse il suo.”
Gli
appoggiò una
mano sulla spalla e mormorò: “Blu, tuo padre
è vivo, sta bene, tornerà a
prenderti. E sono sicuro che, per quanto sia lontano, il suo pensiero
sta
comunque cercando di raggiungerti.”
“Forse
hai ragione,
Lance” mormorò Blu senza convinzione. Lance gli
sorrise appena, dopodiché
cambiò decisamente argomento.
“Io
e mio padre
consideravamo la Palestra di Smeraldopoli come una delle più
importanti. È situata
vicino al percorso 22, perciò è di solito
l’ultima palestra che gli allenatori
sfidano prima d’intraprendere l’ultima tappa del
loro viaggio. Blu, desidero
che tu sappia che conto molto su di te per quanto riguarda questo
compito. Ho visto
come combatti, e non credo che vi siano molti allenatori in grado di
combattere
come te; neppure i Superquattro sono stati in grado di tenerti testa
molto a
lungo, cosa che di solito riescono a fare più che
discretamente con tutti gli
sfidanti della Lega Pokémon. Ti stimo molto, Blu; e credo
che, se tu volessi,
non avrei problemi a fare qualche cambiamento e a introdurti tra i
Superquattro…”
“No,
Lance”
mormorò Blu “No, ti prego…vorrei
restare a Smeraldopoli, nella cara palestra
che ormai conosco bene. Non ho molta voglia di… di restare
qui per giorni e
giorni a fare pubbliche relazioni, mi capisci?”
“Come
vuoi, Blu;
io non intendo obbligarti. Del resto, per ora sono piuttosto
soddisfatto dei
miei Superquattro; sono piuttosto forti, specie per quanto riguarda
Agatha, che
come ben sai conosceva tuo nonno in gioventù. Ma ascolta,
devi sapere che
essere Capopalestra ti occuperà forse più tempo
che essere Superquattro. Ne sei
consapevole?”
Blu non
rispose. I
suoi occhi celesti erano fissi e vitrei sull’orizzonte.
Sospirando, Lance si
alzò di nuovo in piedi e si piantò a gambe larghe
sulla tribuna. Il suo sguardo
altero era fisso nello stesso punto di quello di Blu, ma i suoi limpidi
occhi
non vedevano la stessa cosa.
“Avrai
qualche
amico, Blu. Naturalmente puoi farti aiutare da loro a gestire la
Palestra, se
lo vorrai, ma del loro stipendio dovrai occuparti personalmente. Ti
rendi conto
che lo stipendio di un Capopalestra è…beh,
sufficiente a sostenere tutte le
spese necessarie.”
“Non
voglio
nessuno” mormorò Blu. “Non ho bisogno di
nessuno, io…me la caverò da solo.”
“Naturalmente,
Blu, come preferisci.”
Calò
un leggero
silenzio sull’Arena, mentre un vento rinfrescante
s’infiltrava tra le tribune e
scompigliava loro i pensieri.
“Mi
pari una
persona molto infelice, Blu. Vedi, quando ero piccolo persi mia madre;
e quando
ero un ragazzino morì anche mio padre. Ma so di non aver mai
avuto uno sguardo
come il tuo, mai in tutta la mia vita. È come se i tuoi
occhi fossero
perennemente sospesi, come se tu stesso ti trovassi a metà
strada tra due
condizioni opposte e contrastanti: l’avere un padre e il non averlo, e
poi…non so che altro. Oh, ma
dico solo sciocchezze…”
La risata
imbarazzata che seguì le parole di Lance fu interrotta dal
brusco alzarsi in
piedi di Blu: egli infatti si ergeva ora immobile, ma tremante, con gli
occhi
che lacrimavano: Lance esitò.
“C’era
una
persona di cui ero tremendamente innamorato, Lance” disse con
voce tremante. “Gli
avrei dato tutto, ogni cosa che io avessi, ogni fibra del mio essere, e
so che
lui mi amava tanto quanto lo amavo io… ma poi lui ha deciso
di andarsene,
perché doveva inseguire un sogno troppo grande, o per meglio
dire un sogno
troppo più importante di me, per poter restare al mio
fianco. L’ho mandato al
diavolo, ma non per questo ho smesso di amarlo; e ora, malgrado tutto,
continuo
a sperare nel suo ritorno…”
Lance
restava in
silenzio, lo sguardo cupo, ma gli occhi di Blu si accesero di un
sorriso amaro,
ed egli mormorò: “Capisci ora, Lance, dietro cosa
sono perduti i miei occhi?”
“Sì,
Blu, lo
capisco” mormorò Lance. “Ora capisco
tutto, e capisco molto bene. Ti ringrazio
per avermelo spiegato: conserverò per me la tua
verità, poiché purtroppo vedo
bene che non posso fare molto per aiutarti. Ma ascolta: ti ho
già detto che
sono un uomo molto potente, e, se me lo vorrai chiedere, io
farò tutto il
possibile per aiutarti.”
“Ti
ringrazio,
Lance” disse Blu a bassa voce. “Me ne
ricorderò.”
“Bene,
allora. In
tal caso, ci siamo chiariti.” disse Lance con calma. Gli
diede le spalle e
mormorò al vento: “Personalmente non ho altro da
dirti, Blu. Conosci meglio di
me la Palestra di cui ti occuperai d’ora in poi; del resto,
sei libero di apportarvi
quante modifiche riterrai opportune. Per parte mia, Blu, posso soltanto
augurarti tutta la felicità del mondo.”
“Grazie,
Lance”
disse Blu. “Ne avrò bisogno.”
Eccoci
qui con un
altro capitolo, col quale colgo l’occasione per augurare a
tutti un felicissimo
Natale! Non credo di poter postare in questi due giorni, visto il
numero di
pranzi cui devo partecipare (mamma, papà,
sorella… xD). Tanti auguri a tutti! E
grazie a nihil no kami per aver recensito.
A presto!
Afaneia
;)