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Autore: kait    28/12/2011    3 recensioni
La prima guerra mondiale sta per scoppiare. Un incontro inaspettato convince il dottor Watson che è suo dovere ri-arruolarsi per difendere la patria e le vite delle giovani reclute. Ma... come la prenderà Holmes?
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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SherlK2

Cinque modi per impedire al tuo amico di arruolarsi



NdT: Grazie per le recensioni! Eventuali critiche o suggerimenti sulla traduzione sono sempre i benvenuti! Ed ora ecco a voi il primo capitolo, dove le cose iniziano a succedere...



Numero Uno – Sequestro Guardaroba


Dopo un lungo conflitto interiore presi una decisione. Prima mi sarei arruolato e poi l'avrei detto a Holmes.

Mi rendo conto, cari lettori, che potreste considerare questo mio proposito un atto di codardia, e probabilmente avreste ragione. Ma, di nuovo, voi non avete trascorso la maggior parte della vostra vita a stretto contatto con il signor Sherlock Holmes. Se l'aveste fatto, sapreste che le normali regole di comportamento previste dalla società non si applicano necessariamente per quanto riguarda la nostra amicizia – anche quando io vorrei tanto che fosse così. C'era il rischio estremamente concreto che, se avessi comunicato a Holmes le mie intenzioni la sera prima di recarmi all'ufficio di reclutamento, mi sarei svegliato la mattina dopo ammanettato al letto. Se invece l'avessi informato del mio arruolamento a cose fatte non avrebbe potuto fare più niente per fermarmi, se non inventare un qualche marchingegno Wellsiano1 per tornare indietro nel tempo.


Negli ultimi tempi Holmes era stato piuttosto impegnato. So molto poco a questo proposito, ma apparentemente la cattura di un agente segreto tedesco richiede la compilazione di una discreta quantità di scartoffie. Holmes aveva accettato con piacere il mio invito ad alloggiare nel mio appartamento a Londra fintantoché la faccenda non fosse sistemata, così non avrebbe avuto bisogno di andare avanti e indietro dal Sussex a Pall Mall. Tuttavia, tra i miei pazienti e i suoi doveri nei confronti di suo fratello e del governo (questa potrebbe essere una tautologia), era raro che riuscissimo ad incrociarci per più di mezz'ora. Ammetto che la situazione era seccante, non avendo visto il mio più caro amico per più di due anni. Ma quando usciva di casa, ogni mattina, Holmes mi rivolgeva sempre un sorrisetto dei suoi e prometteva che, non appena Mycroft avesse trovato ogni cosa 'fatta a suo gusto', avremmo avuto un bel po' di tempo per recuperare.

Quelle parole avevano su di me l'effetto della lama di un rasoio. Sapevo che ci sarebbe stato poco tempo per abbandonarsi ai ricordi prima che io fossi inviato al fronte.


Comunque, essendo la sua mente ancora focalizzata sugli ultimi dettagli del caso Von Bork, Holmes era fortunatamente cieco a tutto ciò che lo circondava. In condizioni normali avrebbe scoperto il mio imbarazzo in un istante, individuando gli indizi rivelatori sul mio viso e nel mio atteggiamento. Ma quella mente brillante era coinvolta in quest'ultimo caso fino all'ossessione. Probabilmente nemmeno essere colpito da un fulmine avrebbe attirato la sua attenzione. Era bello sapere che la sua permanenza al di là dell'Atlantico non l'aveva cambiato più di tanto.


Eppure, nonostante l'apparente cecità di Holmes, continuavo ad esitare. Accadeva che, non appena avevo un momento libero in cui avrei potuto andare all'ufficio di reclutamento, mi mettevo invece a fare qualcos'altro; qualche commissione, riordino di scartoffie e così via. Riflettendoci a posteriori immagino che fosse un vano tentativo di posticipare l'inevitabile pena che sarebbe certamente scaturita dal mio arruolamento. Nei due anni precedenti gli unici contatti che avevo avuto con Holmes erano avvenuti sotto forma di quattro lettere – tutte malconce, schizzate d'acqua e censurate all'estremo –, e non c'era stato giorno in cui io non avessi temuto per la sua vita. Avere il mio amico di nuovo in Inghilterra e poter vedere il suo viso ogni giorno anche solo per un momento era per me una gioia immensa. Era quasi come essere di nuovo a Baker Street. Spero che non verrò biasimato per aver voluto prolungare questo periodo il più possibile.


Circa una settimana dopo il mio incontro con Wiggins mi trascinai fino a casa dopo una visita serale a casa di un paziente, e lì trovai Holmes, seduto a gambe incrociate vicino al camino e circondato da caotiche pile di fogli. Sorrisi togliendomi cappello e cappotto.

Buonasera, Holmes” dissi, “Sono sorpreso di vederla sveglio. E tuttavia, dopo anni di convivenza, non so proprio perché dovrei.”

Holmes emise una risatina cupa. “Che lei ci creda o no, Watson, negli anni del mio declino ho finalmente cominciato a percepire le attrattive di una buona notte di sonno. L'essere in piedi a quest'ora non è tanto una scelta mia quanto di mio fratello. Proprio quando credevo che non potessero esserci altri banali e inutili documenti da firmare, ecco che uno degli amiconi di Mycroft appare misteriosamente con un'altra pila. È l'equivalente burocratico di una lunga e dolorosa tortura medioevale.”

Gli espressi le mie condoglianze. Lui le scacciò con un gesto della mano. “Molte grazie, Watson, ma anche questo passerà. Entro domani sera, per giunta.” Alzò la testa, lo sguardo fiammeggiante. “Perché entro domani spero finalmente di sistemare tutta la faccenda.”

Cercai di trattenermi dal sussultare, temendo che Holmes se ne sarebbe accorto. “Intende dire...” Feci una pausa. “Intende dire che avrà finalmente terminato l'indagine?”

Finita, spolverata, firmata in triplice copia e rinchiusa in qualche archivio umido senza vedere mai più la luce del giorno. Devo dire, Watson, che per una faccenda che desiderano far passare il più possibile sotto silenzio pretendono un'incredibile quantità di testimonianze scritte. Ah, ma tanto non è compito nostro chiederci il perché!”

Annuii, facendo del mio meglio per avere un'aria allegra. “Bene, allora sarà meglio che la lasci alla sua conclusione.” Appoggiai una mano sulla ringhiera e cominciai a salire le scale. “Buonanotte, Holmes.”

Buonanotte, Watson.” mi rispose, ma la sua voce era già distante mentre si concentrava di nuovo sui suoi documenti.


Chiusi la porta della mia camera da letto e ci appoggiai la testa contro. Sembrava proprio che il destino mi avesse forzato la mano ancora una volta. Sapevo che, non appena avesse terminato il caso, Holmes avrebbe sgomberato la sua mente da ogni cosa – Altermont, Von Bork, Mycroft, lo spionaggio, il suo periodo in America – e tutta l'energia che fino a quel momento aveva impiegato per raggiungere il suo obiettivo si sarebbe focalizzata su di me. Dalla sera successiva non ci sarebbe più stato nessun posto dove nascondermi.

Non c'era niente da fare. Mi sarei arruolato per prima cosa la mattina dopo. Non avevo alternative.


Mentirei se dicessi che dormii bene quella notte. Mentirei se dicessi che riuscii a dormire. Una descrizione più adeguata sarebbe che restai sdraiato sul letto con gli occhi chiusi fino all'alba.

Decisi di non muovermi dal letto finché non avessi sentito Holmes chiudere la porta d'ingresso uscendo. Non sopportavo l'idea di affrontarlo.

Non ricordo di essermi mai sentito tanto afflitto come quella mattina. Alla fine, fu la pura e semplice forza di volontà che mi spinse a scendere dal letto e a dirigermi verso l'armadio.

Forse non sarà così brutto come immagini, pensai tra me e me. Dopotutto è di Holmes che stiamo parlando. Quello che ha inciso V.R. sul muro del salotto a colpi di pistola, per amor del cielo. Se c'è un uomo che può comprendere il bisogno di fare il proprio dovere per la patria quello è sicuramente Holmes. Insomma, quando questa sera glielo dirai potrebbe persino non offendersi per questo tuo piccolo raggiro.

Scossi la testa. Non riuscivo nemmeno a imbrogliare me stesso. Se proprio dovevo immaginare che cosa ci riservava il futuro sarebbe stato questo: Holmes con ogni probabilità sarebbe stato furioso con me per il fatto che 'rischiavo la mia vita inutilmente', io avrei detto qualcosa di cui in seguito mi sarei pentito, lui sarebbe ripartito per il Sussex in collera e avremmo finito per non rivolgerci più la parola fino a che io non fossi partito per il fronte. A quel punto ci saremmo sentiti entrambi molto stupidi, e avremmo rimpianto di aver passato queste ultime settimane infuriati l'uno con l'altro invece che godendoci la reciproca compagnia. Potevo vedere questo scenario che prendeva forma sotto i miei occhi come tanti pezzi del domino, e non c'era nulla che potessi fare per impedirlo.

Con un pesante sospiro aprii l'armadio.

E lo trovai completamente vuoto.


Niente camice, calzini, pantaloni, scarpe, colletti, neppure una cravatta. Tutti i miei capi di abbigliamento erano scomparsi durante la notte.

Emisi un gemito. Holmes lo sapeva.

La prima sensazione che provai fu ovviamente sconvolgimento, subito rimpiazzato da rabbia. Come osava? Come osava cercare di controllare la mia vita, le mie decisioni, in maniera così infantile! E tuttavia, nascosta in profondità dietro la rabbia vi era anche un accenno di curiosità. Come aveva fatto a scoprirmi? Da quanto tempo era a conoscenza del mio piano? E come, in nome del cielo, era riuscito ad infilarsi in camera mia durante la notte e a svignarsela con il mio intero guardaroba senza che io me ne accorgessi?

Misi momentaneamente da parte questi interrogativi e cercai di valutare la situazione. Fortunatamente, la sera prima ero talmente in ansia per la mia sorte che non mi ero preoccupato di mettermi il pigiama. Tuttavia questo non mi avvantaggiava granché. Tutto quello che indossavo erano un paio di pantaloni sgualciti e la canottiera che il giorno prima portavo sotto la camicia. Non proprio il tipo di abiti che un uomo indosserebbe per cercare di entrare in un'istituzione tanto pignola sull'abbigliamento quanto l'esercito Britannico. Holmes si era fregato anche le mie scarpe, quindi avrei dovuto andarci scalzo.

Eppure ero determinato, forse persino più di prima. Sherlock Holmes poteva anche essere un'autorità per quanto riguardava i duelli d'astuzia con criminali e truffatori, ma io avevo vissuto con lui più a lungo di chiunque altro. L'avevo studiato approfonditamente e avevo narrato le sue gesta. Ufficiosamente ne ero il maggior esperto a livello mondiale. Se esisteva una persona con una sola possibilità di raggirare l'intelletto del più raffinato detective londinese (in pensione), beh, quello ero io.

Scesi in fretta al piano di sotto e mi diressi con decisione verso la libreria. Sicuramente Holmes mi aveva nascosto il portafoglio da qualche parte, ma forse non aveva trovato... Ha! Esatto. La sterlina che tenevo nascosta tra le pagine del mio diario medico era ancora lì. Mentre lo richiudevo e lo rimettevo al suo posto notai qualcosa sulla mia scrivania

Una lettera.

Mi avvicinai lentamente al tavolo, come se potesse contenere una qualche trappola esplosiva. Anche se lo ritenevo un po' eccessivo per i gusti di Holmes, non si poteva mai sapere che cosa avrebbe attirato il suo bizzarro senso dell'umorismo. Sollevai la busta con cautela. Era proprio da parte di Holmes, e diceva quanto segue:


Mio caro Watson,

sarò di ritorno questa sera alle sei. Sono certo che avremo molte cose di cui discutere. Mi sono preso la libertà di annullare tutti i suoi appuntamenti all'ambulatorio, spero che non le dispiaccia. Il pubblico ama che i suoi medici mantengano un certo livello di professionalità, e dubito che lei sarebbe in grado di darne un'immagine appropriata se insistesse a visitarli in pantaloni e canottiera. Se fossi in lei, passerei la giornata in casa in compagnia di una tazza di tè e di un buon libro.

Cordialmente,

Holmes


Scagliai via il biglietto come se fosse stato un ragno che avevo appena scoperto su una manica. Una tazza di tè e un libro, proprio! Stava deliberatamente cercando di sfidarmi, o aveva dimenticato la mia natura durante tutto questo tempo all'estero? Non m'importava. Se Holmes credeva che qualcosa di tanto triviale come un codice d'abbigliamento potesse impedirmi di fare ciò che ritenevo giusto, si sbagliava di grosso.



1NdT: l'autore si riferisce al racconto “La macchina del tempo” di H.G.Wells, pubblicato nel 1895.

  
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