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Autore: gattapelosa    28/12/2011    3 recensioni
Draco Malfoy è odiato dai Serpeverde perché è un traditore.
Hermione Granger è odiata dai Grifondoro perché è una traditrice.
Entrambi vengono però rinchiusi in quello che è un palazzo babbano insieme ad ex amici e a eterni nemici, perché Voldemort li cerca. Il territorio è neutrale, ma sia le serpi che i grifoni sono pronti a battersi per il dominio...in quello che è un minuscolo spazio vitale, Hermione e Draco vengono continuamente presi di mira per umiliazioni pubbliche e minacce sussurrate. Un solo posto è a prova di intrusi: la soffitta.
Ci sarà posto sia per un grifone che per un serpente?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Buongiorno, questo è il mio nuovo esperimento. Vi avviso che non ho potuto far correggere gli errori grammaticali, mi dispiace. L'Antro delle bestie è un'idea un po' vecchia, ma solo ora ho avuto voglia di scriverla. Tutti i personaggi presenti sono della Rowling, non è morto nessuno (per ora) Remus è vivo, Sirius è vivo, Piton è vivo e perfino Silente. Non che questi avranno un ruolo così importante, eh! Beh, ringrazio chi legge o leggerà questa fiction (vi prego recensite, anche commenti negativi!) e... beh, grazie. 





                                                                             L’Antro delle bestie

 

 

 

 

 

Birned Palace era quanto di più logoro avessi mai avuto occasione di vedere. 

Una palazzina babbana, nella Londra babbana, in uno squallido quartiere babbano

L’intonaco della facciata precipitava a blocchi, qualche vandalo si era dato ai graffiti osceni e di quelle poche finestre non sepolte da tavole di legno i vetri andavano a farsi friggere. 

Io odiavo Birned Palace. 

Per arrivarci non potemmo neppure saltare su una scopa, o prendere la metropolvere o smaterializzarci. No, e neanche riprovare l’Hogwarts Express o qualsiasi altro fottuto treno magico. 

Abbiamo dovuto viaggiare su un treno babbano, su un taxi babbano, con conducenti babbani, in una Londra babbana, sotto precise disposizioni di Silente. 

Intanto Pansy si lamentava, Daphne non osava neanche sedersi, Theodore si puliva freneticamente le mani con fazzoletti magici e Blaise...Blaise faceva il Blaise, punto. 

Margaret Parkinson, madre e martire di Pansy, cercava di risollevare la situazione con battute ironiche e falsi sorrisi, facendo solo incazzare ancor di più sua figlia. 

Dopo un viaggio tanto sofferto finalmente eravamo giunti a Birned Palace e giuro, giuro che rimpiansi con ogni fibra del mio essere il treno babbano. 

Quella...cosa di mattoni era alta una decina di piani e sicuramente sarebbe crollata a breve, con me dentro.

Orrore.

- Ma questo posto è disgustoso.- disse subito Pansy.

- Lo so tesoro, ma Silente...

- Mamma, non ora! Quel..quel...vecchiaccio di un preside ci ha rifilato una palazzina vomitevole! Non ha scusanti! Voglio tornare a casa!

- Occhio Pansy, se piangi ti cola tutto il mascara.- Daphne non aveva mai avuto tanta forza di volontà, ma era appena stata rifiutata da Teo perché troppo codarda, cercava solo di rimediare lasciandosi dietro capricci e vizzi bambineschi per darsi un’aria più matura. 

Sicuramente soffriva quanto tutti noi. 

Solo Blaise, forse, non ci stava male. 

Quel ragazzo era una concentrazione di pazienza, sopportazione, forza e maestosità; sembrava sempre stare un gradino più in alto rispetto a tutti gli altri...eppure mi odiava. 

Mi odiava quanto mi odiavano Teo, Pansy, Daphne e tutti i Serpeverdi, quanto mi odiava mio padre, quanto mi odiava Voldemort. 

- E’ ora di salire. Vi prego di non mostrarvi per i soliti intolleranti, Potter e gli altri sono qui anche per giudicarci...- Margaret stessa non credeva in quanto detto. 

- Cosa ce ne frega a noi di cosa pensano?

- Ne va della nostra vita. E’ Silente a darci protezione, ma se ai Weasley o a Potter facciamo saltare i nervi non so se potremo godere di tutta questa magnanimità. Provate a comprendere la situazione. 

- A me non importa niente.- prese allora parola Theodore - Non me ne frega di quei quattro idioti. Io dovrei essere a Riddle Castle, con mia madre e mio padre, a combattere per il Signore Oscuro.

- Non dirlo neanche per scherzo! Tuo padre mi a chiesto di condurti in salvo e ha perfettamente ragione. Voldemort vi vuole morti, tutti. Esattamente come vuole morti quelli che ora conviveranno con voi. Siamo in territorio neutrale, ragazzi. Non prevalgono ne i grifoni ne i serpenti. Non lamentatevi, potevamo andare dai Wealsey.

Come prospettiva non allettava nessuno, vero, ma Birned Palace faceva altrettanto schifo. 

Per quanto accaduto non potevamo certo aspettarci nulla di meglio, già sapevamo della convivenza forzata e la cosa non ci piaceva affatto. Quanto sicuramente non piaceva a loro, comunque. 

Margaret pigiò un tasto vicino alla porta su cui stava scritto “MacLegor”, non che esistesse qualche MacLegor a Birned Palace, si trattava di una copertura. 

- Chi è?- gracchiò il citofono. 

- Noi...ehm...siamo quelli che consegnano la pizza.

Questa era la “parola d’ordine” che Silente aveva scelto per noi. 

Tanto per darci alla babbaneria ancor più di quanto già stavamo facendo...consegnatori di pizze! E poi che era la pizza?
Di tempo per lamentarsi loro ne ebbero parecchio: nessuno sapeva far funzionare l’ascensocoso e dovemmo prendere le scale. Io stavo in silenzio, non era salutare, per me, parlare.

Fu una scalata intensa, poiché l’appartamento di MacLegor era proprio all’ultimo piano. Per quei minuti necessari a raggiungere la nostra nuova casa Pansy parlò, e si lagnò, e gridò, e si lagnò ancora (perché lei si lagnava sempre). 

All’ultimo piano di Birned Palace c’erano tre appartamenti: sulla porta del primo vi era una ghirlanda natalizia - nonostante fossimo ad Ottobre- e sull’altra la scritta a caratteri cubitali “ Università pallosa, noi ce ne restiamo a fare le mummie” poi non ne capivo neanche il senso. 

Da quella porta però proveniva una musica vertiginosamente alta e ritmata. 

Il terzo era di “MacLegor”, quindi nostro e degli amici grifoni. 

La porta si aprì con un cigolio e la noiosissima faccia di Remus Lupin ci invitò ad entrare.

- Ma guarda un po’ chi sono arrivati, le serpi.- ci salutò Potter, seduto sul divano con Weasley Femmina e Weasley il Re. 

Il salotto era davvero male arredato. Che fine avevano fatto i mobili d’epoca, i tappeti vistosi e i quadri parlanti?

No, lì c’erano solo due sporchi divani, un tavolino con tanto di tovaglia a fiori, uno di quei cosi babbani studiati a scuola con le immagini in movimento, due finestre che davano sulla Londra babbana, poi c’era un corridoio su cui già dall’ingresso potevo vedere attraversato da tre porte dal lato destro. 

- Buongiorno anche a te, Potter.- salutò Theodore. 

- Buongiorno a tutti. Scusate se ci abbiamo messo tanto, i treni babbani sono spaventosamente ritardatari.- spiegò Margaret, con aria fintamente serena. 

Dalla prima delle tre porte uscì mamma Weasley, attirata dal rumore, con grembiule e mani infarinate. 

Doveva star cucinando.

Lei sorrideva, ci invitò ad accomodarci, sembrava una Margaret in rosso, buona e gentile nonostante ci detestasse. 

- Avete fatto buon viaggio?

- Oh sì, è stato perfetto. Siamo anche arrivati giusto in tempo per la cena. 

- Sto preparando una semplice spaghettata, spero non vi dispiaccia. Beh, per ora qui siamo solo io, Remus e i ragazzi, mio marito è andato a prendere Piton, ma credo che resteranno qui solo per qualche giorno. Adesso Sirius deve portarci Hermione, ma lui scapperà subito. Che altro...ah sì, le vostre stanze. Ron caro, porta Blaise, Theodore e Draco nella loro camera e tu Ginny fa vedere alle ragazze dove dormiranno. 

I due fratelli si alzarono di malavoglia. 

Il rosso ci fece segno di seguirlo per il corridoio che conteneva sì tre porte dal lato destro, ma ben quattro da quello sinistro. 

Lui arrivò alla terza a sinistra mostrando a noi tutti quella che non era certamente una stanza.

Doveva essere stato un piccolo guardaroba, poiché vi ci stavano appena due letti vicinissimi tra loro. Era sporco, buio e come tutto là dentro sapeva di muffa. 

Che orrore.

- Due di voi dovranno dormire insieme, o in caso nell’armadio c’è posto per una persona, ma è davvero una posizione squallida. 

- Dì un po’ Weasley è uno scherzo, giusto?- chiese Theodore squadrando con occhi orripilati lo stanzino. 

- No, purtroppo per voi è tutto vero. Non crediate che siamo ridotti meglio, io e Harry dormiamo in un ripostiglio che è la metà di questa stanza, in realtà questo appartamento ha solo due camere, una è stata data a mia madre, alla Signora Parkinson e a mio padre, l’altra a Piton, Remus e Sirius se deciderà di restare. Anche quelle camere sono state ristrette per far posto alla stanza in cui dormono le ragazze. 

- Cioè, fammi capire bene, io devo dormire qui dentro?

- Esattamente. 

- Oh no, te lo scordi! - Theodore era fuori di sé, come pure io, anche se solo Teo poteva permettersi eccessi di rabbia. 

Sia lui che Blaise stavano andando incontro a Margaret per porgere lamentele, quando Pansy gridò.

Corremmo loro incontro, trovandola dinnanzi una piccola stanza poco distante da quella che spettava a noialtri. Era grande tanto quanto la nostra.

Pansy piangeva e gridava, Daphne si conteneva a stento, mentre Ginevra Weasley masticava una gomma. 

- Cos’è questa cosa?

- E’ la tua nuova camera.

- Non posso dormire là dentro! Mamma!- ma Margaret non poté fare nulla. 

Potter stava già ridendo sul divano e a breve prese a farlo anche l’amico rosso. 

- E’ davvero molto piccola.- constatò la madre di Pansy. 

- Non abbiamo potuto fare di meglio, scusate. Chiamare architetti magici non ci sembrava proprio il caso, così abbiamo solo aggiunto questa stanza restringendo le nostre. Come i ragazzi avranno potuto notare anche le loro sono molto piccole.

- Sì mamma- prese parola la Weasley Femmina - ma loro sono in tre, noi invece in quattro. 

- Quattro? Addirittura quattro? Mamma!- Pansy ormai aveva preso a sbattere prepotentemente i piedi sul pavimento.

- Sì, io, te, la Greengrass e quell’altra. Magari riusciremo a cacciarla. 

- Ginny! Ma cosa stai dicendo?- esclamò scandalizzata sua madre. - Come puoi parlare di Hermione in questo modo?

- Lei si merita questo e altro. Dico bene Harry?

- Verissimo. E’ solo una traditrice. 

Sollevai di colpo il capo.

Come poteva San Potter parlare così della mezzosangue sua amica? Come poteva Ginevra Weasley darle della traditrice? Che cosa mi ero perso?

Cosa aveva fatto di tanto grave la brillante sanguesporco cocca della MacGranitt? 

Mi ritrovai a sorridere perché, a quanto sembrava, non ero il solo “traditore” a Birned Palace. 

- Harry! Non parlare così di quella povera ragazza! 

- Povera ragazza? Le ci ha traditi!- esclamò il rosso. 

- Ha fatto solo quello che credeva giusto. Silente stesso si è dichiarato d’accordo, non vedo come possiate voi giudicare Hermione in questo modo!

- Non è solo per quella storia, mamma. E’ per tutto quello che ha fatto. Non è più la ragazza di cui mi ero innamorato. 

Il silenzio venutosi a creare venne smorzato dalle risatine di Theodore e dal suono del campanello. 

Remus Lupin si avvicinò al citofono. 

- Chi è?- lo sentii chiedere, poi aprì.

- Sono arrivati, stanno salendo.

Ginevra e Potter si fecero d’improvviso più rigidi, il fratello rosso s’incazzò ancora un poco.

E così stava tornando la traditrice. Cos’aveva mai fatto per far arrabbiare in questo modo i suoi amici? Loro, che erano un trio dal primo anno ad Hogwarts. 

Probabilmente qualcosa di ancor peggiore rispetto a ciò che avevo combinato io, o forse i grifoni non erano così tolleranti come volevano far credere?

Daphne e Theodore si allontanarono dalla porta per assistere al tutto come spettatori. Era tutto così...intrigante. Stavamo per assistere a un litigio tra i membri del magico trio. 

Quando la porta si aprì entrarono in casa la Granger e quello che doveva essere Sirius Black mio...zio di secondo grado? Terzo? Mah. Probabilmente non eravamo nemmeno parenti, nonostante portasse il cognome di mia madre.

Quella che più mi stupì fu proprio la mezzosangue. 

Era la solita: capelli indomabili, vestiti da suora, ma aveva gli occhi spenti. 

Come quelli che ogni giorno vedevo riflessi nello specchio. 

Lei mi squadrò un secondo, poi chinò il capo e si richiuse la porta alle spalle. 

- Che ci fai tu qui?- Piattola Weasley le si avvicinò- Non sei più la benvenuta.

- Ginny!- esclamò Mamma Weasley.- ritira subito quanto detto.

- Lei ha ragione. Vattene.

- Harry!

- Tornatene da dove sei venuta!

- Ron! Dio mio, smettetela subito! 

- Va tutto bene Signora Weasley, io...non importa. Per favore, voglio solo sapere dove dormirò. 

- Ma certo cara, da questa parte.- la rossa condusse Hermione Granger nella stanza in cui lei, Daphne, Pansy e Ginevra avrebbero dovuto dormire. 

Non si lamentò, se disse alcunché, come feci prima io. 

Entrò senza battere ciglio e posò il suo bagaglio sul letto.

- Quello è il mio.- disse subito Pansy. 

Lei si spostò.

- E quello è il mio.- Daphne si avvicinò alla ragazza mora, come per spalleggiarla. 

- Dove dormo io?

- In strada.

- Ginny! Perdonala cara, se i letti sono occupati temo dovrai dormire su quell’amaca. 

Lei non rispose, posò la borsa sul pavimento e si arrampicò su per l’amaca. Chiuse gli occhi e finse di dormire.

Ginevra sbatté il portone e si allontanò, affiancando Potter sul divano. 

Sua madre aveva un’aria dispiaciuta, ma no rimproverava più i suoi figli, che forse quanto fatto dalla mezzosangue avesse offeso anche lei?

Ci invitò a girare per la casa.

In ordine, le tre porte del lato desto comprendevano una cucina e due bagni, quelle sinistre le tre camere. 

Sulla cima vi era una botola che, a quanto dissero, era la soffitta. 

Ci mostrarono un po’ com’era fatta, ma vi regnava un tale casino che nessuno volle entrarci. Là su quella puzza di muffa prendeva un fetore rancido. 

Alla fine ciascuno di noi si rassegnò alla prospettiva di dover passare chissà quanto in quei settanta metri cubi di casa, in compagnia di amici, nemici e conoscenti, in una lotta eterna. 

Quando fummo richiamati per cena era già passata mezz’ora. 

La cucina non poteva certo contenere un tavolo con tredici posti a sedere, vi era spazio appena per quattro. Quelli che poterono accomodarsi furono quindi Potter, Lenticchia, Piattola, Daphne, Pansy, Theodore e Blaise, stretti come fossero sardine. 

Remus Lupin, Sirius Black, Margaret Parkinson e Molly Weasley erano andati sulla terrazzina, al gelo. La Signora Weasley mi consegnò un piatto di pastasciutta, calda, buona, ma che non potei godermi. 

Tutti mi guardavano come fossi la peggiore bestia del mondo. 

Quando la Granger entrò in cucina, fu trattata forse peggio.

Nessuno di loro aveva le palle per gridarmi dietro, ma chi si piegava dinnanzi alla mezzosangue? Nessuno.

Non appena la Signora Weasley le consegnò la sua razione di spaghetti e si allontanò in terrazza, Ronald le fece lo sgambetto.

Cadendo spaccò il piatto e sparse il suo cibo per tutto il pavimento. 

- Gli animali è così che mangiano, da terra. 

Tutti iniziarono a ridere come se fosse appena stata pronunciata la battuta più esilarante dell’anno, io pure mi trattenni a stento, ma tanto casino aveva attirato l’attenzione dei grandi.

- Che cosa sta succedendo? Hermione! Che cosa è accaduto, ti sei fatta male?

- Non è successo niente. Ora raccolgo. 

- Non essere sciocca, un semplice gratta e netta sarà più che sufficiente per rimuovere tutto, lascia fare a me. Vuoi un altro piatto di...

Ma ormai la Granger era andata lontano. 

Non mi sarei certamente stupito se non l’avessi più rivista, fossi stato in lei avrei già preso orgoglio e bagagli per tagliare le cuoia. 

E così mi lasciò solo, vittima di sguardi indiscreti certamente non consoni al mio essere purosangue. 

Non ebbi nemmeno il coraggio di terminare quanto avevo nel piatto. Abbandonai tutto lì, perché ormai non ne voleva proprio la pena. 

Me ne tornai strisciando in camera, dove sapevo di non poter pretendere un letto, accontentando il mio essere così dannatamente vile con una dormita nell’armadio.

Non avevo altri vestiti se non quelli che indossavo, ne altri averi che un braccialetto regalatomi da mia madre, su cui spiccava il simbolo del casato. 

Non quello dei Malfoy, bensì lo stemma dei Black. 

Dio, quanto mi mancava mia madre. Cosa avrei dato per tornare indietro? 

Prima, quando Voldemort non aveva ancora tanto potere su mio padre e tanta suggestione verso la mia famiglia. Quando ero un bambino viziato, sì, ma felice. 

Quando mi rispettavano, quando mi adulavano, quando non dormivo in armadi muffosi di case babbane.

Quando non c’era niente, ma proprio niente di me che mi ricordasse una mezzosangue.  

 

 

 

Scusate ancora per i probabili errori (o orrori) grammaticali. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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