XIV
Lontano da me
I due anni che
seguirono alla nascita di Élfwine furono tranquilli e allegri. Disse la sua
prima parola compiuta a undici mesi: con mio sommo sconforto non fu né ‘madre’
né ‘padre’, ma ‘wine’, termine con cui indicava i cavalli, i Cavalieri e
sé stesso, per poi comprendere tutto ciò che gli risultava gradevole o
suscitava in lui interesse. Così, in
breve mi ritrovai ad essere anch’io un ‘wine’, dato che mio figlio non
faceva alcuna distinzione linguistica fra me e Zoccofuoco, suscitando l’inestinguibile
ilarità di Éomer.
“Wine?”
chiamava ogni tanto mio marito, e appena mi giravo scoppiava a ridere. La pace
ormai stabile e le ottime condizioni del Mark avevano reso Éomer decisamente
meno cupo e ombroso: il suo carattere brusco e impetuoso non era cambiato
affatto, ma sorrideva e scherzava molto più volentieri.
Élfwine crebbe
forte e vivace, con una luminosa chioma bionda e grandi occhi grigi che mi
ricordavano il mare in quelli di mio padre. Lo chiamavo Lauredol, Testadorata,
in Sindarin. Tutti gli erano affezionati, perfino i vecchi Cavalieri burberi e
scontrosi sorridevano quando lo vedevano passare, incespicando sulle sue
gambette paffute, mentre giocava con Elfkral.
La Terza Era era
terminata il ventiquattro marzo 3021, appena sette giorni dopo il mio
compleanno: l’alba del venticinque si era levata sul primo dì della Quarta Era.
Il conto degli anni non ripartì da capo, quindi l’anno in cui la mia pace fu
seccamente interrotta era il 3024.
“Il Mare di Rhûn!”
strillai. “Tu non puoi andare a guerreggiare nelle terre oltre il Mare di
Rhûn!”
Stellagrigia
sbuffò, irritata dalle mie urla improvvise.
“Non posso
rifiutare il mio aiuto ad Aragorn.”
Éomer diede una
carezza distratta al suo destriero. Eravamo usciti per una breve passeggiata a
cavallo, stavamo trottando tranquillamente sulle colline intorno a Edoras
quando Éomer aveva annunciato la sua imminente partenza.
“Stai dicendo sul
serio?” mormorai stupefatta. “Te ne andrai?”
“Non starò via a
lungo. Mancherò da casa al massimo per due o tre anni.”
“Due o tre anni?”
la mia voce crebbe di tono. “E cosa farò io? E Élfwine, crescerà in un
accampamento militare? Tu non andrai alla guerra, per Eorl! E poi, che bisogno
c’è di combattere laggiù, ai confini del mondo conosciuto? E se anche preme
tanto a Re Elessar, che dovere hai tu di aiutarlo? L’esercito di Gondor è
forte. Inoltre, il Mare di Rhûn
è lontanissimo! Solo arrivarci è un’avventura! Ma cosa vi è saltato in testa, a
te e al tuo amico belligerante?” ripresi fiato fissando mio marito, il quale,
con mio grande dispetto, rideva.
“Che c’è di
divertente?” dissi offesa.
“Il tuo modo di
parlare” rispose Éomer. “E’ davvero divertente sentirti dire ‘per Eorl’ o
chiamare ‘il tuo amico belligerante’ il Re di Gondor.”
“Non prenderti
gioco di me!”
“Ascolta, Lothi.”
disse Éomer, adesso serio. “E’ mio dovere partecipare a questa guerra, a meno
che non sia impedito da eventi di forza maggiore o da una disastrosa condizione
del mio regno. Poiché adesso il Mark è prospero e ricco e la pace è sovrana nelle
mie terre, ritengo di poter partire e di poter portare con me il mio esercito.”
“E che ne sarà di
me e Lauredol? Verremo con te, non è vero?” nel momento stesso in cui posi la
domanda, conobbi già la risposta.
“No. Un viaggio
così lungo è troppo pericoloso per nostro figlio, e le terre straniere al di là
del Mare di Rhûn non sono il luogo adatto a una Regina e un principe. Tu
resterai qui e regnerai in mia assenza.”
“Regnerò?”
“Farai tutto ciò
che mi compete in tempi di pace.” Ero strabiliata: non credevo che Éomer avesse
così tanta fiducia in me da lasciarmi guidare il Mark.
“Se io non dovessi
tornare” aggiunse con raggelante noncuranza “Avrai la reggenza fino alla
maggiore età di Élfwine.”
Tornata a casa, mi
precipitai nella camera d Eowyn, divenuta ormai il mio rifugio. Sentivo la
tristezza montare come la marea, mescolata a rabbia cocente e furiosa
impotenza. Perché Éomer mi faceva questo? Perché doveva andare, star lontano
per anni? Che mandasse qualcun altro come comandante del suo esercito. Ma sapevo,
nel profondo del cuore, che Éomer non era spinto solo dal dovere. Mi accorgevo
del suo sorriso feroce e luminoso quando impugnava la spada, del piacere che
provava a esercitarsi con i suoi soldati, sconfiggendoli, poiché lui era
giovane e forte. Avevo un lieve sentore dell’ombra che aduggiava il suo cuore,
il timore di invecchiare senza accorgersene, scoprire un giorno di non essere
più in grado di uccidere un Orco con un semplice fendente, la giovinezza
passata senza più imprese gloriose dopo quella che era costata la vita a suo
zio e aveva messo a rischio quella di sua sorella.
“Lauredol, vieni”
chiamai con le lacrime agli occhi. “Vieni a salutare tuo padre.” Mio figlio
corse verso di noi con quella sua andatura incerta e traballante. L’esercito si
era riunito a Dunclivo, e io e Élfwine l’avevamo seguito, per recare l’ultimo
saluto ai Cavalieri. Con Éomer partivano Elfhelm, Maresciallo della Marca
Orientale ed Erkenbrand, Maresciallo della Marca Occidentale, Léothod,
Derfalec, i Signori di Clivovalle e Dunclivo. Gamling sarebbe rimasto a Edoras
come Primo Maresciallo in assenza del Re, e avevo ordinato a Elfkral di non
partire, sebbene fossi consapevole che lui lo desiderava ardentemente.
Élfwine raggiunse
le mie ginocchia e io lo presi in braccio.
“Guarda tuo padre,
Lauredol,” singhiozzai “Guarda com’è bello nella sua armatura, guarda come lo
rende felice la guerra.” Mio figlio si sporse verso Éomer, a toccarne il petto.
“Wine” disse
convinto, guardando da sotto in su il viso del padre. Non capii se ‘wine’ in
quel momento era Éomer, che spesso veniva chiamato così dal figlio, o la sua
corazza scintillante.
“Addio, figlio
mio.” disse Éomer, con voce triste ma decisa. “Non puoi seguirmi dove sto
andando, ma ti prometto che tornerò presto.”
“Wine va?” chiese
Lauredol. “Lontano?” aggiunse spalancando gli occhi color del mare in tempesta.
“Wine va molto
lontano, tesoro mio.” dissi stringendomi Élfwine al petto.
“Tornerò prima di
quanto non pensiate.” ribattè Éomer. Mi prese Lauredol dalle braccia e lo
depose a terra, poi si inginocchiò davanti a lui e gli mise le grandi mani
sulle piccole spalle fragili. “Tu sei il mio erede, Élfwine Lauredol. Se io non
dovessi tornare, hai il compito di proteggere questa terra e il suo popolo. Mi
capisci, figlio mio?” Il sole brillava sulle loro chiome così simili,
tracciando per terra le due ombre, l’una del grande Cavaliere, sovrano di un
popolo spietato, e l’altra del bambino che a stento parlava, erede predestinato
e inconsapevole.
“Wine non va”
piagnucolò Élfwine.
“Tornerà,
Lauredol.” promisi. Mio marito si alzò e mi baciò con forza. “Addio, Lothíriel.” disse sciogliendosi dolcemente
dall’abbraccio. “Abbi cura di nostro figlio.”
Montò a cavallo e
prese in mano le redini. Élfwine, che non aveva alcun timore di quelle grandi
creature, corse sotto la pancia di Zoccofuoco e si aggrappò al suo zoccolo.
“Wine non va, non
volio!”
Éomer sorrise,
scese dal suo destriero e prese in braccio il figlio, per risalire a cavallo
con lui. “Sarai un glorioso Signore del Mark, Élfwine Lauredol! Corri,
Zoccofuoco, mostra al tuo principe cosa siano i cavalli del suo regno!”
Zoccofuoco si impennò, e io tremai, anche se vedevo che Éomer teneva ben
stretto il bambino. Il cavallo corse fino all’estremità dell’accampamento e
tornò indietro in un attimo. A quel punto, mio marito depose Élfwine a terra, e
dopo aver urlato un ultimo saluto, raggiunse la sua posizione in testa
all’avanguardia e partì al galoppo, seguito dal suo esercito. Lauredol rimase
seduto là dove il padre lo aveva deposto mentre l’esercito gli sfilava accanto,
avvolto dalla polvere, fino a che l’ultimo Cavaliere non fu passato. Allora,
Calfwen lo sollevò e gli diede qualche pacca affettuosa sul pagliaccetto.
“Non sta bene che
un principe sia così sporco, piccolo signore! Alle belle principesse i bambini
polverosi non piacciono, non lo sai, Lauredol?” la balia, a un mio cenno, mi
porse Élfwine, e io lo strinsi contro di me, nascondendo il viso nella sua
chioma dorata perché le altre donne non mi vedessero piangere.
“Wine è andato,
made?” non prestai nemmeno attenzone al fatto che mio figlio mi avesse chiamato
‘madre’ e non wine come faceva di solito.
“Si, tesoro mio. E’
partito.” L’inconsolabile pianto di Lauredol si confuse con il mio.
Non avrei rivisto
Éomer per tre anni.
“Torniamo a casa.”
dissi la mattina dopo, al primo levarsi del sole. Non sopportavo di rimanere
lì, dove Éomer mi aveva lasciato, preferendo la guerra a sua moglie e a suo
figlio. “Elfkral, fa’ in modo che tutti siano pronti per partire al mezzodì.”
ordinai.
“Si, mia signora.”
Il giovane uomo si allontanò gridando ordini.
“Calfwen, mio
figlio dorme ancora?” chiesi alla balia.
“Si, mia signora.”
“Sveglialo, vestilo
e portalo da me. Partiamo.”
“Subito, mia
signora.”
Uscii dalla tenda e
mi diressi, non vista, verso il margine dell’accampamento. Ripensai a quando,
una fredda mattina di primavera di tre anni prima, ero ugualmente scivolata via
dalla tenda e avevo aspettato mio padre sulla cima di un poggio, terrorizzata
dal futuro che l’alba annunciava. Come ero diversa allora! Non ero più di una
bambina. Eppure, non era passato molto tempo. Ricordai Éomer come l’avevo visto
la prima volta, e la paura che mi incuteva i primi giorni del nostro
matrimonio. Avevo imparato ad amarlo, e a temerlo di meno, avevo imparato a
vedere al di là dei suoi modi bruschi e delle sue parole a volte rudi. A cosa
era servito tutto questo? Solo a soffrire di più adesso, come non avrei
sofferto se fossi rimasta solo l’alleata in un matrimonio politico.
“Lothíriel?” la voce buona e roca di Melange mi
risvegliò dai miei pensieri.
“Se n’è andato.”
Riuscii solo a dire.
“Tornerà, mia cara.
Vedrai, tornerà, sporco di sabbia e sangue, stanco di combattere, desideroso di
pace. Tornerà e ti chiederà perdono.”
“Non so se lo
merita.”
“Forse no, ma
sicuramente sarai felice di concederglielo. Credimi, ne so qualcosa, Gamling ha
combattuto tante guerre in quei tempi bui, quando eravamo giovani. Ti ha
lasciato il regno e suo figlio, le cose certamente più care per lui.”
“E se non dovesse
tornare? Se dovesse cadere? Cosa ne sarà di me allora? Non credo che riuscirei
a regnare fino alla maggiore età di Lauredol.”
“Non sono convinta
che la tua preccupazione sia davvero quella che mi dici, Lothíriel. Io penso invece che tu sia angosciata
per la sua sorte, per il dolore che soffrirà, per le ferite e gli stenti che
dovrà passare.” Mi morsi il labbro inferiore, senza guardare Melange, perché
aveva perfettamente compreso il mio animo.
“Non sono costretta
ad amarlo, capisci, Melange? Basterebbe che non mi ribellassi al suo volere.
Quando ho accettato di sposarlo, non pensavo che l’avrei mai amato. E invece
si, per Eorl! E invece lo amo, per quanto sia scortese e impulsivo. E in questo
momento non vorrei amarlo, poiché mi ha dato un grande dolore con la sua partenza.”
Trattenni i singhiozzi dentro di me, perchè non volevo mostrarmi debole davanti
a Melange, che stimavo tanto.
“Povera Regina!”
mormorò la mia amica, e mi abbracciò. Io nascosi il viso sulla sua spalla e
finalmente piansi.
“Qualche volta
vorrei che mia madre fosse qui” singhiozzai. “Mi sento così piccola e sola.”
“Piangi pure, mia
cara piccola” disse dolcemente l’anziana donna. “Non c’è tua madre qui, ma ci
sono io.”
“Calfwen, prendi
Lauredol e portalo a letto.” ordinai. Eravamo ormai giunti ad Edoras, Élfwine
dormiva placidamente su Stellagrigia. La città era silenziosa e triste, le
donne erano rientrate presto in casa dopo la partenza degli uomini. Dopo aver
ordinato che mi fosse portata una cena veloce mi ritirai in camera. Avevo
bisogno di un conforto, qualcosa di allegro che mi tirasse su il morale. Mi
sedetti con cautela sul mio lato del letto e frugai nel mucchio di carte sulla
sedia, fino a trovare la lettera che cercavo. Recava lo stemma di Dol Amroth,
ormai logoro per tutte le volte che l’avevo aperta e letta.
12 Aprile 3024, Dol Amroth
Cara Lothíriel,
come stai?
Ci ha reso davvero molto felici avere tue
notizie. Noi stiamo bene, a parte che Mathrel è stata sgridata aspramente da
nostro padre perché l’ha sorpresa con lo scudiero Cenhed - te lo ricordi? - e
quindi lei ha pianto un poco.
Il racconto delle tue imprese è stato
stupefacente, avresti dovuto vedere com’era fiero nostro padre. Nostra madre
invece era piuttosto spaventata. Adesso il popolo parla di te come ‘la
principessa condottiera’, suppongo sia
stato Fetrales a spargere la voce per tutta la città.
Ma ardo di curiosità verso mio nipote!
Élfwine Lauredol dev’essere un bambino meraviglioso. Mathrel asserisce che se
somiglia al padre non può essere che molto affascinante, io ripeto che lo sarà
soprattutto se assomiglia a te. Non vediamo l’ora di conoscerlo, e con noi
tutta Dol Amroth, per non parlare dei nostri illustri genitori: nostra madre ha
pianto di commozione quando ha letto la tua missiva, nostro padre vuole
assolutamente vedere il suo primo nipote. Si mostrano molto fieri di te, ma
sono dolenti di non esserti vicino in questo importante avvenimento.
Devi venire presto a trovarci, e hai
l’obbligo di portare con te mio nipote. Manchi moltissimo a tutti, Irahel non
fa altro che parlare di te ultimamente, ha deciso che chiamerà sua figlia Lothíriel.
Lei continua a essere la beniamina della città, il popolo la adora. Quando va a
passeggio con le dame di compagnia per le vie saluta tutti, e perfino i vecchi
scontrosi le si inchinano con un sorriso. Lamrai ha deciso di istruirla
personalmente, ma Irahel è troppo irrequieta per studiare come fa lei. A
proposito, Lamrai si è fidanzata! Il prescelto è il figlio di Maden, il
cavaliere del Gabbiano Dorato. Il ragazzo si chiama Madlon, è un giovane molto
colto. Si sono conosciuti in occasione della festa data in occasione del
cinquaquattresimo compleanno di nostro padre, il quale ha dato subito la sua
approvazione. Probabilmente sarà lei la seconda di noi a sposarsi, sebbene
abbia adesso solo vent’anni. Io mi sento quasi vecchia, a vederla progettare il
suo matrimonio! Chi l’avrebbe mai detto, che mi sarei sentita anziana a
ventiquattro anni.
Ripeto, devi venire a trovarci presto, fare
sempre la sorella maggiore è piuttosto faticoso. E poi, dimenticavo, devi
assolutamente vedere quanto è cresciuto Fetrales! Ormai è alto come nostro
padre, e si dà un sacco di arie da uomo adulto, sebbene sotto sotto sia ancora
un ragazzino e corra dietro alle lucertole con Irahlel.
Infine, io sto bene, anche se mi manchi
tantissimo. La mia vita non è ricca di avventure come la tua, ma mi trovo
comunque sempre occupatissima, con mille piccole incombenze che non cessano mai
di stupirmi e di divertirmi.
Auguri per il tuo compleanno, anche se
probabilmente sarà già passato quando la lettera sarà arrivata.
A presto, mia cara sorella maggiore.
Con tutto il mio affetto
Imhlen
Figlia di Imrahil, Principessa
di Dol Amroth
P.S Allego a questa mia missiva i biglietti
che tutti hanno scritto personalmente, sebbene tutte le nostre sorelle e
Fetrales abbiano partecipato alla stesura della stessa e ti mandino i loro più
cari saluti.
Lentamente, tirai
fuori il plico, legato con un nastro blu, contenuto nella busta insieme alla
lettera di Imhlen. Aprii a uno a uno i brevi messaggi.
Cara Lothi, ci manchi tanto! Sai che lo
scudiero di nostro padre mi ha regalato un gattino? E’ bellissimo. L’ho
chiamato Lauredol, perché è giallo. Fetrales ride dei gatti gialli, non è
carino da parte sua. Così ho un Lauredol anch’io, come te hai il tuo bambino!
Spero che tu stia bene e di rivederti
presto. Forse adesso sono alta quanto te!
Baci
Irahlel
Figlia di Imrahil, Principessa
di Dol Amroth
Cara sorella, come stai? Spero tanto di
venire a trovarti a Rohan. Dev’essere una terra meravigliosa, e nostro padre ha
promesso che presto potrò trascorrere un periodo di addestramento fra i
valorosi Cavalieri del Mark. Ora che mio nipote è l’erede al trono, non posso
certo mancare di vederlo. Mi è stato detto della guerra su al Mare di Rhûn, vi
parteciperò anch’io al seguito di nostro padre, e magari conoscerò tuo marito
Éomer. A presto, cara Lothíriel.
Con affetto
Fetrales
Figlio di Imrahil, Principe
ereditario di Dol Amroth
Diletta Lothíriel, spero che le stelle
brillino sempre sul tuo cammino. Come ha scritto Imhlen, mi sono fidanzata,
spero che tu possa essere qui per il mio matrimonio. Pensa che il mio promesso
sposo ha una biblioteca immensa, abbiamo passato due giorni a decifrare
un’antico documento che narra della fondazione di Gondor. E’ davvero di valore
inestimabile! Te lo mostrerò quando verrai.
Abbracci
Lamrai
Figlia di Imrahil, Principessa
di Dol Amroth
Carissima Lothi, come stai? Mi manchi
tantissimo. Imhlen è un po’ troppo severa come sorella maggiore. Scherzo! Ma
vedi di scrivere di più, che quando arrivano le tu lettere i nostri genitori
diventano improvvisamente molto più buoni e permissivi. Imhlen ti ha raccontato
della mia disavventura con Cenhed, adesso è tutto passato, ma ho un’intesa
speciale con un giovane nobile che probabilmente andrebbe anche bene a nostro
padre…Spero che tu venga presto, non vedo l’ora di raccontarti tutto.
Bacioni
Mathrel
Figlia di Imrahil, Principessa
di Dol Amroth
Anche se la
richiesta di una visita era pressante, non sarei potuta andare a Dol Amroth
fino al ritorno di Éomer. Il regno gravava sulle mie spalle, e non potevo certo
mollare tutto e rifugiarmi a Dol Amroth per qualche mese.
Ciao a tutte
(tutti?)
Come sempre mi
devo far perdonare l’attesa, ma come regalo di natale e capodanno vi ho
condensato due capitoli in uno lunghissimo...forse è un po’ spezzato nel mezzo,
ma pace.
Non so se farò
qualche puntantina verso il Mare di Rhun oppure scriverò solo della nostra
povera regina; comunque nel prossimo capitolo arriverà un personaggio nuovo (?)
a corte.
Sempre grazie
mille a tutte le carissime ragazze che mi scrivono recensioni (il verbo
‘recensire’ è orribile da coniugare...recensiscono...ma che razza di parola
è?!): Destiel_Doped, Thiliol, Sesshy94, Elfa, Black_Moody, Arena,
Thegreenminstrel,_ Gilestel_ e lexis.
Un bacio e
auguri di Natale (in ritardo...) e anno nuovo!
Elothiriel