Capitolo
10 - Dalla padella alla brace parte 3
- A Thousand Suns
Frutto
dell’eden. Quell’oggetto magico, il solo, che
può dare agli assassini una vittoria certa o decretare la
loro morte è sempre
stato nelle mie mani… Fisso Mon’rarn intensamente,
come fosse la prima volta
che la vedo ed in effetti lo è, è
la prima volta che vedo ciò che è
realmente.
- Ti sei incantato?- Mi domanda Selena riportandomi alla
realtà. Le rispondo
con un banale no che in realtà cela un si. Lei riprende il
discorso
chiedendomi se può togliere il gesso che mi blocca
il braccio
sinistro. Preso dall’inaspettata rivelazione, me ne
sono completamente
scordato. Tolti strati su strati di fasciature Selena mi fa
fare qualche
esercizio banale per vedere se non ho problemi. Nemmeno un
piccola fitta
mi colpisce, ma Selena da esperta e da persona protettiva quale
è mi consiglia,
e consiglia nella sua lingua significa ti ordino, di non sforzare
troppo il
braccio. In quell’ istante vedo Lele tornare con
una cassa di legno molto
impolverata. Quando la apre, aziona che esegue come se costudisse la
cosa più
preziosa del mondo, lo vedo estrarre da essa due armature diverse una
dall’altra. La prima è di un colore blu intenso
che si mescola con un onice
dorato romano, non adatta ad un adulto ed è
costituita da un tessuto
leggero, ma resistente blu scuro che agisce come protezione
tra la pelle
e l’armatura a placche. Quattro di esse bastano per
proteggere la parte
superiore del corpo. Le placche sono decorate con dei
disegni:
quella a protezione del cuore ha un disegno semplice: una stella le cui
punte
sono tutte rivolte leggermente verso sinistra al contrario delle altre
che
hanno disegni più complicati. Le spalliere sono in cuoio e
la cosa mi sorprende:
perché non in metallo? Selena mi porge subito dopo
degli antibracci
muniti di guanti anch’essi in cuoio. Sugli schinieri, fatti
in metallo noto
degli strani segni… sembrano disegnare degli
artigli.
- L’armatura di tuo padre ti calza a pennello –
Commenta Lele soddisfatto.
A prendere l’altra corazza è stata
Selena. Mi aspetto vesta abiti simili,
invece indossa la veste tipica degli assassini, ma è di una
semplicità
pazzesca. Ricorda parecchio l’armatura che nel mio sogno vidi
indossata da Altair.
- Lele voi non venite? – chiedo al medico notando
che non indossa
l’armatura.
- Non ho mai imparato a combattere, sarei un ostacolo più
che un aiuto- tace un
attimo per riprendere fiato, ma poi aggiunge -State attenti.
Tutti e due-
Io e Selena usciamo dalla porta udendo lontano il campanile della
chiesa che
scocca le cinque e mezza, ora prevista da Saskia come arrivo
di Cesare al
castello. Dannazione, non abbiamo tempo di andare alla base degli
Assassini!
Posso solo sperare che se la cavino. Sposto lo sguardo sul
ponte che
collega noi al castello e noto che il numero consueto di guardie, che
si aggira
intorno a otto, è nettamente quadruplicato; anche
mimetizzandoci tra i vescovi
e cardinali che si dirigono a San Pietro è impossibile
entrare.
Selena volge lo sguardo più in basso verso il fiume che
scorre a pochi passi da
noi e il suo viso pare illuminarsi.
- Se non sbaglio nel cortile più interno del castello
c’è un pozzo che prende
le sue acque direttamente dal Tevere. Potremmo passare da
lì-
Le rispondo che è un idea brillante e la mettiamo subito in
atto. Ci buttiamo
nell’acqua ricordandoci solo in quel momento che siamo in
pieno inverno.
I brividi ci scuotono, ma non ci fermano: preferisco un raffreddore
piuttosto
che la morte dell’ordine. A nuoto raggiungiamo
l’altra sponda del fiume e
lo seguiamo aggirando il castello e le sue possenti mura.
Percorso circa
metà del perimetro del castello Selena indica che ha trovato
il punto giusto
dove immergerci. Prima di intrufolarci nel condotto
subacqueo facciamo
qualche respiro lento e profondo per allenarci a trattenere il fiato
più a
lungo. Con un cenno della testa indico a Selena di sentirmi
pronto e lei
si immerge per prima in modo da fare strada. Il "tunnel" in
muratura è abbastanza largo e si dirama in più
direzioni facendomi pensare che
probabilmente è usato per riparare dei guasti al pozzo o a
qualche fontana ad
esso collegata. Seguiamo la via "principale", la
più grossa e
dopo poche bracciate finalmente eccone la fine. da qui in poi
si può solo
emergere. Saliamo sfruttando sia l'acqua alta che qualche
roccia sporgente
del pozzo. Appena messa la testa fuori dall’acqua e
presa una bella
boccata d’aria ascoltiamo involontariamente un discorso
fortemente amplificato
dalle mura del pozzo.
- Perché ci hai fatto questo Saskia?-
- Perché gli Assassini devono morire affinché la
pace trionfi. I buoni sono i
Templari. Loro agiscono in nome di Dio!-
- Perché un dio dovrebbe volere così tanti morti?
–
- Ne ho abbastanza delle vostre domande! È così e
basta!-
- Calmati, mia giovane apprendista- la rimprovera una voce a me fin
troppo nota
– presto non ti faranno più domande -
Attraverso l’uscita del pozzo scorgiamo passare una guardia
armata di lancia.
Subito dietro a lei arriva l’uomo a cui appartiene la voce:
Cesare. Lui
prosegue. Non si cura del pozzo,
fortunatamente.
I focolai presenti nel giardino proiettano le ombre sul muro
così riusciamo a
capire più o meno la situazione. Il giardino si
divide in due. Una parte
è quella dove siamo noi. Non vi sono fiaccole, non
c’è nessuno, mentre l’altra
è quella in cui ci sono tutti. Purtroppo le ombre
non rivelano le esatte
posizioni, ma Cesare è posizionato davanti ad un patibolo
improvvisato
accerchiato dai suoi uomini e dai maestri. Col favore
dell’oscurità
uscire dal pozzo senza essere notati sarebbe una passeggiata, ma poi?
Io e
Selena ci arrampichiamo verso l’uscita, attenti a non far
rumore.
Raggiunto il bordo troviamo la conferma delle nostre
supposizioni:
tutti, e il tutti è un numero molto esiguo, sono radunati
nella zona illuminata
del cortile e sono rivolti verso una forca preparata
lì per lì. Non
facciamo fatica a scorgere i maestri trattenuti ognuno da due guardie
che li
spingono sopra la forca. Li costringono a posizionarsi fianco a fianco
e cinque
uomini mettono una corda al collo di ognuno di loro. Non possiamo
più
aspettare. Selena e io usciamo cauti dal pozzo ringraziando che nessuno
guardi
nella nostra direzione.
- Morite con questa consapevolezza Assassini, il vostro
ordine muore con
voi- confessa loro Cesare mentre il boia apre la botola sotto ciascuno
di loro.
D'istinto sia io sia Selena afferriamo i pugnali da lancio e pregando
tutti gli
dei li lanciamo in direzioni delle corde. Ne lanciamo più di
cinque per
prevenire il rischio che qualche colpo fallisca e nel farlo notiamo con
piacere
che le corde vengono spezzate, una dopo l'altra, le cinque guardie
dietro i
maestri vanno all'altro mondo e nessuno dei presenti capisce
cos'è successo.
Non riesco a trattenere un sussurro di gioia mentre con altri pugnali
miriamo
agli altri soldati. Mi sorprende che la mira non sia calata nei miei
sette mesi
di convalescenza. Cesare estrae da una borsa legata alla cinta uno
strano
oggetto rotondo avvolto in un telo bianco mentre urla:
- Non so chi tu o voi siate, ma per quanto mi riguarda nemmeno Dio
può
sfidarmi! Io ho il potere! -
L'oggetto rotondo viene scoperto: è il frutto che Cesare
rubò a Mario, è il
frutto dell'eden! Il tempo pare rallentare. So cosa ha intenzione di
fare,
ancora prima che lo pensi lui. Corro in direzione della forca dove
intanto i
maestri disarmati cercano qualche arma per difendersi. Da
altri cancelli
posti sui vari lati dell'edificio altre guardie stanno
accorrendo. Sfodero
Mor'rarn che emette un suono che sembra
dire: finalmente tocca a me!
Sono sempre più vicino a Cesare... Il globo dorato inizia a
sfavillare. Stringo
ancor di più la mano sull'elsa della spada. Solo
un frutto dell'eden può
contrastarne un altro, questa è la mia unica certezza. Devo
interrompere quella
sorta di "magia" che Cesare sta evocando. Spero che Mor'rarn sappia
cosa fare perchè io non lo so proprio. E' sempre stata la
spada a difendere me
anche se lo ignoravo. Spero che riesca ad interferire con
l'altro frutto,
proprio come faceva allora. Entro nel cono di luce con
sorpresa dei
presenti, tranne quella di Cesare convinto della sua potenza. Il globo
dorao
sembra stare assorbendo energia lo si vede dalla sua crescente
luminosità. Ho
appena il tempo di interpormi fra i maestri e Cesare che il globo
dorato
rilascia la sua potenza. E' come se Mor'rarn pensasse da sola: non
potendo
muoversi autonomamente, la spada ordina al braccio di interporla tra me
e il
frutto. Sa che è arrivato il suo momento, sa cosa deve fare
e sembra farlo con
gioia. In un attimo una potente onda energetica bianca con la potenza
di
migliaia di soli sembra accecare ogni anima viva in quello spazio. Come
se
qualcosa avesse fatto esplodere le stelle. Si la potenza e la
luminosità devono
essere quelle. Un boato assordante sottomette tutte le altre voci. I
due frutti
si stanno scontrando. E tutto questo in una frazione di secondo. Il
secondo
dopo quella specie di esplosione ci scaraventa lontano, ai due muri
opposti del
cortile. Nell'urto Cesare perde la mela mentre Mor'rarn rimane salda
nel mio
pugno. I maestri accorrono subito mentre Selena riesce non so come a
prendere
l'altro frutto prima di correre da me. Con l'aiuto della spada mi
rialzo
accorgendomi che i nemici ci stanno accerchiando. Selena passa il
frutto ad
Ezio, il suo legittimo proprietario. Con mio grande piacere nessuno fa
domande,
ma so che se usciamo vivi da tutto questo me ne arriveranno addosso una
tonnellata. Ezio, imitando i gesti di Cesare, usa a sua volta il potere
del
frutto, ma non per uccidere, ma per fermare i nemici, bloccarli nelle
loro
posizioni. Il potere che hanno questi oggetti è magnifico.
Non interrotti da
nessuno scappiamo tramite un cancello rimasto aperto e ci fiondiamo
nelle
stalle, seguendo Ezio che sembra sapere tutta la planimetria del
castello. Da
li rubiamo dei cavalli. Non li selliamo nemmeno, ma lanciatili al
galoppo
ci diamo alla fuga. Non avremmo scampo se combattessimo. Noto
con piacere
che non vi sono più guardie sul ponte che collega
il castello al resto di
Roma e ci apprestiamo a superarlo. Tuttavia le guardie liberate dal
sortilegio
della mela ci inseguono anche loro a cavallo. E' strano che siano
così vicini;
magari hanno usato una scorciatoia a noi ignota. Noi
superiamo il ponte
che in quell'istante crolla su se stesso. Com'è possibile?
Scorgiamo nell'aria
due grosse ali di pipistrello che scendono verso di noi. Ci
nascondiamo
non visti nella torre degli assassini più vicina e veniamo
raggiunti dai due
pipistrelli volanti che altri non sono che Lele e Leonardo
con le macchina
volanti con bombarda ideate da quest'ultimo. Finalmente al sicuro
prendiamo
fiato in religioso silenzio aspettando che le acque si calmino.
Ce
l'abbiamo fatta...
Commento dell'autore
Sembrava un impresa impossibile, ma ce l'avevamo fatta * parte musichetta* Essì anche per me questa è stata un impresa! Sapevo da tempo come si sarebbe svolta la battaglia, ma solo oggi sono riuscita a scriverla. Oggi, ultimo giorno dell'anno... wow. Sapete è stato emozionante scrivere lo scontro da i due frutti dell'eden... e mi sono venuti in aiuto i Linkin Park e il loro ultimo album " A Thousand Suns"Fino all'ultimo anche io pensavo che Mor'ranr fosse una spada... un pezzo di metallo insomma, e mi ha sopreso quando le dita battevano da sole sulla tastiera il fatto che la spada sembrasse avere identità propria. Cazzo è un idea geniale! Forse dovrei provarmi la febbre... potrei stare male XD
Curiosità del giorno:
Mor'rarn significa "pace" nell'antica lingua inventata da Paolini.
Ringraziamenti... perchè li faccio adesso? La storia mica è finita!
Grazie a tutti coloro che leggono e che recensiscono, ma più a quelli che recensiscono perchè fanno uno sforzo in più degli altri XP
Buon anno nuovo a tutti!