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Autore: Biblioteca    03/01/2012    4 recensioni
Hitler, Mussolini, Stalin e Mao sono finiti all'Inferno dopo morti. Una notte, scoprono che c'è un modo per riuscire a scappare.
Accompagnati dall'ambiguo e misterioso demone Demon, riescono ad uscire. Dovranno fare i conti con il mondo moderno e con gli angeli e i demoni spediti da Dio e da Satana per riportarli all'Inferno.
Ne vedrete delle belle!
(In questa storia ci sono riferimenti religiosi fatti con rispetto nei confronti di qualunque credo religioso. E' solo una storia, non voglio offendere nessuno)
Genere: Satirico, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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"Tutto ciò è una follia, adesso esco da qui e vado da Pol Pot: lui mi ospiterà di sicuro. Domani questi non mi troveranno e non sapranno che fare. Magari poi rinunceranno all'idea di cacciarsi nei guai." pensò Mao, mentre camminava lungo il corridoio che portava verso altre celle. Arrivato all’ angolo tese l'orecchio: le grida dei violentati erano lontane, quindi non c'erano diavoli nell’altro corridoio.
Dunque uscì e iniziò a percorrerlo in punta di piedi sbirciando dentro alle celle.
Quasi tutti i dannati dormivano agitandosi e lanciando urla disperate.
Pol non si vedeva.
"Bene, è altrove, magari proprio dove stanno i diavoli..." pensò Mao.
"Mao, Mao amico mio quanto tempo."
Mao fece un balzò spaventato.
Dalla finestrella della porta di una cella sporgeva il viso di un uomo dai capelli bianchi e con dei piccoli occhiali sul naso.
Mao lo riconobbe subito: era un suo compagno di pena, Camillo Benso Conte di Cavour.
"Cavour! sei riuscito a trovarti una cella!"
"E' già, i diavoli non mi hanno preso, è una singola ma va bene così..."
"Posso stare in cella con te?"
"Ma tu non stavi con quei tre?"
"Sì, ma... abbiamo litigato e quindi..."
"Scusa Mao, ma non posso ospitarti... sai che il numero dei dannati... e poi... tra noi non può funzionare..."
"Come scusa?"
"Non posso farti dormire con me nel letto..."
"Non ho alcuna intenzione di dormire con te. Voglio solo trovare un posto dove stare fino a domattina."
"Bhè cerca altrove."
"Va bene. Ci vediamo domani spero... e quando la vedi salutami quella gran puttana di tua cugina."
Cavour diventò furioso.
Mentre iniziava a lanciargli delle pesanti imprecazioni, Mao cercava di raggiungere di nuovo la sua cella.
Alcuni diavoli, attirati dalle urla di Cavour giunsero nel corridoio.
"Hey guarda Mefisto, uno è uscito dalla sua cella!"
"Accidenti Ammaceo, hai ragione!"
"Forza prendiamolo e diamogli una bella lezione!"
I diavoli svolazzando raggiunsero Mao in un secondo e lo bloccarono, spezzandogli un braccio. Mao urlò disperato mentre veniva trascinato via dai due. Il doloro al braccio era terribile e gli tolse ogni forza.
"Bene, andiamo un pò più in la, c'è più spazio..."
"Lasciatemi andare bastardi!" disse Mao cercando di dimenarsi, con il braccio che faceva sempre più male.
I diavoli lo trascinarono proprio davanti alla cella di Cavour.
Cavour osservava la scena con un sadico ghigno, mentre i diavoli sistemavano il povero Mao in posizione fatale.
"E' la prima volta che lo subisci vero?"
Mao stava zitto.
"Bhè... comunque sappi che farà molto..."

Improvvisamente una luce rossa, come una fiamma di un tizzone ardente, squarciò l'oscuro corridoio centrando in pieno la testa di uno dei diavoli.
L'altro si girò.
"Chi c'è?" chiese.
Per tutta risposta anche lui venne colpito da una fiammata.
Ora i corpi dei due diavoli giacevano apparentemente privi di vita.
Mao cadde per terra.
"Non fare il tonto. Non possono morire LORO. Far poco torneranno anche più incazzati di prima. Tirati in piedi e vieni con me, se sei tu che vuoi scappare."
Mao si girò.
Dal buio del corridoio sbucò fuori una strana figura.
Non era un dannato, perchè al posto degli occhi aveva due buchi vuoti, ma non era nemmeno un diavolo, perchè non aveva la pelle rossa, ma bianchissima. In contrasto con quel candore, oltre ai neri buchi degli occhi, c'erano i capelli e il lungo vestito nero.
Il suo viso non aveva età, ma sembrava quello di un giovane ragazzo, o forse di una donna, per via dei contorni molto dolci.
Cavour e Mao lo osservarono ammutoliti.
"Tu chi sei?  
Il ragazzo non rispose alla domanda.
Si limitò a storcere la bocca in un ghigno più malinconico che malvagio.
"Tu chi sei?" ripetè Mao.
"Io non sono nessuna entità. Io non ho nè anima nè corpo creato da Satana o da Dio. Sono solo anima fusa nella cera, plasmata con la cera."
La sua voce era strana: metallica come quella di un robot e acuta come quella di un bambino.
Mao si sedette con la schiena contro il muro mentre Cavour si avvicinò di più alla finestrella.
"Quindi...Sei quello che viene definito... un demone..." disse Cavour.
"Io non vengo definito un demone, io SONO un demone."
Il ragazzo avanzò di qualche passo.
Da vicino i suoi occhi vuoti erano ancora più spaventosi.
"Tu sai cosa sono i demoni?" chiese Mao a Cavour, senza staccare gli occhi dal giovane.
"Bhè... a dir la verità di preciso no... le voci di corridoio dicono che siano diavoli fatti appunto di cera o animali che sono stati posseduti o sacrificati a satana..." disse Cavour.
"Tks, stupide voci... No noi non siamo nulla di ciò."
"Allora cosa siete?" chiese ancora Mao al giovane.
"Della nostra vita ante mortem non ricordiamo che poche sensazioni... mai un suono, un nome, una voce, un' immagine, un odore. Ma Satana ci da sempre qualche indizio per ricordare. Da quello che so, molti di noi, almeno tra quelli con sembianze umane, sono stati, in vita, dei satanisti realmente fedeli a Satana. Dio non ha certo potuto accoglierci in Paradiso, ma Satana per 'premiarci' invece di farci patire le pene, ha racchiuso la nostra anima in corpi di cera e ci ha dato poteri speciali; noi siamo i suoi soldati e a noi spetta il compito di accompagnare i dannati lì dove devono penare. Ma non saremo mai amati quanto i diavoli dal nostro signore degli inferi e non abbiamo più ricordi al contrario dei dannati; la nostra 'premiazione' alla fine si è rivelata una condanna poco 'migliore' della vostra."
Mao era perplesso: come era possibile fondere un'anima con la cera?
Ma il ragazzo non sembrava bleffare.
"Sai... Io credo che sia meglio non avere ricordi... piuttosto che ricordarsi le cose terribili che ti sono capitate o che tu stesso hai fatto ad altri..." disse Mao un pò imbarazzato.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
"Tu dici Mao? Io dico di no... Tu per caso ricordi soltanto le tue prepotenze? No, certo che no, tu ricordi anche che al tuo fianco c'è stato qualcuno che ti ha voluto bene, forse anche solo per un periodo, forse si è pentito già da vivo, o forse solo da morto. Ma quel qualcuno, uomo o donna che sia, ti ha amato. Ha condiviso con te L'AMORE l'unica cosa che, anche se spesso solo per breve tempo, fa sembrare la vita qualcosa che vale la pena vivere... anche se in realtà non ha un senso o un fine specifico."
Il ragazzo rilassò il volto; anche se non aveva gli occhi si vedeva chiaramente che era pensieroso.
"Io ho un vago ricordo di una sensazione amorosa..." disse "E ogni volta che ci ripenso mi sento il cuore più leggero.."
Inarcò di nuovo un sopracciglio, ironico.
"Ma che diavolo sto dicendo... Io non ho più un cuore... Io sono cera."
"Ragazzo, come sai il mio nome?" chiese Mao.
"Mi pare evidente, ti ho sentito attraverso il computerino che avete usato per intercettare la telefonata tra Dio e il mio... voglio dire, Satana. Sono stato io a suggerire a Adolf, quando è venuto a pulire il suo officio, di prenderla. Voi non lo sapete, ma sopra di questo c'è un piccolo cip che mi permette di ascoltare tutte le conversazioni. So anche che vi manca un quinto uomo e quest'uomo potrei essere...io..."
"Ehy! Ma anch'io voglio scappare!" disse Cavour.
Il ragazzo girò la testa e di nuovo inarcò in maniera ironica uno dei sopraccigli e fissò Cavour in modo strano con i suoi occhi vuoti,
Cavour divenne paonazzo, poi con uno scatto violento chiuse la finestrella e si ritirò a piangere.
"Quel macchinario, l'hai costruito tu? E cosa hai fatto a Cavour?"
"Sì... vedi noi non siamo semplici accompagnatori di anime, siamo anche coloro che progettano le pene, gli strumenti di tortura e siamo anche addetti alla manutenzione dei luoghi. Ciò mi ha permesso di poter inventare quel piccolo gioiello. In quanto a Cavour.. non ci darà più fastidio."
"Perchè vuoi essere tu il quinto? Che senso ha per te uscire?"
Il volto del demone diventò inespressivo.
"Tu perchè non vuoi, Mao? Dillo onestamente, senza pensare al fatto che sia una follia, una cosa impossibile, eccetera..."
Mao arrossì.
Per ogni potente la verità è imbarazzante.
"Perchè... Ho paura."
Stavolta fu il demone a rimanere senza fiato.
"Paura? Di che?"
"Paura di scoprire il mondo talmente tanto cambiato da essere invivibile per uno come me. E soprattutto ho paura di vedere la mia patria, la MIA amata Cina, distrutta e di non poter fare niente per migliorarla."
Il demone sorrise.
"E chi ti dice che non si può migliorare? Chi ti dice che tu non possa essere in grado di riprendere il potere che ti spetta per ritirala su?"
Mao fissò gli occhi vuoti del demone.
"Tu... Tu sai come fare?"
Il ragazzo avanzò e si chinò.
Ora erano faccia a faccia.
"Io posso aiutare tutti voi... ma dovete fidarvi di me... tu più di tutti."
"Ma... come faccio a fidarmi di te?"
"Te lo mostro subito..."
Il ragazzo si allontanò.
Poi incominciò a muovere le braccia come se cercasse i prendere qualcosa.
Mao si trovò all'improvviso a galleggiare in aria.
"Dimmi, quale braccio è quello rotto?"
Mao lo indicò.
Il ragazzo mosse la mano e il braccio tornò sano.
Poi mosse l'altra mano e anche le ferite interne, di diversi giorni prima, furono santae.
"Grazie..."
Il ragazzo lo appoggiò direttamente per terra, con delicatezza.
"Ho la tua fiducia?"
Mao non era ancora convinto. Anzi, il fatto che quel demone avesse tanto potere da poter anche sanare delle ferite, lo spaventava ancora di più. Ma decise di fare buon viso a cattivo gioco e sorrise.
"Assolutamente... però fammi un altro favore... vorrei dare a quel Cavour una bella lezione."
Il ragazzo annuì e schioccò le dita.
I corpi dei due diavoli sparirono.
"Va a chiamare i tuoi compagni e portali da me. In verità ti dico, stasera torneremo sulla terra."
"Hai un nome?"
"Sì"
"Come ti chiami?"
"Demon"
Mao rimase senza parole.
"Sì Satana non ha molta fantasia... Ora vai..."
Mao si allontanò.

"Ah i dannati, non sono più come quando sono vivi, per convincerli vanno usate le buone... povere anime ingenue...." pensò Demon mentre dalla cella di Cavour iniziavano ad uscire urla straziate e le terribili risate dei diavoli.
  
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