Dopo averci messo quelle che gli erano parse ore per
addormentarsi, la stanchezza e soprattutto il bisogno di staccare da tutte le
emozioni che gli si agitavano dentro avevano preso il sopravvento su Rin,
facendolo cadere in un sonno agitato ma profondo. Immagini sfocate e sparse
avevano attraversato la sua mente per tutta la notte senza che lui riuscisse a
metterle bene a fuoco. La luce di un focolare, un cielo stellato senza luna,
paesaggi che non aveva mai visto, voci sconosciute di cui non riusciva ad afferrare
le parole. Quando si era svegliato non ricordava quasi più nulla dei suoi sogni
ma per qualche motivo era certo che quelle visioni non gli appartenessero,
anche se non avrebbe saputo spiegare come fosse possibile. A riportarlo nel
mondo reale era stato Kuro che, dopo vari tentativi di farlo emergere dal sonno
chiamandolo e dandogli piccoli colpetti al braccio, aveva affondato i suoi
canini affilati nella mano del ragazzo. Questo era rimasto immobile per un
attimo, analizzando la sensazione di dolore che la sua carne gli mandava e
cercando di capire dove fosse. Si sentiva stranamente intontito. Poi i ricordi
del giorno prima lo avevano colpito senza preavviso insieme al solito cattivo
presentimento, ma almeno anche la sua mente era tornata lucida e libera dalle
strane visioni della notte. Si mise a sedere di scatto, fissando il suo sguardo
ancora annebbiato dal sonno sul suo famiglio.
“Kuro, dannazione! Che diamine ti è saltato in mente di svegliarmi
così?!”esclamò massaggiandosi la mano ferita. “Ci sono altri modi per svegliare
la gente!”.
‘Mi spiace Rin, ma ti ho chiamato un sacco di volte e non mi hai risposto. Ero
preoccupato’spiegò Kuro agitando piano le code. ‘Temevo che Satana ti avesse
intrappolato di nuovo. È un po’ che non capita e non vorrei che lui stesse
solamente aspettando che abbassiamo la guardia. Per di più visto che Yukio non
è qui siamo ancora più vulnerabili…’.
Rin si lasciò scappare un sospiro, spostando le coperte. Già, era passato
parecchio tempo dall’ultima volta che suo padre biologico era venuto a
disturbarlo nei sogni. Lui sperava che magari avesse iniziato a trovare la cosa
noiosa e si fosse stufato di farlo, ma con uno come quello non si poteva mai
sapere. E poi, conoscendo quella mente malata, era del tutto improbabile che si
annoiasse a tormentarlo. “Capito, Kuro. In effetti ho fatto dei sogni strani
stanotte, ma nulla che riguardasse quel bastardo per fortuna”borbottò
infastidito. Poi il suo sguardo si velò di preoccupazione. “Yukio non è ancora
tornato quindi? Non si sa nulla?”.
‘Nulla, mi spiace’. La creatura scosse il capo. ‘Hai ancora quel
presentimento?’.
“Sì. A quanto pare continuerà a tormentarmi fino a quando non riavrò mio
fratello indietro. Ieri sera mentre tu dormivi sono andato a parlare con
Mephisto per vedere di strappargli qualcosa, ma ovviamente non c’è stato
verso…È riuscito a confondermi le idee ancora di più! Quanto lo odio quel clown
quando fa i suoi giochetti!”ringhiò Rin al ricordo di come si fosse lasciato
abbindolare dalle parole ambigue del preside. Quel demone era impossibile.
‘Su, non te la prendere, sai com’è fatto. Anche Yukio fatica a sopportarlo e
questo dice tutto’tentò di consolarlo il famiglio. ‘Ora è meglio che ti sbrighi
a prepararti. Non devi incontrare i tuoi compagni oggi pomeriggio?’.
“Sì, ma posso anche farlo più tardi. Al momento non ho la minima voglia di
uscire”fu la risposta. “Shima non sarà in giro prima dell’una e di andare da
Izumo proprio non mi va, non sono dell’umore per sopportare il suo
caratteraccio. Bon sinceramente non saprei dove trovarlo e Konekomaru neanche.
Però volevo fare un salto da Shiemi…”.
‘Comunque sia è meglio che ti sbrighi. È già mezzogiorno e mezzo’disse Kuro
constatando divertito che il suo amico non si fosse ancora reso conto di che
ora fosse e indicando l’ororologio con le code. ‘È anche per questo che ci
tenevo a svegliarti’.
“CHE?!”esplose infatti l’altro scattando il piedi. Si accorse solo in quel
momento che fuori dalla finestra il sole era già alto e indirizzava i raggi
dritti sul suo volto, quasi a prenderlo in giro a sua volta. Aveva dormito
decisamente più del previsto. “Potevi dirmelo subito no?! Che aspettavi?! Devo
fare tutto di corsa, dannazione! Non ho neanche fatto la spesa!”. E senza
aspettare una risposta si precipitò in bagno.
Il famiglio scese dal letto con un balzo ridacchiando. Povero Rin, mai una
volta che riuscisse a fare le cose con calma. Ma in un certo senso tutta quella
fretta quel giorno gli avrebbe fatto bene, lo avrebbe distratto dal pensiero di
suo fratello. Era preoccupato anche lui, anche se non voleva ammetterlo per non
mettere ancora più ansia al suo amico. Era strano che il ragazzo fosse
tormentato da quel presentimento oscuro, la cosa non prometteva nulla di buono.
Sperava solo che Yukio tornasse a casa sano e salvo. Sapeva fin troppo bene che
Rin non poteva stare senza di lui e che non avrebbe mai potuto superare anche
la sua perdita. Ma era anche certo che l’esorcista fosse consapevole di ciò e
che quindi avrebbe fatto di tutto per restare al fianco del suo gemello. Il problema
era che non era detto che il suo possibile fosse abbastanza.
Il resto della giornata passò piuttosto in fretta. Alla fine Rin
aveva dovuto rinunciare a fare visita a Shiemi per mancanza di tempo e aveva
occupato tutto quello libero che gli era rimasto per fare i lavori domestici
che gli toccavano quel giorno per poi andare incontrare i suoi compagni di
classe nel primo pomeriggio in uno dei loro bar preferiti. Shima era tutto
esaltato perché aveva trovato quello che, a detta sua, era il locale più
strepitoso del mondo dove tenere la loro festa di Natale e aveva annunciato
allegramente che potevano andare a visitarlo già subito al termine della loro
“riunione di lavoro”. A sentire il ragazzo con i capelli rosa il posto era abbastanza
grande da ospitare una settantina di persone e, dal momento che la lista dei
loro invitati non raggiungeva quel numero, avrebbero potuto sbizzarrirsi con le
decorazioni più ingombranti e appariscenti. Bon aveva cercato in ogni modo di
freddare l’entusiasmo del suo amico d’infanzia con considerazioni scettiche di
vario tipo, ma l’altro sembrava fin troppo sicuro di sé persino per ascoltare
davvero quello che gli stava dicendo. Avevano iniziato a discutere sul tipo di
decorazioni da usare e Konekomaru aveva avanzato l’idea di portarci un albero
vero da addobbare, abbastanza grosso da risultare memorabile. A Shiemi la
proposta era piaciuta immediatamente, anche se come al solito era stata troppo
imbarazzata per esprimere apertamente la sua approvazione, ma si era comunque
timidamente offerta di procurarlo. Era scoppiato un dibattito per decidere se
la trovata fosse troppo stupida da essere presa in cosiderazione o se invece
fosse degna di essere realizzata, e alla fine avevano deciso che ci poteva
stare. In fondo una festa di Natale senza albero non poteva considerarsi tale.
Izumo si era presa l’incarico di aiutare l’altra ragazza con il trasporto della
pianta e la conversazione era proseguita.
Rin aveva seguito tutte le discussioni cercando di mostrarsi interessato, senza
però riuscire a parteciparvi davvero. Tutto quanto pareva ricordargli che suo
fratello era via chissà dove e che probabilmente non ci sarebbe stato neanche
all’evento, e quella costatazione gli guastava quello che altrimenti lo avrebbe
divertito e coinvolto. Aveva accennato solo brevemente ai suoi compagni del
fatto che Yukio fosse partito per una missione a tempo indeterminato, ma loro
parevano aver capito che la cosa lo aveva turbato molto di più di quanto
intendeva dare a vedere, decidendo di non fare domande o commenti al riguardo e
nemmeno sulla sua scarsa partecipazione. Il ragazzo era loro molto grato per
questo e cercava di intervenire quando gli veniva chiesto un parere o un
consiglio, ma era troppo deconcentrato per riuscire a tirare fuori delle idee
che potessero tornare loro utili. Trattenendo un sospiro, spostò lo sguardo dai
suoi amici alla strada affollata fuori dalla finestra del bar. Un po’ gli
dispiaceva essere così asociale proprio nel momento in cui stavano facendo di
nuovo qualcosa insieme dopo la rottura che c’era stata tra loro quando si era
venuto a sapere della sua natura demoniaca. Ma quell’idiota di suo fratello gli
aveva dato troppo da pensare e lui non poteva farci nulla, per quanto si
sforzasse di dirigere le sue riflessioni in altre direzioni. Ritrovarsi così,
senza il mimino indizio su cosa stesse accadendo, di fronte ai comportamenti
assurdi del suo gemello e di Mephisto, in balia dei suoi dannati presentimenti
lo lasciava spiazzato. Era proprio vero che senza quel quattr’occhi vicino si
sentiva sperso, si trovò a costretto ad ammettere con sé stesso, non senza
riluttanza. ‘Farai bene a tornare a casa intero dopo tutto quello che mi stai
facendo passare, Yukio, perché devo essere io a mandarti all’ospedale!’pensò
irritato tra sé e sé. ‘E guai a te se mi ripeti un maledetto scherzetto come
questo! Ti faccio pentire di essere diventato un esorcista!’.
“E tu, Rin, che ne pensi?”. La voce di Shima lo riportò improvvisamente alla
realtà, cogliendolo del tutto alla sprovvista. “Non ti pare che sarebbe
assolutamente un’idea fantastica?”.
“Uhm, sì, certamente!”rispose lui cercando di sembrare convinto quando invece
non aveva la più pallida idea di quale fosse il soggetto della frase. “Perché
no?”.
“Oh, grazie, Rin, almeno tu mi capisci!”esclamò il suo amico mettendogli una
mano sulla spalla. “Vedrai che faremo un figurone!”.
“Vuoi due siete scemi, ma questo si era già capito da un pezzo”sentenziò Izumo
incrociando le braccia sul petto. “Come si fa anche solo a pensarla una cosa
del genere? E non è solo perché non abbiamo i soldi per metterla materialmente
in pratica, ma soprattutto perché qualche idiota finirebbe per farsi male di
sicuro”.
Il mezzo demone la guardò e poi fece passare velocemente gli occhi suoi volti
degli altri, tentando di capire a cosa aveva appena detto di sì, mentre il
ragazzo coi capelli rosa cercava di convincere la ragazza che la sua idea,
qualunque essa fosse, non era così pazza e pericolosa come poteva sembrare a
prima vista.
“Izumo ha ragione, non voglio che vi facciate male”intervenne timidamente
Shiemi. “Non credo che sia il caso, ragazzi…Rin, capisco che l’idea possa
essere carina e soprattutto esaltante però é un po’ troppo rischiosa”.
“Ehm…andiamo, non state esagerando?”fece Rin senza la sicurezza che si era
sforzato di mettere nella risposta precedente.
“Esagerando?”esclamò Konekomaru. “Rin, si parla di esplosivi, e
anche abbastanza potenti! Se non li gestite come si deve potrebbero essere guai
seri! E poi mi spiegate cosa c’entrano i fuochi d’artificio a Natale?!
Si sparano a Capodanno quelli!”.
“Fuochi d’artificio?!”si lasciò scappare il mezzo demone preso di sorpresa. Era
pronto a tutto ma non si aspettava certo che la discussione fosse sfociata in
una proposta del genere. Cavolo, stavano parlando di tovaglie fino a qualche
minuto prima! Si pentì però immediatamente di quell’uscita perché tutti i suoi
compagni si voltarono a guardarlo. ‘Sputtanato in pieno! Ma bravo Rin…’si
rimproverò mentalmente schiarendosi la gola imbarazzato. “Ehm…cioè…”.
“Rin, sai almeno di cosa stiamo parlando?”gli domandò Bon sollevando un
sopracciglio, anche se ovviamente tutti quanti sapevano la risposta.
“Uhm…Mi ero distratto un attimo”ammise lui a disagio, volgendo lo sguardo da
un’altra parte. “Mi sono fermato alle decorazioni”.
“Quel discorso lo abbiamo abbandonato dieci minuti fa”gli fece notate l’altro,
non senza una nota di irritazione. Poi senza preavviso aggiunse: “Se non ti
senti di stare qui con noi puoi anche andartene, nessuno se la prenderà con
te”.
Rin lo guardò, di nuovo preso alla sprovvista. Bon aveva ragione, non aveva
senso che lui restasse lì con loro se poi neanche li ascoltava e se non era
d’aiuto in nessun modo. Però, pur capendo le sue motivazioni, non poteva fare
come gli aveva detto perché stare in compagnia lo aiutava a non tormentarsi e
quindi lui voleva, un po’ egoisticamente, rimanere a tutti i costi. La loro
presenza gli regalava un po’ di allegria e gli dava un pretesto prezioso per
cercare di pensare ad altro che non fosse il suo gemello. Il problema era che
mai e poi mai avrebbe ammesso una cosa da genere ad alta voce, anche se ciò
significava doversene andare. Rimase in silenzio un attimo, riflettendo su cosa
fare, ma, prima che potesse decidersi a ribattere, Shiemi si intromise.
“Secondo me invece Rin è qui con noi proprio perché sta cercando di distrarsi
dalla sua preoccupazione per Yukio”lo difese la ragazza. “È normale che sia un
po’ assente, lo saremmo tutti al posto suo, ma se noi siamo davvero suoi amici
non possiamo astenerci dal dargli una mano!”. Poi, vedendo che con quell’uscita
si era guadagnata lo sguardo supito di tutti, arrossì e aggiunse con meno foga:
“Io la vedo così…”.
“Ben detto, Shiemi. Se dobbiamo essere amici vediamo almeno di farlo in maniera
decente, altrimenti è inutile sforzarsi di esserlo”concordò Izumo decisa,
appoggiando una mano sul braccio dell’altra ragazza, che avvampò ancora di più,
e sorprendendo a sua volta tutti. Di solito lei non si esprimeva mai su quel
genere di questioni e soprattutto non correva mai in soccorso di nessuno a meno
che non si vedesse obbligata a farlo o la situazione fosse molto grave. “E sono
certa che Rin farebbe lo stesso per noi. Quindi torna pure con la testa tra le
nuvole, anche segradirei che ci ascoltassi almeno in parte”.
Gli altri non poterono fare altro che annuire di fronte al suo tono autoritario
e il mezzo demone scoccò alle due sguardo grato e un mezzo sorriso. Sapeva che
poteva contare su di loro, in particolare sulla ragazza coi capelli viola.
Anche se in apparenza si mostrava sempre scontrosa e diffidente verso tutti,
era stata proprio lei la prima a scegliere di tornare a fidarsi di lui
nonostante fosse il figlio di Satana e poi sembrava che avesse preso Shiemi
sotto la sua protezione, soprattutto ultimamente, segno evidente che il loro
rapporto si era evoluto moltissimo da quando si erano conosciute e che Izumo si
era un poco ammorbidita. Anche se ovviamente lei cercava in tutti i modi di non
darlo a vedere.
“Bene! Ora che ci siamo chiariti, perché non andiamo a vedere il
locale?”propose Shima spezzando l’atmosfera strana che si era creata.
“Concedetemi almeno questo visto che mi avete bocciato in massa i fuochi
d’artificio!”.
“È meglio se lo accontentiamo subito, altrimenti ci stresserà finché non ci
avrà trascinato in quel dannato posto”fece Bon alzandosi e afferrando il suo
amico d’infanzia per un braccio, costringendolo così a fare altrettanto.
“Almeno ci faremo un’idea dello spazio da occupare e di come possiamo disporre
i tavoli e il resto. Spero che sia davvero bello come sostieni con tanto
entusiasmo, Shima…”.
“Cosa ti sto dicendo da quando ci siamo seduti? A quanto pare Rin non è l’unico
con la testa per aria! Oppure è che, dopo che ci conosciamo da una vita, ti
fidi ancora così poco dei miei giudizi?”lo prese in giro il ragazzo coi capelli
rosa ridendo e guadagnandosi così un’occhiataccia. “Vedrai, Bon, te ne
innamorerai!”.
I due si incamminarono discutendo animatamente e gli altri si affrettarono a
seguirli, avendo l’accortezza di ricordarsi di pagare il conto. Mentre
camminavano, Rin rimase un po’ in disparte ad osservare i suoi compagni.
Konekomaru era corso ad affiancarsi ai suoi due amici di infanzia, mentre
Shiemi, attaccata al braccio di Izumo, la ascoltava sorridendo lamentarsi di
tutto quell’entusiasmo a suo parere eccessivo. Era contento di essere con loro,
nonostante tutte le pessime figure che aveva collezionato in meno di due ore.
Si sentiva a suo agio, accettato, capito. Poteva illudersi di essere un ragazzo
come gli altri, con interessi normali e forse una vita un po’ complicata. I
suoi compagni gli davano quella intima serenità familiare in cui si era sentito
avvolto quando lui e Yukio vivevano ancora con Shiro, quando lui non sapeva
ancora chi era. Certo, l’atmosfera era molto diversa da quella della sua
infanzia, più movimentata, instabile, schietta, ma altrettanto calda e
rassicurante. E proprio per quell’atmosfera così normale, che era quasi
scontata per la maggior parte della gente ma di certo non per lui, Rin avrebbe
combattuto anche a costo della vita. In fondo lo doveva a loro come lo doveva a
suo fratello. Avrebbe dato tutto per poterli avere al suo fianco finché fosse
stato possibile e così avrebbe fatto. E al diavolo le conseguenze.
Alla fine il locale si dimostrò essere decisamente al di sopra
delle loro migliori aspettative. Era collocato all’ultimo piano di un edificio
nella periferia della cittadina ed era una stanza enorme e completamente
sgombro, quasi fosse stato costruito apposta per accogliere tutte le decorazioni
e gli accomodamenti che loro avevano pensato di preparare, albero gigante
compreso. Konekomaru, Shiemi e Rin si mostrarono immediatamente entusiasti del
posto e riempirono Shima di complimenti e persino Bon e Izumo diedero segni di
sincero apprezzamento. Tutto quello spazio sembrava aver portato alle stelle il
loro entusiasmo creativo e i ragazzi non vedevano l’ora di mettersi al lavoro.
Persino il mezzo demone parve farsi più collaborativo e allegro. Quella sarebbe
stata la festa più epica della loro vita, non c’erano dubbi.
La ragazza coi capelli viola estrasse dal suo zaino un grande foglio bianco e
iniziò a tracciare una piantina del locale. Gli altri le si fecero subito e
iniziarono a discutere piuttosto animatamente su come sarebbe stato più
opportuno dividere i vari spazi e posizionare i tavoli e il resto della
mobilia. Shima voleva a tutti i costi una pista da ballo per la discoteca,
mentre Konekomaru reclamava che la cosa più importante erano le tavolate su cui
disporre le vivande. Shiemi invece cercava timidamente di far notare che per
prima cosa bisognava decidere dove mettere l’albero in modo che fosse in un
luogo abbastanza riparato dalla folla per evitare spiacevoli incidenti e Bon
continuava a insistere che non potevano perdere tutto il pomeriggio sulla
decorazione della sala ma che dovevano anche pensare a un programma della
serata. Rin li guardava litigare senza riuscire ad inserirsi nel discorso
perché, anche quando lo chiamavano in causa, non gli veniva mai dato il tempo
di rispondere che già si erano dimenticati di lui, lasciandolo interdetto e
anche un po’ divertito da quella situazione assurda. Forse si stavano davvero
lasciando prendere un po’ troppo dall’entusiasmo, tutti quanti.
“Ma insomma, la volete piantare, casinisti che non siete altro?!”esplose alla
fine Izumo, dopo aver assistito a quelle caotiche ed inutili discussioni per
dieci minuti buoni. Nella sala si fece silenzio immediato e tutti si voltarono
a guardarla, presi alla sprovvista. Lei parve soddisfatta della reazione otttenuta
e ripresa con più calma: “Parlarvi uno sopra l’altro ci servirà a ben poco.
Quindi, visto che, come Suguro ha giustamente sottolineato, non abbiamo molto
tempo, è meglio che ci dividiamo i compiti e lavoriamo ciascuno su un aspetto
della festa, anche perché se ci mettiamo tutti sulla stessa cosa non riusciremo
mai a trovarci d’accordo”. Sventolò sotto i loro occhi dei foglietti di carta.
“Qui ci sono le liste del materiale che ci serve. Sentitevi liberi di
aggiungere altro se pensate che sia veramente necessario, ma ricordate che non
siamo pieni di soldi”. Il suo tono si fece serio e imperioso mentre lei
iniziava a distribuire i bigliettini ai suoi compagni. “Allora, io, Shiemi e
Rin ci occuperemo della decorazione della sala e dell’albero, Konekomaru penserà
a fare la spesa per il cibo, visto che sembra tenerci tanto, e voi altri due
idioti penserete all’organizzazione della serata con la discoteca e tutto
quello che volete”.
“Perché devi decidere tu quello che ciascuno di noi deve
fare?”si oppose Bon irritato dal fare autoritario della sua compagna di classe.
“Non siamo mica i tuoi servi!”.
“Andiamo, Ryuji, Izumo sta solo cercando di mettere un po’ d’ordine!”intervenne
Shima allegro. “Insomma, si sa che lei ha proprio l’attitudine al comando!
Affidiamoci alle sue capacità di coordinazione, sarà tutto più semplice!”.
“Tu sta’ zitto che sei di parte”gli ringhiò il suo amico lanciandogli
un’occhiataccia.
“Se non ti va di fare come ti ho detto io non è un problema, Ryuji”fece Izumo
gelida. “Ma in tal caso arrangiati”.
“Non ho detto che non mi va, ma c’è modo e modo per proporre qualcosa”borbottò
lui. “Ciò detto facciamo come dici, in fondo è la cosa più sensata”.
“Bene. Allora, se non ci sono altre obiezioni, direi che ciascuno
può andare ad occuparsi della sua parte”sentenziò lei soddisfatta. “Per oggi
possiamo iniziare a comprare le cose, domani mattina ci troviamo qui e
disponiamo tutto. Poi aiuteremo Rin a cucinare”.
I suoi amici annuirono e, dopo essersi messo d’accordo sull’orario di ritrovo
per giorno seguente, Shima, Bon e Konekomaru lasciarono il locale diretti in
centro dove si trovavano la maggior parte dei negozi.
“Noi cosa facciamo, Izumo?”domandò Rin, voltandosi verso la loro “capitana”.
“Finiamo di tracciare la mappa della sala scegliendo il punto giusto dove
mettere le cose e poi andiamo a fare compere”fu la risposta sicura.
I tre si sedettero sul pavimento e iniziarono una discussione, molto più
ordinata e produttiva della precedente, che nel giro di venti minuti portò a
una scansione precisa degli spazi e una lista esatta di tutto quello che
sarebbe stato loro necessario. Finito quel lavoro lasciarono a loro volta il
locale per andare alla ricerca del materiale.
Le strade erano decisamente affollate come sempre il giorno della vigilia, ma
l’atmosfera era tutt’altro che stressata. Certo, la frenesia delle ultime
compere era quasi palpabile nell’aria fredda che si condensava nei respiri dei
passanti frettolosi, ma era un’agitazione allegra, quasi serena, perché tutti i
pensieri erano fissi sull’idea della bella giornata che presto sarebbe stata
spesa con le persone più care. I tre ragazzi camminavano fianco a fianco sul
marciapiede, persi a loro volta nell’indaffarato clima generale, ma non per
questo senza godersi le viste luminose delle vetrine decorate e il profumo dei
dolci che si diffondeva lungo tutta la via. Shiemi era estasiata davanti ai
mille colori delle luci degli alberi e delle ghirlande appese ai balconi e
avanzava canticchiando quasi senza accorgersene un motivetto popolare, la mano
stretta in quella di Izumo, che li guidava spedita tra la calca, e l’altro
braccio aggrappato a quello di Rin, che seguiva le due ragazze cercando invano
di orientarsi.
La ragazza coi capelli viola li trascinò da un negozio all’altro per più di due
ore, scegliendo con la precisione di un navigatore satellitare i posti dove
avrebbero potuto trovare quello che cercavano, senza mai sbagliare un colpo.
Nonostante avessero chiesto che gli oggetti più ingombranti fossero recapitati
a domicilio la mattina dopo, i tre finirono per ritrovarsi letteralmente
sommersi da buste di plastica, scatole e pacchetti di ogni forma e dimensione
che rendevano loro quasi difficile camminare per strada. Ma, nonostante qualche
piccolo incoveniente e qualche battibecco sulle compere, fu comunque un bel
pomeriggio. Era passato un sacco di tempo da quando Rin aveva riso tanto quanto
in quell’occasione ed era talmente preso da quello che stava facendo che la
preoccupazione per Yukio era andata sfumando, fino a divenire solo un’ombra
lontana nei meandri della sua mente. Shiemi, da parte sua, sembrava aver perso
un po’ della sua esagerata timidezza e parlava a voce più alta e persino Izumo
si concesse qualche battuta e qualche sorriso sincero alle chiacchiere
dell’amica.
Alla fine di quello che, più che shopping, era diventato un vero e proprio
assalto ai negozi alla ricerca delle cose più belle e particolari ai prezzi più
economici, i tre decisero di ritornare al locale e lasciare là tutti i loro
acquisti, riponendoli nel piccolo sgabuzzino che era stato loro fornito dal
proprietario del posto, in modo che fossero stati pronti ad essere usati la
mattina dopo. Erano tutti e tre un po’ scompigliati e stanchi, ma decisamente
soddisfatti del loro lavoro. La ragazza coi capelli viola si lasciò sfuggire un
commento compiaciuto sulla faccia che avrebbe fatto Bon alla vista del
capolavoro che avrebbero fatto con la sala il giorno seguente, sicura che mai
più il ragazzo avrebbe messo in discussione i suoi metodi, guadagnandosi così
un ghigno d’assenso da parte di Rin e facendo ridacchiare Shiemi.
Dopo essere rimasti a chiacchierare per un po’, i tre si erano separati anche
perché le ragazze dovevano ancora occuparsi dell’albero. Il mezzo demone si era
ovviamente offerto di aiutarle, ma le due avevano rifiutato con decisione,
dicendogli che era meglio se andava a riposarsi e che non doveva preoccuparsi
perché se la sarebbero cavata alla grande anche da sole. Lui aveva cercato di
insistere, ma alla fine aveva dovuto lasciar perdere e le aveva guardate
allontanarsi a braccetto, mentre parlavano fitto fitto di chissà cosa, fino a
quando non avevano svoltato sparendo alla sua vista. Lui era rimasto ancora per
qualche minuto seduto sui gradini che conducevano all’entrata dell’edificio,
godendosi le sensazioni piacevoli che il pomeriggio gli aveva lasciato, prima
che la sua mente tornasse a rivolgersi a pensieri più oscuri.
Alla fine si decise ad alzarsi e ad avviarsi verso il dormitorio. Di sicuro
Kuro lo stava aspettando e poi doveva anche cucinarsi la cena. Sbuffò dando un
calcio frustrata a un mucchio di neve posto su un lato del marciapiede. Non si
era mai sentito così stupido in vita sua. Possibile che quella semplice
situazione potesse farlo impazzire in quel modo contro ogni ragionevole
rassicurazione? Insomma, non era la prima volta che Yukio andava in missione e
lui restava a casa! Qual era la differenza dalle altre volte? Be’, in primo
luogo sapeva sempre dove sarebbe andato il suo gemello e soprattutto
sapeva cosa ci andava a fare, per quanto in modo vago. Era
quella dannata mancanza di informazioni che lo tormentava, era abbastanza
ovvio. In secondo luogo mai aveva avvertito qualche genere di presentimento
oscuro mentre suo fratello era via, sensazione che tra l’altro gli ricordava i
brividi che avvertiva ogni volta che il loro padre biologico era vicino.
Possibile che la missione di Yukio riguardasse Satana? Non ci voleva neanche
pensare, e poi glielo avrebbe detto, per forza. O forse no proprio per evitare
che lui lo seguisse. Borbottò tra i denti qualche insulto contro quel cretino
che si ritrovava come fratello e anche contro sé stesso. Come aveva fatto a non
pensarci prima?! La reticenza di Mephisto avrebbe dovuto mettergli un
campanello d’allarme. E invece no, perché lui si era perso nell’ultimo, non poi
così insignificante particolare che differenziava quell’occasione da tutte le
altre: il suo gemello non lo aveva mai baciato prima di
sparire nel nulla. Rin avvertì un leggero calore colorargli le guance. Doppia
maledizione a quell’idiota. Lui e le sue trovate. Sospirò. Non aveva diritto a
prendersela così con Yukio. Di sicuro se il telefono non fosse squillato le
cose sarebbero andate diversamente. Il bacio ci sarebbe stato comunque, ma
almeno lui avrebbe saputo il perché di tale gesto assurdo. ‘Dannato Mephisto,
sempre nei momenti sbagliati! Potevi aspettare cinque minuti, no?!’ si ritrovò
a pensare, consapevole che le sue erano imprecazioni a vuoto e prive di senso.
Ma doveva pure prendersela con qualcuno o gli sarebbe venuta una crisi di
nervi.
Giunse davanti al dormitorio quasi senza accorgersene. Ormai aveva
interiorizzato a tal punto la strada per arrivarci che la percorreva quasi
automaticamente. Rimase a fissare l’edificio perdendo d’improvviso il filo dei
suoi pensieri. Per un momento la vista gli si sfuocò e lui avvertì una strana
sensazione di paura invaderlo insieme con l’impulso di scappare. Corse dentro e
salì le scale più in fretta che potè, fermandosi solo quando ebbe chiuso la
porta dietro le sue spalle. Restò un attimo immobile, le spalle appoggiate
contro il legno, ansimando e ascoltando quella terrore improvviso scivolare via
rapido come lo aveva assalito. ‘Che diavolo…?! Cazzo, pure gli attacchi di
panico adesso?!’pensò tra sé e sé chiudendo gli occhi e normalizzando al
repsirazione. Era avvenuto in modo così improvviso, senza motivo, lo aveva
travolto con una forza spropositata, eppure gli era sembrato così…estraneo.
Esattamente come i sogni che aveva fatto quella notte. ‘Che diamine mi sta
succedendo?’. Forse era davvero quel bastardo di suo padre a giocargli quegli
scherzetti approfittando del fatto che Yukio non era lì. In fondo suo fratello
era l’unico in grado di capire quando qualcosa non andava in lui e riusciva
sempre a strapparglielo fuori quando lui avrebbe preferito tenerselo per sé
perché non voleva mostrarsi debole. Quanti casini si erano risparmiati con quel
sistema! Ma ora il suo gemello non c’era e la cosa, considerata alla luce di
quella nuova possibilità, gli faceva quasi paura.
‘Rin, stai bene?’. La voce di Kuro lo fece sobbalzare.
Il ragazzo spalancò gli occhi, preso alla sprovvista, e il suo sguardo incontrò
quello preoccupato del suo famiglio. “Oh, Kuro…Ma sei scemo?! Mi
hai fatto prendere un colpo! È già la seconda volta oggi che usi dei metodi del
tutto inappropriati con me!”si lamentò, rilassandosi. “Ce l’hai con me per
caso?! Non dirmi che sei geloso perché penso più a Yukio che a te!”.
‘Non dire cretinate, Rin’fu la risposta quasi offesa. ‘Sono solo in ansia per
te. Ti comporti in modo strano da quando Yukio se n’è andato. E qualcosa mi
dice che non è solo per quel presentimento che ti perseguita. Comunque questa
volta non ho fatto nulla di male!’.
“Uff, va bene, hai ragione. Scusa, non avevo alcun diritto di aggredirti
così”borbottò Rin sconfitto staccandosi dalla porta e incamminandosi verso la
cucina. “Ho i nervi a fior di pelle ultimamente”.
‘Non si era notato’commentò sarcastica la creatura agitando lentamente le code.
‘Non vuoi proprio dirmi che cosa ti dà tanti pensieri?’.
“Non è nulla di che, davvero. Anzi, è una gran cavolata se proprio vogliamo
essere precisi”.
‘Però non riesci a togliertela dalla testa’.
“Esatto”. Il mezzo demone si sfilò la giacca appoggiandola sullo schienale di
una delle sedie e afferrò il grembiule da cucina. “Solo che, anche se ti dicessi
di cosa si tratta, non sapresti aiutarmi di sicuro, quindi preferisco non
umiliarmi per nulla”.
‘Fa’ come vuoi, ma se vuoi un consiglio, per quanto stupida sia la questione,
faresti meglio a trovare qualcuno che possa aiutarti con l’argomento e parlargliene’disse
il famiglio accoccolandosi sul tavolo. ‘Altrimenti rischi di diventare matto
per davvero’.
“Era quello che pensavo di fare”fece il ragazzo fermandosi i capelli con la sua
solita molletta. “E forse so già a chi rivolgermi. Gli parlo domani sera alla
festa. E, Kuro, scendi dal tavolo, io ci devo cucinare lì!”.
Kuro, non senza uno sbuffo infastidito, fece come gli era stato detto e andò a
sedersi su una delle sedie. ‘Spero davvero che questa persona possa aiutarti,
Rin. Non è un bene per te rimanere così teso. Fa male al tuo
autocontrollo’constatò serio. ‘Ma immagino che questo discorso ti dia solo più
fastidio, giusto? Bene, allora cambiamo argomento. Come sono andati i
preparativi per questa famosa festa? Siete a buon punto?’.
Rin sorrise mentre si lanciava nella descrizione del suo pomeriggio mentre
inziava a preparare la cena per entrambi. Questo era quello che adorava della
creatura, azzeccava i suoi stati d’animo senza bisogno che lui li esprimesse e
aveva sempre le parole giuste per ogni situazione. E, soprattutto, sapeva fin
dove poteva tirare la corda senza spezzarla. Il famiglio ricambiò il suo
sorriso con un’espressione allegra e agitò le code. In fondo tra loro potevano
esserci anche tutti i segreti di questo mondo, ma la cosa non avrebbe per nulla
influito sulla complicità che condividevano. Perché il loro rapporto non era
fatto di parole, ma di sensazioni condivise. Non c’era bisogno del pensiero
compiuto, bastava l’emozione.
Sangue, sangue ovunque. Le pietre erano scivolose sotto i suoi piedi
e lui continava ad incespicare. Ma era suo quel liquido cremisi che lordava il
terreno? Impossibile, ce n’era troppo, non sarebbe riuscito neanche a reggersi
in piedi se ne avesse perso così tanto, lo sapeva bene. E invece stava
correndo, la paura e l’ansia che gli attanagliavano il petto, ma la
determinazione le teneva a bada, incatenandole in una stretta maglia. Stava
correndo dritto verso la fonte di quel rosso, dritto verso l’orrore. L’avrebbe
guardato in faccia di nuovo, doveva farlo, non
aveva scelta. Combattere, attaccare, difendersi. Resistere. Tornare vivo. Ad
ogni costo. Le pozze di sangue si facevano sempre più frequenti. Una morsa allo
stomaco. Sapeva bene di chi era quel sangue. I suoi compagni, pochi, tanti,
alcuni, forse tutti. Aveva avuto i loro volti attorno solo la mattina
prima.Visi tesi, alcuni un po’ pallidi, ma comunque seri, decisi, vivi.
Esattamente come era lui adesso, constatò con amara ironia. Ma doveva farlo,
aveva un compito, non poteva certo sottrarsi. Sapeva a cosa stava andando
incontro quando aveva accettato. E comuque, anche se si fosse rifiutato, non vi
sarebbe sfuggito a lungo. Era il suo destino a legarlo. Il sangue sembrava
farsi più scivoloso man mano che si avvicinava, quasi cercasse di persuaderlo a
desistere. Ma lui non poteva, anche se in quel momento avrevve voluto essere da
tutt’altra parte. Scosse il capo. In fondo era proprio per proteggere il luogo
in cui voleva essere che era venuto laggiù, a gettarsi tra le braccia di quella
che avrebbe potuto essere la sua tomba. Un sasso un po’ più sporgente e si
ritrovò faccia a terra. In effetti parte di quel sangue era suo, ma non era
nulla che lui non potesse gestire. Si rialzò in fretta seppure non senza
fatica. Non doveva pensare alla morte. Sarebbe tornato indietro. Aveva
promesso. La fine del sentiero. E poi eccole là, ne avrebbe riconosciuto i
riflessi anche nell’ultimo alito di vita. Quelle dannate fiamme blu, ovunque.
Dietro, a destra, a sinistra, sopra, sotto. Era avvolto in una palla di fuoco.
Le sue mani si strinsero sul metallo freddo. Era ora di vedere di chi sarebbe
stato il sangue che le avrebbe spente…
Rin si svegliò di soprassalto, il rumore di uno sparo che gli esplodeva
nelle orecchie. Aveva il respiro affannato e sentiva il panico e l’adrenalina
scorrergli nelle vene insieme al sangue, mentre i resti dell’incubo fuggivano
lontani dalla sua memoria in una serie di visioni confuse e sfocate. Che
diamine era successo?! Si guardò intorno alla ricerca di una possibile fonte
del rumore che aveva sentito, ma nella stanza tutto era silenzioso. Il sole
filtrava dalla finestra, la luce indebolita dal manto di nuvole candide che lo
coprivano, e il cielo preannunciava un’altra bella nevicata, fatta apposta per
il giorno di Natale. Niente di anormale. Eppure lui avrebbe giurato che quello
che aveva sentito era davvero uno sparo. Che fosse anche quello parte del sogno
che stava facendo?
Spinse via le coperte, più turbato che mai, e si prese la testa tra le mani.
Tutte quelle stranezze non gli piacevano neanche un po’. Non bastavano i
presentimenti, ci volevano pure gli incubi senza senso che tra l’altro lui non
riusciva a ricordare se non a sprazzi. Qualcosa gli diceva che se avesse avuto
una vaga idea di quello che aveva sognato avrebbe potuto capire che cosa gli
stava succedendo. Ma a quanto pareva la sorte ce l’aveva con lui e si divertiva
a tormentarlo. Sbuffò guardandosi intorno alla ricerca di Kuro e lo vide
accoccolato sulla sua scrivania, ancora addormentato. Meglio, pensò, almeno
questa volta non l’avrebbe fatto preoccupare. I suoi occhi caddero oltre il
vetro della finestra. Era davvero presto. ‘Be’, di tornare a letto non se ne
parla, primo perché non riuscirei a dormire, secondo perché non vorrei beccarmi
un altro maledetto sogno’pensò alzandosi per andare a farsi una doccia. ‘Bah,
vedrò di occupare il tempo che ho guadagnato in modo costruttivo. Potrei
iniziare a scegliere il menu per la festa…’. E aggiunse con un certo sarcasmo:
‘Sempre che non mi capita qualche altro incidente di percorso ovviamente!’.
E fortunatamente per lui al pessimo risveglio non seguì nessun’altra novità
imprevista per tutto il resto della giornata. Anzi, dopo che ebbe raggiunto i
suoi compagni al locale, il tempo passò veloce tra i preparativi e le mille
discussioni che scoppiarono, un po’ dettate dalla fretta, un po’
dall’agitazione generale. Non mancarono gli incidenti, ma non furono nulla di
irreparabile: decorazioni che cascavano, oggetti andati smarriti nella
confusione, qualche piatto rotto, una padella dimenticata sul fuoco. Izumo, da
bravo comandante, si infuriava ogni volta, sgridando lo sventurato di turno per
la sua sbadataggine o idiozia che fosse, mentre Shiemi non faceva altro che
chiedere scusa a tutti a volte anche senza motivo. Bon ebbe il suo bel da fare
a litigare con Shima ogni due minuti per un motivo o per un altro e a zittire
Konekomaru che ogni due per tre si metteva a cantare a squarciagola senza
nessun preavviso. Rin si era lasciato trascinare dalla frenesia generale,
troppo storidito per fare qualunque altra cosa che non fossero i vari compiti
che gli venivano affidati, subendo anche lui la sua dose di rimproveri, ma
senza lamentarsi. In fondo tutto quel caos gli impediva persino di pensare,
cosa che in quei giorni non poteva che fargli piacere. L’unico momento in cui
dovette costringersi a uscire da quel suo stato di automatismo fu quando uno
dei suoi compagni, non ricordava neanche chi, rovesciò per terra le verdure che
lui aveva appena finito di affettare con tanta cura, ma lo fece soltanto per
ringhiargli dietro qualche insulto e l’ordine di sistemare all’istante il
casino che aveva combinato.
Eppure, nonostante tutto, quando finalmente ebbero terminato i preparativi nel
tardo pomeriggio, tutti furono ammettere che ne era valsa la pena: la sala
riluceva dei mille colori delle lampadine e delle candele profumate che si
concentravano sul grande albero tra fiocchi rossi, stelle dorate e nastri
d’argento. Le tavolate imbandite mostravano con orgoglio la loro varietà di
vivande dolci e salate disposte ordinatamente e decorate in modo originale e
vivace, mentre dalle pareti e dal soffitto pendevano girlande di vischio e
biancospino intrecciati a nastri colorati. Nello spazio non occupato dalla
pista da ballo erano stati sistemati dei tavoli più piccoli per permettere ai
loro ospiti di cenare e chiacchierare da seduti. Sarebbe davvero stata una
festa indimenticabile, lo si leggeva nei sorrisi compiaciuti che i ragazzi si
scambiarono tra loro ammirando i frutti della loro fatica.
E la sera fu un successo. Nessuno degli invitati si risparmiò con i complimenti
e i commenti di approvazione sia per il cibo che per l’organizzazione del
tutto. Shima e Konekomaru accolsero tutte quelle belle parole trionfanti e
anche Bon, pur rispondendo educatamente, in alcuni casi finì per mostrarsi
decisamente compiaciuto. Izumo invece rimase impassibile dichiarando che era il
minimo mentre al suo fianco Shiemi arrossiva affermando che in fondo non era
nulla di speciale. Rin, da parte sua, cercò di schivare in ogni modo le
congratulazioni senza però riuscirci del tutto, subendosi tutta una serie di
frecciatine da parte di Shura prima che la donna decidesse che lo aveva
tormentato abbastanza. Poi la festa inziò a procedere da sé e i discorsi
passarono ad altri argomenti, liberando così il gruppo dall’imbarazzo di
rispondere.
Ad un certo punto il mezzo demone scorse Mephisto che gironzolava tra la folla
scambiando quattro chiacchiere quasi con tutti quelli che avevano la sfortuna
di incrociarlo. Il ragazzo alzò un sopracciglio, ma non si sorprese più di
tanto: quel pazzo era sempre tra i piedi, anche quando nessuno aveva richiesto
la sua presenza. Possibile che non avesse mai niente da fare
quello là?! Era stufo di trovarselo intorno. L’altro si voltò, sentendosi
osservato, incrociando il suo sguardo, ma lui decise di ignorarlo e gli diede
le spalle. L’ultima cosa che voleva era parlargli dopo che lo aveva stordito
con le sue ciance due sere prima, impedendogli tra l’altro di scoprire dove si
era cacciato suo fratello. Non gli avrebbe permesso di rovinargli anche la
festa, non ora che stava iniziando a godersela un po’, approfittando della
distrazione per scacciare i suoi oscuri pensieri.
Per sua fortuna il demone non si trattenne a lungo e dopo meno di un’ora non lo
si vide più in giro. Il ragazzo ringraziò il cielo di essere riuscito ad
evitarlo per tutto il tempo e decise di prendersi un drink da bere per
festeggiare la cosa. Si appoggiò al bordo di uno dei tavoli sorseggiando
lentamente il suo cocktail e facendo scorrere lo sguardo tra la folla, alla
ricerca dei suoi compagni. Individuò abbastanza in fretta le due ragazze,
sedute ad un tavolino vicino all’albero, intente a chiacchierare con Shura,
mentre ci mise diversi minuti a trovare i ragazzi. Alla fine scorse Konekomaru
insieme ad altri studenti della loro scuola, che però lui conosceva solo di
vista, impengato in una competizione di qualche tipo. Bon e Shima erano in un
angolo in disparte, appoggiati fianco a fianco a una delle pareti. Il ragazzo
coi capelli rosa parlava allegramente con un braccio sulla spalla del suo
amico, il quale lo guardava abbastanza contrariato, anche se Rin non riuscì a
capire se era per la loro posizione o per quello che Shima stava dicendo. A
quanto pareva, dopo aver fatto peste e corna per avere la sua pista da ballo,
Shima non si era neanche curato di usarla visto che sembrava non avere nessuna
intenzione di scollarsi dal suo compagno di classe, constatò il mezzo demone
con un ghigno, anche se provava un po’ di pena per Bon. Proprio in quel momento
invece il ragazzo coi capelli rosa si staccò da quest’ultimo, chinandosi per
mormorargli qualcosa nell’orecchio con un sorrisetto malizioso, e poi si
affrettò ad indicare i tavoli del buffet con un cenno del capo incamminandosi
in quella direzione senza aspettare una risposta. Ryuji fece un gesto un po’
stizzito con la mano e alzò gli occhi al cielo.
“Ehi, Rin!”esclamò Shima allegro quando si fu avvicinato, notando il ragazzo.
“Come va?”.
“Alla grande. È davvero uno spettacolo, siamo stati grandi”rispose lui
sorridendo. “È la festa migliore a cui sia mai stato”.
“Vero, è venuta bene. E mi pare anche che la gente si stia divertendo. Izumo
con il suo atteggiamento dispostico ci ha proprio costretti a fare del nostro
meglio! A proposito, il cibo è fantastico. Complimenti al nostro chef!”concordò
il suo amico. “Mi rintego soddisfatto. Ma come mai qui da solo? Perché non
vieni là con me e Ryuji? Gli stavo giusto per portare da bere, chissà, magari
si addolcisce un po’. Non si smolla neanche in un’occasione come questa!”.
“Andiamo, non esagerare. Ho solo cercato di dare il massimo. Conosci Bon molto
meglio di me, sai com’è fatto. Ci tiene a dare una certa immagine di sé!”rise
il mezzo demone. “Grazie, comunque, ma stavo pensando di andare da Shiemi e
Izumo, a dire la verità. Non ho ancora avuto l’occasione di ringraziarle per
l’aiuto che mi hanno dato in cucina”.
“Vai dalle ragazze, eh, Rin? Fai bene, fai bene!”commentò il ragazzo coi
capelli rosa, battendogli una mano su una spalla in segno di approvazione. “È
quello che dovrei fare anche io e invece sono là impantanato con Bon! Certo che
come latin lover faccio un po’ pena alle volte! Ma insomma, bisogna anche fare
dei sacrifici…In fondo anche quel testone non è male come compagnia, anche se
mi farebbe più piacere se accettasse di venire a ballare con me…Mi raccomando,
fa’ buona caccia anche per il sottoscritto!”.
“Shima, che diamine spari?! Non è mica per quello che pensi!”protestò lui
arrossendo leggermente. “Cretino”.
“Andiamo a chi vuoi darla a bere? Con due belle signorine come quelle, anzi,
diciamo tre, contando anche Shura. In fondo chi non la includerebbe nelle sue
prospettive una così? Certo, forse è un po’ troppo grande per te, ma fidati, le
donne mature sono spesso le migliori. Quindi non dirmi che ci vuoi solo parlare
innocentemente! Non ci credo. Soprattutto con Shiemi…”. Shima gli rivolse un
ghigno poco rassicurante, inziando a riempire un bicchiere. “So bene come
funzionano queste cose, io! E poi è una festa, Rin! Bisogna scatenarsi un
po’!”.
“Sì, sì, bravo, pensala come ti pare…A proposito, ho una cosa da chiederti
visto che ti dici tanto esperto”fece Rin, affrettandosi a cambiare discorso.
“Secondo te, se una persona ti bacia cosa può voler dire?”.
“Dipende. Ti bacia come?”chiese l’altro calcando molto il tono
sull’ultima parola.
Lui avvampò più imbarazzato che mai. “Ehm, sì, sai…sulla bocca”balbettò. “Ma
non pensare a chissà che, solo a stampo!”.
“Ma che domande fai?! Mi pare ovvio! È perché le piaci, Rin, e anche tanto.
Quanto esattamente dipende dalla passione che ci ha messo, ma come minimo ha
una bella cotta per te. In fondo se uno vuole fare sul serio non si butta mai
sul primo bacio, cerca di renderlo più sentimento che atto. Andiamo, neanche tu
sei così ingenuo da non capirlo!”lo prese in giro il ragazzo coi capelli rosa.
Poi si sporse verso di lui. “Allora…chi è l’audace donzella?”.
“Nessuno!”esclamò lui con fin troppa foga. Scostò il suo amico, distogliendo lo
sguardo. “Non può essere per quello, ci deve essere un altro motivo. È una cosa
seria, Shima”borbottò poi, a disagio. “Questa…questa persona non avrebbe mai e
poi mai dovuto fare una cosa del genere. Eppure lo ha fatto. Ma non può essere
perché prova quelle cose per me, semplicemente perché non può provarle,
capisci? Ma appunto per questo non riesco a capacitarmi come una cosa del
genere sia potuta accadere!”.
Shima lo guardò intensamente per un attimo, mentre il sorriso spariva dal suo
volto. “Non puoi dire che questa persona non intendesse quello che ti ho detto,
Rin, non si sa mai cosa può passare per la testa della gente”disse serio dopo
un momento di silenzio. “Io sinceramente non so cos’altro associare ad un gesto
come quello se non un sentimento d’amore. Se fosse stato un bacio sulla guancia
sarebbe stato un altro conto, ma dubito che tu ti saresti posto il problema in
quel caso. Quindi io resto della mia idea e, se vuoi che ti dica cosa penso
fino in fondo, secondo me tu ti stai tormentando così tanto per questa cosa
proprio perché sai che ho ragione ma non lo vuoi ammettere. Inoltre, se davvero
a baciarti è stata una persona che non avrebbe mai dovuto farlo, quello che
prova per te non è un sentimento qualsiasi. Se ha avuto il coraggio di farlo
nonostante rischiasse così che tu la rigettassi ti deve amare davvero”.
“Ma…Ma…No, non è possibile!”esclamò il mezzo demone, scuotendo il capo,
testardo. “Andiamo, ci deve essere un’altra ragione! Se no è…è troppo…sbagliato!”.
“Rin, mi vuoi dire chi è che ti ha baciato per averti sconvolto tanto? Calmati,
non può essere stato così terribile!”insistette l’altro cercando di farlo
ragionare. “Cos’è, è stato un ragazzo? Andiamo, non è quello che uno si
aspetta, ma non è comunque una tragedia. E poi…”.
“No, no, Shima, non puoi capire. Lascia perdere, anzi dimentica”.
“Ma…”.
“Ho detto lascia stare!”. Rin si rese conto di avere quasi urlato e si affrettò
ad abbassare gli occhi, turbato. In fondo Shima stava solo cercando di
aiutarlo, lo sapeva benissimo, ma non poteva certo dirgli che era stato
suo fratello a baciarlo. E non era solo egoismo, non voleva
nemmeno mettere Yukio nei guai. “Shima, ascolta…”riprese con più calma cercando
una scusa per chiudere il discorso in modo pacifico, ma fu interrotto dallo
squillo del suo telefono. Lui si affrettò ad afferarlo, ringraziando
mentalmente chiunque ci fosse al di là della linea per averlo salvato da quella
dannata conversazione. “Okumura Rin, chi parla?”.
“Rin?”. La voce di Mephisto lo raggiunse dall’altra parte, con una nota seria e
quasi grave che non le si addiceva per nulla. “Scusa se ti disturbo, ma
dovresti venire immediatamente. È una questione di massima priorità”.
Il ragazzo avvertì brividi di ansia corrergli lungo la schiena. “È successo
qualcosa?”riuscì a chiedere con un filo di voce, sperando di non udire la
risposta che si aspettava.
“Tuo fratello è tornato dalla missione. Sembra che ci sia stata qualche
complicazione. Ma ti spiego meglio di persona. Raggiungimi in ospedale”spiegò
il demone cercando di suonare rassicurante, ma si sentiva che aveva una certa
fretta.
Rin si sentì gelare. Ospedale?! Complicazioni?! No, no, no!
“Mephisto, niente giochetti. Che cazz…”inziò, pronto a riversare sul suo
interlocutore la disperazione che aveva inziato a spezzargli il respiro.
“Non al telefono, Rin. Fidati, lo faccio per te. E non sono mai stato più serio
di così. Ho bisogno di parlarti di persona. Vieni qui. Subito”. E
la comunicazione si interruppe bruscamente.
Lui rimase qualche attimo con l’orecchio premuto sulla cornetta, cercando di
elaborare i nuovi dati, ma tutti sembravano portare ad un solo pensiero:
correre in ospedale da Yukio.
“Rin, ti senti bene?”gli domandò Shima a cui non era sfuggita la sua
agitazione. “Chi era?”.
“Scusa, ma non ho tempo ora. Ti spiego un’altra volta”esclamò lui ficcandosi in
fretta il cellulare in tasca. “Devo andare, dillo tu agli altri”. E senza
aspettare una risposta si voltò e scappò via, lasciando il suo amico interdetto
con la bocca aperta nel tentativo di obiettare, il cuore a mille e il sangue
che gli ovattava le orecchie. Sarebbe stato infinitamente meglio continuare
quella scomoda conversazione con Shima piuttosto che venire salvato da quella
maledetta telefonata.
Il corridoio bianco dell’ospedale era affollato dal via vai dei
medici e degli infermieri che uscivano ed entravano dalla porta della sala
operatoria. Ogni tanto qualcuno si accostava a loro e mormorava due parole che
avrebbero dovuto suonare come degli incoraggiamenti, ma l’unica cosa che Rin
riusciva ad udire era la sua stessa voce che urlava mentalmente tutte le
imprecazioni più pesanti e colorite che conosceva. Seduto di fianco a lui
Mephisto cianciava come al solito, anche se questa volta seriamente, ma alle
sue orecchie quei discorsi restavano sempre chiacchiere inutili e non degne di
attezione. Aveva tagliato i ponti con il mondo esterno mezz’ora prima quando,
dopo essersi fatto tutta la strada che lo separava dall’ospedale di corsa,
senza mai fermarsi, era arrivato a destinazione sudato e senza fiato, con una
sensazione spiacevole di nausea che gli artigliava lo stomaco. Il demone lo
stava aspettando nell’atrio e lo aveva subito condotto davanti alla sala, dove
lo aveva fatto sedere e gli aveva spiegato nel modo più delicato possibile che
Yukio era sotto i ferri con il corpo martoriato da brutte ustioni.
Yukio, sala operatoria, ustioni. Dopo quelle parole non aveva sentito più
nulla. Il suo corpo si era afflosciato sulla sedia e lui non si era neanche
curato di guardare il suo interlocutore, quasi dimentico della sua presenza.
Allora era vero, non si era sbagliato quando aveva ipotizzato che la missione
suo fratello riguardava Satana. Quello era l’unico motivo che potesse spiegare
il tipo di ferite che quell’idiota aveva riporatato. Era andato a scontrarsi
con loro padre senza dirgli nulla. Le emozioni si erano succedute come lampi
danzanti dentro di lui, in un caotico ripetersi e sovrapporsi. Rabbia,
disperazione, dolore, poi di nuovo collera, paura, frustrazione, odio, ansia.
Non riusciva a controllarle e quelle si erano alternate sempre più velocemente
fino a quando non erano state risucchiate dal vuoto che loro stesse avevano
scavato dentro di lui. L’apatia totale si era estesa sul suo corpo e lui si era
sentito come se le sue membra e la sua anima si fossero addormentate,
diventando insensibili a tutto. Faceva quasi fatica a pensare. Le sue
riflessioni andavano avanti con una lentezza esasperante, collegando pian piano
i vari pezzi. Il presentimento che aveva avvertito era davvero la vicinanza di
suo padre, solo che questa volta minacciava Yukio e non lui, i suoi atticchi di
panico dovevano essere le emozioni di suo fratello, le visioni e gli incubi
quello che l’altro aveva visto e vissuto. Era tutto così semplice. Eppure lui,
come un idiota, non c’era arrivato. Quella constatazione non causò nessun moto
in lui, ma il ragazzo non se ne stupì. In fondo in quel momento non provava
nulla. L’unica cosa che riusciva a fare era tenere lo sguardo fisso sulla
porta, aspettando che qualcuno venisse a dargli la notizia che avrebbe segnato
il suo risveglio. E allora ci sarebbe stato di nuovo il caos dentro di lui,
forse una battaglia tale che lo avrebbe consumato. Riusciva a sentirle quasi,
le sue fiamme, appostate sotto la superficie, pronte a scatenarsi insieme ai
suoi sentimenti infranti.
Spostò appena gli occhi su Mephisto che aveva finalmente smesso di parlare e lo
guardava vagamente preoccupato, quasi avesse intuito il suo ultimo pensiero.
Rin gli rivolse uno sguardo inespressivo e poi tornò a puntarlo davanti a sé.
Pensasse pure tutto quello che voleva, non gliene poteva importare di meno in
quel momento. Anzi, avrebbe preferito che se ne andasse. Aveva bisogno di stare
solo, di analizzare più a fondo quella situazione paradossale. Era seduto su
una sedia ad aspettare la Morte. Solo che questa volta non era la
sua fine quella che minacciava di arrivare, ma era quella di qualcun altro. Non
gli era mai capitato. Le persone che erano morte intorno a lui lo aveva fatto
senza che lui se lo aspettasse, dandogli la possibilità di negare l’inevitabile
fino alla fine. Ma in quel momento, in quel corridoio che puzzava di medicine e
malattie, gli sembrava quasi di avere seduta accanto in tutta la sua tremenda
maestosità ed imponenza quella figura ammantata, tanto presente nelle loro vite
eppure così misteriosa e sfuggente. Come se anche Lei, paradossalmente, stesse
aspettando la sua stessa notizia. Con la differenza che Lei sapeva di certo
come sarebbe andata a finire, mentre lui era perso nel mare annebbiato
dell’incertezza, senza un faro o una stella che gli indicasse il cammino, e si
lasciava trascinare inerte dalle sue correnti opposte.
La porta della sala operatoria si spalancò di nuovo, ma questa volta ne uscì
una figura ben diversa dai soliti medici, i capelli verdi un po’ scompigliati e
i vestiti schizzati di sangue. Il ragazzo avvertì Mephisto alzarsi
immediatamente per andare incontro al nuovo venuto mentre lui cercava ancora di
mettere a fuoco l’identità di chi era uscito dalla stanza. Amaimon. Che diamine
ci faceva dentro quell’idiota combinaguai?!
“Hanno finito, Aniue”annunciò il demone coi capelli verdi indicando la soglia
che avevano appena varcato. “È stata una bella lotta anche se non ho capito
molto di quello che stavano facendo. Però non è che abbiamo risolto molto…”.
“Amaimon, spiegati meglio”gli disse il preside, una nota un po’ irritata nella
voce, lanciando un’occhiata preoccupata a Rin. Certo che suo fratello a volte
non sapeva proprio parlare. Dalle sue parole sembrava quasi che Yukio fosse
morto sotto quei dannati ferri. Ma non era così, perché altrimenti la sua
faccia sarebbe stata diversa. O almeno, ci sperava. “Che hanno detto?”.
“Hanno imprecato un po’ tra di loro e poi si sono girati verso di me dicendomi
di dirvi che hanno fatto tutto il possibile, ma che le condizioni di Yukio
erano gravi e che quindi non sanno come andrà a finire”spiegò Amaimon,
mordicchiandosi lentamente l’unghia e voltandosi a sua volta a guardare il
mezzo demone. “È in coma e non sanno se e quando si sveglierà. Certo che nostro
padre ci è andato giù pesant…”.
Suo fratello maggiore si affrettò a tappargli la bocca con una mano, esasperato
. “Tieniti questi commenti inappropriati per te, Amaimon, a noi non
interessano. Fila a vedere dove lo portano e sta’ lì, ti raggiungo dopo. E vedi
di non fare casini”gli ordinò con tono di rimprovero. “Rin è già abbastanza
sconvolto e io preferirei non vedere più fiamme per un po’, se è possibile”.
L’altro annuì bisbigliandogli qualcosa in modo da non farsi sentire, per poi
voltarsi e tornare nella sala. Mephisto si lasciò sfuggire un sospiro e si
avvicinò a Rin, che non si era mosso dalla sua posizione, aiutandolo ad alzarsi
e prendendolo sotto braccio. “Su, viene, hai bisogno di un po’ d’aria. E
soprattutto di qualche spiegazione”.
Il ragazzo annuì e si lasciò trascinare lungo i corridoi, come un sonnambulo,
fino alla terrazza. Aveva sentito quello che Amaimon aveva detto eppure le sue
parole gli erano arrivate alle orecchie sotto forma di suoni incomprensibile,
quasi come se la sua mente li avesse respinti per poter restare ignorante della
realtà dei fatti ancora per un po’. L’aria fredda che lo colpì non appena furono
furi dall’edificio sembrò riscuoterlo e lui si liberò dalla presa del demone,
andando lentamente ad appoggiarsi alla ringhiera metallica. Il calore delle sue
dita si disperse all’istante a contatto con il gelo del materiale e quella
sensazione di freddo parve espandersi dentro di lui ridando un colore, per
quanto pallido e malato, al nulla che si sentiva dentro. Si voltò verso il suo
interlocutore e, dopo aver preso fiato, si costrinse a chiedere con un filo di
voce: “Cosa ci faceva Amaimon in sala operatoria? Quello che aveva addosso era
il sangue…di Yukio, vero?”.
Il preside annuì incrociando le braccia sul petto. “Ero un po’ perplesso perché
il gruppo di esorcisti che avevo mandato in missione avrebbe dovuto contattarmi
questa mattina presto, ma non si sono fatti sentire. Visto che, come avrai
capito da te, mio padre era coinvolto in questa storia, e con lui non si può
mai sapere, ho pensato di prepararmi al peggio e di iniziare ad organizzare una
spedizione di recupero. Per precauzione ho deciso di inviare prima Amaimon sul
posto nella tarda mattinata a cercarli per capire bene di che dimensioni fosse
il disastro. Ha trovato il gruppo, o almeno quello che ne rimaneva, sparso nel
bosco dove si era accampato la scorsa notte. C’erano pozze di sangue ovunque”.
Tacque per un attimo, avvicinandosi al ragazzo che non gli staccava gli occhi
di dosso, pendendo letteralmente dalla sue labbra. “Deve essere stata davvero
una battaglia spettacolare. Mi spiace solo di aver perso qualche individuo
valido. Nella radura dove si è consumato il gran finale poi era tutto
carbinizzato. Amaimon ha trovato tuo fratello esattamente al centro di tutto
quel nero, svenuto, coperto di sangue e cenere, i vestiti a brandelli. E vicino
a lui il corpo che Satana aveva posseduto, due proiettile piazzati in corpo con
precisione millimetrica. Ogni volta mi stupisco di quanta tenacia dimostri
Yukio. Ed è solo un ragazzino. Il mio Otouto ha detto che per un attimo, quando
lo ha tirato su, ha aperto gli occhi. Ti ha chiamato, voleva sapere se stavi
bene. Amaimon gli ha detto di sì e lui è svenuto di nuovo. Non si è più
svegliato”.
“Yukio ha…ha chiesto di me?”balbettò Rin sentendo l’emozione sopraffarlo, ma
lui la ricacciò indietro con insofferenza insieme alle lacrime che erano
arrivate a pungergli gli occhi. “Quel dannato idiota! Stava crepando e
viene a preoccuparsi di me! Cretino che non è altro!”.
“Di sicuro pensava a te quando ha premuto il grilletto, Rin. Io gli avevo detto
che non era il caso che lui andasse, che non era ancora pronto per trovarsi
direttamente faccia a faccia con il nostro nemico. Ma lui si è intestardito,
sai meglio di com’è fatto. La vive come una guerra personale e non ha tutti i
torti. In fondo è figlio di Satana tanto quanto lo siamo tu e io. Ho pensato
fosse giusto lasciarlo andare, anche se tu mi odierai per questo,
immagino”sospirò il demone puntando gli occhi sul labirinto di palazzi che si
apriva davanti a loro. “Ma non mi sentirò in colpa. Lo avevo avvertito, ha
scelto conoscendo bene i rischi”.
Il mezzo demone combattè l’istinto di saltargli addosso e sgozzarlo. Come
poteva dire quelle cose restando così calmo?! Suo fratello si era quasi fatto
ammazzare in una missione del cazzo che lui gli aveva affidato nonostante tutto
e quel pazzo se ne lavava le mani con due frasettine preparate?! Voleva
ucciderlo. Prese un respiro, cercando di recuperare l’autocontrollo. Non poteva
lasciarsi prendere dalla collera, era troppo vulnerabile in quel momento per
poterselo permettere. Mandò giù tutti gli insulti che gli erano saliti alle
labbra. “Come sta adesso? Cosa dicono i medici?”chiese invece, la voce che
tremava. Doveva concentrarsi su Yukio adesso, quando lui sarebbe stato bene
avrebbe potuto fare il culo a tutti quelli che lo meritavano.
“È in coma purtroppo. Sinceramente è un miracolo che non sia conciato poi così
male, visto che è stato praticamente avvolto dalle fiamme. L’unica cosa è che
il suo organismo è stato costretto a sopportare uno sforzo estremo. Per questo
non si è più svegliato”rispose Mephisto. “Ovviamente gli umani ragionano
da umani e in queste situazioni dicono sempre che non sanno se
il paziente si sveglierà eccetera, ma, come ti ho detto, i parametri umani non
si addicono a quelli come noi”.
“Ma Yukio è umano, dannazione! Fisicamente parlando almeno!”esplose
Rin, esasperato dal tono tranquillo dell’altro. Non ne poteva più di quelle
ciance. Voleva vedere il suo gemello. “È anche perché non era fisicamente
abbastanza forte che non ha ereditato le fiamme di Satana, cazzo, me lo ha
spiegato lui in persona! Come puoi dire che non lo si può trattare come un
umano?!”.
“Ecco, stai ragionando come tutti gli altri. Avere quell’aspetto non ti ha
insegnato come funziona con i demoni, a quanto pare. Ma la cosa non mi
stupisce”. Sul volto del preside comparve un sorrisetto. “Non è questione solo
di fisico. E poi, tra parentesi, tuo fratello non è più lo stesso di quando
eravate bambini, gli anni di allenamento lo hanno temprato eccome. Non puoi non
essertene accorto. Vuoi che ti dica quanto è cambiato? Bene.
Diciamo che se si dovesse stabilire adesso chi si deve prendere l’eredità di
nostro padre, be’, non saresti tu ~”.
Rin trattenne a stento un’esclamazione di sorpresa, ma si riprese
immediatamente con un moto di irritazione. Quelle chiacchiere erano senza
senso. E gli suonavano anche di presa in giro. “Ma non è così, quindi vedi di
arrivare in fretta al punto”ringhiò minaccioso. “Voglio vedere Yukio”.
“Quello che sto cercando di spiegarti è che tuo fratello non è in pericolo di
vita. Se Satana avesse voluto farlo fuori lo avrebbe fatto subito, ma a quanto
pare ha voluto lasciare che sopravvivesse per qualche oscura ragione. Forse
voleva testare quanto fosse resistente, che ne so. Comunque, quelle fiamme
fanno parte anche di tuo fratello, e poco importa se lui non va a fuoco come
fai tu, questo cerca di non dimenticartelo ~”. Mephisto si voltò e si avviò
verso la porta-finestra che conduceva all’interno. “A proposito, non puoi
vederlo adesso, dovrai aspettare domattina o forse anche più tardi. Se vuoi un
consiglio, è meglio che non lo vedi proprio finché non si sveglia. Non ti
farebbe che male. Quindi tanto vale aspettare. Potrebbe volerci qualche giorno,
una settimana, ma non di più. Fidati e non ascoltare i
medici”. Aprì il vetro voltandosi a guardarlo. “Va’ a casa, Rin, e
sfogati come ti pare, possibilmente senza fare casino. Mi ha già dato troppo da
fare tuo fratello, sarebbe snervante dover correre dietro anche a te ~. A Yukio
ci pensiamo io e Amaimon, anche se la cosa potrà suonarti tutt’altro che
rassicurante. Ti chiamo non appena ci sono novità. Farai come ti ho detto?”.
Il ragazzo lo guardò incredulo. Davvero si aspettava che lui se ne andasse via
docile come un animaletto ammaestrato dopo tutto quello che era successo? Che
se ne tornasse a casa con calma come se nulla fosse e se ne stesse buono?
L’unica cosa che voleva in quel momento era distruggere il mondo per sfogare
quello che aveva dentro. Voleva andarsene all’Inferno e farla pagare a quel
bastardo che aveva ridotto suo fratello in quello stato. Voleva sterminare lui
e tutti i suoi demoni, quelle creature schifose che avevano rovinato tante
vite, e infierire sui loro cadaveri fino a quanto la terra non fosse stata
impregnata del loro lurido sangue. Eppure quando cercò dentro di sé la rabbia
per urlargli quelle cose in faccia trovò solo una stanca rassegnazione. “Lo
farò”. Le parole gli uscirono quasi contro la sua volontà, le uniche che la sua
bocca sembrava voler pronunciare. In fondo Mephisto aveva ragione. Anche se si
fosse messo a spaccare tutto quello che gli capitava per le mani non sarebbe
cambiato nulla, anzi avrebbe solo peggiorato le cose.
Il demone sembrò soddisfatto della sua risposta e sparì all’interno,
lasciandolo finalmente solo con i suoi pensieri confusi e le sue emozioni. Rin
rimase immobile per un attimo, avvertendo le gambe cedergli, indeciso se
lasciarsi andare o no. Alla fine scosse il capo e si costrinse a mantenere il
controllo. Voleva almeno tornare al dormitorio, solo lì avrebbe davvero potuto
sfogarsi senza il rischio di avere qualche seccatura intorno. Così, vincendo le
ultime esitazioni ed aver lanciato un ultimo sguardo al paesaggio, si apprestò
a lasciare l’ospedale.
La strada gli parve interminabile. Ad ogni passo sentiva la fretta e
l’impazienza crescergli dentro, mentre il suo corpo si faceva sempre più
pesante, schiacciato sotto il peso della stanchezza e dell’impotenza, cosa che
non lo aiutava affatto. I suoi pensieri volarono per un attimo alla festa dove
aveva lasciato i suoi compagni di classe, domandandosi se avessero intuito il
motivo di quella sua fuga improvvisa. Non che gliene importasse. Aveva solo
bisogno di tenere la mente occupata. Constatò con ironia che quasi gli mancava
l’inquietundine del presentimento che lo aveva perseguitato per due giorni.
Certo, gli metteva ansia, lo faceva star male, ma sarebbe stata sempre meglio
di quello stato di dolorosa spossatezza che gli aveva succhiato via anche la
voglia di combattere.
Varcare l’ingresso del suo dormitorio fu un vero sollievo. Il ragazzo lasciò
cadare la giacca a terra ed andò ad infilarsi in camera sua, senza neanche
curarsi di accendere la luce. Cercò a tentoni la strada fino al letto, quasi
con frenesia, finché le sue dita non incontrarono la stoffa morbida delle
lenzuola. A quel punto il poco controllo che gli era rimasto cedette,
sommergendolo con le sue schegge. Senza quasi rendersene conto si ritrovò in
ginocchio, il viso affondato nelle coperte, mentre le lacrime amare che aveva
trattenuto fino a quel momento lasciavano i suoi occhi con furia crescente, nel
vano tentativo di purificare le emozioni impastate che lo avvolgevano. Perché,
perché cose del genere dovevano accadere solo e sempre a lui? Perché doveva
essere circondato da un branco di idioti che sembravano quasi divertirsi a
mettere le loro vite a repentaglio ogni volta che capitava per salvare la sua?
Possibile che non capissero quanto lui si sentiva in colpa per
quello che loro decidevano di rischiare? Non si chiedevano mai
cosa ne pensasse lui di quei loro atti? La sua misera esistenza non valeva i
sacrifici, non valeva le loro rinunce. Lo aveva ripetuto milioni di volte, lo
aveva urlato con rabbia e mormorato con le lacrime agli occhi, ma a nulla era
servito. Gli altri avevano continuato a fare di testa loro. E lui per questo li
aveva odiati sentendosi in colpa per il fatto di farlo. Non aveva diritto di
ricevere nulla da loro e neanche pretendere o chiedere e di attaccarli. Ma così
non faceva altro che ricadere in un circolo vizioso.
Rin strinse i pungi e li abbattè con forza sulle coperte, sollevando il viso
inondato di lacrime. Yukio era il peggiore di tutti, perfino peggio di Shiro da
quel punto di vista. Aveva visto chiaramente cosa era successo al loro padre
adottivo, gli aveva anche dato la colpa, forse non poi così ingiustamente come
lui aveva cercato di ribattere, gli aveva detto che lo odiava per quello che
era accaduto, eppure nonostante quel testone si era rifiutato di abbandonarlo
al suo destino. E questo perché evidentemente, anche se suo fratello fosse
stato sincero quando gli aveva comunicato il suo disprezzo per lui, l’affetto
che provava per lui superava ogni sorta di rancore e lo portava a desiderare
solo il suo bene a qualunque costo. E questo non era giusto. Yukio non poteva
pagare per tutta quella situazione assurda, quella maledizione era sua, sua e
soltanto sua, il gemello non c’entrava nulla. E la cosa peggiore era che suo
fratello sembrava essere convinto del contrario, che quella cosa li riguardasse
entrambi alla stessa maniera. Ma il mostro era lui, non il giovane esorcista,
questo lo avrebbe capito chiunque. O forse no, forse non era così evidente
visto che anche Shiro e Mephisto sembravano pensarla come suo fratello, e non
erano due persone qualunque. Tornò ad affondare la faccia nelle lenzuola ormai
umide. Avrebbe voluto esserci lui in quel letto d’ospedale, non Yukio. Anzi,
avrebbe voluto morire in quella missione, portandosi dietro anche suo padre. In
fondo quello era l’unico modo per ridare una vita e la serenità alle persone
che gli stavano attorno. Troppo sangue era stato versato, sprecato per qualcosa
che non lo valeva e mai lo sarebbe valso. L’unico modo che aveva per
riscattarsi era chiudere quella guerra una volta per tutte e sparire. Allora sì
che sarebbe andato tutto per il meglio. L’idea lo fulminò come una scarica. Forse
era proprio questo che doveva fare, prendere ed andarsene via, lontano da tutto
e da tutti, fino a quando non sarebbe stato pronto ad affrontare la battaglia
finale. Fuggire via da quel muro protettivo che gli avevano eretto intorno,
prendersi una volta per tutte il peso delle sue responsabilità sulle spalle,
senza intermediari. Eppure non poteva farlo, non ne avrebbe avuto il coraggio,
la forza. Non poteva vivere senza quelle persone. E la sua debolezza lo
disgustava perché in fondo era quella la causa del loro dolore.
All’improvviso avvertì qualcosa strusciarglisi contro le gambe. Il ragazzo
abbassò lo sguaro e i suoi occhi azzurri incontrarono quelli gialli di Kuro. Lo
sguardo di quest’ultimo era traboccante di tristezza e comprensione. ‘Rin…Mi
dispiace’mormorò. Aveva intuito fin da quando Rin era entrato in casa cosa
doveva essere successo, ma aveva preferito dargli il tempo di riprendersi un
po’ prima di andare da lui. Però, vendendo che la situazione non migliorava,
alla fine si era deciso ad avvicinarsi per dargli il suo supporto.
Il mezzo demone si chinò e lo strinse forte, cercando istintivamente un
conforto nel suo calore. “Kuro! Perché, dannazione, perché? Io non
posso…anche Yukio, non…”singhizzò disperato. “Pure lui no, non me lo perdonerei
mai! Io non posso stare senza quel cretino!”.
La creatura si lasciò abbracciare e strusciò piano la testa contro il petto del
suo amico, cercando di consolarlo. ‘È messo così male?’chiese con un tono
gentile. ‘Cosa ti hanno detto?’.
“È…in ospedale. In coma. È stato Satana, Kuro, è stato quel bastardo! Io lo
sapevo, lo sentivo che…che c’era qualcosa, che…”ansimò Rin, scuotendo il capo.
“Mephisto è là con lui, mi ha impedito di vederlo, dice…dice che si sveglierà
presto, ma cosa cazzo ne sa lui! Ha blaterato cose senza senso…Dice
che Yukio è un demone, ma cazzo, non è vero! Io…Io non ci capisco
più nulla! So solo che mio fratello è chiuso in quel posto di merda, con la
testa chissà dove…E se…e se Satana lo avesse preso come tenta di fare come?!”.
Il panico lo invase, mozzandogli ancora di più il respiro già corto. “Io devo
fare qualcosa! Io…devo…”.
‘Rin, calmati. Se davvero fosse come dici te ne saresti accorto e lo sai anche
tu’lo interruppe il famiglio con dolcezza ma fermo. ‘Quindi non agitarti per
nulla, non ti aiuterà’. Attese che l’altro gli facesse un cenno di assenso e
poi riprese: ‘E poi non vedo perché non dovresti fidarti di quello che dice
Mephisto. Sarà anche un pazzo alle volte, ma di sicuro è uno che sa bene quello
che gli succede intorno. Se dice che Yukio si sveglierà allora vuol dire che lo
farà. Sull’altra questione, bisogna vedere cosa intendeva esattamente dicendo
che tuo fratello è un demone. Ma in questo momento non ci interessa, non
trovi?’.
“Hai…Hai ragione, Kuro. Mi sto facendo predere troppo. Ma sono sconvolto. Non
mi sono mai sentito peggio in vita mia!”gemette Rin stringendo i pugni
frustrato. “Questo cose succedono sempre a causa mia! Anche se
evito di cacciarmi nei guai alla fine qualcuno si fa sempre male! Non
è…possibile!”.
‘Se la smetti di darti colpe che non hai magari inizierai a sentirti meglio.
Yukio sapeva a cosa andava incontro, e non l’ha fatto solo per te. Anche lui ce
l’ha con Satana almeno quanto te. Ha rovinato la vita ad entrambi, non
scordarlo’lo rimproverò Kuro severo. Poi il suo tono tornò ad addolcirsi:
‘Yukio non vorrebbe che ti sentissi così in colpa, e neanche Shiro lo avrebbe
voluto. Le persone che tengono a te vogliono solo che tu sia sereno e che
riesca a coronare il tuo obiettivo. Ma non puoi fare tutto da solo, Rin.
Lasciati aiutare da chi ci tiene a te. So come la pensi, ma loro fanno i
sacrifici che fanno volentieri e poi combattono anche per le loro vite, in
fondo Satana è una piaga per molta gente qui ad Assiah’.
“Ma io non voglio che lo facciano!”ribattè il mezzo demone.
La creatura sospirò, esasperata dalla testardaggine del suo amico. ‘È inutile
discuterne ora. Sei stanco e soprattutto sei meno obiettivo del solito’. Si
divincolò dall’abbraccio andando a sedersi sul letto. ‘Forza, cambiati e cerca
di dormire un po’. Domattina ne riparliamo. Se vuoi vado io da Mephisto e vedo
se riesco a cacciargli fuori qualcosa di meglio delle sue chiacchiere inutili.
Ma adesso dobbiamo pensare a te, devi riposare’.
“Non so se riuscirò a dormire”fece stancamente Rin aiutandosi con le mani ad
alzarsi e iniziando a spogliarsi. “Ma penso che un tentativo lo posso fare.
Sono stanco morto, hai ragione”. Si asciugò il viso nella manica. “Dio, come mi
sono ridotto. Sono patetico, vero?”.
‘No, sei solo in ansia per una persona a cui tieni molto’rispose Kuro scuotendo
il capo dandogli un colpetto con la testa. ‘E questo prova che sei tutto tranne
un mostro!’.
Lui forzò un sorriso, sentendosi però veramente grato. Anche senza il suo
famiglio non sarebbe andato da nessuna parte. Finì di infilarsi il pigiama e si
lasciò cadere sul letto, accoccolandosi su un fianco. “Rimarrai qui con me
finché non mi sveglio? Ho paura degli incubi che potrei fare. E poi non voglio
stare solo”mormorò allungando una mano verso la creatura.
“Certo, Rin. Ma tu non pensare, chiudi gli occhi. Veglierò io su di te”fu la
risposta rassicurante. “Vedrai, tutto si aggiusterà presto”.
“Spero che tu abbia ragione”fece il ragazzo poco convinto chiudendo gli occhi e
stringendosi alle coperte. Cercò di concentrarsi sul pelo caldo di Kuro e sul
suo respiro regolare per scacciare tutte le emozioni che ancora lo
tormentavano. Voleva l’oblio del sonno, per quanto temporaneo esso fosse, ne
aveva un bisogno immenso. E in fondo si stava accorgendo di essere più stanco
di quanto si aspettava. Lo stress di quei due giorni e il turbamento delle
ultime ore gli erano caduti addosso con tutto il loro peso, sfiancandolo. Le
tenebre lo avvolsero in fretta, trascinandolo via nella loro inquitante
uniformità, ma regalandogli una notte senza sogni.
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Ciao a
tutti!
Ecco qui la seconda parte! Come avrete notato il capitolo è un po’ più lungo
del precendente…Ci tenevo a dividere la storia in sequenze temporali abbastanza
precise. Nella prima c’era l’introduzione della situazione iniziale e l’inizio
dello svolgimento, qui c’è la parte centrale che si fonda un po’ tutta
sull’attesa di Rin (con tutti i suoi tormenti interni e le sue paure) e poi sul
ritorno di Yukio (il fulcro un po’ di tutta la tragedia direbbe un’amica mia) e
nella prossima parte avremo il picco di tutta la tensione e il finale…Sì, sono
solo tre capitoli! Spero che non vi dispiaccia troppo xD
Comunque, parlando di questo capitolo in particolare…Ho inserito un bel po’ di
personaggi e mi sa che con alcuni sono uscita un po’ dalle linee guida! Spero
che sappiate perdonarmelo, non sono ancora espertissima di questo fandom. In
particolare mi piace molto il rapporto che hanno Kuro e Rin e infatti ho
inserito un po’ di scene con loro due anche se nel progetto originale non erano
previste. Vedo Kuro come una sorta di migliore amico per Rin, uno dei pochi che
lo capisce al volo e rispetta le sue idee e lo appoggia sempre e comunque pur
preoccupandosi per lui e cercando di evitare che si cacci nei guai. L’altro
personaggio che, oltre ai gemelli e a Mephisto, spicca in questa parte credo
sia Izumo. Ce la vedo bene a comandare un po’ tutti a bacchetta imponendo la
sua serietà sull’entusiasmo esagerato dei suoi compagni. Ha quel carisma da
leader secondo me anche se sotto sotto (almeno come la vedo io) non è poi così
fredda come vuole sembrare. Non più almeno, dopo tutto quello che lei e gli
altri hanno passato insieme.
Il capitolo è parecchio ricco di angst me ne rendo conto, ma ho cercato di
alleviare un po’ l’atmosfera con qualche scena un po’ più buffa (spero di
essere riuscita a strapparvi almeno un sorriso con le scenate di Izumo o con
Rin che si tormenta sul bacio di Yukio ^^”) anche se ovviamente il tutto resta
pesante. Spero che la cosa non vi abbia scoraggiato troppo! Non mi piacciono
molto le tragedie a tristo finale quindi potete rassicurarvi su come andrà a
finire…forse! u.u
Scusate, mi sono persa in chiacchiere!! >.< Perdonatemi, è un mio
viziaccio!! Grazie mille a doc11 e a Rebychan per le loro recensioni! Ringrazio anche chi ha letto la storia! Spero
che mi facciate avere almeno due righe su cosa ne pensate prima o poi. Sarebbe
davvero importante per me!
A presto! Un abbraccio,
Mystic
Ps: perdonatemi eventuali errori di battitura, il mio Word non ha il dizionario
italiano e non me li segnala! Se vorrete segnalarmeli non mi offenderò e ve ne
sarò anzi grata!