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Autore: Keiko    07/01/2012    9 recensioni
Poteva avere tutta la musica del mondo in testa, ma Olivia era stata abituata al fatto che i sogni erano il carburante della vita, e pochi erano quelli che – nell’arco di una sola esistenza – riuscivi davvero a realizzare senza il talento, la passione, le basi necessarie ad affrontare i problemi e una discreta dose di buona sorte.
Magari ti illudevi di farlo, ma poi ti accorgevi che non erano davvero sogni, ma sfizi che – una volta raggiunti – non ti davano nessun tipo di appagamento.
Holly aveva intuito che qualcosa – nella retorica dei sogni – entrava in netto contrasto con la loro consistenza quando aveva appeso al chiodo la chitarra.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Destini di Vetro'
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Huntington Beach, 2009
 
Dakota fissava Valary incredula, cercando nelle parole dell'amica una vaga forma di presa per il culo di cui, però, non vi era traccia.
“E quindi ti ha chiesto di... cioè, alla fine del tour tu e... cioè, io dovrei...”
Val era scoppiata a ridere, accasciandosi all'indietro sulla poltrona del salotto di casa Seward. Dakota e Johnny avevano deciso di andare a vivere insieme all'inizio dell'anno, e le cose stavano procedendo lungo la strada della loro normalità.
“Credi che Roxy accetterà di essere la mia damigella?” le aveva chiesto poi, facendosi all'improvviso seria.
“Perché non dovrebbe? Ha litigato con i ragazzi, non con te. Avete continuato a sentirvi o sbaglio?”
“SI, ci siamo sentite, anche se meno in quest'ultimo periodo. Tu e Holly, invece?”
“Ci siamo viste quando Holly è venuta a New York per una conferenza. Si è fermata qui qualche giorno in più e sono andata da lei. Fa strano vederla ora, si insomma: è davvero un'archeologa e fa solo quello, ci crede come quando aveva iniziato a farlo. Non... lei non ci sarà?” era poi riuscita a chiedere, consapevole del pericolo che stava correndo porgendo a Valary quella domanda.
“Non posso proibire a Matt di invitare la sua migliore amica. Nonostante tutto, la è comunque, anche se lei rifiuta le sue chiamate. Ha provato a cercarla, anche  per il suo compleanno, ma non si è fatta trovare. Abbiamo deciso che deve esserci, è normale, ma non sarà tra le mie damigelle né tra i testimoni di Matt. Non credo accetterebbe, comunque.”
Dakota aveva spostato lo sguardo su Val, strappando piccole strisce di carta dal depliant delle offerte economiche della settimana che aveva davanti, un refuso della posta del giorno malamente abbandonato sul basso tavolo del salotto.
“Non vuoi... cosa c'è, Dakota? Pensi sia una stronza perché non lascio a Olivia un posto d'onore accanto a Matt?”
“No, penso solo che tutte queste ripicche prima o poi finiranno. Sto perdendo la mia migliore amica un po' per volta e non è nemmeno colpa mia.”
“Bisogna essere in due per perdersi. Se non fa nulla per te, per esserti vicina, allora che razza di migliore amica è?”
“Non è così semplice. Ultimamente è poco presente anche a Cardiff, sta girando l'Europa e seguendo diversi progetti importanti. So perché lo fa, non ho bisogno che me lo spieghi. Mi fido di Holly anche se non condivido la sua politica. Avrebbe dovuto fare un passo indietro ma dopo tutti questi anni di fughe e ricerche, non l'avrebbe mai fatto. È  diventata Holly lontana da Huntington Beach perché non si sentiva giudicata. La verità è che né lei né io siamo mai state forti abbastanza per fregarcene dei giudizi di quei cinque.”
“Nessuno lo è, puoi stare tranquilla. Allora? È  un si?”
“Si, ci sarò.”
“Perfetto! Da domani, preparati a vivere all'interno dell'organizzazione di un matrimonio per i prossimi tre mesi!”
“Non è che quei cinque hanno deciso di andare in tour proprio ora per...”
“Esattamente. Per scaricare su di noi tutta la parte più divertente, ovvio. Scappo, devo andare da Gena e poi a pranzo con Michelle. Non dire nulla a Holly. Voleva essere Matt a invitarla.”
“Considerando che non gli risponde nemmeno al telefono...”
“Troverà un modo, non è così stupido.”
Nemmeno così intelligente, ma quel pensiero, Dakota aveva preferito tenerlo per sé. Aveva atteso che Valary uscisse dal suo appartamento, poi si era diretta in cucina per prepararsi un caffè. Matt aveva chiesto a Valary di sposarlo già da un paio di settimane, ma i preparativi del tour avevano impedito a entrambi di mettere al corrente della cosa gli amici. Non sapeva che effetto facesse, sentirsi chiedere la mano dall'uomo che ami da sempre, ma sapeva come si era sentita lei, nell'accettare l'offerta di Valary. La piccola Dakota, legata a Holly come dieci anni prima, si dibatteva e scalciava, obbligandola a uno scontro all'ultimo sangue con la frustrazione di un'amicizia a metà, rilegata a conversazioni via Skype, telefonate chilometriche e vacanze last minute per poter passare un po' di tempo insieme. Valary era stata una buona amica, mai la migliore. Nonostante Dakota non avesse nulla da recriminarle e anzi, una buona fetta di riconoscenza da concederle – specie durante il periodo del trasloco in cui le sembrava tutto in procinto di andare a farsi fottere -, non riusciva a sfanculare Holly. Chiunque altro avrebbe chiuso quella storia da un pezzo, loro, avevano continuato ad aggrapparsi l'una all'altra perdonandosi tutto. Era quella la vera amicizia, o era il restare legate a un ricordo d'infanzia per paura di restare sole? Dakota se l'era chiesto spesso, ma restava innegabile il fatto che quando c'era Holly, sembrava che il tempo non fosse mai andato avanti e lei non se ne fosse mai andata. Forse era una specie di magia, forse la voglia di entrambe di continuare a crescere insieme e restare il capo saldo nella vita dell'altra eppure, in quel momento, Dakota aveva appena accettato la proposta di Val, ma cos'altro poteva fare? Holly l'avrebbe davvero potuta accusare di averla tradita quando lei, per prima, era fuggita da Huntington Beach e aveva preferito Nick e Roxy a lei? Nick poteva anche essere una scelta logica, sotto un certo punto di vista: sapeva che per amore, spesso, sei disposto a tutto, ma Nick comprendeva nel pacchetto anche la presenza di Roxanne, una migliore amica che poteva sostituirla in qualsiasi momento. Quello, le faceva davvero paura: svegliarsi una mattina e scoprire che Holly l'aveva archiviata tra le cose vecchie, nel cassettone dei ricordi di Huntington Beach.
 
 
“Roxy?”
“Ehi Val! Come stai?”
“Ho una notizia strepitosa, ma non potrai rifiutare la mia offerta. Ti voglio come  damigella d'onore al mio matrimonio. Io e Matt ci sposiamo a luglio.”
Dall'altro capo del telefono, Roxanne si era ammutolita, per poi emettere un gridolino entusiasta di sincera felicità.
“Mi hai spiazzata, lo sai? Complimenti Val, erano anni che aspettavi questo momento e...”
“Non me ne frega nulla di ciò che è accaduto. Il tuo posto è accanto a me quel giorno. Verrai vero?”
“Non posso rifiutare.”
“So che ti chiedo un sacrificio enorme, ma ci siamo noi. Se escludiamo tuo fratello e Brian non ci saranno problemi. Basta che li ignori.”
“Facile a dirsi” aveva borbottato la mora, seduta davanti al pc intenta a colorare alcune locandine di eventi londinesi che le aveva commissionato, per conto di un amico, Ian.
“Dovreste arrivare qui almeno qualche giorno prima. Dovrai fare la prova dell'abito e sistemare ciò che non va e...”
“Perché parli al plurale?”
“Inviteremo anche Holly, ma ho lasciato che se la sbrighi Matt per mille motivi. È  la sua migliore amica, potrebbe decidere di non presentarsi e un mucchio di altre cose, tra cui il fatto che l'invito di Matt sarebbe più sincero.”
“Non cambi mai, vero?”
“Sono solo oggettiva. Se la chiamassi io non muoverebbe un muscolo da dove si trova ora.”
“Non resterà a Il Cairo sei mesi, credimi. Sta malissimo là!”
“Dove scusa?”
“È  con una spedizione di archeologi a prelevare diversi cimeli di Tutankhamon e visitarne di nuovo la piramide. Sta allestendo una mostra tematica per il British Museum (*) in questo periodo.”
“Aveva ragione Dakota quando ha detto che aveva messo la testa a posto allora” aveva replicato Valary divertita.
“Non direi proprio... fa solo seriamente il suo lavoro, e fa paura. Ma resta sempre la solita casinista. Niente guai per il tuo matrimonio, ma tieni a freno Brian e mio fratello, okay?”
“Ci penserà Matt, tranquilla. Non vedo l'ora di rivederti, lo sai? Mi manchi.”
“Anche tu, ma tra qualche mese sarò lì.”
“Ma non resterai...”
“No, per ora è ancora troppo presto.”
 
“E bravo Sanders! Quindi alla prima tappa di tour vomiteremo l'anima per festeggiare come si deve!” aveva esordito Jimmy dandogli una sonora pacca sulla spalla.
“Non è così semplice. Si cioè, si occuperà di tutto Val, ma dovrei invitare Holly e non mi risponde al telefono. Ho provato anche un paio di sere fa ma suona a vuoto. Sono un coglione.”
“Inviterai Holly?” gli aveva chiesto il batterista, guardandolo di sottecchi da dietro le lenti degli occhiali da vista.
“La voglio qui per il mio matrimonio. È  la mia migliore amica, Jimmy. Val vuole che sia un'ospite normale, niente testimone o damigella o cose di questo genere. Prima che tu possa aggiungere qualsiasi cosa: ho scelto di sposare Val, non voglio litigare per una cosa del genere. E comunque ci sarà anche Roxanne.”
“Ovviamente è tutto  calcolato. Loro torneranno, passeranno un fantastico matrimonio con i loro amici di sempre, e tutti vissero felici e contenti. Non ti sembra una cazzata?”
“Cioè?”
“Forse dovresti sistemare le cose, almeno con Holly. Si insomma, Roxy e Val alla fine si sentono regolarmente, ma tu e Olivia... siete al capolinea da un pezzo.”
“Non che mi abbia dato modo di metterci una pietra sopra, eh. Lascia che il telefono squilli a vuoto, e lo fa anche se la chiamo nascondendo il numero.”
“Dovevi andare là di persona, forse avrebbe funzionato.”
Jimmy gli aveva sorriso, porgendogli il proprio cellulare.
“E con questo cosa dovrei farci?”
“Pulirti il culo.... andiamo Matt, chiamarla?”
Il cantante aveva squadrato attentamente l’amico, con aria perplessa.
“Perché dovrebbe rispondermi?”
“Perché penserà sia io. Lo faccio solo perché è un'emergenza, cosa che dovrai spiegare anche a lei, perché non ho la minima intenzione di entrare nelle vostre diatribe da sedicenni. Ah, e dovrai giurarmi che non dirai nulla a Zacky, intesi?”
“Tu... sentivi Holly?” gli aveva chiesto lui allibito. Si sentiva abbastanza stupido per non averci pensato prima, per non aver mai chiesto a Jimmy un aiuto per contattare Holly, ma era stato decisamente bravo a non lasciarsi sfuggire alcunché in merito. Olivia e Roxanne, nei mesi, erano diventati un tabù per lui, Brian e Zacky: parlare di loro significava troppo spesso finire a litigare e incolparsi a vicenda, e non erano mai cose che passavano con una sana dormita.
“Chiamala, dai.”
Matt si era dato una scrollata alle spalle, come a voler scacciare lontano i pensieri di un'amicizia di cui non sapeva nulla, di un rapporto che aveva continuato a crescere là dove il suo si era bruscamente interrotto. Jimmy l'aveva soppiantato?
Uno, due, tre squilli, poi dall'altra parte aveva sentito l'inconfondibile risata di Holly ad accoglierlo.
“Ehi Jimmy! Indovina dove sono? Non ci crederesti mai! Sono su un cammello nel deserto, di ritorno dalla piramide di Tutankhamon! Se fosse davvero maledetta a quest'ora saremmo già tutti morti!”
“Ehi, sei in forma” era riuscito a risponderle a fatica Matt, ingoiando qualcosa che gli sembrava un rospo grande come un orso, immaginandosela allontanarsi dall'orecchio il cellulare per essere certa di non aver sbagliato a rispondere.
“Matt?” gli aveva chiesto stupita.
“Non sapevo come contattarti, scusami. Non riagganciare, però, per favore.”
“Jimmy lo sa?” aveva esalato lei sospirando, come se fosse rassegnata all’idea che, prima o poi, una cosa del genere sarebbe accaduta.
“Mi ha dato lui il suo telefono. Devo dirti una cosa importante. Io e Val ci sposiamo a luglio, vogliamo tu sia presente.”
Dall'altra parte un lungo silenzio, poi Holly aveva ripreso la parola.
“Finalmente ti sei deciso! Ti ci sono voluti altri due anni per renderti conto di cosa sia Val per te? Sei più ottuso di quanto pensassi.”
“Voglio che tu ci sia, lì dove sei sempre stata. Avrei voluto che fossi la mia testimone di nozze ma non sarebbe stato giusto nei confronti di Val e nei nostri, dopo quello che è successo e...”
“Certo, tranquillo Matt. Grazie per aver deciso di invitarmi ugualmente, non deve essere stato facile con... si, insomma, grazie. Posso pensarci? Tra un paio di giorni rientro a Cardiff, controllo di non avere impegni di lavoro e ti faccio sapere. Non hai cambiato numero, no?”
“No, ovvio. Tutto bene lì?”
“A parte che sto mangiando solo datteri direi di si. Ti racconterò tutto prima o poi. Dai un abbraccio a Jimmy, ci sentiamo al mio rientro o rischiate di spendere una follia con questa telefonata.”
“Okay, buon rientro allora.”
“Grazie.”
Matt aveva fissato la chiamata interrotta da Holly, per poi lanciare un'occhiata a Jimmy.
“Allora?”
“Ci deve pensare. Ora è in Egitto. Cos'ho sbagliato?” gli aveva chiesto poi, notando l'aria scettica dell'amico.
“Il discorso del ruolo importante. Lei è la tua migliore amica ma finirà al tavolo con i Berry e i Madden. Non ti sembra un paradosso e una grande presa per il culo?”
“Non dirai che...”
“Se accetta, ricordati che per lei è un sacrificio enorme.”
“Non verrà mai contro la propria volontà.”
“Per te? Passerebbe sopra qualsiasi cosa, come ha fatto altre decine di volte, tra regali di compleanno dimenticati e cose di questo genere. Tu e Zacky avete sempre avuto una corsia preferenziale con lei, e ve la siete anche giocata.”
“Non ci ha mai risparmiato nulla. Ogni volta l’hai rimarcato senza troppi giri di parole.”
“L'amicizia vera è proprio così: ti sbatte davanti la verità, sempre e comunque.”
“Pensi che accetterà?”
“Credo non abbia molta scelta.”
Matt non si era sentito stronzo, solo egoista, ma se anche Holly fosse tornata solo per una questione formale ci sarebbe stato poi il tempo per chiarirsi e recuperare un po' del tempo perduto, magari. Voleva chiederle di accompagnarlo a provare il vestito e sperava si presentasse l’occasione giusta per chiederglielo. Desiderava un po' di tempo da passare solo con lei, ecco tutto. Da quando gli era stata preclusa l'esclusività della loro amicizia?
Indubbiamente dall'arrivo di Zacky ma non vi aveva mai dato troppo peso perché Holly era sempre stata brava a farli sentire entrambi unici e speciali.
 
 
Cardiff, 2009
 
 
Roxanne aveva accettato l’appuntamento di Olivia consapevole di ciò a cui andava incontro. Holly, dopo ogni rientro a casa da qualche “missione” – come le piaceva definirle, dandosi un tono da eroina -, era un tornado. Parlava senza degnare di attenzione il prossimo, raccontava aneddoti sulla squadra con cui aveva lavorato, ricostruiva interi periodi storici infarcendoli di particolari assurdi o condividendo le ultime scoperte. Al prossimo, in genere, la cosa importava relativamente. Nick la ascoltava sorridendo, un po’ come si può fare con i matti; Roxy cercava di schivare la prima serata a Cardiff in compagnia dell’amica, cercando di vederla quando l’entusiasmo fosse scemato un poco entro le successive quarantotto ore. Non si sentiva insensibile, si sentiva quanto mai giusta nei propri confronti, nell’evitare di farsi scaricare addosso la quantità di gioia di Holly. In qualche modo, Olivia aveva tentato di andare avanti, cercando di non lasciarsi schiacciare dal senso di colpa. Il nome di Zacky, o quello di Matt o di Brian, comparivano nelle loro conversazioni sempre e comunque: non potevano fare a meno di ricordarli, ma cercavano di non soffermarsi troppo sul dettaglio del dolore, costringendosi a proseguire oltre, come quando parlavano di Jimmy o Dakota. In quell’occasione particolare, però, il messaggio di Holly era stato chiaro: dovevano parlare di Huntington Beach, dunque Matt era riuscito a chiamarla, in qualche modo. Di certo, il perno della conversazione di quella sera non sarebbero state le scoperte fatte a Il Cairo e quanto fosse realmente alto il faraone Tutankhamon, dettaglio che Roxy avrebbe tranquillamente ignorato per il resto della sua vita, bensì il matrimonio di Matt e Val.
Holly era arrivata con almeno quindici minuti di ritardo, gli occhi stropicciati dal sonno e i capelli raccolti in una coda di cavallo asimettrica.
“Non potevi almeno pettinarti?”
“Mi sono addormentata davanti alla tv, scusa.”
“Potevi farti la coda di cavallo dritta almeno?” l’aveva punzecchiata la mora, ridendo.
“A me piace di lato, lo sai benissimo” aveva sbuffato la  rossa storcendo il naso nella sua tipica espressione infastidita.
“Così ti da’ l’aria da piccola peste. Bentornata.”
Holly le aveva sorriso, posandole un bacio sulla guancia e cingendole il collo con le braccia, in un gesto affettuoso da sorelle. O da amiche di vecchissima data. Forse, restare sole a Cardiff, le aveva costrette a sorreggersi e venirsi incontro, minimizzando gli scontri senza però farsi troppi scrupoli: erano due che andavano per vie dirette, che non conoscevano la diplomazia se non in rari frangenti, e questo le aveva portate spesso a lanciarsi frecciate nemmeno troppo velate.
“Ti ho portato un ricordo dall'Egitto.”
“Non è un teschio come quello che avevi portato a Zacky, vero?”
“Gli avevo portato anche il chiodo con cui era chiusa una bara medioevale. Dicono che porti fortuna, lo sai?”
“Ha apprezzato: ce l'aveva ancora a casa l'ultima volta che...”
Roxanne si era morsa il labbro inferiore, nel tentativo di fermare il flusso di memoria che la stava spingendo indietro nei ricordi e negli anni, alla ricerca dell'esatto istante in cui Zacky si era ritrovato tra le mani il regalo di compleanno che Holly, con la certezza assoluta di rendergli l'onore dell'unicità, gli aveva portato dai suoi primi anni da archeologa.
“Comunque, niente Mani di Fatima o cose del genere.”
“Cosa sarebbe?”
“Sono le mani dei morti. Le usano  per farci le Messe Nere. Troviamo un sacco di  scheletri con le mani amputate proprio per questo motivo.”
Roxy l'aveva fissata con aria disgustata, sospirando.
“Ogni giorno che passa capisco perché ami così tanto il tuo lavoro. Ma come fai?”
“A fare cosa, scusa?” le aveva chiesto la ragazza, senza capire a cosa alludesse.
“Niente, lasciamo perdere.”
“Questo è per te!” aveva rincarato Holly, estraendo dalla tasca della giacca un piccolo pacchettino avvolto in un foulard di seta.
“A cosa lo devo?”
“A nulla. L'ho visto, sembrava che ci fosse scritto su il tuo nome e l'ho comprato.”
Sono in debito di un regalo di compleanno, quindi questo consideralo un pegno per essere in pari.
Pochi istanti dopo, Roxanne stringeva tra le mani un ciondolo a forma di cuore, finemente intarsiato, di quelli al cui interno puoi mettere le fotografie.
“Cosa diavolo... ti è costata una fortuna questa meraviglia.”
“Guarda che là, nei mercatini, trovi cose stupende a prezzi ridicoli. Spero ti piaccia” le aveva risposto decisa, afferrando la tazza di cappuccino fumante tra le mani, cercando di contenere l'agitazione.
“Stupenda. È davvero bellissima. Grazie.”
“Sono felice ti piaccia. Sul serio.”
“Ma quale sarebbe il problema?” aveva chiesto Roxanne, virando la conversazione dritta al nocciolo della questione.
“Lo sai benissimo qual'è il problema.”
“Veramente no. Credo siano molteplici le scelte e non so se sia una sommatoria di tutte o soltanto una in particolare.”
“Sai di Matt e Val, vero?” le aveva chiesto la rossa, timorosa di attivare una serie di pericolose dinamiche che le avrebbero portate a soffrire. Di nuovo.
“Mi ha chiamata Val. Sarò una delle sue damigelle d'onore.”
Ad Olivia, per poco, la tazza non era scivolata dalle mani: il suo cuore, comunque, era scivolato dritto in fondo allo stomaco e non aveva alcuna intenzione di risalire. Doveva aspettarselo, dopotutto.
“Che ti prende? Sembra ti abbia dato una notizia da funerale. È  un matrimonio Holly, dovresti...”
“Dovrei tornare ad Huntington Beach?”
Roxanne l'aveva guardata sorpresa, tenendo sollevata a mezz'aria la propria tazza di caffè, cercando di comprendere il motivo per cui Holly, in quel momento, pareva sull'orlo delle lacrime.
“Non piangerai perché Matt e Val si sposano, vero? È una vita che stanno insieme non puoi credere che non accada una cosa del tutto naturale come questa.”
“E se non torno?”
Non c'è più posto per me, là.
“Te ne pentirai per tutta la vita e lo sai benissimo senza che te lo dica io. Davvero stai pensando di non venire?”
“Non sarà troppo difficile per me?”
“Olivia Bridges che ha paura?”
“Non ho paura, è solo che... non lo so come mi sento. In ogni caso, non mi aspetta nessun posto d'onore.”
“Che cosa vorresti dire?” le aveva chiesto l’amica, senza capire il significato immediato di quelle parole cariche di un dolore, il quadro perfetto delle sue paure fattesi reali.
“Io non ci sarò al fianco di Matt. Sono solo un'invitata tra tanti.”
Roxanne, in un istante, aveva compreso tutta l'amarezza che leggeva sul volto di Holly da quando era arrivata.
“Non è quello che fa la differenza. Ti vuole ad Huntington Beach, cosa te ne fai dell'ufficialità di una cerimonia?”
“Già. E dovrò ingoiare un sacco di rospi.”
“Siamo in due, ma ci saranno anche Jimmy, Johnny e Dakota ad aiutarci. Pensi che Dakota possa lasciarti da sola in un momento del genere? Sei sicura di sentirti bene? Non è da te una reazione del genere.”
“Dici che dovremmo andare allora?”
“La scelta spetta a te, ma rinunceresti davvero alle nozze del tuo migliore amico a causa del rancore? Passiamoci sopra. Per Val e Matt. Poteva non chiamarti e tu rifiutare la telefonata come hai sempre fatto e...”
“Aveva il telefono di Jimmy” l'aveva interrotta Holly con aria assorta.
“Significa che Matt lo desidera davvero o non avrebbe tentato di rintracciarti in ogni modo per dirtelo personalmente. Pensa a Val: al suo posto ti vorresti lì, in mezzo ai suoi amici di  sempre?”
“Roxy, per favore...”
Holly si era stretta nelle spalle, senza aggiungere altro. Parlare con Roxanne di Matt era sempre stato impossibile. Per la sorella di Zacky quella era solo una cotta sbagliata che aveva messo in costante apprensione Val per anni, e ancora vedeva il rapporto tra lei e Matt come qualcosa di morboso. Come se tutti quanti loro, poi, conoscessero un modo differente di vivere i legami affettivi.
“Okay, non vuoi sentirti dire di aver sbagliato.”
“Cazzo Roxy! Matt era il mio migliore amico: cosa dovevo fare? Smettere di frequentarlo di punto in bianco? Me ne sono dovuta andare a New York per allentare il rapporto e lasciare un po' di pace a tutti quanti e tu mi  vieni a dire che io ho sbagliato? Anche tu sei scappata da Huntington Beach quando Brian si è comportato da stronzo. Vedi alternative quando sei con le spalle al muro e ti schiacciano il cuore? Io no sinceramente.”
“Quando tornavi erano tutti per te. È  stato persino peggio così sotto un certo punto di vista, se ci rifletti. In ogni caso, nessuno ti ha obbligata a partire, è stata una tua scelta.”
Holly aveva aperto la bocca come per voler ribattere, poi aveva scosso il capo sorridendo, di un sorriso amaro e rassegnato: non si sarebbero mai trovate dalla stessa parte su una sola cosa che riguardava il loro passato. Sotto un certo punto di vista era logico fosse così, dall'altro era chiaro che erano ancora troppo immature per dare un giudizio oggettivo su scelte che non avrebbero più potuto cambiare, a distanza di anni.
“Ci pensi mai a cosa sarebbe accaduto se non fossi scappata da Huntington Beach quando Brian ti ha lasciata?”
Roxanne era stata colta alla sprovvista, ma Holly non le aveva dato il tempo di ribattere o rabbuiarsi: stava parlando più a sé stessa che all'amica.
“Si, insomma, se fossi rimasta magari vi sareste rimessi insieme. Io ci penso, a tutte le strade possibili che avremmo potuto intraprendere, e arrivo sempre alla conclusione che non ce l'avrei mai fatta restando ad Huntington Beach. Era destino che andasse così.”
“E che ci trovassimo dopo anni di disinteresse reciproco?”
“A volte un organismo monocellulare come la sottoscritta può rivelare piacevoli sorprese” le aveva risposto divertita Holly.
“Dunque si torna a casa? Dovrò chiedere ai miei genitori di ospitarmi, ma ho paura che Zacky...”
“Possiamo dormire da me. Sai benissimo in che condizioni si trovi casa mia ma per il periodo in cui restiamo sarà sufficiente e in qualche modo ci arrangeremo.”
“Non avevi chiesto a tuo padre di vendere la casa di tua nonna?”
“Si ma non l'ha fatto. Sostiene che è pur sempre un investimento, e che comunque prima o poi mi passerà lo scazzo e tornerò ad Huntington Beach. Non voglio restare da sola, Roxy.”
“Sei una fifona.”
“In due le cose sono più semplici.”
 
 
Dell'amicizia con Dakota, quella con Roxanne non aveva nulla a che vedere. Roxanne non la spalleggiava per partito preso, non le risparmiava alcunché e quando doveva colpire, mirava sempre a dove faceva più male. Altro punto in comune con Zacky, quello. Tra le due, in genere era Holly a lasciar cadere i discorsi: la infastidiva il modo in cui Roxanne l'accusava, come se fosse sempre e soltanto lei la causa dei propri problemi. Di certo era consapevole che la lontananza da Huntington Beach si stava facendo sentire in modo pesante, quasi fisico. Si trovava a fare sogni talmente realistici che, la mattina, si svegliava con le lacrime agli occhi. Le pareva di avvertire il profumo salmastro dell'oceano per poi fare i conti con la sabbia rossa di Cardiff, gelida a contatto con i piedi nudi in qualsiasi mese dell'anno. Per non pensare si era gettata a capofitto nel lavoro, in quel sogno in cui aveva creduto per anni e a cui si era dedicata mancando della devozione totale che avrebbe dovuto concedergli,  perché la sera c'era il pub e un pezzetto di California a tenerle compagnia. Con il litigio furioso con Zacky e Matt, Holly aveva preso coscienza che l'allontanamento da Huntington Beach era sempre stato temporaneo, una fase transitoria proprio come la era stata New York. Era come se nessun posto al mondo potesse calzarle perfettamente addosso, come se quel cuore, abbandonato tanti anni prima, continuasse a reclamare la propria padrona con una nenia ipnotica simile al canto di una sirena. A Cardiff si sentiva a casa e aveva scoperto la vera sé stessa, ma non era casa sua: ne era consapevole e tutto era peggiorato dopo il ritorno da Zanzibar. A Cardiff si annoiava, riusciva a passare in città periodi nemmeno troppo lunghi, sempre pronta a viaggiare anche solo per spostarsi a Pontypridd e cambiare aria. Con la certezza di essere solo un’affittuaria e di non poter tornare nel luogo dove era cresciuta, Holly si sentiva braccata dalla vita e dalle responsabilità. Lanciarsi nel lavoro, accettare nuovi incarichi e scoprire le proprie capacità, l'aiutava a dimenticare dove avesse lasciato cuore e anima. Nick aveva passato un breve periodo a New York, poi era tornato a Cardiff e, spesso, seguiva Holly nei suoi viaggi di lavoro. Lei, di rimando, l'aveva seguito nel tour europeo degli Strokes, scoprendo che la convivenza forzata con Julian era un ottimo scacciapensieri, al punto tale che riusciva ad addormentarsi sfinita dalle risate. Holly, a volte, avvertiva il bisogno di stare sola, lontana da chiunque la conoscesse a fondo, per fare i conti con la propria coscienza. Si sentiva meschina e a volte l'impulso di chiamare Zacky e urlargli contro quanto erano idioti, tutti quanti compresa lei, la schiacciava. Sapeva di correre lungo la linea di quell'errore proprio come tutti gli altri, come se binari paralleli li stessero portando nella medesima direzione, rendendo loro impossibile ogni via di comunicazione. Come poteva fare il primo passo, quando dall'altro lato si aspettava un deciso vaffanculo? Meglio vivere nel dubbio e nel rimorso, in quel caso, piuttosto che sentirsi urlare in faccia che faceva proprio schifo come amica e che, anzi, di lei non aveva bisogno nessuno. Matt, in un certo senso, gliel'aveva fatto comprendere, ma con lui era una cosa che sapeva da tempo. Su Zacky, invece, aveva sempre nutrito la convinzione che nessun amore – nemmeno quello grande come l'universo intero – avrebbe potuto sostituirli nella vita dell'altro. Se l'erano anche promessi al MoMa eppure, in quel momento, anche quel giuramento le pareva solo l'ennesima bugia, o l'ennesima illusione nella quale si erano rifugiati per non affrontare la realtà dei fatti: si stavano dicendo addio. Nessuno è immune allo scorrere del tempo e ai mutamenti che la vita compie su ognuno di noi e loro non facevano eccezione. Avevano sempre creduto di poter spaccare il mondo, invece, il mondo lentamente li aveva separati. Nick, dei periodi di silenzio di Holly, aveva paura. Erano poche ore nell'arco di un mese, ma persa nel suo mondo, distante anni luce da lui e impenetrabile, riusciva a spiazzarlo. Era nostalgia di casa, l'aver perduto le proprie radici e non avere nemmeno più la consapevolezza di sé. Quando le dinamiche su cui aveva basato un'intera esistenza erano andate a farsi fottere, si era chiesta se non fosse lei, a essere il problema principale della sua esistenza. Continuava a combattere per farsi accettare, ma perché? Avrebbero dovuto volerle bene per ciò che era, non per come si sforzava di sopportarli, aiutarli e sostenerli. Quando aveva provato a far capire a Zacky una cosa del genere, erano sempre riusciti a prendersi a male parole. Ce la faremo anche questa volta. Niente colpi di testa, niente pensieri negativi: è il matrimonio di Matt e voglio che sia perfetto. E quando si leveranno di torno per qualche tour, potrò finalmente riabbracciare Dakota come si deve.
Avrebbe desiderato abbracciare allo stesso modo Zacky e Matt – e persino quell'idiota di Brian che, da quello che ricordava, aveva sempre tenuto a debita distanza sia per rispetto nei confronti di Roxy, sia perché non erano mai sulla medesima frequenza d'onda. Oltre tutto, lei risultava solo la mocciosa, dunque perché preoccuparsi di Brian? - ma era meglio non pensarci: nessuno di loro sarebbe tornato sui propri passi, nessuno avrebbe ceduto alle scuse per primo, dunque sarebbero rimasti in quella fase di stallo per tutto il resto della loro esistenza. Quando aveva sedici anni non pensava certo che, dieci anni dopo, le persone più importanti della sua vita se ne sarebbero andate così, per una cosa tanto stupida come la gelosia. Per una cosa tanto idiota come l'orgoglio.
 
 
Roxanne aveva dovuto gettarsi sotto la doccia per rendersi conto di quello che le attendeva al loro ritorno ad Huntington Beach, realizzando la cosa solo quando aveva tra le mani le prenotazioni del volo per Los Angeles, nemmeno ventiquattr'ore dopo l'incontro con Holly.
“Bell'amica, davvero! Non mi hai lasciato nemmeno una notte per pensarci?” l'aveva rimproverata la rossa, sbottando al telefono non appena Roxy, con l'aria più innocente del mondo, l'aveva avvertita di aver già predisposto ogni cosa.
“A che ti serve pensarci? A farti mille problemi inutili. Avverti Matt che ci sarai, piuttosto.”
“Devo?”
“Ma che razza di domande fai?”
“Si si, okay. Senti Roxy... ma come ci si veste per un matrimonio? All'ultimo a cui sono andata credo di aver avuto sei o sette anni, non di più.”
“Ricevuto signorina Bridges. Sarò la sua Fata Madrina” le aveva risposto Roxanne incoraggiante, mentre dall'altro capo del telefono era giunto solo un lungo sospiro di rassegnazione.
“Non imparerò mai a tacere.”
Roxanne, con indosso solo l'accappatoio ancora umido e i capelli avvolti in una lunga salvietta, si osservava allo specchio cercando i cambiamenti che l'ultimo anno poteva aver lasciato sul suo volto ma era la stessa di sempre.
Avrebbe trovato cambiato Zacky? Si sarebbero rivolti la parola? A Brian non voleva nemmeno pensare e già ipotizzare un riavvicinamento con suo fratello era un sogno a occhi aperti. Nessuno di loro sarebbe retrocesso di un solo passo, dunque l'unica cosa che avrebbero potuto fare sarebbe stata ignorarsi. Roxy invidiava la libertà che, inconsapevolmente, Matt aveva lasciato a Holly: senza obblighi da cerimonia avrebbe potuto evitare fotografie, incontri comuni e restarsene con Jason, magari. Okay, Holly odiava i gemelli con tutte le proprie forze, ma c'era da dire che sapevano come divertirsi in ogni occasione. A lei sarebbe invece stata imposta la presenza di Michelle e sarebbe stata investita della felicità di Val. Non che fosse invidiosa, ma c'era una parte di lei che gridava che quel futuro le poteva essere riservato, se le cose non fossero andate a rotoli con il passare del tempo. Be', le cose nella vita non vanno mai come vorremmo, dopotutto. Non avrebbe mai creduto possibile quel genere di pensiero, eppure, si rendeva conto che il suo punto di forza sarebbero stati Jimmy – ovviamente – e la piccola Olivia, dispersa tra decine d'altri invitati senza però passare inosservata con quella lunga chioma rosso fuoco. Si mise a sedere sul letto, stringendo tra le mani il cellulare, indecisa se contattare suo fratello per avvertirlo del loro ritorno.
“Ci penserà Val” si disse, spostando l'attenzione sui propri capelli, spazzolandoli con forza nel tentativo di domare le onde ribelli. Sarebbero state perfette: per l'ultima volta, avrebbero ricordato loro cosa avevano perso.
Dobbiamo essere in forma. Niente musi lunghi, okay?
 
 
Huntington Beach, 2009
 
 
“Verrà sul serio” era stato il commento incredulo di Matt, mentre osservava il display del proprio cellulare con aria sbigottita, disteso sul divano del salotto, la musica di Halo in sottofondo.
Il messaggio di Holly, infatti, recitava un semplice “ci sarò”, che per Matt aveva significato più di mille parole. Sarebbe tornata per lui, per sorreggerlo ed esserci nel momento più importante della sua vita. Be', forse uno dei tanti: durante i successi della band, di momenti di totale felicità ne avevano avuti altri dopotutto. Non ci aveva nemmeno sperato, che Olivia decidesse di tornare: al telefono era stata distaccata, quasi scazzata all'idea non fosse Jimmy all'altro capo del telefono, per cui aveva dato per scontato di ricevere un perfetto due di picche e un sonoro vaffanculo. Ogni tanto si era chiesto quanto di idiota ci fosse stato nel suo comportamento, negli anni, e quanto da poter essere giustificato. Si era approfittato dell'affetto – e anche della cotta – di Holly per poterla avere accanto e poter stare con Valary senza problemi. Se qualcosa faceva soffrire Val, bastava privare di quella cosa Holly per pareggiare i conti. Olivia non gli aveva mai rinfacciato nulla, aveva accolto ogni mancanza con il rispetto che si deve a chi, nella vita, cambia l'ordine delle proprie priorità. L'aveva fatta soffrire? Avrebbe dovuto chiederlo a Jimmy, un giorno, solo per poter chiedere perdono a Holly con una motivazione valida. Zacky, di certo, non sapeva nulla: l'unico ad aver visto la piccola Olivia – quella più autentica – era stato Jimmy. Brian aveva sempre visto ma se n'era fregato, almeno in sua presenza. Non voleva intromettersi e aveva sempre altro a cui pensare, Roxy su tutto. Lasciarla era stato il suo errore più grande e benché Matt fosse affezionato a Michelle, non avrebbe mai mentito sostenendo che fosse la donna adatta a Brian.
“Ehi, cos'è quel sorriso? Un piccolo uccellino mi ha fatto sapere che qualcuno di importante sarà qui a luglio, è passato anche da te?”
Non aveva nemmeno sentito rientrare Valary, con le borse della spesa tra le mani, raggiante e allegra.
“A quanto pare l'ascia di guerra è stata sotterrata.”
“So che non dovrei dirlo, ma sei stato coraggioso e molto saggio, Sanders. Non è da tutti retrocedere dalla propria posizione. E anche la signorina Bridges ha dimostrato qualcosa di molto importante” gli aveva risposto lei, sedendosi sulle sue ginocchia e cingendogli il collo con le braccia, sfiorandogli il naso con la punta del proprio.
“Non era la tua acerrima nemica?”
“Sposerai me, ho vinto la mia piccola guerra, mentre tu hai bisogno di qualcuno che ti dica che andrà tutto bene. Qualcuno che non sia Jimmy o quello scemo di Zacky da ubriaco.”
“Hai paura che scappi prima del si?” gli aveva risposto il ragazzo, accompagnando la frase con una risata divertita.
“No, non voglio che tu abbia rimpianti. Non avere Holly sarebbe un duro colpo e non saresti davvero felice. Ti mancherebbe qualcosa perché quel giorno sia perfetto e non voglio che accada.”
Le aveva posato un bacio sulle labbra, mentre lei gli arruffava i capelli troppo lunghi.
“Li taglierai prima del matrimonio, vero?”
“Per te farei qualsiasi cosa.”
“Lo so, ma è sempre bello sentirtelo dire.”
Valary non era una stupida né una di quelle persone che, per amore, avrebbero lasciato correre qualsiasi mancanza di rispetto solo per sottomissione. Per quel motivo aveva sempre temuto Holly: arrivava dove lei non riusciva a spingersi, in quella parte di Matt in cui solo un altro uomo sarebbe potuto entrare. O la piccola Olivia, appunto, che non riusciva mai a mostrarsi per ciò che era. Allontanarsi da Huntington Beach le aveva  offerto il pretesto per sbocciare, per mostrare al mondo ciò che Valary aveva intravisto da quando l'aveva conosciuta. A sedici anni sei solo una ragazzina incastrata in un corpo che odi e prigioniera di pensieri scomodi; a venti, sei una donna ancora acerba, ma che tutti possono già ammirare. Val, quando l'aveva sentita cantare per la prima volta, aveva avvertito i muscoli di Matt, accanto a lei, tendersi, come se il suo istinto fosse quello di prelevarla da quel palcoscenico e portarsela via, per tenerla solo per sé. Il suo era un modo per proteggerla, non la possessività morbosa di Zacky che pretendeva un'esclusiva assoluta e totale. Matt, in modo molto stupido, si era accorto che Holly poteva camminare da sola, senza la presa forte della sua mano a guidarla, trascinandosela sempre appresso e trasformandola in una piccola copia di loro cinque. Un po', la colpa, era stata proprio del senso di protezione di Matt, se Holly era stata costretta a fuggire per ritrovarsi ma quello era un pensiero che Val aveva condiviso solo con Roxy, poco dopo la partenza di Holly per New York, in una serata in cui lei e Matt avevano discusso in modo acceso. In quel periodo era intrattabile a causa del distacco dalla ragazza, e Val non perdeva occasione per sottolineare la cosa, rendendo la situazione insostenibile. Aveva ventidue anni, errori era normale farne. Ma a ventotto potevano ancora permettersi di farne di così madornali da precludersi per sempre la propria fetta di felicità?
 
 
“Tu e tu” aveva esordito Val puntando il dito contro Zacky e Brian mentre Johnny e Jimmy avevano deciso di emettere un boato di sottofondo a sottolineare il momento in cui la ramanzina DiBenedetto era in arrivo “non rovinerete il mio matrimonio.”
Brian aveva lanciato un'occhiata d'intesa all'amico, come se l'accusa di Val fosse un'illazione del tutto gratuita.
“Dove sarebbe il problema? Cioè, gli scherzi dovrete aspettarveli per forza, ma la colpa la dividiamo con i due bastardi lì dietro e i gemelli” aveva tentato di discolparsi Zacky senza capire da dove arrivasse l'aria da serial killer della ragazza.
“Non ve l'ha detto?”
“Chi?”
“Cosa?” era stata l'eco di Zacky alla domanda di Brian.
“Ci saranno anche Roxy e Holly, dunque, giuro su Matt e sulla vostra fottuta band che se sento volare nell'aria anche solo una stoccata, passerete le pene dell'inferno. Sono stata abbastanza chiara?”
“Voi... lo sapevate?” aveva esalato Zacky in direzione degli altri bandmate. Matt, saggiamente, si era dileguato con la scusa di recuperare qualche birra dalla dispensa lasciando alla ragazza il compito di avvertire del proprio destino gli amici, e ancora non ne era riemerso.
“C'ero quando Matt ha contattato Holly” era stata la vaga risposta di Jimmy che, con aria noncurante, si stava accarezzando il mento in un chiaro gesto di presa per il culo ai danni dei due chitarristi.
“E tu, nano?”gli aveva chiesto Brian accendendosi una Marlboro per cercare un briciolo di calma dopo l'attentato che – i futuri coniugi Sanders – avevano perpetrato ai loro danni.
“Qui non si fuma, Haner!” e, accompagnando quelle parole, Valary gli aveva strappato la sigaretta dalle labbra, spegnendola.
“Vaffanculo Val!”
“In casa mia detto le mie regole, così come le detto al mio matrimonio. Chiaro?”
“Mai contraddire una sposa. Potreste ritrovarvi morti prima della cerimonia.”
“Mi servono vivi, Johnny. Ho bisogno di quattro testimoni per Matt e delle mie quattro damigelle” e con quelle parole, il messaggio era stato chiaro: sarebbe bastato un passo falso, per ritrovarli assassinati nel modo più truculento possibile da una psicopatica che aveva visto il proprio matrimonio prendere una piega differente da quella che si era prefissata. 
“Dopo questa felice notizia, qualcos'altro che non ci hai detto?” aveva chiesto il secondo chitarrista, puntando lo sguardo sulla ragazza.
“No, direi che vi ho detto tutto. Dovresti ringraziarmi: il gallese e il prode Romeo non sono contemplati nel pacchetto di ritorno a casa.”
Zacky aveva sollevato lo sguardo su Valary, in un misto di ringraziamento e fastidio al contempo per essere stato – tanto platealmente – scoperto, ma a lei poteva perdonare un po' tutto: senza il suo aiuto, e quello di sua sorella, gli Avenged Sevenfold non sarebbero mai nati.
 
 
Cardiff, 2009
 
 
Ian osservava Roxanne preparare la valigia in preda a un misto di eccitazione e paura. La nascondeva bene, ma non poteva celarla realmente agli occhi di chi, negli ultimi anni, aveva vissuto al suo fianco ogni singolo giorno.
“Sicure di voler partire? Holly ieri notte non ha chiuso occhio.”
“Non sono Olivia, io ho dormito benissimo” gli aveva chiesto lei, scoccandogli un’occhiata divertita, per poi farsi seria.
“Cosa c’è che non va, Ian? Hai il muso lungo da cucciolo abbandonato… non vuoi farmi sentire in colpa, vero?”
La domanda era rivolta più a sé stessa che al ragazzo, ma preferiva mettere le cose in chiaro piuttosto che ritrovarsi con una discussione da affrontare al suo rientro. Si era quindi seduta accanto a lui, sospendendo i preparativi per la partenza, stringendogli la mano nella propria.
“È il matrimonio di Val e Matt e…”
“… e sarete sole contro quegli idioti.”
“Ci sarà Jimmy e spero abbiano la decenza di evitare di rovinare la festa a tutti. Non sono così stupidi da rischiare di mandare all’aria il matrimonio del loro migliore amico, almeno di questo dovresti essere convinto.”
“Solo perché si muovono in branco come i lupi ho la certezza che staranno al loro posto” aveva borbottato lui, contrito.
“Volevo esserci anch’io, potevo almeno tenerli d’occhio” aveva ripreso senza staccare lo sguardo da quello della ragazza.
“E scatenare l’Apocalisse? Val vi avrebbe uccisi uno ad uno, torturandovi con sadismo, e avrebbe avuto ragione. Conosci la situazione: è meglio così per tutti quanti. E poi…” si era interrotta, ma ormai era tardi: Ian attendeva il seguito della frase, che sapeva sarebbe andata a colpire basso.
“E poi?”
“… e poi è una cosa di famiglia” aveva esalato lei, quasi incredula che quel pensiero le si fosse formato sulla punta della lingua pronto per uscire, senza esitazione. Nonostante tutto il dolore, il senso di vuoto e la desolazione con cui lanciava occhiate furtive al cellulare muto, Roxanne si era improvvisamente resa conto di quanto, il ritorno ad Huntington Beach, fosse un dono atteso come pochi altri nella propria vita. Desiderava rivedere suo fratello, anche solo per assicurarsi di persona che stesse bene, che fosse tutto okay e che fosse felice lì, attento a inseguire la sua folle vita. Voleva riabbracciare Jimmy e sussurrargli che era il migliore amico del mondo. Il suo migliore amico. Jimmy era la persona a cui aveva confidato ogni singola paura, ogni più piccolo timore e che l’aveva costretta ad accettarsi per ciò che era: era il suo migliore amico, suo soltanto. E di Brian, ovviamente, ma con lui poteva anche sopportarne la condivisione. D’altra parte, se non ci fosse stato Jimmy, nemmeno si sarebbero mai messi insieme, loro due.
“Che ti prende ora?” le aveva chiesto Ian vedendola sollevarsi bruscamente per tornare ai preparativi.
“Sono una pessima persona. Nonostante tutto il male che mi hanno fatto, continuo a volere bene a tutti loro.”
“L’hai detto tu: sono la vostra famiglia e lo sono per scelta, non per costrizione. Se fossero i vostri genitori nessuno vi vieterebbe di troncare ogni rapporto: vi sarebbero stati imposti e avreste tutto il diritto di sfancularli ma loro li avete scelti e avete deciso di tenerli così come sono. A ragione o sbagliando, avete continuato sulla medesima strada. Nell’ultimo anno le cose non sono migliorate, Roxy. Hai continuato a cercare tuo fratello senza nemmeno rendertene conto.”
E Brian. Anche lui, di certo, ma Watkins non era mai stato il tipo da porsi il problema di avere un potenziale rivale perché quello era il ruolo che spettava a lui di diritto: in ogni situazione era quello che si attirava l’attenzione di tutti i presenti, a prescindere fosse per ammirazione o puro odio.
“Sto facendo la cosa giusta?” gli aveva chiesto lei, un paio di scarpe con il tacco alto stretto tra le mani e l’aria incerta. Roxy aveva trascinato Olivia nelle proprie scelte, senza troppa difficoltà, ma nessuno le aveva detto che stavano facendo la cosa giusta. Si era sentita in diritto di scegliere per entrambe, per non vivere con un rimpianto troppo pesante sulle spalle, ma aveva bisogno che qualcuno le dicesse che non c’erano errori in quello che aveva ritenuto giusto per sé stessa e, di conseguenza, per Holly.
“Si. Se non torni come fai a sapere che effetto fa rimettere piede in quella torrida California in piena estate? E poi hai bisogno di vedere quell’idiota di tuo fratello, ormai inizi a chiamarlo persino nel sonno.”
“Non è vero!”
“Non lo puoi sapere, tu dormi” le aveva risposto lui, sorridendole.
“Niente problemi inutili: sii serena. Sei là per Valary, per la tua migliore amica. Il resto del mondo potrebbe anche farsi fottere, volendo” aveva proseguito lui con incoraggiandola.
Roxy aveva gettato le scarpe nella borsa, buttandosi poi addosso a Ian, facendolo ricadere all’indietro sul letto.
“Adoro quando mi ricordi che sono fantastico.”
“Non te l’ho detto, Mr. Watkins.”
“L’hai pensato, te lo leggo in faccia.”
Il sorriso di Roxanne, per Ian, era la ricompensa di ogni viaggio, di ogni corsa in auto, di ogni volo aereo e di ogni malumore. Era l’energia necessaria per raddrizzare una giornata storta; la forza di spronarlo a continuare a credere nei suoi sogni senza abbandonarli – lei, che i sogni realizzati li aveva osservati nascere nelle mani degli altri, ma non nelle proprie -; la parte di sé che gli era necessaria per sentirsi un uomo migliore. Un po’ meno perdente, se paragonato a tutto il successo che investiva i suoi nemici – e amici – lasciando la sua band sempre al secondo posto. Roxanne tamponava le sue ferite con baci delicati e carezze leggere, a piedi nudi – per non fare rumore – era entrata nella sua vita per prendere il posto che spetta di diritto alla linfa vitale, alla benzina necessaria per alimentare il fuoco che hai dentro. Ciò che l’avrebbe sempre spronato a puntare alla vetta era la certezza di avere Roxy al proprio fianco.
 
 
“Okay okay, ho preso tutto. Pigiama, dentifricio, spazzolino, I-Pod, la relazione da presentare in università al mio rientro e…”
“L’abito per la cerimonia?” le aveva chiesto Nick mentre tentava – alla meno peggio – di condire un piatto di insalata. Da quando erano ritornati dall’India, un paio di mesi prima, Olivia era ossessionata dal cibo salutare, dal karma e dalla reincarnazione. Portarla in un tempio buddista popolato di scimmie adorate come divinità – stronze al punto che ti fottevano persino le mutande e tu potevi solo subire i loro atti di bullismo, nemmeno le leggi naturali si fossero sovvertite – non era stata una buona idea.
“Cazzo!”
“Non sei stanca? È dalle quattro di questa mattina che ti aggiri per casa come un’anima in pena.”
“Ho l’ansia. Si, insomma, si sposa Matt! Dopo dieci anni è riuscito a capire che è Val la donna della sua vita, non è da tutti metterci un decimo di vita per farlo. È un po’ come il giorno della mia laurea, è un passo importante: è diventato adulto” aveva replicato lei, ridendo.
“Non capisco se stai mascherando una fifa blu o se sei così schizzata seriamente.”
“Che razza di domande fai? Ho una fifa blu!”
“Hai appena paragonato un matrimonio alla tua laurea” aveva esalato lui sconfitto “e non è una cosa carina.”
“Perché? Sono entrambi due avvenimenti che ti segnano per sempre.”
Nick, in quel momento, aveva la certezza che Holly stesse cercando di mascherare l’agitazione con una serie di stronzate apocalittiche e lui non aveva la più pallida idea di come fermarla. Era preoccupato per quel rientro, non ne aveva fatto mistero a Roxanne, ma l’amica l’aveva rassicurato sulla loro decisione. Aveva la certezza che non sarebbe stato semplice ma più di tutto lo spaventava che le cose tornassero come prima, che bastasse un semplice ritorno per riportare nella loro vita migliori amici e vecchi amori.
“Sei convinta di quello che state facendo?”
Holly aveva stretto il labbro inferiore tra gli incisivi, l'aria incerta.
“Si, credo di si. Non che avessi molte scelte. Prima o poi ad Huntington Beach dovrò tornarci, tanto vale saltare dall'altra parte del muro, vedere com'è cambiato il mondo e tornare qui. Sono solo pochi giorni, sarà facile evitarsi.”
“Non hai intenzione di chiarire?”
“Chiarire cosa? Il motivo per cui Matt ha tentato di caricarmi a forza sull'auto e portarmi via? O quello per cui Brian ha sparato più cazzate nell'arco di dieci minuti che in ventotto anni di vita da testa di cazzo? O la cattiveria con cui Zacky ha cercato di ucciderci a parole? Okay, abbiamo sbagliato anche noi, ne sono consapevole. Perché lo so benissimo che tu pensi esattamente questo: se non ci sono arrivati loro, a fare un passo indietro, dovreste farlo voi. Ma dopo che ti sei reso stupido e patetico e ridicolo davanti a chi ti vuole bene da quando sei venuto al mondo, con che diritto puoi vantare ancora un orgoglio da esibire? Il nostro problema è proprio quello: abbiamo un orgoglio e un ego che fanno paura, tanto sono incontenibili. E se Zacky, in un anno, non ha nemmeno avuto la decenza di alzare il cellulare per sentire se sua sorella era viva, be', può anche restare a marcire dove si trova ora.”
Nick aveva ascoltato l'arringa di Holly senza battere ciglio, un soliloquio che si era ripetutamente mentalmente almeno un centinaio di volte negli ultimi tre mesi per ricordare i motivi per cui non era volata in California a Natale, per rendere onore a una promessa che, per la prima volta, era stata costretta a non rispettare. Ferita nell'orgoglio ma anche nell'anima per essere stata trattata come un oggetto, per essere stata considerata come una stupida che non sapeva scegliere il proprio destino e la persona da amare; ferita dalle persone che adorava da sempre, sopra ogni cosa. Ferita da chi avrebbe dovuto sorreggerla sempre, secondo la logica dell'amicizia di Olivia secondo cui gli amici ti lasciavano sbagliare e poi ti aiutavano a risalire dalla merda.
“Non fare casini.”
“Ne ho fatti a sufficienza, credimi” gli aveva risposto, posando la fronte al petto di Nick, mentre le accarezzava i capelli, posandovi poi un bacio.
“È solo per qualche giorno. Resisterai.”
“Se tu avessi litigato con Julian come abbiamo fatto noi... cos'avresti fatto?”
Nick l’aveva stretta a sé con più forza: non era giusto mentirle solo per egoismo e la paura di perderla, prima o poi.
“Me lo sarei andato a riprendere. Sarei andato da lui e avrei chiarito. Avremmo litigato, ci saremmo presi a pugni e sarebbe tornato tutto a posto. Non avrei lasciato macerare il rancore e la tristezza per un anno.”
Holly gli aveva cinto la vita in un abbraccio, puntellando poi il mento e il naso al petto di Nick, lo sguardo fisso nel suo.
“Siamo stati molto stupidi?”
“Un po'.”
“Lo sai vero che non cederò comunque?”
“Ne hai fatto una questione di principio, lo so benissimo.”
Baciarla e sentire che non c'era mai nulla di sbagliato nel cercarsi, nell'arrendersi l'uno all'altra, nell’equilibrio che non prevedeva sfuriate, liti e gesti plateali per ricordarle quanto era importante. Nick era riuscito a conquistarla con un mazzo di girasoli: a che serviva la pomposità di una rosa, quando potevi lasciarti conquistare dalla dolcezza dei fiori di campo?
 
 
*
 
 
“Cosa dirai a tuo fratello?” aveva chiesto Holly a Roxanne dopo aver preso posto nel sedile del lato accanto al finestrino dell'aereo: adorava vedere le nuvole così vicine da sembrare di poterle toccare.
“Non sono cose che ti riguardano” le aveva risposto l'altra senza particolari inflessioni nella voce, estraendo dalla borsa una rivista acquistata all'edicola dell'aeroporto.
“Giusto.”
Holly aveva troncato il discorso inforcando gli auricolari, con il chiaro intento di evitare discussioni. Erano entrambe tese e avevano parlato di quel ritorno così spesso, nelle ultime settimane, che di certo nulla sarebbe andato come se l'erano immaginato. Perché le cose, non vanno mai come te le aspetti. La ragazza era avvezza ai metodi di autodifesa che, in modo del tutto automatico, Roxanne adottava, per cui – pur irritandosi  - cercava di lasciar correre e troncare il discorso, decisa a non peggiorare una situazione  già di per sé complessa.
“E tu?”
“Io cosa?” le aveva chiesto Olivia, evitando di accendere la musica e spararla a tutto volume nelle orecchie.
“Cosa dirai a mio fratello?”
“Nulla, o ci scanneremmo. Non credo sia il caso di rovinare il matrimonio di Matt e Val con un litigio nel nostro stile.”
“Non ho mai capito come sia stato possibile per voi riappacificarvi sempre. Mio fratello non passa mai sopra i torti subiti. Tu eri diversa.”
“Un tempo verbale perfetto, Roxy. In ogni caso non lo so, dovresti chiederlo a lui. Io senza Zacky non riuscivo a starci, è sempre stato normale scazzarmi e dirgli tutto quello che pensavo senza badare troppo alle conseguenze. Sapevo che avremmo sempre risolto tutto. Mi sono presa per il culo da sola, insomma.”
“Come tuo solito.”
“Già. Tu non ti illudi mai?”
“Si, immagino di si. Forse più di quanto voglia.”
“A volte illudersi fa bene, ti aiuta a vivere meglio e con ottimismo. Il problema è che poi, quando tutto va a rotoli, tu prendi nei denti una legnata che ti lascia steso a terra per settimane. Fa solo più male, ecco.”
“Ti manca Matt?”
“Si, ovvio. A te non manca Jimmy?”
“Moltissimo, è il mio migliore amico.”
Roxy aveva sottolineato un'ovvietà che lasciava intravedere la possessività con cui gestiva i rapporti, come se anche quelli dovessero essere catalogati in posizioni ben definite che nessuno doveva violare. Holly, di fatto, era una scheggia impazzita, a volte fastidiosa, per come occupava spazi che Roxanne riteneva non dovessero appartenerle. Delle dinamiche con cui era nata la sua amicizia con suo fratello, o con Matt o, peggio, con Jimmy, non si era mai curata davvero, almeno sino a quando le loro vite erano state ben distinte tra loro. Ora, a distanza di anni di convivenza, compleanni e vacanze condivise e una famiglia che si era amalgamata, non esistevano più spazi individuali, solo collettivi. A volte, quelli occupati da Holly – specie con suo fratello -, erano stati davvero ingombranti.
“Sono certa che ce la faremo” aveva dichiarato la rossa, forse per convincere sé stessa più che l'amica.
“Niente colpi di testa?”
“Niente colpi di testa.”
 
 
Huntington Beach, 2009
 
 
“Dunque Johnny e Dakota sono andati a prenderle in aeroporto?” aveva chiesto Brian fingendo indifferenza.
“Si, poi staranno a casa di Holly.”
“Quella di sua nonna? Non l'ha mai messa a posto, sarà un porcile” aveva scoccato lapidario Zacky mentre riempiva di farina e acqua diversi preservativi, uno degli innumerevoli scherzi da preparare in vista dell’imminente matrimonio.
“Avevano sistemato qualcosa con Dakota, o sbaglio?” aveva chiesto Jimmy, cercando di sviare il discorso dal punto focale. Francamente, di sentire lamentele e vedere musi lunghi non ne aveva alcuna voglia. Voleva godersi il giorno più eccezionale della vita di Matt, riabbracciare Holly e potersi gustare la presenza di Roxanne in santa pace, senza fratelli invadenti e fidanzati soffocanti. In un certo senso, si, Watkins gliel’aveva portata via, ma aveva saputo aspettare per potersi ritagliare un po’ di tempo solo per loro.
“L'avevano resa ancora più invivibile, da quello che aveva detto Johnny.”
Holly, durante l'estate che avevano trascorso ad Huntington Beach, aveva proibito l'accesso a chiunque di loro all'abitazione, fatta eccezione per Dakota. Ovviamente, in un mese, non avevano rimesso in sesto molto. Al di là dell'aver ridipinto le pareti e montato qualche mobile con l’aiuto di Roxanne, Ian e Nick, le uniche due stanze che risultavano accessibili erano la camera da letto e lo studio, se si escludeva la cucina che avevano adibito a base operativa e dunque, non aveva subito modifiche.
“Mia sorella darà di matto” aveva proseguito Zacky, incurante del tentativo del batterista di cambiare argomento.
“Non le hai dato molte possibilità di scelta, sai?”
“Jimmy, non iniziamo con questa storia o…”
“Ehi, Zacky, considerando che siete voi due quelli ad avere problemi, non vedo perché dobbiamo sobbarcarci noi il dovere di sopportarvi. Detto sinceramente? Prendete su l’auto, andate a farvi un cazzo di giro e sbollitevi lo scazzo insieme. Mancano tre giorni al matrimonio di Matt e Val, quattro e mezzo al ritorno a casa di Roxy e Holly. Nemmeno sono arrivate e già mettete il muso. È un giorno speciale, evitate di fare le teste di cazzo. A volte vi riesce.”
“Io vado a farmi un giro. Tu vieni Brian?”
“No, resto qui.”
“Preparati alla confessione, Jimmy. Ci vediamo più tardi.”
Zacky aveva lasciato lo studio pochi istanti più tardi, lasciandoli soli. Jimmy aveva scoccato un’occhiata a Brian, come a volergli intimare di continuare il discorso.
“Che ti prende? Sono diversi mesi che appena si parla di Roxy hai quella faccia. E non è la solita aria malinconica da ho fatto la cazzata più grande della mia vita e bla bla bla, è parecchio diversa. Problemi con Michelle?”
“No, è che in tour ho pensato un casino.”
“In tour sei riuscito a riflettere?” l’aveva schernito l’amico.
“Vaffanculo, Jimmy. Guarda che è un casino. Questa storia di Matt e Val mi ha messo addosso un’ansia pazzesca. È come se il tempo stesse fuggendo e mi abbia fatto aprire gli occhi sul fatto che abbiamo quasi trent’anni e, forse, dovrebbe esserci altro dopo la musica.”
“E per altro intendi una famiglia tua?”
“Più o meno.”
“Non capisco quale sia il problema.”
“Il problema è che non so se voglio una famiglia con Michelle. Lei non ama i tour ma adora i party, è sempre precisa e maniacale nel sistemare casa ma non è la precisione che metteva Roxy nel ripulire lo studio o riordinare la mia camera. È un tipo di mania folle, tipo quella che aveva mia madre. Quella che hanno le donne quando non hanno un cazzo da fare insomma.”
“Magari dovresti chiederti chi vorresti fosse la madre dei tuoi marmocchi, non credi?”
“Non voglio pensare a dei figli quando nemmeno sono sposato, Jimmy.”
“È solo un modo per comprendere a chi vorresti somigliassero. A Michelle o a Roxy?”
“Chi cazzo ha parlato di lei?”
“Tu. Anche se non la nomini si capisce benissimo che il problema è lei. Da quando Val e Matt ci hanno informati del loro rientro, tu e Zacky siete riusciti a calmarvi solo perché scaricavate l’adrenalina sul palco. Da quando siamo a casa non fate altro che scalpitare. Se avete così a cuore la cosa, perché non chiedete semplicemente scusa?”
“Non è così semplice.”
“Solo perché ci sono un sacco di cose non dette. Lo sappiamo tutti quanti che Cardiff è stato solo un pretesto, stupidi noi a non avervi presi a pugni e impedirvi di partire.”
“Credi lo sappia anche Roxanne?”
“Se la conosci quanto la conosco io, non hai bisogno di risposte.”
“Sono una testa di cazzo.”
“Si, Brian. Sei una grandissima testa di cazzo.”
“Non dovresti farmi sentire meglio, anziché spalarmi altra merda sui piedi?”
“Gli amici servono anche a farti capire quando sbagli.”
“Già e tu me l’hai ripetuto così tante volte, negli ultimi quattro anni, che ormai ho perso il conto.”
 
 
*
 
 
“Stasera esci con Jimmy?” le aveva chiesto Holly mentre sistemava l’abito della cerimonia nell’armadio. Avevano scelto un vestito a tubino grigio antracite che le lasciava le spalle scoperte, la gonna aderente che le scendeva in piccole balze sino a metà coscia e una fila di bottoni-gioiello ad  adornarlo.
“Oh cazzo… ho dimenticato le scarpe con il tacco!”
“Intendi dire queste, Holly?”
La rossa aveva stornato lo sguardo sulla coppia di scarpe in raso grigio che teneva sollevate a mezz’aria l’amica, un sorriso serafico stampato in volto.
“Come…”
“Sei così stordita che le hai lasciate davanti all’ingresso di casa tua. Le ho raccolte prima che uscissimo. E se volevi fregarmi be’, ti è andata male.”
Holly aveva sospirato, accasciandosi sul letto sconfitta.
“Devo proprio vestirmi a quel modo? Non ci sono abituata, lo sai.”
“L’hai fatto un sacco di volte a Cardiff e ai party con Nick.”
“Non ho mai indossato una gonna tanto aderente. Tutto il giorno sopra quei trampoli sarà un martirio.”
“Non ti vuoi togliere la soddisfazione di essere al pari di Gena?”
“Veramente sono molto meglio” le aveva risposto Holly accompagnando la frase con una smorfia schifata.
“Hai capito cosa intendo.”
“Non ci tengo a farmi prendere in giro da tuo fratello, Roxy.”
“Sinceramente credo sarà l’ultimo dei suoi pensieri. Stasera tu non ti vedi con Dakota?”
“Dovevano preparare un sacco di cose da Val, a quel che ho capito, andrò a farmi un giro al molo o al parco.”
“Tutta sola?”
“Ogni tanto mi fa bene farmi gli affari miei.”
Roxanne non le aveva chiesto di unirsi a lei e Jimmy e, d’altra parte, Holly non si sarebbe intromessa. Conosceva il valore di un’amicizia biunivoca e non aveva intenzione di essere il terzo incomodo. Avrebbe riabbracciato Jimmy a tempo debito, così come Dakota. Nella sua testa, Olivia si era prefissata di  mostrarsi solo a sua madre e suo padre, senza farsi vedere dai ragazzi se non per il giorno del matrimonio. Non voleva ci fossero attriti, non voleva soffrire più di quanto non stesse già facendo e non aveva intenzione di dover sopportare Gena e Michelle a qualche rimpatriata tra donne. Si sarebbe vista con Dakota il giorno successivo, approfittando della prova per l’acconciatura del matrimonio per stare insieme. Non sapeva bene come affrontarla perché, in un certo senso, l’aveva tradita scegliendo Valary. Anni prima, se fosse accaduta una cosa del genere, Dakota si sarebbe rifiutata di essere la damigella di Val invece, ora, aveva accettato senza esitazione, informandola per altro con una telefonata che aveva tutta l’aria di essere un’ammissione di colpa e non una delle loro solite chiacchierate infinite.
“Sarai un incanto. Nick si è raccomandato di farti la guardia e portargli una foto.”
“Chi vuoi che mi rapisca? È tutto scemo. Ci vediamo più tardi, dai un abbraccio a Jimmy da parte mia. La tua copia delle chiavi ce l’hai?”
“Si, me l’ha data tua madre quando siamo passati prima a salutare i tuoi genitori.”
“Mi sento come se dovessi andare al mio primo appuntamento.”
“Non credo sia una cosa normale, Holly.”
“Lo so. È questo che mi fa paura.”
Perché in queste condizioni, chiunque, è fottutamente fragile e sensibile. Fanculo.
 
 
Jimmy era passato a prenderla quando Holly era già uscita di casa da almeno mezz’ora.
“Eccoti finalmente!”
L’aveva abbracciata con trasporto, scendendo dall’auto per andarle incontro, sollevandola da terra mentre lei gli aveva stampato un bacio affettuoso sulla guancia ricoperta di barba.
“Tutta sola?” gli aveva chiesto lui notando le luci della casa spente.
“Holly ha voluto fare un giro per Huntington Beach.”
“Non fatico a credere dove possa essere andata.”
“Com’è andato il tour?”
“Benissimo, siamo rientrati in tutta fretta per i preparativi. Val telefonava a Matt almeno tre o quattro volte al giorno per tenerlo informato. Brian stava uscendo di matto.”
“Posso immaginarlo. Val ha fatto tutto da sola praticamente.”
“Aveva Dakota, Michelle e Gena a darle una mano. Sinceramente sono felice per Matt che fossimo in tour, o probabilmente avrebbe avuto qualche ripensamento dell’ultima ora.”
Roxanne era scoppiata a ridere, divertita.
“Non essere così cattivo.”
“Dico solo la verità. Avere a che fare con una cosa del genere, per un uomo, deve essere massacrante sul piano psicologico. Credimi che, arrivato a sera, a volte nemmeno aveva la forza di salire sul palco. Voi donne sapete essere dei mostri quando vi impegnate.”
“Ehi non generalizzare! Io sono una donna sui generis, e anche Holly se per questo.”
“Infatti Olivia non si sposerà mai.”
“Ma smettila! Lei e Nick sono davvero innamorati, fosse per lui vivrebbero persino insieme.”
“Olivia ha paura dei legami, è scappata da noi proprio per quello. Quando i legami sentimentali con lei si fanno troppo forti si spaventa, ha paura di venire schiacciata: dunque fugge. In ogni caso, ci penserà tuo fratello a proibirle di sposarsi, così come lo farà con te. Tra vent’anni tu e Holly abiterete in quella casa insieme, con uno stuolo di animali indigesti ed esotici.”
“Mio fratello come sta?” aveva chiesto lei, esitante.
“Persino troppo bene. Ha ancora la forza per lamentarsi e rompere le palle, dunque sta benissimo. Con Gena va tutto a gonfie vele: lei sta cercando in tutti i modi di prendere possesso della casa di Zacky, ma lui sta tenendo duro. Adora fare l’eterno fidanzato e gli offre una libertà a cui non è ancora in grado di rinunciare.”
“Dubito potrà mai rinunciarvi. Anche mio fratello non si sposerà mai, allora.”
Era stato il turno di Jimmy, di ridere, svoltando lentamente a destra nel parcheggio del pub.
“Niente Johnny’s vero?”
“Non mi sembrava il caso, rischiano di esserci i Berry e tuo fratello. O Brian o che ne so. Meglio un posto più tranquillo.”
“Mi sembra una serata romantica.”
“E la è” aveva decretato lui serio per poi scoppiare entrambi a ridere senza un motivo apparente, solo per la felicità assoluta di essersi ritrovati, essere di nuovo insieme dopo quasi un anno di sole telefonate. Roxanne non avrebbe mai creduto che potesse fare così male la lontananza, e non parlava di quella che potevi provare quando l’uomo della tua vita era in giro per il mondo per un tour, ma della presenza di cui avevi bisogno perché eri cresciuta in quell’abbraccio, con quel sorriso, con quella risata.
“Mi sei mancato.”
“Non quanto tuo fratello o Brian immagino.”
Roxanne aveva sollevato lo sguardo su di lui pronta a rispondergli ma poi, qualcosa, le era morto in gola.
“Sono due cose differenti. So di poterti parlare spesso, in ogni caso, e che qualunque problema ci sia tu sarai sempre qui per me. Senza doppi fini, senza scenate di gelosia o chissà che altro a distruggere ogni cosa.”
Jimmy le aveva stretto la mano nella propria, abbozzando un sorriso.
“Niente musi lunghi. In questi pochi giorni voglio che siate serene. Gli idioti sono stati minacciati di morte da Val, non credo ci saranno problemi.”
“Holly ha deciso di vivere in clausura, dunque dubito abbia intenzione di menarli.”
“Huntington Beach è più piccola di quanto ricordi, Roxy.”
“Dici?”
“Si. E comunque manchi da morire anche a tuo fratello e Brian, ma puoi stare certa che non muoveranno un muscolo per sistemare le cose.”
“Siamo tutti troppo orgogliosi.”
“Già ma se non fosse così non sareste speciali. È tutta questa determinazione che vi mette un gradino sopra Dakota o Michelle.”
Roxanne l’aveva guardato inarcando il sopraciglio sinistro con aria interrogativa.
“Voglio bene a Dakota, sia chiaro, ma lei è remissiva, è troppo buona e si lascia calpestare facilmente. Specie da tuo fratello. Preferisco una rompipalle come te o una stronza come Holly, quando si impegna, piuttosto che una donna che finisce con il dirti di si per evitare casini.”
La mora, a quelle parole, aveva compreso la verità del rapporto elitario che univa Dakota a Holly: in una partita in cui mantenere gli equilibri era difficile, Olivia semplicemente usciva vincitrice. Se gli scontri erano ridotti all’osso – e forse nemmeno ne avevano mai avuti di veri – era facile comprendere come, a prescindere da tutto, quelle due si volessero un bene infinito. Tagliato fuori il mondo che le aggrediva, erano due cuccioli senza zanne. Non si sarebbero mai prese a morsi, pronte però a graffiare chiunque avesse minato la loro serenità. Nel calore di un’amicizia che metteva sopra ogni cosa la devozione e la compensazione caratteriale avevano sempre trovato la compassione di una mano amica e il conforto di un abbraccio sincero, di chi conosce tutti i tuoi peggiori difetti e che, fregandosene, ti ritiene comunque speciale. Come due sorelle, erano cresciute insieme condividendo e perdonandosi tutto: se avesse applicato la stessa politica all’amore, o all’amicizia con Zacky, per esempio, quanti problemi si sarebbero evitati, negli anni, lui e Holly?
 
 
Matt fissava la finestra della camera di Holly, indeciso sul da farsi. Erano anni che non metteva più piede a casa dei suoi genitori ed essere costretto a farlo per lasciare casa Sanders-DiBenedetto in balia della sposa prima, e degli amici poi, gli aveva messo addosso la nostalgia delle serate passate a intrufolarsi a casa Bridges dalla finestra del piano rialzato, cogliendo Holly intenta a leggere, ascoltare musica, tentare malamente di suonare la chitarra o mentre cantava qualche canzone di band formate da individui già morti da un pezzo. Matt aveva lanciato uno, due, tre sassolini in direzione della finestra, certo che Holly fosse a casa. La sua idiozia era direttamente proporzionale alla sbadataggine di Brian e aveva realizzato l’immensa figura di merda quando, alla finestra, era uscita la nonna di Holly.
“Ah, ehm… cercavo Holly.”
“Olivia? Ma caro, lei è alla casa sul lungomare. Qui non ci vive da un pezzo.”
La stupidità di quell’azione gli si era palesata davanti con la stessa irruenza con cui i ricordi della sua adolescenza si erano fatti strada, lasciandogli un grande vuoto a colmare il posto che, in quel momento, sentiva in diritto di offrire a Holly. Era stata la sua migliore amica da sempre, da quando erano così piccoli che era più facile gattonare che camminare. La presenza di Olivia era stata naturale, nella sua vita, come quella di sua sorella o dei suoi genitori. C’era sempre stata: averla accanto era sempre stata un’ovvietà ed era stato quello a fregarlo. Holly non era un qualcosa che potevi dominare o controllare, né tanto meno una di quelle persone che puoi dare per scontate e gliel’aveva ampiamente dimostrato. Se fosse tornato indietro di dieci anni, avrebbe chiesto a Holly di uscire insieme? Ci avrebbe davvero provato con lei? No. La certezza di quell’affermazione derivava dal fatto che Olivia non era mai stata un oggetto del desiderio ma sempre una necessità, una costante da tenere nella propria vita per sentirsi mai cambiato, sempre il migliore. Era facile sentirsi così quando Holly lo guardava e gli sorrideva. Il migliore di tutti.
 
 
Aveva optato per il parco, al molo era certa ci fossero troppe coppiette e turisti. In estate, Huntington Beach le sembrava ricevere nuova linfa vitale per poi lasciarsi morire nel sonnolento inverno. Non amava le orde di turisti che infestavano i locali la sera, o quelli che occupavano i suoi luoghi preferiti al molo o in spiaggia: era come se la privassero della propria vita e dei ricordi.
Dondolandosi pigramente sull’altalena, osservava un gruppo di ragazzini bere birra sul muretto dov’era solita sedersi lei con i ragazzi, una cassa di birra prima rubata, poi chiesta agli amici più grandi, poi comprata da Matt o Jimmy o Brian. Erano passati dieci anni da quando aveva deciso di andarsene da Huntington Beach e le sembrava di non essere mai partita davvero. In un certo senso era come se fosse andato avanti solo il tempo e lei fosse rimasta invischiata in una bolla che non le aveva dato possibilità di crescere. Si sentiva la stessa ragazzina impacciata che nascondeva sé stessa al mondo, la stessa casinista, la stessa cretina che non sapeva gestire i sentimenti. Si, decisamente non era cambiato molto. Aveva un paio di persone in più nella sua vita – innalzate al podio – e qualcuna che se n’era andata, cancellata per propria scelta dalla lista dei favoriti. Holly era una di quelle persone che nell’amicizia riponeva fiducia cieca. Abituata a una famiglia allargata era stata propensa a scegliere le amicizie con cura, senza concedersi a chi non riteneva davvero degno, secondo i propri canoni.
“Holly?”
Cazzo.
Per un istante, la ragazza aveva pensato di fingersi un’altra persona, ma le scarse vie di fuga e l’aver lasciato a casa l’IPod le impedivano di recitare la propria parte. Quella voce, poi, non aveva bisogno di spiegazioni. Davanti a lei, a pochi centimetri dall’altalena, si trovava Matt, le mani affondante nelle tasche dei pantaloni corti e un cappello da baseball a nascondergli il viso. Solo loro, d’altro canto, avrebbero potuto uscire anche di notte provvisti di cappello.
“A quanto sembra” gli aveva risposto lei abbozzando un sorriso.
“Che cazzo… non ci credo.”
“Sei già ubriaco?” l’aveva canzonato lei, senza staccare gli occhi dai suoi. Era strano rivedersi davvero, per la prima volta dopo quasi un anno. Il suono della sua voce era cambiato, sembrava persino più maturo, rispetto all’ultima volta che si erano sentiti al telefono.
“Probabilmente è quello che pensa tua nonna. Ho cercato di entrare in camera tua. Sinceramente non mi ricordavo ti fossi trasferita alla casa sul lungomare, non l’hai praticamente mai usata. Posso?” le aveva chiesto indicando l’altalena libera accanto alla sua. Holly l’aveva squadrato allibita per poi scoppiare in una fragorosa risata, prima di tornare a fissarlo.
“Certo, non sono così grassa da occuparle entrambe.”
“Non credevo che ti avrei rivista prima del matrimonio.”
Veramente non credevo che ti avrei rivista e basta.
“Credo sarai l’unico fortunato, ma d’altra parte sono tornata per te. Forse è destino. Sei nervoso vero?”
“Mi hai già fregato.”
“Guardati: ti stai torturando il piercing e ti sei ridotto a vagare vestito peggio del solito. Insomma, non sei un bel vedere, ma credo sia normale. Essere emozionati, voglio dire, però non farti fregare i momenti belli dall'ansia o avrai solo ricordi sbiaditi del giorno più  speciale della tua vita.”
“Ehi folletto, hai anche qualche consiglio per farmi dormire?”
Holly aveva distolto lo sguardo da lui, stornandolo verso il grind. C'erano cose che credeva non sarebbero mai cambiate: una di quelle era Matt e il suo semplificare situazioni e sentimenti alla banalità di quelli di un bambino di cinque anni. Sentirlo sfoderare quel soprannome le aveva ricordato che prima sarebbe fuggita, meglio sarebbe stato per entrambi. I ricordi facevano male e lì, nel parco che li aveva visti crescere, ce n'erano davvero troppi per poterli elencare uno a uno.
“A casa dei miei dovrebbe essere rimasto qualche noioso trattato sulla mummificazione al tempo degli egiziani. Potresti fartelo prestare.”
Matt era scoppiato a ridere divertito, dondolandosi sull'altalena, Holly con i piedi ben piantati sul terreno.
“È meglio che vada ora. Se Roxy torna a casa e non mi trova penserà sia morta in qualche angolo della città. In bocca al lupo Matt, sarà un successo.”
L'aveva guardata senza capire, quasi si stesse svegliando da un sogno e probabilmente era così, alzandosi a propria volta deciso a non farla andare via.
“Ti riaccompagno.”
“So badare a me stessa, ci so tornare a casa sola. Ricordati di togliere piercing e orecchini almeno il giorno delle nozze, okay?”
“Ci sarai vero?” gli aveva chiesto lui incerto.
“Non mi sono fatta dodici ore di aereo per poi restare a casa a guardare la tv. Cerca di riposare, ne hai bisogno. E non fare domande stupide e cose stupide nelle prossime quarantotto ore.”
Se l'era lasciata scivolare via, senza fermarla o riuscire a chiederle perdono. Si era limitato a osservare l'andatura sicura, gli anfibi ai piedi e gli shorts, il cappello calato sulla testa e una coda di cavallo vermiglia come i tramonti più travolgenti di Huntington Beach che le ricadeva di lato. Quanto poteva essergli mancata la certezza di averla lì, al proprio fianco, in quel momento non avrebbe saputo quantificarlo. Sarebbe bastato un abbraccio per cancellare tutto, ma la verità era che aveva una paura fottuta di fare la cosa sbagliata per l'ennesima volta, per quel motivo aveva preferito lasciare tutto com'era, in una stasi perfetta.
 
 
*
 
 
Holly stava recuperando dal frigorifero le birre che Johnny e Dakota le avevano portato. Avevano deciso di passare una serata insieme, loro, Roxanne e Jimmy, scartando i traditori e quelle  che – di fatto – sarebbero per sempre state considerate intruse, anche a distanza di anni: Gena e Michelle.
“Ehi, qualcuno ha detto a Zacky che eravate qui stasera? Perché è la seconda volta che passa per il lungomare come un cretino in automobile” aveva scoccato lapidaria la rossa, focalizzando l'attenzione su Roxanne in cerca di una risposta sul da farsi da parte dell'amica.
“Non ci credo” aveva risposto Johnny, alzandosi e andando a raggiungere Holly, ridendo di gusto.
“Sicura che sia lui?”
“Ne conosci altri che guidano a quel modo?” aveva chiesto lei, indicando il BMW nero inchiodare un paio di abitazioni prima della sua.
“Confermato, è Zacky” aveva risposto divertito Johnny, sedendosi di nuovo sui cuscini che le ragazze avevano posizionato a terra in cerchio, al centro del quale avevano si trovavano cartoni di pizza fumante e birre ghiacciate.
“Cosa facciamo? Lo lasciamo lì fuori a vita?”
Holly si era portata alle labbra la bottiglia, bevendo un lungo sorso prima di alzarsi recuperando i cartoni vuoti dal pavimento.
“E adesso cosa fai?” le aveva chiesto Dakota perplessa.
“Vado a recuperare lo scemo.”
Non avrebbe saputo dire se Roxanne le sarebbe stata riconoscente o se l'avesse odiata a vita, di certo non vedeva alternative allo sguardo dell'amica che si posava di continuo sulla porta, come se si aspettasse che Zacky si decidesse a suonare.
“Pensi di buttarti sotto la sua macchina per attirare la sua attenzione?” le aveva chiesto ridendo Johnny.
“Sei pazzo? Lo aspetto andando a buttare via i rifiuti, è una scusa valida. Nei film la usano per abbordare il vicino di casa.”
Tra le risate generali, Holly con ancora la bottiglia in mano e una pila di cartoni nell'altra, si era tuffata nell'aria calda della sera, osservando la strada nel tentativo di vedere sopraggiungere Zacky. Della sua auto, nessuna traccia. Aveva deciso di andarsene?
No, non si sarebbe mai arreso così presto.
Pochi istanti dopo, i fari di un'auto lanciata a tutta velocità avevano rallentato bruscamente un paio di abitazioni prima della sua, e Holly aveva avuto la malsana idea di mettersi in mezzo alla strada nel tentativo di fermarlo.
“Cazzo se sei scema!”
“Ti stai rendendo patetico. Vieni dentro? Ci sono anche Jimmy e Johnny.”
Non un saluto, non un abbraccio o un sorriso, solo la rabbia sorda di una verità quasi scontata: sei patetico. A Zacky sembrava di aver udito solo quelle due parole mentre Holly l'aveva preceduto lungo il viale di casa, cedendogli di malavoglia la propria birra.
“Un'ottima accoglienza, non c'è che dire” aveva borbottato lui, a mezza voce.
“Non eri nemmeno invitato, se per questo.”
“Holly...”
“... vaffanculo? Ci sono finita un sacco di mesi fa” era stata la sua risposta, abbozzando un sorriso tirato agli altri, voltandogli le spalle. Se non fosse stata una donna, Zacky l'avrebbe presa a sberle. Perché non lo fai? Magari poi tutto torna come prima, come quando ti prendevi a pugni con Justin o Brian.
“Ehi ragazzi... sorpresa!”
“Dio quanto sei scema...” aveva esalato Dakota, portandosi una mano al volto nel tentativo di non scoppiare in una risata isterica. Si capiva benissimo che a Holly, quel gesto, era costato una fatica pazzesca e Jimmy aveva spostato l'attenzione da Roxanne a Zacky, incerto sull'esito dello scontro. Il chitarrista aveva portato lo sguardo su sua sorella, come se cercasse di mettere a fuoco tutto ciò che di lei ricordava: gli occhi nocciola, i boccoli che le ricadevano sulle spalle in una chioma selvaggia, il volto pulito dal trucco e le dita posate in grembo, intrecciate le une alle altre.
“Ciao Zacky” aveva abbozzato un sorriso imbarazzato, Roxy, e per poco non aveva sentito uscirle il cuore dalle labbra, a quelle parole.
“Ciao Roxy. Tutto okay?”
Che cazzo di domanda.
Holly si era passata una mano sulla nuca, scompigliandosi i capelli in un gesto nervoso, indicando con il capo a Dakota la propria imminente ritirata verso la cucina.
“Ehi, dove vai?”
Stupida stupida Roxy.
“Vado a sistemare la cucina. Tranquilla, non scappo” le aveva risposto la rossa nel tentativo di rassicurare l’amica.
A modo suo, Holly le aveva appena dato l'occasione per chiarirsi con suo fratello, lasciandole lo spazio necessario. A ruota, poco dopo, l'avevano seguita anche Dakota e Johnny, lasciando Jimmy soltanto a fare ad arbitro allo scontro.
“Allora? Non avete nulla da raccontarvi?”
“Fanculo Jimmy.”
“Andiamo Zacky, sei passato di qui casualmente? Avevi voglia di vederle, almeno abbi la decenza di ammetterlo.”
“Ma da che cazzo di parte stai?”
Roxanne non era riuscita a trattenere un sorriso: Jimmy, in quel momento, era l'unico appiglio che potesse avere per non mettersi a piangere, quel qualcosa di indispensabile per salvare una situazione impossibile da sostenere. Avrebbe desiderato abbracciare  suo fratello ma non sapeva come. In un certo senso, il suo corpo non sapeva reagire all'istinto fraterno, al richiamo di quello stesso sangue che l'aveva abbandonata e tradita.
Erano passati minuti di silenzio in cui Jimmy si era limitato a osservarli, prima di sollevarsi in piedi facendo un cenno del capo all'amico.
“Andiamo a trovare quel coglione di Matt? Sarà a rigirarsi nel letto in preda al panico più completo.”
“Andiamo a prendere Brian e ci facciamo un giro di birre nel garage dei Sanders? Come ai vecchi tempi.”
Holly, ferma sulla porta della cucina, li fissava come se fosse appena stata presa a schiaffi: in quel tempo passato, in quel garage, c'era stata anche lei.
“Holly...”
Non aveva indugiato un istante di più e senza prestare attenzione a Zacky - ringraziando qualche dio per essere arrivata al secondo giorno indenne alle lacrime - era uscita di nuovo nell'aria della sera precedendoli, mentre Huntington Beach brulicava di vita e turisti, di ragazzi felici e grida e risate. Perché lei si sentiva così dannatamente triste?
Niente musi lunghi, Holly. Coraggio. Ti stai comportando nel miglior modo possibile.
“Allora ce ne andiamo. Alza il culo Johnny, tornerai a riprendere Dakota dopo.”
“Meglio che la riaccompagniamo noi” aveva risposto al chitarrista Roxanne, alzandosi per accompagnarli alla porta di casa.
Prima di andarsene, Zacky si era arrestato, voltandosi a guardarla ancora una volta, incapace di credere di averla davvero lì.
“Cazzo, sembrate due adolescenti al primo appuntamento. Nemmeno Johnny e Dakota facevano così pena!”
“Ehi!” avevano esclamato all'unisono i due ragazzi chiamati in causa, mentre Holly, aveva dato una leggera spinta a Zacky, in direzione di Roxanne.
“Eddai scemo. Evita di pentirti di altre stronzate, per una volta.”
Aveva allargato le braccia verso sua sorella e lei aveva esitato qualche istante prima di scorgere nello sguardo di suo fratello la stessa paura di fare la cosa sbagliata che sapeva essere annidata nel proprio, e perdersi del tutto in quel contatto atteso e desiderato da tempo. Da qualche parte, ancora, c'era un filo sottile a tenerli uniti, come se un solo lembo di carne potesse bastare a renderli comunque un tutt'uno, all'occorrenza. Cos'era? Il loro essere venuti al mondo nel medesimo momento, concepiti la stessa notte, nell'essere stati uno la nemesi e il cuore dell'altra in ogni occasione. Sempre, sino a un anno prima, almeno.
“Grazie” aveva sussurrato Roxanne, in una nota di orgoglio cancellato, in quell'unico istante in cui erano solo loro e tutto il mondo fuori.
“A te chi ci pensa?”
Holly aveva alzato lo sguardo su Jimmy, il fianco lasciato scoperto al nemico: Huntington Beach intera.
“A volte mi basto da sola.”
Non ci credeva nemmeno lei ma mancava poco per poi poter tornare a casa, da Nick.
 
 
Come Jimmy aveva previsto, Matt stava giocando con l'X-Box, chiuso nella propria stanza come quando aveva diciotto anni e Holly stava distesa accanto a lui, intenta a leggere uno di quei suoi noiosi libri o a strappargli di mano il joypad per condurre la partita insieme.
“Matt ci sono visite!” aveva gridato sua madre dalle scale. Che fosse lei?
“Che cazzo...”
“Deluso? Credevi fossimo un gruppo di spogliarelliste? Niente regali fighi, Matt, li hai già avuti la settimana scorsa a Las Vegas.”
“Che cazzo, se vi siete mia madre succede un casino.”
“Traduzione: se lo sa Val ti ammazza” l'aveva rimbeccato Brian.
Ci ammazza” l'aveva corretto Johnny sollevando la cassa di birra, dondolandola dinnanzi al proprio viso a sottolineare l’importanza della serata.
Scendere le scale, correre fuori e riaprire il garage lasciato troppo tempo in disuso era stato come rituffarsi nel proprio passato. Dopo averlo svuotato degli strumenti e del vecchio divano, era rimasto davvero poco del rifugio delle loro origini. Spoglio e dalle pareti ancora imbrattate dai messaggi di Holly e da vecchi poster strappati, sembrava accusarli di ciò che erano diventati. Impossibile non notare gli anni che erano passati, ora, senza lanciare uno sguardo ai posti vuoti occupati da Holly e Roxanne.
“In onore dei vecchi tempi” aveva decretato Johnny.
“In onore dei nuovi” l'aveva corretto il primo chitarrista, facendo tentennare la propria lattina contro quella del bassista.
Lo sguardo di Zacky era andato alle decine di scritte idiote che, nel tempo, Holly aveva inciso sulle pareti. Ogni libro, una citazione; ogni citazione, una presa per il culo. Si era soffermato a leggerne qualcuna: non le ricordava, sinceramente, e solo in quel momento gli erano tornati alla mente i vezzi della rossa, quella mania fastidiosa di sottolineare libri e riviste, di scrivere bigliettini idioti da lasciare in giro in un'eterna caccia al tesoro. Zacky trovava sempre i suoi insulti nel medesimo posto, dopo un battibecco: impossibile non ricordare la stizza quando apriva la chitarra e trovava, sotto le corde, il bigliettino che raffigurava una faccia che mostrava la lingua.
“Non si vede bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.”
Nel posto dove anni prima si trovava il divano, in caratteri precisi e ordinati, c'era tutto il mondo di Holly: lui non ci aveva mai fatto caso o forse, aveva sempre ignorato l’ovvietà di quella frase.
“Domani andrà tutto bene, non cambierà nulla. Si insomma, è solo questione di forma. Io e Val viviamo già insieme da anni... fa schifo tornare qui dentro dopo tutto questo tempo.”
“Non deve essere una serata triste, ragazzi! Avete delle facce da funerale, cazzo!” aveva decretato Johnny cercando di stemperare la tensione che aleggiava nell’aria. Pessima idea riaprire il garage dei Sanders.
“Pensi stia andando bene qualcosa, a parte il matrimonio di Matt?”
L'attenzione di tutti si era spostata su Brian, intento a sorseggiare la propria birra, la schiena appoggiata alla parete nuda e lo sguardo perso. Ubriaco lo era già quando l'avevano trovato da Johnny's, intento a scolarsi l'ennesimo bicchiere di Jack Daniel's della serata, e solo a forza se l'erano trascinati appresso.
“Non sappiamo nemmeno decidere per noi stessi. Sono anni che lasciamo decidano gli altri per noi. Gena, Val, Dakota, Holly, Roxy... Le abbiamo accolte nelle nostre vite, le abbiamo allontanate, fatte scappare e abbiamo cercato di tenerle legate a noi con la forza.”
“Sei totalmente sbronzo” gli aveva risposto Johnny cercando di zittirlo.
“Abbiamo reclamato un diritto che abbiamo perso con gli anni. Ce lo meritiamo, adesso, di stare qui a leggerci le scritte di Holly sentendoci presi per il culo o il posto dove si sedeva Roxanne quando venivamo qui io e lei, e renderci conto che siamo solo dei coglioni.”
“Hai...”
“Avete scopato nel mio garage?” aveva esalato Matt, quasi schifato, a conclusione della domanda incredula che era morta in gola a Zacky.
“A ventotto anni non abbiamo ancora capito come si amano le persone. Tutto qui.”
“Ehi, dove vai adesso?” gli aveva chiesto Matt, mentre il chitarrista si dirigeva a passo incerto verso l'uscita.
“Attento al gradino o...”
“Ahio, cazzo!”
“Quando sei sbronzo te lo dimentichi sempre, coglione.”
Se volevano farsi una bevuta intrisa di ricordi, ora si sarebbero trovati a fare i conti con una notte popolata di spettri. Quella era l'ultima cosa che avrebbero dovuto tirare fuori per il matrimonio di Matt ma proprio non sapevano evitare di complicarsi la vita.
 
 
*
 
 
Ansia, la morsa  che le attanagliava lo stomaco sin dal primo mattino.
Terrore puro, quello che aveva provato quando aveva sopportato – in mite silenzio – le risate acute di Gena e gli starnazzi di Michelle durante i preparativi a casa della sposa.
Panico, quando era stata costretta a dividersi da Roxanne.
Nodo alla gola, quando era salita in auto con Dakota e Johnny e aveva realizzato di essere sola.
Olivia inspirava, cercando di mantenere il controllo, le mani strette sulla pochette sino a far diventare le nocche livide.
“Ti senti bene Holly? Sei pallida.”
In quel momento Dakota era distante da lei molto più di quanto non fossero state le miglia a dividerle tra Cardiff e Huntington Beach e non l'avrebbe mai capita. Perché? Perché Dakota aveva tutto e lei e Roxy, invece, avevano perso ogni cosa. Mettere sui piatti della bilancia le colpe non avrebbe sistemato le cose, solo renderla consapevole di essere una testa di cazzo proprio come Zacky.
“Sono emozionata, si.”
“Secondo me sei più tesa di Matt” l'aveva presa in giro Johnny, sterzando bruscamente a destra. Olivia, quando si erano trovati davanti all'imponente villa, il parco sconfinato ad accoglierli, aveva sentito il cuore mancare un battito, poi un altro. Si era quasi illusa di morire in quel momento, e sarebbe stato tutto molto più semplice a quel punto.
Ma la morte, non accoglie di certo le tue stupide suppliche da codarda.
La stessa villa del suo ventunesimo compleanno. La stessa, fottuta villa di quando ancora erano tutti felici. Insieme soprattutto.
Vaffanculo.
“Eccoci arrivati.”
Holly era scesa dall'auto quasi grata di potersi mimetizzare tra gli invitati, svicolare nelle ultime file e potersi rendere invisibile. In quel momento avrebbe desiderato una tinta nera, occhiali da sole anonimi e decine di sconosciuti attorno a farle da coperta dietro cui nascondersi.
“Ehi dove scappi?”
Dakota l'aveva afferrata per un polso, bloccandola.
“È  da questa mattina che sei strana.”
“Siamo tutti strani oggi, ti pare?”
“Non mi  freghi.”
“Dakota lasciami.”
“Andiamo.”
In un perfetto passaggio di testimone, Johnny aveva afferrato la presa sul polso dell’amica sostituendo quella della propria ragazza trascinandosela appresso, rischiando di farla inciampare nei tacchi alti.
“Johnny sei scemo o cosa?”
“Perché non sei tra i testimoni non significa che Matt non voglia vederti. Se non vieni da lui prima dell'inizio della cerimonia si ammazza. Ieri sera era in uno stato pietoso.”
“Perché devo...”
Di tutto quello che poteva dire, nulla avrebbe potuto rendere giustizia al sorriso nervoso di Matt quando Johnny l’aveva spinta leggermente in avanti verso di lui facendola incespicare, alle braccia forti che se l'erano stretta al petto con tutto l'affetto che aveva in corpo.
“Sei rimasta davvero.”
“Sei uno stupido, hai dimenticato di togliere il piercing.”
Gli aveva cinto la vita in un abbraccio fugace, staccandosi da lui per osservarlo con aria analitica, a dividerli la distanza delle sue braccia tese.
“Potresti evitare di startene svaccato come se ti aggirassi in pigiama per casa tua, almeno per oggi?”
Erano scoppiati ridere: tutti se n'erano accorti ma nessuno aveva avuto il coraggio di sistemare Matthew Sanders rendendolo un uomo presentabile il giorno delle sue nozze.
“Vado a prendere posto, niente casini... okay?”
“Prima fila?”
“Come ad ogni fottuto concerto” gli aveva risposto lei, sollevando il pollice verso l'alto, staccandosi da quel gruppo di scemi che, per la prima volta, stava facendo i conti con la vita. Quella vera, che non ti fa sconti. Quella vera, a cui sei costretto a tornare, prima o poi. Quella vera, che ti presenta sempre il conto delle tue azioni.
 
 
Brian, in modo molto poco diplomatico, si era sentito morire. Quando Roxanne aveva sfilato, accanto a Michelle, subito dietro a Val, si era chiesto se quello non fosse l'ennesimo smacco che il destino gli aveva riservato. Se avesse dovuto descriverla, non avrebbe trovato altre parole se non “bellissima”. Per chiunque sarebbe stata una cosa banale, ma non per lui. Roxanne era l'unica donna in grado di fargli scavare un solco dove aveva il cuore e strapparglielo con un sorriso. Quello, però, non gliel'aveva concesso quando i loro sguardi si erano sfiorati e lei era tornata a guardare dritto avanti a sé, ignorandolo. Era quella dunque la sua pena? Tornare di nuovo uno zero nella vita dell'unica donna che l'aveva fatto sentire a proprio agio nei suoi panni, senza sensi di inferiorità e competizione nei confronti di suo padre, che aveva sempre creduto in lui e che, soprattutto, l'aveva fatto sentire al posto giusto nel mondo?
Se quello fosse stato un film, Brian avrebbe sfanculato la cerimonia e si sarebbe trascinato appresso Roxanne, obbligandola ad ascoltare tutto ciò che aveva da dirle. Era certo, però, che se anche gli si fosse presentata un'occasione simile non sarebbe riuscito a proferire alcuna parola. Roxy lo rendeva lo stesso ragazzino innamorato e impacciato di quando aveva diciotto anni, privo di difese, assolutamente inerme davanti a un sorriso triste e lo sguardo basso. Sulla sua Roxy c'era un'ombra greve, una coltre di nubi che lui e Zacky avevano addensato su di lei e che nemmeno tutte le scuse del mondo avrebbero potuto dissipare del tutto. Era uno stupido, quello lo sapeva, eppure non poteva fare altro che osservarla da lontano. Se quel giorno fosse stato davvero un film, allora lui avrebbe dovuto sentirsi quanto meno felice per la vita che attendeva Roxanne al suo ritorno a Cardiff, con un tizio montato che la amava alla follia e la faceva sentire una principessa, ma Brian Haner Jr. non era portato per i buoni sentimenti, la filantropia o, peggio, l’altruismo. Lui era un grandissimo pezzo di merda, una prima donna e un competitivo nato: l’unica cosa possibile era osservarla da lontano senza potersi avvicinare a lei, nel timore che, come un miraggio, svanisse non appena avesse tentato di sfiorarla.
 
 
Roxanne si sentiva braccata, rinchiusa in una gabbia sin dal primo mattino. Aveva dovuto costringere Holly a uscire di casa e portarla da Val. Olivia non aveva parlato, si era torturata mani e capelli e aveva trattenuto la voglia di gridare per almeno quattro ore. Roxy aveva invidiato l'amica: mescolata tra gli invitati aveva la possibilità di fuggire agli sguardi pungenti di Michelle, ai sorrisi falsi di Gena o alle occhiate di Brian. In quel momento sentiva il bisogno di avere vicino Holly, lei e quel suo parlare a sproposito avrebbero stemperato la tensione almeno un poco, ma quando si erano seduti a tavola si era resa conto di come, invece, nemmeno Holly avesse la forza per reggere la situazione. Per tutta la cerimonia aveva mantenuto lo sguardo su Val e Matt, spostandolo di tanto in tanto su di lei per assicurarsi che stesse bene. Era brava ad abnegarsi, quello lo sapeva, ma temeva che esplodesse prima della fine della giornata ed era certa che il suo capro espiatorio sarebbe stato Zacky. Holly non aveva ancora sorriso, se non quando Matt si era voltato nella sua direzione, alla fine della cerimonia – la mano stretta in quella di Val - come a cercare la sua benedizione, per poi stornare lo sguardo sui ragazzi, tra le risate di Brian e le grida di felicità di Jimmy.
Ora, a pranzo, si trovava a pensare che Holly avesse calcolato alla perfezione ogni mossa, voltando le spalle alla tavola degli sposi e dei loro testimoni e damigelle, in modo da poter vedere solo l'angolo nel quale lei – l'ultima commensale sul lato della sposa – sedeva. Era il suo modo personale per non farla sentire sola, per sorreggerla in quel modo in cui solo loro potevano comprendere. Niente e nessuno avrebbe potuto comprendere quanto enormi sembravano piccolezze come quella. Era un volersi ricordare reciprocamente che ce l'avrebbero fatta e che, qualunque cosa fosse accaduta al resto del mondo, loro ci sarebbero state e sarebbero sopravvissute. Magari sfregiate e con il corpo ricoperto di cicatrici, senza cuore e anima persino, ma avrebbero continuato a camminare insieme lungo quella strada lastricata di dolore che gli adulti, chiamano vita.
 
 
“Credevo ti saresti messa a piangere ora che hai perso il tuo principe azzurro per sempre.”
“L'ho trovato da un pezzo” gli aveva risposto la ragazza, le braccia conserte al petto mentre osservava Matt e Valary posare per le fotografie del rituale taglio della torta, solo loro al centro dell'attenzione di tutti. Chiunque avesse visto lei e Zacky parlare, avrebbe creduto che non ci fosse nulla di crudele nelle loro parole, ma a chiunque li avesse uditi sarebbe stato lampante come i due stavano combattendo una battaglia all'ultimo sangue con il sorriso sulle labbra, entrambi con lo sguardo fisso sugli sposi.
“Toglimi una curiosità: hai deciso anche oggi di essere il più grande stronzo del pianeta? Così, giusto per sapere di doverti evitare per non rovinare la festa agli altri.”
“Ti sono cresciuti i capelli” le aveva risposto lui, incassando il colpo e sviando dalla pericolosa china che stava prendendo la conversazione.
“Non li ho più tagliati” era stata la lapidaria risposta di Holly che non lasciava adito a dubbi su quale fosse stato il momento della decisione di non tagliarli più, rendendosi più  femminile. Almeno un po', perché ancora riusciva a mettere il capello da baseball degli Angels senza troppi problemi. Non sarebbe cambiata mai, ma le piaceva illudersi di potersi sentire una donna, all'occorrenza, proprio come in quel caso.
“Sei in forma.”
“Anche tu e gli altri” era stata la risposta sincera della rossa, che per la prima volta si era voltata a guardarlo abbozzando un sorriso imbarazzato, facendo sentire a Zacky un qualcosa di molto simile a un osso che si spezza in modo netto, da qualche parte, dentro lo stomaco.
“Ehi Zacky!”
La voce di Gena, modulata e composta, era stata sostituita dall'arrivo della ragazza, che aveva preso sotto braccio il chitarrista, sorridendo raggiante al mondo intero. Di motivi per essere felici, lì dentro, ne avevano tutti a quintali e a Holly pareva di essere l'unica a dover fare i conti con un senso di angoscia crescente che iniziava a farle andare stretto l'abito attorno alla vita, che le faceva sentire il dolore alle dita dei piedi e le serrava la gola. Tutti erano felici e lei, in modo autonomo, aveva deciso di essere felice altrove, lontano da loro, proprio come Roxy. A quel pensiero, il suo sguardo era scivolato tra la folla di invitati, scandagliando tutti gli abiti di un intenso blu cobalto cercando i boccoli castani dell'amica nella speranza di vedere anche lei avvolta dalla felicità che sembravano provare tutti. In un certo senso, se fosse stata sola in quella solitudine, si sarebbe sentita in dovere di accusare solo sé stessa, ma era bastato incrociare nuovamente lo sguardo di Roxanne per capire che a sbagliare, erano in due. Ancora, come se il destino avesse deciso di unirle nel dolore più che nella felicità, come se dagli errori potessero trarre entrambe la forza necessaria per vivere.
“Hai un abito stupendo” le aveva detto Gena, spiazzandola. Non si era di certo sentita in colpa per nulla – dopotutto aveva contribuito alla riuscita del miglior compleanno di sempre, come se quell'unica parentesi di New York fosse sufficiente a discolparla dell'astio che provava nei suoi confronti. Non che la cosa, comunque, le importasse poi molto: per lei Gena valeva come uno zero assoluto – e le aveva risposto con un sorriso tirato.
“Grazie, è merito di Roxy. È lei che ha buon gusto nel vestire.”
“Ottima scelta, davvero. Mi piace anche il tuo nuovo colore di capelli: è un rosso molto più scuro, vero?”
“Si, mi ero stancata del rosso ciliegia. Con i capelli lunghi li rovinerei soltanto.”
“Non sei mai stata al salone, dovresti passare ogni tanto.”
“Non credo che tornerò ad Huntington Beach a breve. Sono venuta qui per Matt, per ora non ho progetti a riguardo.”
Zacky le aveva lanciato un'occhiata mentre si sporgeva in avanti per bisbigliare qualcosa all'orecchio di Jason che applaudiva con foga in direzione degli sposi. Pochi istanti dopo entrambi si erano portati pollice e indice tra le labbra, emettendo un fischio acuto seguito da quello degli altri, disseminati per la sala da pranzo, in un fragore di applausi e risa. Al posto di Jason, ci sarebbe dovuto essere lui, a ridere con Holly. Tanto più che lei, i Berry, li odiava da sempre. Bella stronza. Matt era stato il primo a scegliere la strada da seguire, ma aveva davvero mai avuto il dovere di prendere una decisione? Da sempre stava con Val, da sempre erano la coppia a cui fare riferimento: non aveva mai dovuto davvero scegliere qualcosa come Holly. Con l’immaturità di una ragazzina si era tenuta dentro ogni cosa ed era fuggita, scegliendo per tutti quanti. Matt e Zacky compresi.
“Vado da Jimmy e Roxy, ci vediamo dopo ragazzi” e con quelle parole si era congedata da loro, sgusciando tra gli invitati con passo deciso lasciandosi alle spalle l'ennesimo, prevedibile, scontro emotivo della giornata. Era consapevole che, prima della fine, avrebbe dovuto mangiare così tanti rospi che temeva di iniziare a gracchiare. Avrebbe resistito sino alla fine senza insulti, lacrime o grida: lo doveva a Matt e non sarebbe di certo stata lei la causa della rovina di quel giorno così importante per tutti quanti. Una responsabilità così pesante, non sarebbe mai riuscita ad accettarla.
 
 
La felicità dipinta sul volto di Val era il regalo più bello di quel giorno. La tensione, i dubbi, le migliaia di litigi tutti uguali, gli parevano solo un ricordo distante anni luce. Magari perduto dall'altra parte dell'oceano. Aveva cinto la vita della ragazza, sorridendogli.
“Non l'avrei mai creduto possibile.”
“Cosa?” le aveva chiesto lui, mentre l’attirava dolcemente a sé, gli occhi di tutti puntati su di loro, in attesa dell'apertura delle danze.
“Che andasse tutto come avevo desiderato.”
“Non dirlo, non è ancora finita.”
Erano scoppiati a ridere con quella complicità che li aveva uniti nel tempo, che li aveva resi affiatati nonostante i loro mondi non fossero sempre sul medesimo asse. Si erano sopportati, avevano imparato a conoscersi e amarsi, mettendosi totalmente l'uno nelle mani dell'altra.
Matt, impacciato, aveva trascinato lungo il perimetro della pista Valary, in un volteggio di seta e organza color avorio che si allargava ai loro piedi come sbuffi di fumo. Fu questione di uno sguardo alla folla, l'attenzione catturata da una chioma rosso fuoco che lo osservava dall'alto, in piedi su una sedia.
Holly li guardava e sorrideva, ed era come se in quel momento, per Matt, tutto fosse tornato al proprio posto, tutto a prima di Cardiff. Gli aveva sorriso, formando una “o” perfetta nell'aria, a indicargli che era tutto okay e lui, be', andava bene lì dov'era anche se come ballerino faceva piuttosto schifo. Stringeva tra le braccia la donna che amava e, a pochi metri di distanza, a vegliare su di lui e incoraggiarlo, stava una tizia troppo fuori dagli schemi perché potesse mai esserci stata una sola speranza per loro. Lì, a pochi passi, c'era la donna che l'aveva sopportato, semplicemente, senza chiedergli nulla in cambio.
“Cos'è quella risata che sta per uscirti di bocca?”
“Sto solo ricordando.”
Ricordare come, per una volta, la vita avesse sistemato ogni cosa al suo posto, dando un nome a tutte le sue componenti. Forse, piuttosto della vita, era stato lui a chiudere il cerchio facendo le proprie scelte, scavando a fondo in un passato che non avrebbe mai potuto cambiare e guardando a un futuro che non era altro che il corollario del suo presente con Valary.
 
 
Roxanne e Jimmy passeggiavano tra gli invitati in cerca di un po' d'aria da respirare. Aria sana, si ripeteva la ragazza come un mantra.
“Hai visto Holly? È  dal ballo che è scomparsa, ho paura se ne sia tornata a casa.”
“A piedi?” le aveva chiesto Jimmy, divertito.
“Ne sarebbe capace.”
“Come ti senti?”
“Uno schifo. Ho solo voglia di tornare a casa, a Cardiff. Non riesco a sopportare Huntington Beach è come se... se ci fosse qualcosa a impedirmi di respirare a fondo e assaporarne i profumi” aveva esalato lei con un sospiro. Il ragazzo l'aveva attirata a sé, cingendole le spalle e posandole un bacio affettuoso tra i capelli.
“Ne avevo bisogno. Grazie.”
“Lo so.”
Le uniche cose che Roxy credeva potessero durare in eterno erano la dolcezza con cui Jimmy si era sempre preso cura di lei e l'iperattività quasi fastidiosa di Holly. Un tempo ci sarebbe stato anche suo fratello ma ora, quella, suonava come l’utopia radicata della Roxanne Baker ragazzina, che fumava di nascosto in compagnia di Brian e Jimmy solo per fare un dispetto a suo fratello, odiando persino l’odore di tabacco che le impregnava i vestiti.
“Ehi Jimmy hai visto quanto fa schifo Matt come ballerino? ” esordire a quel modo, per Brian, era stata la cosa più naturale del mondo, perché era stata l'unica cosa di senso compiuto che gli fosse venuta in mente per potersi avvicinare a Roxanne.
“Ciao Roxy” aveva aggiunto, come a voler sottolineare che la vedeva, nel tentativo di rattoppare uno squarcio che, ancora, faceva male.
“Ciao. Jimmy vado a cercare Holly, ci vediamo dopo” e con quelle parole si era staccata con riluttanza dall'abbraccio del batterista, superando il chitarrista senza degnarlo di uno sguardo.
“Dici che è incazzata con me?”
“Che cosa te lo fa pensare? Il fatto che sia fuggita appena sei comparso o il fatto che ti abbia tacitamente detto sei invisibile? Già che ci sei, potresti anche evitare di guardarla come se fosse una dea.”
“Non la sto... vaffanculo Jimmy.”
“Disturbo?” aveva chiesto Zacky interrompendoli, un calice di vino tra le mani e lo sguardo che vagava per la stanza alla ricerca di qualcuno di ben preciso.
“Se cerchi tua sorella se n’è appena andata fuori. Abbiamo perso Holly.”
“Sai che a scegliere le parole giuste fai davvero cagare, Jimmy?” gli aveva risposto secco Zacky, puntando lo sguardo in quello dell'amico.
“Niente casini” era stato l'ammonimento del batterista in direzione dei due chitarristi, come se stesse leggendo senza troppi problemi le loro intenzioni.
“Se vi avvicinate, vi ammazzano. Lasciatele in pace, non è il giorno adatto per le scuse. E comportarvi come state facendo voi è una cosa patetica. Non potete fare finta non sia accaduto nulla. Fossi in voi, perché le scuse abbiano effetto, farei la stessa cosa che avete fatto la prima volta: tornerei a Cardiff solo per chiedere loro perdono strisciando.”
“Per Matt ci sono passate sopra senza problemi” l'aveva rimbeccato Zacky in tono aspro, nel tentativo di dominare una rabbia che gli nasceva da una parte intima di sé stesso, quella che entrava sempre in causa quando... be', quando aveva fatto i peggiori casini della sua vita.
“Carina Holly oggi, vero?”
“Carina? Solo perché riesce a stare in equilibrio sui tacchi?” aveva replicato il ragazzo, accompagnando la risposta con una smorfia di disgusto. Jimmy era scoppiato a ridere divertito, cingendo le spalle di entrambi in un abbraccio che li univa tutti e tre.
“Se non foste così tanto teste di cazzo sareste davvero le persone migliori di questo mondo.”
“Se non fossi così tanto testa di cazzo nemmeno mi vorresti come amico.”
“Non sono così masochista Brian, lo sai?”
 
 
Quando Roxanne l’aveva trovata, intenta a giocare con alcuni bambini, aveva finto di non vederla ed era tornata sui propri passi. In quell’alcova di dolcezza, i piedi nudi affondati nell’erba fresca del terreno, non era riuscita a interromperla. Riportarla alla realtà, alla sala gremita di adulti che le attendevano, era crudele. Lei poteva appoggiarsi a Jimmy ma si rendeva conto che Olivia aveva solo sé stessa, in quel momento, come se stesse decidendo per l’ennesima volta del proprio futuro. La conosceva abbastanza bene da sapere che stava cercando di evitare di passare al vaglio ogni scelta della propria esistenza. Quella era una cosa che sapeva aver fatto diverse volte negli ultimi mesi, in balia dell’incertezza che le era stata data dall’aver perduto le proprie radici. La piccola Holly che era partita per New York anni prima in quella situazione sarebbe già crollata, ma la Holly che avevano davanti loro sapeva quando mettere a tacere la coscienza e come restare in piedi anche se presa a schiaffi dalla sua migliore amica.
“Ehi sei qui. Val vuole qualche foto ricordo con le sue damigelle, non puoi rifiutarti.”
Jimmy si era arrestato al suo fianco, osservando Holly tracciare sul terreno disegni invisibili con un ramo secco, mentre i bambini – attorno a lei – osservavano rapiti ciò che stava facendo.
“Devo proprio, vero?”
“Direi di si. Sei qui per lei dopotutto.”
“In questo momento la sto invidiando. Guardala” gli aveva detto la mora, indicando l’amica.
“A volte sai cosa penso? Se vi foste scoperte prima non ci sarebbe stata nessuna Dakota.”
“Io credo che ci saremmo odiate a morte. Non avrei mai sopportato la vecchia Olivia.”
“E quella nuova com’è?”
“Ce l’hai davanti.”
Roxanne credeva che Holly non fosse realmente cambiata, solo che avesse imparato a vivere secondo ciò che le suggeriva il cuore, quella voce che per anni aveva messo a tacere quando Huntington Beach esercitava su di lei quella magia perversa secondo cui doveva vivere sottostando alle regole degli altri, per vivere ed essere accettata nel mondo degli altri. Nel suo si rifugiava persino troppo spesso, ma nessuno l’ascoltava davvero quando parlava da quella profondità: la voce che arrivava da lì era troppo flebile persino per essere udita da lei stessa. Ora, quella voce, gridava e scalciava, premeva contro la gola per uscire e non ammetteva compromessi. Un tempo, i compromessi Olivia li chiamava con nomi dolci come “affetto”, “amicizia”, “amore” ora riusciva a chiamarli con il loro giusto appellativo e se ne vergognava. Perché per amicizia, affetto, amore, aveva per anni zittito sé stessa, violentandosi un po’ ogni giorno.
 
 
Era stato Jason, con il suo sorriso smagliante e i fumi dell’alcol a corrergli in corpo, a interrompere l’ennesimo tentativo di riavvicinamento tra Roxanne e Zacky. Forse, a ben vedere, non era davvero il momento migliore per farlo. Tra le risa dei presenti, tra i sorrisi sinceri e le lacrime di commozione, solo loro, Brian e Holly sembravano essere gli unici spezzati, in qualche modo, fuori dal tempo e incapaci di gustare appieno quella gioia. Zacky, quando Jason l’aveva portato da Holly, si era detto che il problema, alla fine, non la riguardava nemmeno ed era lui a illudersi che anche lei fosse così stronza nei suoi confronti per gli stessi motivi per cui lui, lo era con lei.
Se l’era detto con un tono stizzito e una buona dose d’irritazione, rivolto a sé stesso per la stupidità con cui non riusciva a fare a meno di cercarla con lo sguardo, come facevano sempre per esplodere in una risata complice di cui solo loro comprendevano le cause o anche solo per assicurarsi che ci fosse.
“Che cazzo stai facendo?”
La rossa aveva guardato in basso, verso di lui e Jason, mentre se ne stava seduta sul ramo di un albero con le gambe a penzoloni nel vuoto. Alcuni bambini, sotto di lei, cercavano di arrampicarsi a propria volta, ma con pessimi risultati.
“Holly facci salire! Vogliamo vedere anche noi l’oceano da lì!” le aveva gridato un moccioso che aveva almeno sette anni e tutta l’aria di essere il capetto del gruppo.
“Non siete abbastanza grandi per arrampicarvi? Prima avete avuto paura e non siete voluti salire.”
“Si ma prima era prima che salissi tu!”
“Giusto. Ora sappiamo che anche con te sopra il ramo non si spezza” aveva proferito convinto uno dei marmocchi. Olivia aveva lanciato ai bambini uno sguardo spietato e colmo di finta ira, prima di scoppiare a ridere e tornare verso il tronco dell’albero, scendendo senza troppa difficoltà utilizzando i rami più bassi come pioli di una scala. Certo, quel maledetto abito le impediva i movimenti, ma era stata bravissima a non rovinarlo: Roxy ne sarebbe stata fiera.
“Che cazzo ci facevi lì sopra?”
“Sono andata a recuperare un paio di palloncini volati via a due bimbe, poi mi sono accorta che da lì si vede l’oceano. È bellissimo. L’altra volta non me n’ero accorta.”
“Holly! Holly! Ci racconti ancora una di quelle storie sui folletti? Ma davvero li hai visti in Galles?”
“Certo. E si fanno vedere solo dai bravi bambini.”
“Tu sei vecchia” aveva replicato lo stesso moccioso che le aveva dato della grassona poco prima, e Zacky l’aveva guardato con la stessa adorazione con cui un maestro guarda al proprio allievo.
“Ma molto più abile di te, moccioso, ad arrampicarmi sugli alberi.”
“Allora vediamo chi arriva prima al campo da tennis là in fondo!” gli aveva risposto lui iniziando a correre, imitato da alcuni degli altri bambini.
“Ehi, non vale!”
Holly era partita al loro inseguimento, i piedi nudi a sfiorare il terreno, raggiungendo i bambini in pochi istanti. Zacky non credeva ai propri occhi e vederla tenere in braccio la nipote di Matt che le riempiva di baci la guancia, feriva la retina mentre il sole moriva all’orizzonte.
Olivia sapeva come farsi giustizia, sempre.
“Ehi scema! C’è il lancio del bouquet e ci dovete essere tutte” gli aveva gridato lui e, per un istante, si era chiesto se lei avesse udito le sue parole oppure no.
Era come una farfalla: speri sempre di poterla tenere sulle dita e queste, non appena ti avvicini a loro, si librano nell’aria e volano lontane da te, spostandosi sempre un poco più in là, come se fossero loro a darti fastidio e ti concedessero più spazio.
Per tornare a respirare dopo una visione che ti strozza l’aria in gola.
 
 
“Scusa tu che ci fai qui?”
“Cosa dovrei fare, scusa?”
“Di solito le donne adorano ammazzarsi per prendere il bouquet” l’aveva canzonata Brian mentre, insieme ai ragazzi e a Holly, se ne stavano appoggiati alla parete sul fondo della stanza, lasciando alle amiche della sposa tutto lo spazio di manovra necessario per uccidersi a vicenda.
“Io non ho bisogno di prendere quel coso per sapere quando sposarmi.”
“Ehi ehi ehi! La piccola Holly ha le idee già chiare e non ci ha ancora detto nulla?”
“Piccola un cazzo, Johnny. Ti ricordo che sono più grande di te di un anno. Perché non ho mai fatto bullismo su di te come hanno fatto tutti, non significa che tu possa dire quello che vuoi. In ogni caso, non sarà Dakota a prenderlo.”
“E perché?” gli aveva chiesto lui, un po’ deluso.
“Perché sarò io a decidere quando sarà il momento di sposarvi, e prima che possiate farlo la sposerò io a Las Vegas.”
“No senti, vaffanculo. Già mi è preso un colpo quando siete tornate con le fedi e…”
La voce di Johnny era stata sovrastata dalle grida acute del branco di galline starnazzanti che si aggiravano come avvoltoi per la sala. Quando il bouquet era finito tra le mani di Roxy, senza il minimo sforzo, il tempo si era come fermato. Michelle e Gena – lo sguardo colmo d’odio – avevano gli occhi puntati sull’ambito trofeo, mentre Roxanne aveva abbozzato un sorriso incerto al pubblico che applaudiva.
Senza nemmeno rendersi conto di quando la cosa fosse avvenuta, Holly si era gettata sull’amica, gettandole le braccia al collo e stampandole un sonoro bacio sulla guancia.
"Hai vinto tu! Contro Michelle!"
Oh merda.
La bionda, dal canto proprio, aveva scoccato un’occhiata lapidaria alla rossa, fingendo di non averla udita. Non poteva permettersi di rovinare il matrimonio di sua sorella e poi, il gridolino di giubilo di Holly era stato udito solo da lei e Gena e, ovviamente, Dakota, che avrebbe continuato imperterrita a stare dalla parte di Olivia persino se le avesse scopato Johnny sotto il naso.
“Se non ti sposi non si sposeranno nemmeno Michelle e Brian” le aveva bisbigliato all’orecchio Holly, costringendola a scoppiare in una risata sincera, mentre stringeva il bouquet al petto. Quello era stato il primo momento di felicità che le pioveva addosso, e quella risata la faceva sentire dannatamente bene: più leggera ma bastava per distendere muscoli e alleggerire il peso che avvertiva sul petto sin dal primo mattino.
"Dobbiamo dirlo a Ian, ne sarà felice" aveva replicato la mora sovrappensiero.
“Fantastico” aveva esalato Zacky in un sussurro che sembrava il ringhio di un lupo, abbastanza forte da essere udito dalle due che si stavano dirigendo nella loro direzione.
"Be' tranquillo, puoi sempre non venire al matrimonio" gli aveva scoccato lapidaria Holly, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Roxy le aveva sorriso prendendola a braccetto mentre, ridendo, si dirigevano all’esterno della villa per riprendersi un po’ d’aria e, soprattutto, per trascinare Holly lontana da Zacky.
“Hai la faccia da ramanzina. Giuro che non ho fatto nulla, eh, questa volta.”
“Come sempre?”
“Dai Roxy, abbiamo vinto cazzo!”
Holly aveva gonfiato le guance in quella sua espressione da criceto arrabbiato, con il disappunto di quando qualcuno le rovinava la festa, poi erano scoppiate a ridere di nuovo. Faceva bene farlo, serviva a ricordare come si respira.
 
 
“Sono tutti in piscina, che ci fai qui? Dai Holly, continui a sparire come se ti desse fastidio stare con noi.”
Dakota si era seduta al suo fianco, su una delle panchine del parco, mentre Holly fissava la villa illuminata stagliarsi davanti a loro, come la sera di un compleanno di tanti anni prima quando Zacky, semplicemente, l’aveva tradita preferendo Gena a lei.
"Mi hai tradita" erano state le uniche parole che Olivia era riuscita a formulare in direzione di Dakota, come un proseguimento dei ricordi che le riaffioravano alla mente. La bionda era impallidita, mordendosi nervosamente l'unghia del pollice, accusando il colpo spostando lo sguardo sulla punta dei propri piedi. Si aspettava quell’accusa da quando Holly aveva saputo che sarebbe stata una delle damigelle di Val, e aveva ragione.
"Hai fatto la tua scelta, la rispetto. Tu come ti sei sentita quando ho scelto New York e poi Cardiff, Nick e Roxy?" aveva continuato la rossa, senza attendere una sua risposta.
Sincera, come sempre, aveva colpito il bersaglio.
"Tradita.”
"Siamo pari allora. Non voglio perderti."
"Nemmeno io."
"Oggi é uno di quei giorni in cui penso di aver sbagliato tutto nella mia vita, lo sai?”
Era una confessione dolorosa, difficile da digerire quando, tutt’al più, è una domanda che ti sei posto solo dentro la tua testa. Quando le parole non hanno suono fanno sempre meno paura di quando assumono forma e consistenza, di quando qualcuno è pronto ad accoglierle e condividere con te il loro peso.
"Holly non..."
Non piangere.
"Sono solo triste. Tutto qui."
Poteva un semplice abbraccio renderti la persona più felice del mondo? Poteva, con solo il suo profumo, ricordarle quanto bello poteva essere sentirsi amati da qualcuno che ti conosceva e accettava per ciò che eri?
"Tornerai?"
"Nessuno ha bisogno di me qui. Sono fuori.”
Un’altra confessione: la paura più grande, quella di essere diventata uno zero nella vita di chi, per lei, era sempre stato tutto.
"Ma ci sono io."
"Per te tornerei mille volte."
"Allora resta."
“Non è così semplice.”
“Nick ti seguirebbe.”
Sono io che non voglio. Non ora, è ancora troppo presto.
“Ti voglio bene Dakota. Un bene infinito.”
“Io di più. E te ne vorrò sempre. Anche se sei una scema, se ti giochi sempre il tutto e per tutto. Ti voglio bene proprio per questo.”
“Per quello che sono?”
“Per quello che sei.”
“Grazie.”
Avevo bisogno di sentirmi così, lo sai? Solo benvoluta. Bastava questo. Perché il sorriso di Matt, da solo, non basta più da un pezzo.
 
 
“Ora che uno dei migliori amici si è sposato con la donna più affascinante e meravigliosa di tutto il mondo, nonché la più cazzuta, voglio che anche tu, Brian, decida finalmente di diventare grande. Tu e Roxy avete la mia benedizione.”
Jimmy, un sigaro tra le labbra e la barba incolta per cui Holly e Roxanne l’avevano preso in giro per i primi dieci minuti dal loro arrivo ad Huntington Beach, aveva stretto a sé da un lato Roxanne, dall’altro Brian. Se ci fosse stato un modo per morire soffocati, sparire o qualsiasi altra cosa al mondo, Roxy avrebbe volentieri scambiato la sua vita per sparire da quella situazione. Stupido, stupido Jimmy che quando si ubriacava diventava così molesto da non capire più un cazzo, nemmeno quando – con la sua bontà infinita – riusciva a farti sentire una merda e a metterti in seria difficoltà.
“Dai Jimmy, sei completamente ubriaco” aveva cercato di smorzare la tensione Johnny, lanciando occhiate oltre il bordo della piscina in cerca di Holly, Dakota e Val. Perché erano lì solo loro, cinque coglioni, due cretine e una vittima innocente?
“Non sai quello che dici.”
“Lo sappiamo tutti che sto dicendo un sacco di verità. Se aveste bevuto tutto il ben di Dio che mi sono scolato io, lo vedreste anche voi. E che cazzo, Zacky, basta startene appiccicato a Gena! È tutto il giorno che ve ne state lì ad amoreggiare come due colombe. Cazzo, vuoi sposarti anche tu per caso? Rispetta le priorità, il bouquet l’ha preso Roxy, lei e Brian saranno quindi i prossimi.”
“Jimmy… ti prego…” la voce di Roxanne era poco più che un sussurro udibile solo da lui e Brian, soffocato dal rumore dell’acqua della piscina. Al chitarrista, però, non era sfuggito lo sguardo supplichevole della ragazza, velato di lacrime che cercava di trattenere alla meno peggio. Aveva lanciato un’occhiata persino a lui – ora che, evidentemente, non aveva altri appigli – nel tentativo di farsi aiutare a mettere a tacere l’amico. Troppi ricordi, tutti insieme, e il profumo di Brian così vicino da stordirla.
E il profumo di Roxy così vicino da fare male.
“Dai Jimmy, adesso basta cazzate.”
“Sei tu che sei una cazzata vivente, Brian!” aveva decretato lapidario stampandogli un bacio sulla guancia per poi scoppiare a ridere di gusto.
“Ecco qui la donna più bella della serata. Solo perché è la sposa, ovviamente” aveva precisato il batterista, indicando Valary uscire dalla villa.
“Ti stiamo aspettando, Val.”
“In piscina vestita così?” aveva riso lei, in direzione del batterista.
“Dai Val, lo sai che si dice: sposa bagnata, sposa fortunata.”
Valary era scoppiata a ridere alla battuta di Gena, portandosi a bordo piscina e lanciandosi al suo interno in un tuffo leggero. Chiunque altro, al suo posto, sarebbe annegato, trascinato sul fondo dalla pesantezza dell’abito, ma Val era riemersa in un istante, accanto a Matt, posandogli un bacio sulle labbra.
“Auguri amore.”
 
 
Erano rimaste abbracciate per diversi minuti, in sacro silenzio a respirare reciprocamente l’una il profumo dell’altra, in quel contatto che sapeva di tutto l’amore del mondo. Con riluttanza, Dakota si era scollata da Olivia, più per evitare di farsi vedere dagli altri e scoppiare a piangere davanti all’amica. Non voleva mostrarle quanto potesse essere doloroso l’imminente abbandono – l’ennesimo – ma voleva che potesse portarsi via da Huntington Beach qualcosa di buono, non solo l’ansia che aveva accumulato in quei giorni.
“Raggiungiamo gli altri in piscina? Sono tutti sbronzi. Tu sei l’unica sobria oggi.”
“Meglio che mi ricordi tutto, evito di fare un sacco di casini più di quanti non ne abbia già fatti.”
“Sei troppo dura con te stessa.”
Si erano incamminate lungo il parco immerso nella notte, la luce fioca dei lampioni a rischiarare le loro figure. La luce arrivava soprattutto dalla villa e dalla piscina, dove i ragazzi gridavano e facevano un casino assurdo. Ormai se n’erano andati tutti: i bambini, i genitori, i conoscenti e gli amici. Erano rimasti solo loro, la famiglia con i suoi numerosi scheletri nell’armadio e le guerre dichiarate, i sentimenti forti come gli scogli che spuntavano lungo il lato est della costa.
Holly aveva solo intravisto la figura di Valary tuffarsi in piscina, acclamata da tutti, ancora con indosso il vestito della cerimonia, e aveva sorriso in modo del tutto spontaneo.
“Val è la migliore.”
“Da quando scusa?”
“Da sempre, altrimenti non credo le avrei mai lasciato così facilmente Matt. Mi conosci.”
“Tu non cedi mai.”
“È pazzesca.”
“La sei anche tu.”
“Sei di parte, ma accetto il complimento.”
“Eccole qui! Credevamo foste a fare i piccioncini come Gena e Zacky. Johnny avrebbe apprezzato solo se fosse stato spettatore. E anche noi un po’.”
Ad Holly era parso chiaro che Jimmy era totalmente fuori di testa, specie perché Roxy e Brian erano stretti nella sua presa, entrambi disperati, nel tentativo di posare lo sguardo su qualsiasi altra cosa che non fosse quello dell’altro.
Sarebbe bastato solo quello per fregarli, ne era certa.
Valary aveva stemperato la situazione e calamitato su di sé l’attenzione di tutti, distogliendo quel muro di silenzio e fiati sospesi in direzione del trio al centro della piscina, ma non a sufficienza per far perdere la presa di Jimmy sui due.
“Senti Dakota, te lo ricordi quando abbiamo festeggiato qui il mio compleanno?”
“Si che me lo ricordo.”
“Tutto quanto?”
“Si perché?”
“Quella volta non siamo riuscite a tuffarci insieme in piscina, ma oggi possiamo compensare, che dici?”
Dakota le aveva sorriso, togliendosi le scarpe con il tacco e lasciandole cadere a terra. Si erano prese per mano iniziando a correre in direzione della piscina, tuffandosi a bomba vicinissime a tutti gli altri, lasciandosi la mano solo quando già erano a mezz’aria, pronte a ricadere a peso morto in acqua.
“Non ci credo…” aveva bisbigliato Roxy inghiottendo acqua, cloro e lacrime.
“L’hanno fatto sul serio” aveva ripreso, fissando attonita il vestito di Holly completamente fradicio e il trucco colato di entrambe, dirette a nuoto verso di loro.
Olivia le aveva strizzato l’occhio, sorridendo: ce l’abbiamo quasi fatta, no?
 
 
Cardiff, 2009
 
Il matrimonio non aveva appianato le cose. Matt e Holly continuavano a non sentirsi, salvo che per il compleanno di Matt, quando Holly gli aveva inviato un mms di un cupcake che si sarebbe mangiata in suo onore. Jimmy chiamava le ragazze in modo assiduo, facendo sapere loro ogni cosa sul nuovo disco. Agli inizi dell’autunno erano infatti tornati in sala di registrazione, iniziando a lavorare su quello che Jimmy sosteneva sarebbe stato il loro album migliore. Zacky e Brian, semplicemente, continuavano a non esistere. Avrebbero potuto realmente tornare a Cardiff per chiedere loro scusa, ma nessuno dei due aveva poi avuto il coraggio di chiedere all’altro di farlo davvero. Era difficile fare chiarezza nei sentimenti; soprattutto, era difficile farlo senza ferire e ferirsi. C’erano così tante persone coinvolte, in un gioco di equilibri precari con un possibile effetto domino che li avrebbe fatti cadere tutti quanti, che le cose, forse, stavano andando persino meglio così. Da quando Roxanne e Olivia non tornavano più ad Huntington Beach le cose tra Zacky e Gena andavano a gonfie vele, probabilmente grazie al fatto di essere l’unica donna ancora rimasta nella sua vita. Quello però, nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso: era più semplice fingere che fosse il loro amore a essere più forte di ogni cosa, persino dei legami di sangue. Michelle non aveva mai perdonato a Jimmy l’aver benedetto un matrimonio di cui lei non faceva parte, ma continuava a essere il ben accetto a casa sua e di Brian per quieto vivere. Holly si era fermata a Cardiff, limitando le proprie trasferte all’estero a periodi davvero brevi da supervisore degli scavi. Sentiva il bisogno di avere vicino le persone che amava, come se addormentarsi tra le braccia di Nick o uscire con Roxanne le desse la sicurezza necessaria per non impazzire. La verità era che si era imposta di chiamare Cardiff “casa”, dunque di farvi ritorno più spesso, di passarvi più tempo, proprio come aveva fatto i primi tempi. L’irrequietezza che l’aveva spinta a viaggiare il mondo per quasi un anno, lentamente, era scivolata via, con la consapevolezza che le tue radici non le strappi via dal terreno nel quale sono piantate nemmeno bruciandole. Si era rassegnata, dunque, perché Huntington Beach sarebbe rimasta sempre lì, a portata di desiderio, e non l’avrebbe cancellata dal proprio cuore nemmeno strappandoselo dal petto. Roxy aveva Ian, e quello bastava a darle la sicurezza necessaria del sentirsi il centro del mondo - di un universo intero - in una vita in cui facilmente si stancava di ciò che faceva, cambiando decine di lavori differenti, tutti troppo ripetitivi, per una come lei. Ian continuava ad avere il magico potere di farla sentire al posto giusto, di farla sentire bene, soprattutto, nonostante la nostalgia di Zacky fosse così forte – a volte – da renderle insopportabile osservare il proprio riflesso allo specchio, così differente da quello di suo fratello eppure così famigliare.
Non sembriamo nemmeno gemelli, lo sai?
A volte, quando eravamo più piccoli, credevo che Holly sarebbe stata una sorella migliore di me: eravate davvero simili, voi due, e lo siete ancora, anche se non ve ne rendete conto.
Inconsciamente forse mi sono legata a lei perché ho visto le stesse cose che odiavo anche in te.
 
 
*
 
 
Avevano festeggiato il compleanno di Roxy poi, il venticinque dicembre, quello di Holly.
Insieme. Solo loro.
Avevano bisogno di nuove tradizioni e nuovi ritmi, di nuove aspettative per il futuro e nuovi sogni. Roxanne aveva persino proposto a Holly, scherzando, di buttarsi nel canto, e lei per tutta risposta aveva fatto una smorfia disgustata prendendo una manciata di pop corn da ingoiare in un unico boccone. Di sogni ne avevano ancora qualcuno nel cassetto, ma erano troppo grandi per essere realizzati da sole. Holly era vicina alla vetta: l’avevano richiamata a New York, per la successiva estate, per un impegno importante. La lettera era arrivata direttamente dal professor Humberg. Negli anni avevano continuato a tenersi in contatto via mail, nel confidarsi i piccoli successi e i grandi pensieri, ma nulla aveva fatto presagire a Olivia una richiesta di qualche genere da parte della sua vecchia università. Roxanne invece, continuava a cogliere tutto ciò che attirava la sua curiosità per poi abbandonarla dopo pochi mesi, quando già le erano venute a noia. Era il venticinque dicembre duemilanove, il ventiseiesimo compleanno di Holly, quando Jimmy l’aveva chiamata per farle gli auguri.
“Ehi folletto!”
“Jimmy!”
“Come va?”
“Sto festeggiando con Roxy, ci stiamo ammazzando dal ridere nel tentativo di renderci impresentabili per domani.”
“Dai scema!” aveva gridato la mora ridendo, mentre la crema per il viso le colava dentro il succo di frutta che teneva tra le mani.
“Dove andate di bello?”
“Ian vuole portarci in un post chic e Roxy ha deciso che dobbiamo essere perfette. Io impresentabile, dunque. Dio che schifo, Roxy! Ti è caduta la crema nel bicchiere!”
Jimmy le sentiva ridere di gusto, come se fossero tornate le stesse di sempre e poteva quasi immaginarle intente nelle proprie faccende, in quel mondo femminile dal quale Roxanne si era sempre staccata, preferendo le amicizie maschili.
“Sicure che è tutto a posto?”
“Si, e tu?”
“Tutto benissimo.”
Una pausa, di quelle che non sai come riempire.
“Tornerete per fine anno almeno?”
Holly aveva lanciato un’occhiata a Roxanne, poi era tornata a prestare attenzione al proprio cellulare.
“Non credo Jimmy. Roxy ha un paio di consegne per metà gennaio, io sino alla fine del mese sono impegnata a Edimburgo. Abbiamo deciso che torneremo per il tuo compleanno.”
“Sul serio?”
“Certo! Quest’anno abbiamo nuove tradizioni, festeggiare il tuo compleanno è una di queste.”
“Mi mancate.”
“Jimmy... un mese passa davvero in fretta. Tutto bene con il nuovo album?”
“Si, stiamo scrivendo ottimi pezzi. Sarà esplosivo. Avrei chiesto a Matt di farti venire a cantarne alcuni, se ti va. Devo ancora parlargliene, ma mi piacerebbe riprovare.”
“Ne parliamo quando torniamo a casa, okay? Adesso è tutto più incasinato, lo sai anche tu. Creare problemi al vostro lavoro è l’ultima delle cose che voglio.”
“Mi passi Jimmy? Egoista!” le aveva gridato Roxanne dalla cucina.
“Senti, è il mio compleanno se permetti! Lasciamelo gustare con calma!”
“Chi se ne frega! È anche Natale se per questo. Sfigata tu a compiere gli anni in un giorno del genere.”
“È un giorno speciale…”
Holly aveva messo in viva voce Jimmy, in modo che potesse sentirle battibeccare come due vecchie zitelle. Continuava a sorridere, nel buio della propria camera, nel figurarsele a punzecchiarsi in quel modo maldestro che avevano per raccontarsi il bene che si volevano.
“Jimmy lo sai che ti abbiamo comprato un regalo di Natale stupendo?”
“Si si! È una figata assurda! È la prima cosa che abbiamo scelto insieme lo sai?” aveva esultato raggiante Holly, continuando a biasciare pop corn ancora caldi.
Quando non hai più nulla da perdere inizi ad appartenere alle persone e ai luoghi. Se sei abbastanza forte per resistere, ti trasformi da crisalide in farfalla; se sei debole, rimani solo un baco da seta che morirà per farsi indossare da qualcun altro.
“Adesso sono davvero curioso… qualche anticipazione?”
“Nessuna, ovviamente.”
“Ehi Jimmy, perché non ci canti qualcosa di nuovo? Hai detto a Roxy che stavi scrivendo una canzone nei giorni scorsi, no?”
“Dai ragazze non mi sembra il caso…”
“Allora niente regalo” gli aveva risposto secca Roxanne, strizzando l’occhio con aria complice a Holly.
“Okay, aspettate un attimo allora.”
Qualche istante di silenzio, poi la voce di Jimmy che fendeva l’aria e spaccava cuore e polmoni.
Faceva male: era così fottutamente triste che non sarebbero bastate nemmeno tutte le lacrime del cielo per rendergli giustizia.
 

“I hope it's worth it, out on the highway, yeah
I know you'll find your own way
when I'm not with you
So tell everybody,
the ones who walked beside me, yeah
I hope you'll find your own way when
I'm not with you tonight” (**)
 
 
Erano passati alcuni minuti di silenzio, rotti solo dai rumori in sottofondo da parte di Jimmy che riponeva alcune cose sul tavolo.
“Non vi ho rovinato la serata, vero?”
“È bellissima.”
“È… tua.”
La voce di Roxanne tremava, di quella paura sottile che ti avvolge quando sembra che qualcosa ti stia sfuggendo dalle dita, un dettaglio importante e significativo che invece, sembra ben nascosto tra le pieghe dell’ovvio e della normalità.
“Davvero è tutto okay?”
“Davvero. È solo una canzone, Roxy, non è un sottotesto di chissà che cosa. Ci hai mai visto scrivere i testi delle nostre canzoni con qualche significato nascosto?”
“No, siete troppo idioti.”
“Vedi? Ti sei data la risposta da sola. Buon Natale.”
 
 
*
 
 
Quando il telefono aveva suonato nel cuore della notte, Holly aveva risposto senza nemmeno guardare il numero: a quell’ora, ormai, poteva essere solo Dakota.
“Sempre orari di merda, eh.”
“Holly, sono Matt.”
“Che succede?”
Si era alzata a sedere sul letto, di scatto, come se le avessero appena gettato addosso un secchio d’acqua gelida perché qualcosa, all’improvviso, era sbagliato e fuori posto nel tono di voce di Matt – nella telefonata stessa - e i suoi sensi schizzavano allarmati senza darle il tempo di posare i piedi sul pavimento gelido per riacquistare un contatto con la realtà.
“Jimmy è… Jimmy è morto. Torna qui, ti prego.”
La voce rotta dal pianto, rumori in sottofondo di qualcosa che si rompeva – come vetro che si schianta sul pavimento, ossa che si rompevano contro ossa che si contorcevano sotto il peso del dolore – e solo il suono del pianto di Matt a fare da sottofondo alla sua corsa verso il bagno, inginocchiandosi davanti al water vomitando bile.
“Holly? Stai bene?” le aveva chiesto lui in un sussurro, come se non volesse disturbare il mondo, come quando erano ragazzini e stavano ore a parlare chiusi nella camera di Holly.
“Partiamo domani, con il primo volo.”
“Grazie.”
“Matt?”
“Aspettami, ti prego.”
Non andartene anche tu.
Di lacrime, nessuna traccia, lo sguardo fisso nel vuoto, Holly si era incastrata tra il water e il bidone dei panni sporchi. Nick, pochi minuti dopo, l’aveva trovata lì, pallida come un cencio e fredda come il marmo, il cellulare stretto nella mano destra, incapace persino di vederlo o sentire ciò che aveva da dirle, mentre la chiamava scuotendola per le spalle, cercando di riportarla in sé. Il cellulare aveva preso a vibrare, tra le sue mani, e aveva premuto esitante il pulsante di riceazione.
“È morto. Holly, è morto Jimmy!” la voce di Roxanne era un grido che graffiava i timpani, che strappava la carne dal cuore stesso per lasciarlo spoglio di ogni protezione. Olivia, gli occhi umidi di pianto ora, aveva lasciato che Nick le cingesse le spalle per abbracciarla, per attirarla a sé e farsi carico di un po’ di quel dolore immenso che, da sola, non sarebbe mai riuscita a sopportare.
“È morto Jimmy” aveva bisbigliato lei, in un sussurro dal sapore amaro di fiele e vergogna per non aver capito l’urgenza di rivederle, per aver rimandato per l’ennesima volta un viaggio che avevano solo paura ad affrontare, per averlo perduto per sempre. Un’altra occasione non l’avrebbero mai più avuta, e Jimmy se n’era andato per sempre.
La vita – ad un certo punto – decide di strapparti via ogni cosa bella che possiedi se non hai combattuto per averla ma è semplicemente un dono che ti è stato concesso. Così, allo stesso modo, si era portata via Jimmy, perché nessuno di loro era stato degno di averlo nella propria vita, nessuno era stato in grado di seguire il cuore, come lui suggeriva, e nessuno si era fatto carico di quel dolore sottile che gli leggevi in faccia ma che, stupidamente, credevi facesse parte di lui da sempre.
Nessuno ce lo restituirà mai. Che razza di egoisti siamo stati?
 
 
“I hope it's worth it, out on the highway, yeah
I know you'll find your own way
when I'm not with you
So tell everybody,
the ones who walked beside me, yeah
I hope you'll find your own way when
I'm not with you tonight”
 
 
 
 
Note del’autrice.
(*) La mostra tematica dedicata a Tutankhamon dall’aprile 2010 al febbraio 2011 è stata una mostra permanente al MET di New York. Ho traslato l’evento di un anno, spostandolo temporaneamente a Londra.
(**) Ovviamente è il testo di “Fiction” canzone degli Avenged Sevenfold, dall’album “Nightmare”.
 
 
 
Credits.
I titoli dei capitoli di “Destini di vetro” sono ripresi da romanzi o da film.
“Destini di Vetro” romanzo di Irani Anosh.
“Più pesante del cielo” romanzo di Charles Cross (biografia di Kurt Cobain).
“Con gli occhi chiusi” romanzo di Federigo Tozzi.
“O sei dentro o sei fuori” romanzo di Guido Sgardoli.
“Dove nessuno ti troverà” romanzo di Alicia Giménez-Bartlett.
“Giuro di dire la verità ma tu non credermi” romanzo (serie per ragazzi “Spy Girls”) di Carter Ally.
“Nessuno si salva da solo” romanzo di Margaret Mazzantini.
“A un cerbiatto somiglia il mio amore” romanzo di David Grossman.
“Cosa tiene accese le stelle” romanzo di Mario Calabresi.
“Come doveva finire” romanzo di Alberto Gentili.
“Che ne sarà di noi” filmdi Giovanni Veronesi.
 
 
Siamo arrivati al termine di “Destini di Vetro” e, dopo mille peripezie (come dovreste ormai sapere) a breve partirà il progetto con Judy. All’inizio la saga doveva essere composta da due prequel paralleli che raccontavano le vicende uno (il mio) dal punto vista di Holly, l’altro (di Judy) dal punto di vista di Roxy. Io correvo troppo, Judy ha preferito scrivere una what if…? per cui “Destini” è diventato a tutti gli effetti un prequel. I punti salienti della trama (in poche parole, gli snodi della vicenda) sono stati ideati insieme, in un lungo viaggio di sei ore verso Zurigo, per il concerto di quest’estate degli Avenged Sevenfold.
Il resto (fronzoli e merletti) sono ovviamente farina del mio sacco. Va’ da sé che a Judy va la totale maternità di Roxanne (sua creatura al 100%) a me quella di Holly e Dakota.
Questo implica (per evitare equivoci vari ed eventuali) che Judy utilizzerà Holly e Dakota in “Freak’s Show” con il mio benestare, così come io ho usufruito della gentile concessione dell’utilizzo di Roxanne da parte di Judy. Ci tenevo a sottolinearlo, ecco, perché il fandom è una brutta bestia, e so che parla (quasi) sempre a sproposito.
 
 
Ringraziamenti.
Solo per questo spazio, dovrei inserire un capitolo a parte, ma ci tenevo a ringraziarvi per tutto l'affetto e l'attenzione che avete dimostrato per questa storia, nonché per la pazienza che avete dimostrato nel leggere capitoli di 40/50 pagine di Word e nell'attesa che ha accompagnato gli aggiornamenti.

Ad Amor Vincit Omnia, Cherry Berry e Vans Vengeance per la costanza con cui avete recensito attentamente ogni singolo capitolo, con amore e affetto verso i personaggi.
Ad Annika, Piuma Rosa e Bianca e Black Ice per la profondità con cui, nelle loro recensioni, si sono aperte raccontandomi un pezzetto della loro storia.
A Blondie per le sue recensioni che mi ammazzano con la loro ironia.
A Queen of Superficial, a Kicchan, Dizzyreads, Itsemotion, SilentMoon per essersi fatte sentire e aver apprezzato ciò che ho scritto.
Ovviamente, non ultima, a Judy, che nonostante conoscesse i fatti, nonostante si sia letta i capitoli in anteprima, nonostante le abbia bistrattato Roxanne, ha recensito ogni capitolo come se li avesse letti per la prima volta. A te, sempre e comunque, il cuore.

A tutti coloro che hanno letto, inserito la storia nelle preferite o nelle seguite. A chi vorrà commentare quest'ultimo capitolo e farmi sapere che ne pensa dell'intera storia, a chi semplicemente ha sorriso e pianto con Holly e Roxy, un grazie di cuore.
Da tutte noi.
   
 
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