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Autore: HuskyGentile    08/01/2012    5 recensioni
“Holmes, è un piacere rivederla, vecchia volpe!” dissi, rompendo quel silenzio che aveva già detto tutto quello che dovevamo dirci come non saremmo mai stati capaci di fare con le parole.
“Anche per me Watson, anche per me” rispose con un sorriso sghembo.

Ambientata alla fine del film "Sherlock Holmes Gioco di Ombre", tiene conto del racconto di Arthur Conan Doyle "L'ultima avventura" e "Il racconto della casa vuota". Un tentativo di conciliare la versione cinematografica e con il Canone di Doyle.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.

Un nuovo caso per Watson

 

 

Non un cenno da parte sua, dopo il misterioso punto interrogativo alla fine del mio scritto ed il respiratore di Mycroft mandato per posta. Il mio amico aveva semplicemente voluto farmi sapere, a modo suo, che era vivo, ed era tornato. Eppure, passarono ancora mesi prima che ci rivedemmo. Per la precisione, fu lui ad invitarmi in Baker street, giacché non mi ero neanche lontanamente immaginato che potesse essere tornato nel suo, anzi nel nostro, vecchio appartamento. A dirla tutta, non mi ero dato pena di scoprire dove si fosse nascosto: ero certo si sarebbe fatto vivo lui, quando l’avesse giudicato più opportuno. E finalmente quel momento era arrivato.

Salii le scale, impaziente e nostalgico, scortato dal saluto di Mrs Hudson da basso, sempre molto contenta del mio rientrare in quella casa, sentimento che certo non provava nei confronti del mio amico.

Spalancai la porta senza neanche bussare, tanto ero desideroso di vederlo, di poter affermare che, sì, Sherlock Holmes era davvero tornato.

“Watson” mi disse, senza neanche girarsi, continuando a darmi le spalle, impegnato a scrutare fuori dalla finestra “non lo sa che è buona educazione bussare, prima di entrare?”

In altre circostanze avrei risposto un commento fintamente acido tipico delle nostre amichevoli schermaglie, ma quel giorno no, ero davvero troppo, troppo felice.

“Holmes!” gridai di gioia correndo verso di lui, che intanto si era girato verso di me con sguardo di finto rimprovero per i miei modi “È davvero lei!”.

E lo abbracciai.

Sentii che sorrideva, mentre ricambiava con forza l’abbraccio e diceva: “Ah, amico mio. Ma certo che sono io, chi diamine voleva che fossi?”

Ci sciogliemmo dall’abbraccio e ci guardammo l’un l’altro, come per vedere se eravamo diversi da come ci ricordavamo.

Ero piuttosto commosso, lo ammetto: certo, oramai avevo capito che era ancora tra noi, ma rivederlo mi faceva tornare alla mente quei terribili attimi in cui avevo pensato che l’avrei perso per sempre. E dallo sguardo di Holmes, anche lui stava pensando la stessa cosa: anche lui stava pensando all’ultima volta che mi aveva guardato negli occhi, prima di spingersi nell’abisso insieme alla sua nemesi, il professor Moriarty.

Per tante notti avevo sognato quegli occhi scuri che mi fissavano e poi si serravano, quasi a chiedermi perdono per quello che stava per fare, quasi per non vedere il dolore che il suo scomparire mi stava dando.

Rivedersi, finalmente, sembrava incredibile.

“Holmes, è un piacere rivederla, vecchia volpe!” dissi, rompendo quel silenzio che aveva già detto tutto quello che dovevamo dirci come non saremmo mai stati capaci di fare con le parole.

“Anche per me Watson, anche per me” rispose con un sorriso sghembo.

Mille domande mi ronzavano per la testa: come era scampato, cosa aveva fatto tutto questo tempo, perché era tornato a farsi vivo solo ora, solo ora che Mary…

Non feci in tempo a formulare nemmeno una di queste domande, che il mio amico mi precedette: “Ora, probabilmente lei si sarà chiesto come mai sono ancora qui su questa terra e perché ho aspettato solo questo momento per farmi vivo. È presto detto: sopravvivere al tuffo è stato quasi del tutto casuale, lo ammetto. Quasi, perché mi ero preoccupato di prendere in prestito da Mycroft il suo aggeggio –come potremmo definirlo?- salva ossigeno; tuttavia non sapevo se sarei riuscito ad uscire indenne da un salto del genere. Ad ogni buon conto mi ero premunito: se l’impatto non mi avesse ucciso, un po’ di ossigeno in più mi avrebbe fatto comodo mentre, sballottato dalle correnti, cercavo di riguadagnare la riva. Quanto al motivo per cui non mi sono rivelato prima, è presto detto: mi misi in contatto col Servizio Segreto di Sua Maestà, per comunicare il resoconto del, diciamo così Problema Finale*. Al che, mi venne comandato di mantenere segreta la mia identità, mentre i servizi segreti avrebbero messo in giro la notizia che fossi morto tra i flutti, per darmi l’opportunità di compiere indagini segrete per conto del governo. Ed è quello che ho fatto in questi tre anni: sa, Watson, essere morti è un’ottima copertura per molte indagini, senza contare che molti criminali avrebbero messo fuori il naso, credendo sconfitto Sherlock Holmes. Ah, io sconfitto?! Giammai!”

Mentre parlava di sé e delle sue imprese, lo osservavo passeggiare baldanzoso per la stanza, certamente fiero delle indagini compiute, il cui esito era quanto mai scontato.

Dovette essersi accorto del crescente fervore che aveva accompagnato le sue parole, perché cambiò improvvisamente tono, come se fosse un po’ dispiaciuto di avermi ignorato per vantarsi delle sue ultime imprese. Gli sorrisi, incoraggiante. Lui sospirò, e mi si avvicinò, stringendomi un poco la spalla, e disse: “Caro amico, mi spiace averle fatto credere che fossi scomparso, ma non potevo proprio rivelarle la verità; e poi, non la stavo lasciando solo: era in ottime mani, che si sono prese eccellente cura di lei in questi anni, dico bene?”

Abbassai lo sguardo e annuì, triste e un po’ pensieroso. Avrei forse dovuto dirgli che…

Ancora una volta, Holmes interruppe il filo dei miei pensieri, e disse in tono paterno: “A proposito, volevo farle le mie più sincere condoglianze, per la triste scomparsa di Mrs Watson”.

Alzai gli occhi, un po’ sorpreso: a Londra nessuno sapeva del suo ritorno, quindi avevo dato per scontato che non avesse mai messo il becco fuori di casa in questo tempo. Eppure, in qualche modo era venuto a sapere del mio triste lutto. Mio caro Holmes…

“Questo mi riporta al motivo per cui le ho chiesto di venire qua quest’oggi: sono coinvolto in una nuova indagine, e proprio qui nel cuore di Londra. Mi chiedevo se non le dispiacesse partecipare, ancora una volta” concluse Holmes con un brillio negli occhi. Chiaramente non vedeva l’ora di buttarsi nuovamente in mezzo all’avventura col suo socio.

Se voleva essere gentile con me, non c’era affatto riuscito.

“Holmes” risposi seccato, “ho appena seppellito mia moglie, non crede sia il caso di osservare il lutto ancora per un po’ prima di lanciarmi in una pazza avventura con lei?”

“Pensavo che un caso l’avrebbe distratta, e che la compagnia di un amico l’avrebbe fatta sentire meno solo” disse l’investigatore, abbassando lo sguardo e impallidendo un po’ per il fare brusco che avevo assunto così all’improvviso.

“Certo, come no! E fa finta di essere dispiaciuto per Mary, persino. Come se non avesse aspettato altro che questo momento… Senza mia moglie fra i piedi era libero di venirsi a riprendere il suo fedele Watson, non è vero?”.
Ero irritato, mi sentivo preso in giro: tutti quegli anni senza neanche un cenno da parte sua e poi –puff- rieccoci qua, pronti all’azione. Di contro, Holmes assunse un’aria quasi ferita. Ma io ne avevo avuta abbastanza dei suoi giochetti.

“Non sono il suo giocattolo, il suo cane da compagnia che può prendere e mollare quando più le fa comodo” urlai.

A queste parole, Holmes avanzò minaccioso e mi afferrò per il bavero della camicia. Benché fosse più basso di me, l’effetto era abbastanza impressionante.

“Io sarei quello che prende e molla quando fa più comodo?” sibilò, scrollandomi con forza “Io non ho mai smesso di volerla al mio fianco, lo sa bene. Se non mi sono fatto vivo in questi anni, è stato per assicurarle la felicità. Niente più azioni sconsiderate e pericolose al fianco di un detective geniale e senza sprezzo del pericolo, solo la tranquilla vita familiare accanto alla persona che si era scelto. L’ho fatto per lei, non capisce? È lei quello che se n’è andato da me, quello che mi ha rinnegato, respinto…”.

La voce gli morì in gola. Chissà da quanto tempo si teneva dentro tutte queste cose.

Persi immediatamente il cipiglio arrabbiato: a modo suo, mi aveva appena confessato l’affetto che nutriva per me e la gelosia che aveva sofferto sapendomi felicemente sposato, mentre lui veniva tagliato fuori da questa mia felicità familiare.

Feci per scusarmi, balbettai qualche parola incomprensibile, ma Holmes aveva già capito.

La sua espressione si addolcì, con le mani andò a stringermi le spalle, in un gesto affettuoso, e riprese: “Suvvia dottore, non rinvanghiamo il passato. Siamo amici, siamo insieme, e stiamo per addentrarci in un nuovo affascinante caso. Cosa può esserci di meglio?” e mi strizzò l’occhio.

Tutto sommato, non potevo che trovarmi d’accordo con lui. Come sempre, d’altronde.

 

 

 

*Problema Finale è il titolo del manoscritto di Doyle in cui Sherlock Holmes e James Moriarty si affrontano sulle cascate di Reichenbach

 

NOTA ALLA LETTURA: come avevo scritto nel disclaimer, questa FF tiene conto sia del film SHGdO, sia dei racconti di Doyle “L’ultima avventura” (The Final Problem) e “Il mistero della casa vuota”. In particolare, in quest’ultimo ci viene raccontato come H sia sopravvissuto alle cascate di Reichenbach, e come gli unici testimoni di ciò siano il colonnello Moran, che ha assistito allo scontro tra H e Moriarty, e Mycroft, avvertito da H stesso. Sempre per bocca di H, scopriamo che Mycroft ha fatto da intermediario tra il detective e i servizi segreti inglesi, che gli hanno affidato delle missioni della massima segretezza da svolgere in zone calde quali i confini del continente. Tornato in patria dopo 3 anni, H e W si rincontrano una prima volta senza che il dottore riconosca il proprio amico, poiché camuffato; avviene poi un secondo incontro, alla fine del quale H si rivela per chi veramente è, facendo svenire W. Senza troppi fronzoli, Doyle ci informa, per mezzo delle condoglianze che H fa a W, della morte di Mary. Non ci vengono date informazioni sulle circostanze della morte. Chiaramente, ACD aveva fatto morire il suo personaggio tra le rapide delle cascate, ma dopo le forti pressioni del pubblico aveva dovuto inventarsi una panzana credibile per giustificare l’assenza di H dall’ambiente londinese per così tanto tempo. Il povero dottore, mandato anche lui in pensione tramite accasamento, deve quindi essere reso seduta stante vedovo, per ricomporre il mitico duo. Anche se mi rendo conto che è una soluzione comoda e banale, ho voluto essere fedele all’ambientazione; nello scrivere recensioni, sempre graditissime, tenete quindi conto che le scelte dell’ambientazione sono dettate dal lascito di ACD, mentre i personaggi sono liberamente ispirati a SHGdO, e a loro intendo essere più fedele (e IC) possibile.

 

 

  
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