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Autore: LadyArtemis    09/01/2012    1 recensioni
Caccia. Prendi uno, perdi un altro. Questo è il debito da saldare
Vendetta. Sottile come la lama di un coltello che trapassa la carne del maledetto. La ricompensa? Il suo sporco sangue.
Orgoglio. Trovare una ragione per vivere ad un’unica condizione: la solitudine.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aaron Hotchner, Derek Morgan, Emily Prentiss, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caccia. Prendi uno, perdi un altro. Questo è il debito da saldare.

 

Vendetta. Sottile come la lama di un coltello che trapassa la carne del maledetto. La ricompensa? Il suo sporco sangue.

Orgoglio. Trovare una ragione per vivere ad un’unica condizione: la solitudine.

Questi sono i tre ingredienti per rendere un cuore più duro per non guardare più gli occhi della sofferenza. Illusione. Per quanto tempo ancora riuscivano a resistere alle catene? Un incontro. Destino? Non importa. Era la chiave per liberare i loro desideri nascosti.
Ma cosa succederebbe se in mezzo a questi tre elementi ci fosse l’amore?
Solo la follia può dare delle risposte.
La partita è pronta per essere giocata. Unico giudice sarà la loro volontà. Alla fine il futuro sarà beffato di nuovo.
Le loro vite non saranno altro che le loro scelte. Scelte, scritte sulla loro pelle. Nessuno oserà mai cancellarle. Così come le loro cicatrici.

Infondo la realtà non è così noiosa come sembra….



 

CAPITOLO 1

La stanchezza penetrava avidamente nel suo corpo. Ma lui, Derek Morgan, sapeva come dominarla. Una semplice doccia. Si diresse lentamente verso il bagno del suo appartamento, mentre si toglieva, vittorioso, i suoi indumenti, sporchi del suo sudore. Lo stesso che continuava a scorrere sulla sua fronte e bagnava le sue labbra, assaporando il risultato del suo sacrificio. Era completamente nudo, libero da qualunque resistenza. L’acqua fredda scendeva lentamente, accarezzando i suoi pettorali; quando il getto divenne sempre più violento, avvertiva un piacere lungo la schiena, dimenticando per un attimo gli orrori della sua quotidianità. Si mise l’accappatoio bianco e si sdraiò sul suo divano nero. Si concesse un drink per placare la sua sete, rendendo perfetto il suo momento di evasione. Si avvicinò alla finestra. Ammirava le luci della città, che avevano preso il posto delle stelle. Continuò a bere, tentando di mandare giù le sue angosce e le sue domande. Ma non volevano abbandonare la sua mente. Lui era riuscito a costruirsi finalmente la sua vita, a diventare la persona che voleva essere per riscattarsi dal suo difficile passato; eppure non aveva ritrovato la felicità.
Il suo telefono iniziò a squillare. Era Garcia.
“Ehi Morgan!”
“Ciao bambolina”.
“Come stai? Oggi ti ho visto troppo silenzioso: dove sono le tue battute da seduttore?”
“Se ne vuoi sentire una, mia cara, sto al telefono con te, con un accappatoio bianco che nasconde, gelosamente, i miei…”
“Ok..ok! Basta! Non costringermi a venire da te!” – rispose agitata Garcia e Derek rideva.
“Comunque sto bene, Penelope. E’ stato un periodo molto stressante per tutti noi…”
“Luce dei miei occhi, anche se adesso ho trovato la mia felicità con Kevin, morirei al solo pensiero che tu soffra! Sei sicuro che non c’è qualcos’altro?” – insistette.
“Oh, la divina Penelope Garcia sta tentando di farmi il profilo?” – disse maliziosamente.
“Sai che odio i profiler! Comunque se hai bisogno di qualcosa, io ci sarò sempre. Però attento a non esagerare!”
“Grazie, Penelope. Lo so…”
“Bene io ora stacco. Ci vediamo domani mio bel fusto e…mettiti qualcosa addosso perché la mia pressione sta salendo a mille!”
“Certo, tesoro. A domani!” – e riattaccò. Poi cominciò a riflettere.

Ho una magnifica squadra che per me è come una famiglia. Ho la mia consolazione divina che si chiama Penelope. Ho una madre meravigliosa e due sorelle splendide. Perché mi sento così solo?

Era passato un mese da quando Tamara Barnes era partita per il Messico. Voleva partire per ricominciare un nuovo capitolo della sua vita, allontanando momentaneamente il suo dolore. Gli aveva proposto di seguirla ma lui ha scelto di rimanere qui. Poteva essere felice con lei. Li accomunavano non solo il colore della pelle, ma il dolore di aver perso un punto di riferimento a cui erano molto legati. Ma questo non gli bastava. Poi vide sulla scrivania la croce che lei gli aveva lasciato per ricordarla. La prese in mano ma non avvertì niente. Né nostalgia né rimorso. Voleva qualcosa di più. Non sapeva cosa, ma rimaneva ancora nascosto dentro la sua anima. Ma una cosa ne era certo: una volta svelato, la solitudine potrà essere sconfitta. Ma quanto tempo dovrà aspettare? Prese la decisione di gettarla via, consapevole del fatto che lei non sarebbe tornata mai più e non voleva trascorrere il resto della sua vita ad aspettare cose impossibili. I suoi occhi iniziarono a chiudersi lentamente. Il suo corpo cadde armoniosamente sul divano, in compagnia dei suoi inseparabili pensieri.

Voglio respirare qui dove non c’è aria.
Voglio gridare qui dove non c’è musica.
Voglio amare qui dove non c’è cuore.


“Aaron allora io vado. Puoi dare la buonanotte a Jack da parte mia?” – disse Jessica, sua cognata, mentre si allontanava dalla sua casa.
“Certo. Grazie mille. A domani.” – rispose e chiuse la porta.
Erano passati due anni dalla morte di Haley, eppure quel ricordo era ancora vivo nella mente di Aaron Hotchner. Ma sapeva che lei detestasse vederlo troppo serio o troppo angosciato. La cosa che più amava in lui era il suo sorriso, così delicato e terribilmente contagioso. Lui l’amava perché le aveva fatto il più bel regalo che potesse mai ricevere nella sua vita: suo figlio. Lo avrebbe protetto a costo della sua stessa vita. Si tolse la sua giacca e l’opprimente cravatta. Salì lentamente le scale per andare in camera di Jack. Aprì lentamente la porta per timore di svegliarlo. Ma, a sua insaputa, il suo piccolo era ancora sveglio. Era cresciuto.
“Ehi campione, sei ancora sveglio?” – esclamò scompigliando i capelli di Jack.
“Aspettavo te, papà! Hai sconfitto i cattivi oggi? Quanti ne erano? Hai usato la pistola?”. Jack ammirava molto il suo papà. Era il suo eroe. Meglio di quello dei suoi fumetti. Hotch, tutte le sere, gli raccontava i casi che affrontava come se fossero delle avventure.
“Si, Jack. Oggi abbiamo preso due cattivoni. Abbiamo scoperto il loro covo grazie alla magia di Penelope Garcia e io e l’agente Derek Morgan abbiamo rotto la porta per entrare e li abbiamo beccati con le mani nel sacco. Poi uno di loro cercava di fuggire, ma subito l’ho rincorso e l’ho colpito alla gamba con un colpo di pistola e…”. Mentre raccontava gli occhi del piccolo Jack brillavano per l’emozione che provava a sentire la storia del suo papà.
“Ok, Jack ora è tardi. E’ l’ora della nanna. Ma non ti sei tolto le scarpe?” – notò Hotch.
“Papà posso dormire con queste? Mi piacciono molto! Sai me le ha regalate la signorina Emily!” – appena che Jack pronunciò quel nome, Hotch rimase per un attimo smarrito.
“Davvero? Sono molto belle…” – non riusciva a dire altro.
“Si, papà. Io e zia Jessica l’abbiamo incontrata due giorni fa e mi ha invitato a fare una passeggiata. Mi ha portato sulle giostre. Siamo andati sulle montagne russe; ho mangiato due coppe di gelato. Poi mentre camminavamo, ho visto queste scarpe che mi piacevano tantissimo e la signorina Emily è corsa subito dentro al negozio e me le ha regalate, anche se le avevo promesso di non dirti niente. Credi che si arrabbierà con me adesso?” – disse dispiaciuto Jack.
“Oh no, piccolo! Farò finta di non aver sentito nulla, promesso. Ora però le devi togliere altrimenti si possono rovinare!” – rispose e aiutò suo figlio a toglierle. Gli diede il bacio della buonanotte e mentre stava chiudendo la porta, Jack non si stancava mai di dire al suo papà “Ti voglio bene”. Quelle tre semplici parole che uscivano dall’innocente bocca del suo amato figlio erano la sua consolazione. Mentre si diresse nel suo letto, ripensava al gesto di Emily. Lei non si stancava mai di stargli sempre al suo fianco. Ad ogni difficoltà, trovava sempre lei. Sapeva che il loro legame era più profondo di quanto si aspettasse. Eppure non gli ha mai svelato i suoi sentimenti. Questo conflitto interiore iniziò dal giorno in cui si erano conosciuti. Non riusciva a sentire o a capire cosa stesse dicendo la sua anima. La sua sordità era data dal suo senso del dovere. Ma quanto poteva resistere? Più il tempo passava, più era consapevole di ciò che non vorrebbe mai che accadesse: perderla. Il sonno iniziò a calare delicatamente sulle sue palpebre e si lasciò abbracciare da quel dolce silenzio che dava un freno all’impetuosità del suo cuore.

Perché l’abisso sta offuscando la mia mente?
Perché la tentazione non mi porta via?
Perché la libertà è così lontana?
Perché la felicità è la mia sofferenza?
Perché il sacrificio è la mia solitudine?
Perché il buio è la mia luce?
Perché l’amore è la mia maledizione?
Perché sono un cacciatore.


“Ehi ancora sveglia? Perché non vai a dormire?” – esclamò una voce maschile.
“Con una notte come questa, chi andrebbe a dormire? Solo tu! Il solito coglione guastafeste!” – rise la donna mentre gli diede un colpetto sulla sua fronte.
“Chiamami coglione, ma ho portato qualcosa che fa al caso nostro” – disse mentre le mostrò due bottiglie di birre per loro entrambi.
“Ora si che mi piaci, Greg!” – disse lei mentre gli strappò da mano la sua bottiglia di birra.
“Ora si che ti riconosco, infame bastarda!” – risero ed entrambi sorseggiarono la loro bevanda paradisiaca. Poi notò gli occhi di lei seri, non li aveva mai visti prima d’ora.
“Quando finirai di torturarti, Arwen?”.
“Non è una tortura, Greg. E’ il mio piacere. La mia illusione di trovare pace. Nessuno potrà fermarla. E’ la mia condanna. Quindi non farmi più queste fottute domande!” – rispose impetuosamente bevendo con forza la birra e si sentì il fuoco dentro la sua gola.
“Scusami…”.
“Ah non voglio vedere quella espressione da pesce morto sul tuo volto! Lo so che hai detto ciò perché mi vuoi bene. Io anche. Sei l’unica persona con cui vorrò sempre ubriacarmi sul tetto di un locale di una città corrotta!” – disse mentre lo abbracciava fortemente.
“Questa serata deve essere ricordata per aver sentito un po’ di romanticismo dalla tua bocca!”.
“Non provocarmi, idiota!” – minacciò lei.
“Comunque, ora ho voglia di fare il guastafeste perché domani dovresti andare a lavoro per il tuo nuovo caso”.
“Cazzo è vero! Me ne stavo dimenticando! Bourne ha chiamato anche i pezzi pesanti dell’FBI: la BAU!”
“Accidenti, i profilers di Quantico! Quando arriveranno?”
“Da quello che ho capito domani. Io non capisco perché li abbia chiamati! Cosa ha di speciale questo nuovo caso? Non siamo dei lattanti che non riescono a farsi i lacci delle scarpe! Ma le mie parole adesso non servono a niente. Forse credeva che il mio operato non fosse sufficiente per risolverlo?”
“Andiamo, Arwen. Ora non dire queste cazzate! Tu e Bourne lavorate insieme da quattro anni. Ha sempre avuto fiducia in te. Non l’avrà fatto per screditarti. E poi ho letto molti articoli riguardo loro e devo dire che sono davvero in gamba. Fidati!” – cercava di convincerla.
“Hai detto una parola grossa, Greg! Beh domani ti farò una bella recensione e magari ti porterò un loro autografo!” – rispose sarcasticamente Arwen mentre finì di bere la sua bottiglia.
“Non ne dubitavo! Bene io ora vado che sono stanco morto. Tu invece vai a nanna!”
“Ancora, Greg! Che palle! Odio la tua paranoia!” – sbuffò.
“Ehi ragazzaccia! Ti voglio bene!” – disse mentre si allontanavo.
“Anche io, imbecille!” – rispose salutandolo.

Assaporò una leggera e fredda brezza che attraversava il suo volto. Ma non riusciva a scaraventare quella domanda. La sua vendetta era ancora viva, come il fuoco, nonostante fossero passati tanti anni da quel fatto che aveva segnato completamente la sua vita. Da quel momento stipulò il suo patto con l’inferno. La passione non bussava da troppo sulla porta del suo cuore. Solo rabbia e rimorso vivevano in lei. La sua mente continuava a ripeterle di smettere. Ma il suo istinto non era d’accordo. Era l’unico a cui si poteva fidare. Poi le venne un dubbio mentre volse il suo sguardo verso il cielo.
Non so perché ma ho il presentimento che sta succedendo qualcosa di strano qui! Profilers di Quantico, benvenuti a Boston! – pensò mentre gettò la bottiglia vuota dal balcone e andò via, lasciando la silenziosa città, accompagnata da un cielo cieco.

Avrò la mia vendetta.
Avrò la mia vita.
Avrò la mia anima.
Avrò la mia dignità.
Avrò il mio perdono.
Ma riavrò l’amore?

  
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