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Autore: Cloe87    11/01/2012    1 recensioni
Se alcuni mesi prima dell'inizio delle Galaxian Wars, una giovane donna, a prima vista normale, finisse nella vasca sacra del Tredicesimo Tempio senza motivo apparente?
Beh... forse il corso della storia potrebbe prendere tutta un’altra piega e un gruppetto di accanite pacifiste riuscire perfino a sfatare il mito... in nome del Cosmo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Che il Cosmo sia con noi'
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Il PRIMO GOLD NON SI SCORDA MAI!

Soprattutto se è un tipo poco raccomandabile.

 

Dannato vizio di fare sempre da crocerossina, nonché non sapere resistere al fascino maledetto e misterioso del Grande Sacerdote! Perché, anche se lui aveva iniziato ad essere meno rigido e più accondiscendente nei miei confronti, io dovevo ammettere di essere completamente andata. Insomma non potevo perdere la tasta, come una ragazzina alle prime armi, per uno normale, invece che per uno sopraffatto dal lato oscuro del suo cosmo e in disperata ricerca di un modo per liberarsene? Ovviamente no, se non è complicato non mi piace! Ma d’altronde, come mi disse un giorno il Custode, con la facoltà che avevo sviluppato, era normale che attirassi anime bisognose di purificazione. Ero io che avrei dovuto essere meno corruttibile sotto quel lato e mantenere le distanze, evitando così, alla fine della fiera, di fare la figura della completa imbecille. Facile a parlare se si è fatti di puro cosmo!

Ebbene sì, Arles, nel giro di cinque mesi, riuscì a fami prendere una bella cotta. Che volete che vi dica... la carne è debole e io non faccio certo eccezione. Ognuno ha i suoi talloni d’Achille e lui era ed è il mio!

Purtroppo era sempre stato per il mio carattere impulsivo e, in particolare, per la mia tendenza a buttarmi subito a capofitto in ogni cosa e relazione, senza pensare, che finivo regolarmente nei pasticci.

Bisognava però dire che Arles ci sapeva fare; un galantuomo d’altri tempi, poco da dire. Dolce, premuroso e all’occorrenza romantico, ma anche autoritario e cocciuto, effettivamente troppo perfetto per essere vero e la cosa avrebbe dovuto farmi suonare il campanello d’allarme, ma è così bello sognare...

Su alcune cose era però irremovibile, come sul veto nel permettermi di visitare il Santuario, di cui conoscevo praticamente solo il palazzo in cui ero comunque rinchiusa e sotto la sorveglianza, servizievole, di Asterion e Babel (che comunque tenevano sempre aggiornato il Grande Sacerdote sui miei spostamenti). Tuttavia bisognava dire che, a parte per la mia richiesta della telefonata, non ero una prigioniera che arrecassi particolari problemi, anzi, ero fin troppo accondiscendente, (più di lui a dire il vero, visto che i suoi assensi erano più che calcolati). Anche del Tredicesimo Tempio, infatti, non avevo comunque accesso a tutte le sale, ma solo a quelle a cui il Grande Sacerdote aveva dato l’assenso, tipo il romantico e curattissimo giardino sacro.

Con il senno di poi, posso dire che, attorno a me, era in realtà stata costruita null’altro che una splendida gabbia dorata, che nella mia ingenuità, non ero stata in grado di vedere, persa nel sorriso e dai modi affabili del Grande Sacerdote. Senza contare i suoi occhi, nei quali, quando toglieva la maschera del Grande Sacerdote, svelando l’uomo celato dietro di essa, traspariva un profondo senso di solitudine e disperazione.

A dire il vero non so chi fosse realmente in pugno dell’altro, perché quando si toccano i sentimenti si può uscirne sconfitti e vincitori allo stesso tempo, finendo per farsi molto male a vicenda, senza cattive intenzioni. Così, come io credevo nella sua sincerità, così lui credeva di poter raggiungere il suo obbiettivo, senza scottarsi a sua volta. Solo di un paio di cose non potei mai dubitare; la sue, nonostante tutto, non cattive intenzioni, la determinazione di voler uscire dalla situazione in cui era finito e del bisogno di aiuto per poterlo fare.

 

Nel frattempo Arles aveva iniziato a dirottare le sue ricerche anche verso ciò che percepiva provenire da me, avendo ormai intuito che forse potesse essere proprio quella la “medicina” contro le sue emicranie.

Aveva di conseguenza rivoltato come un calzino l’enorme biblioteca del Tempio e chiesto pure consulenza al santone del Santuario, la cui unica risposta fu “Tutto deriva e dipende dal Cosmo e dalle modalità in cui lo si sviluppa e lo si adopera”. Cosa che voleva dire tutto e niente nello stesso tempo. Purtroppo gli unici due che potevano realmente illuminarlo in tal senso, con una spiegazione degna di tale nome, erano fuori sede e, sull’unico presente al Santuario, in grado forse di dire cosa avessi sviluppato, Arles non ci avrebbe puntato un soldo bucato. D’altronde il diretto interessato, anche se lo utilizzava ogni tanto, lo faceva senza porsi il problema di cosa fosse e da cosa derivasse, ritenendolo una semplice proprietà collaterale di quello che usava di solito in battaglia.

Ad Arles non rimase quindi altro da fare che provare a cercare di scoprirlo per vie traverse, tramite la mia persona, ricavandone più domande che risposte.

Non avevo infatti mai sentito parlare di Cosmo prima di giungere al Santuario, al massimo di fenomeni paranormali, facoltà spirituali e mentali, miracoli e doni di Dio. Cose di cui ero a conoscenza e dei quali non negavo l’esistenza, ma di sicuro non avrei mai pensato che la loro origine fosse legata a quello di cui lui mi parlava. Quindi, quando lui iniziò ad accennarmi seriamente la cosa, l’unica risposta che riuscii a dirgli, era che la capacità di infondere serenità a chi mi stava accanto, mi era nota. Non era il primo a dirmelo, ma sul fatto che la flebile energia che percepiva provenire da me, con adeguata concentrazione, fosse il cosmo, non seppi che dire! Anche perché l’energia che io avvertivo provenire da lui, in alcune occasioni, sembrava avesse come radice la distruzione. La mia no; era totalmente innocua, al massimo infondeva speranza.

L’unica cosa utile che riuscii a fornirgli fu quindi che ero in grado di percepire quello di cui parlava (anche se io lo definivo come l’energia vitale delle persone e spirito del mondo), se ero particolarmente in pace con me stessa e con ciò che mi circondava, e di entrare in sintonia con esso, ma non ci avevo mai dato peso, fino a quel momento. Per me non era una cosa così anormale, così come il fatto che non fossi l’unica a poterlo fare. Anche altre persone incontrate nel mio cammino erano infatti in grado di percepirlo in modo più o meno chiaro. Certo, non erano il cittadino medio intento a sfondarsi di calcio la domenica, in quanto erano persone che avevano scelto una strada contro corrente, in un mondo in cui tutto è basato solo sui propri interessi personali, ma, tolto questo, erano persone normalissime, che non andavano in giro a spaccare rocce, invertire i corsi delle cascate, congelare atomi e via dicendo, ma vivevano la loro vita con i loro alti e bassi cercando di aiutare il prossimo come potevano, con il loro limiti e le loro difficoltà, pregi e difetti. Lasciando così Arles molto interdetto e pensieroso, anche perché aveva iniziato a capire che, dietro a tutta la vicenda forse c’era qualcosa che sfuggiva completamente dalle sue mani.

 

A parte questo devo ammettere che la vista del primo gold non si scorda mai...soprattutto se ti dà della poco di buono.

Io e Arles stavamo infatti scambiandoci delle effusioni sotto le stelle, nel giardinetto che si raggiungeva dalle mie stanze, quando fummo interrotti da una voce poco raccomandabile:

«A quanto pare unisci l’utile al dilettevole....»:

«Come osi fare irruzione in questo modo, senza essere stato convocato, Death Mask! Soprattutto quando avevo espressamente richiesto di non essere disturbato da nessuno» disse Arles assumendo un’espressione autoritaria, altera ed imperturbabile, mentre io mi ritrovai ad osservare un tizio rivestito d’oro con i capelli corti di un blu scuro tendente al nero e con la carnagione fortemente abbronzata, che saltava agilmente giù dal muro di recinzione, per poi avvicinarsi a noi.

Il tizio, che doveva avere all’incirca sui 24 anni, si piazzò però, con fare inquisitore di fronte a me.

«Sono solo venuto a sincerami che le voci che correvano erano vere e devo ammettere che le assomiglia un casino di viso!» il ragazzo mi scrutò da cima a fondo per poi fermarsi ad osservare il mio volto, mentre Arles mi strinse a sé con fare protettivo:

«Sparisci immediatamente, prima che perda seriamente la pazienza!» sibilò Il Grande Sacerdote.

«Me ne vado, me ne vado, ma prima toglimi una curiosità; quanti bordelli ti sei passato per trovarla?»

«Non osare mai più rivolgerti ad Arianna e a me in questi termini, perché non lo tollero. Quindi bada a tenere a freno la lingua o potresti pentirtene seriamente. Dovresti sapere che non amo scherzare su certe cose» rispose serio Arles.

Il tipo fece per replicare, ma chiuse subito la bocca per assumere un’espressione all’armata percependo il cosmo estremamente offensivo del Grende Sacerdote, per poi togliere alla svelta le tende con un frettoloso inchino.

Arles si passò una mano tra i capelli e si lasciò sedere sulla panca in pietra, mentre io gli chiesi:

«A chi dovrei assomigliare?»

«Non dargli retta è un idiota che non sa quel che dice. Mi dispiace ti abbia spaventato e offeso, ma purtroppo non tutti i saint hanno il dono dell’educazione al Grande Tempio.» rispose Arles eludendo allegramente la mia domanda, ma ormai avevo capito che, se non voleva parlare di una cosa, non c’era verso di cavarne un ragno dal buco.

«Quello era un...»

«Gold, quello del Cancro per la precisione.» per poi guardarmi serio negli occhi: «Arianna, qualsiasi cosa accada stai lontana da quel tipo, sa essere molto pericoloso. Chiaro?»

Io annuii e Arles mi accarezzò dolcemente il viso: «Ma finché rimarrai al mio fianco nessuno ti farà del male».

 

Purtroppo per Arles e il suo reale piano, il committente del mio viaggio in Grecia non era stato molto contento del servizio fatto dal cecchino di Milano e aveva quindi deciso di reclamare il suo pacco postale, spedito per errore al Grande Tempio, mandando a monte gli sforzi del Grande Sacerdote e scatenando così un casino di proporzioni colossali per colpa della mia impulsività.

Tutto iniziò durante una normale passeggiata con Arles tra i fiori del giardino del Grande Tempio ed in particolare da una mia battuta di spirito presa seriamente.

«Devo ammettere che questa “vacanza” ha preso una svolta inaspettata!» dissi io.

«Parli della nostra relazione?» chiese Arles.

«Non è una cosa comune finire tra le braccia del proprio “carceriere”.»

«E questo ti dispiace?»

«No. Solo che non posso fare a meno di chiedermi cosa ti tormenta così tanto e il perché tu non me ne voglia parlare»

«Questa tonaca pesa sulle mie spalle come un macinio e non voglio coinvolgerti in cose più grandi di te. Se non te ne parlo e perché voglio proteggerti»

«Da cosa?»

«Dal mondo dei saint. Un mondo fatto di luci ed ombre e forse più da ombre che da luci. So che la mia richiesta è un po’ egoistica, ma sto cercando di mettere una pietra sopra al mio passato per ricominciare da zero. Quindi ti chiedo di avere fiducia in me e di non preoccuparti senza motivo.»

«Non sarò certo io a forzarti a raccontarmi ciò che non vuoi, ma lascia che ti dia un consiglio: indipendentemente da ciò che ti fa soffrire, l’unico modo per superare lo ombre che ti porti nel cuore è affrontarle. Sfuggirle non ti servirà a nulla, perché loro continueranno a inseguirti.»

Arles mi sorrise amaramente: «Non è così semplice...» e poi, cambiando completamente discorso, disse: «Comunque come la stai trovando questa “vacanza fuori programma”?»

«Non male. Ci manca solo una cosa per poterla chiamare esattamente tale!» risposi ironica.

«Cosa?»

«Beh in una vacanza in Grecia nei pressi della città di Atene è quasi d’obbligo una visita al Partenone!»

Arles mi guardò scuotendo rassegnato la testa: «Sei incredibile! Solo una come te può pensare a visitare monumenti in una situazione del genere!»

«Ma non mi avevi detto che ero tua ospite? Ed è dovere di ogni buon padrone di casa accompagnare i suoi ospiti alla scoperta delle bellezze artistiche della sua città!»

Arles mi guardò divertito: «D’accordo, ma purtroppo non potrò essere io ad accompagnarti. I miei impegni mi trattengono al Santuario. Se proprio ci tieni ti farò accompagnare da Babel e Asterion»

E come si dice in questi casi: piatto ricco mi ci ficco! Per un’appassionata di arte e letteratura antica rifiutare un’offerta del genere era un sacrilegio, anche se devo ammettere che rimasi un po’ delusa dal fatto che non sarebbe stato lui ad accompagnarmici. Addio passeggiatina romantica sull’acropoli.

Anche se a convincere il Grande Sacerdote a lasciarmi andare ad Atene, più che il desiderio di farmi felice, fu lo strano cosmo simile al mio, ma estremamente più potente, che aveva avvertito girovagare nei pressi di Atene dopo il mio arrivo al Grande Tempio, e che sperava di portare allo scoperto, usandomi come esca, riuscendo così a ottenere delle risposte alle sue domande.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

 

Anticipo che il prossimo capitolo sarà un po’ pesantino da leggere (i filosofi greci, l’autore di Guerre Stellari e lo stesso autore di Saint Seiya probabilmente staranno già brandendo i forconi e rivoltandosi nella tomba per lo zibaldone che ho fatto!). Spero solo di averlo reso il più possibile chiaro e scorrevole, perché finalmente molte domande avranno la loro delirante risposta...

 

Un grazie a tutti quelli che stanno leggendo! ^.^

Cloe87

  
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