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Autore: Ariel Winchester    16/01/2012    6 recensioni
[Dal capitolo 19° "Frozen"]
Ma cosa avevo in mano per poterlo riportare indietro? Avevo usato il fuoco, il sangue e la violenza: tutto quello che lui conosceva meglio, ma non era servito.
Cosa avrebbe potuto risvegliarlo allora?
Me.
Quella voce giunse nella mia testa, alleviò la disperazione e assopì improvvisamente tutti i miei pensieri. Forse avevo sbagliato a cercare di svegliare Klaus facendo leva sulla sua forza, forse dovevo puntare su una debolezza. Lui aveva paura di restare solo, se gli avessi fatto capire che non lo era, forse sarebbe tornato.
Allungai la mia mano priva di guanto verso la sua, era fredda e rigida ma intrecciai le mie dita tra le sue, in modo che lui potesse sentirmi vicina a lui.
Non sei solo Klaus, io ci sono.
Quindi torna, ti prego.
Chissà quanto tempo era ancora passato: lui era immobile, io lo ero con lui, ma tutto intorno a noi andava avanti. Solo noi eravamo fermi nel tempo, mentre tutto là fuori continuava a muoversi.
Perché non si svegliava?
Singhiozzai, sentendomi inabilitata a trattenerli troppo a lungo e posai la testa sulla spalla di lui. La colpii con delle piccole testate, sperando che lui mi sentisse.
Ma rimase congelato, non si mosse e non ascoltò le parole che volevo trasmettergli attraverso le nostre mani congiunte. Strinsi più forte la presa, perché avevo ancora l'insano desiderio che lui potesse sentirmi.
Ma non fu così, lentamente il sonno vinse sul mio corpo.
Klaus.
Era finita, ero rimasta sola e probabilmente sarei morta assiderata quella notte. Gli occhi si chiusero sulle mie ultime lacrime, le lasciarono scorrere lungo la mia pelle, mentre lentamente lasciavo la realtà e raggiungevo i miei sogni.
La mia mano però non abbandonò mai quella di Klaus.
[Fic revisionata fino al 9° capitolo]
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah, Katherine Pierce, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Run-

Klaus era bravo a fare due cose: terrorizzare la gente con un semplice sorriso e organizzare feste

ogni sera. Anche quella sera, a due notti dall'accaduto, lui aveva indetto una festicciola a cui aveva invitato mezza Inghilterra.

Non avevo rivisto né lui, né Elijah dal giorno in cui mi avevano salvato da Micah.

Mi ero data per malata e nessuno dei due decise così di disturbarmi. Almeno per quanto riguardava Klaus; Katerina mi disse che Elijah chiese spesso di me. Mia sorella non capiva il mio comportamento, ma non mi fece alcuna domanda al riguardo. Si limitò a fare quello che le chiedevo e cioè continuare a sostenere che avessi la febbre. Anche se non era vero, il mio fisico poteva provarlo: avevo profonde occhiaie nere sotto gli occhi, ero più pallida del solito e mangiavo pochissimo, solo il minimo indispensabile per non cadere a terra.

La notte mi svegliavo con il batticuore, sognavo sempre le labbra scarlatte di Klaus e la mano di Elijah che strappava il cuore dal petto di Micah.

Inoltre, Katerina era rimasta scossa quanto me dalla figura dell'uomo incappucciato che avevamo visto sotto la finestra. Ero sempre stata convinta che si trovasse Micah sotto quel cappuccio.

Invece si trattava di qualcun altro, qualcuno che continuava a tramare nell'ombra.

Cosa mi bloccava dal correre via insieme a mia sorella, non lo sapevo.

La mia testa era piena di voci che si contrastavano tra loro: una, quella più razionale che veniva dal cervello, mi diceva di prendere armi e bagagli e di scappare insieme a Katerina.

L'altra, quella più emotiva e che proveniva direttamente dal cuore, mi diceva invece di restare, non solo perché Klaus ed Elijah mi avevano in fondo salvato la vita.

Ma anche perché con loro attorno a noi, forse, eravamo più al sicuro da Bell. Ma lo eravamo un po' meno dalla figura misteriosa che dava la caccia a Klaus da secoli.

Dovevo cercare di capire chi fosse.

Ero tentata dal dirlo ad Elijah, a Klaus non volevo nemmeno avvicinarmi, ma il ricordo della sua mano bagnata di sangue mi impediva anche solo di pensare al suo viso.

Figuriamoci di andare da lui e spiegargli ogni cosa.

In quei due giorni, spesi tutte le giornate a fare ricerche. Sgattaiolavo in biblioteca di nascosto, cercando informazioni su quel Bell ma non trovai nulla di nulla.

Sembrava che quell'uomo sarebbe rimasto un ombra oscura su di me, fino a quando non lo avessi incontrato di persona. Cosa che assolutamente non mi auguravo.

Così, decisi di dedicarmi a quella strana pergamena che Katerina aveva trovato in camera nostra. L'unica cosa che riconoscevo era un sole e una luna, pian piano arrivai anche a capire che, quelle strane forme perfettamente circolari sul terreno erano dei cerchi di fuoco. Ce n'erano tre, posti talmente vicini da formare una figura inquietante e dall'aspetto quasi demoniaco.

Era un rituale? Cosa voleva dirmi Micah o chiunque guidasse quel corvo, attraverso quella pergamena? Una scritta, posta sull'angolo destro del foglio, attirava la mia attenzione: era una semplice parola, scritta in una lingua che non conoscevo e che non riuscivo ad identificare.

Ma era antichissima, ne ero certa.

Ma, anche se sarei rimasta a scervellarmi per ore intere, non avrei mai capito cosa significasse.

Sbuffai; mi alzai dal letto su cui ero seduta e andai a nascondere il foglio in un posto sicuro: avevo scoperto che c'era un buco dietro l'armadio, un buco probabilmente causato dall'umidità che aveva creatp quella crepa sul muro, che poi divenne un vero e proprio buco.

Nascosi il foglio lì dentro, nessuno lo avrebbe notato perché avevo spostato l'armadio di pochi centimetri per coprirlo.

Anche se Klaus era più intelligente di me e probabilmente l'avrebbe trovato come aveva trovato la cesta di verbena.

Mi stiracchiai, mi doleva la schiena per tutto il tempo in cui ero rimasta seduta a cercare di capire quella pergamena. Kat non era ancora rientrata; avevo l'angoscia ogni volta che lasciava quella stanza per andare da Klaus. Anche se tornava sempre abbastanza tranquilla, per lei Klaus era una valvola di sfogo per non pensare a quella strana figura che avevamo visto sotto la finestra.

Non lo dava a vedere, ma l'aveva parecchio inquietata. Ogni volta che provavo a toccare l'argomento, lei lo sviava prontamente, dicendomi che si trattava solo di uno degli uomini di Klaus che compiva il suo lavoro per vegliare sui giardini.

Lo avrei pensato anche io se non avessi avuto diverse prove di sangue dinanzi i miei occhi.

E il corvo? Perché appariva sempre insieme a quell'uomo incappucciato? Visto che non era Micah, di chi si trattava?

Avevo troppe domande per la testa, delle volte mi arrendevo e decidevo di lasciar perdere tutto.

Guardai fuori dalla finestra; era molto freddo e le nuvole avevano completamente ricoperto il cielo, soffocando la luce del sole che, già di per sé, in quel periodo era fioca e priva di calore.

Mi parve di udire un tuono in lontananza, come se qualcuno lassù stesse cercando di dirmi che sarebbe arrivata una tempesta molto presto, una tempesta che si sarebbe abbattuta su me e mia sorella, se non avessi provato a fuggire. Ma perché quella forza invisibile mi impediva di farlo, nonostante tutto quello che avevo visto? Mi sentii una stupida, quando ottenni la risposta ascoltando i battiti del mio cuore.

Cercai di occupare il più possibile la mente e pensai all'uomo che dava la caccia a Klaus.

Magari, avrei potuto trovare qualcosa su di lui utilizzando il libro che Micah mi aveva fatto trovare. Non lo avevo letto tutto e forse ci sarebbero state le risposte alle mie domande. Mi avvicinai rapidamente al letto e mi chinai, allungai la mano sul pavimento polveroso ma non trovai nulla di nulla.

Il mio cuore sobbalzò, mi piegai ancora di più, in modo che riuscissi a guardare sotto il materasso ma a terra non c'era nulla. Il libro era scomparso.

Non riuscivo a descrivere la sensazione di paura che mi prese in quel momento; mi portai una mano tra i capelli e mi guardai attorno.

Che lo avessi nascosto da qualche altra parte? Impossibile, l'ultima volta che avevo aperto quel libro era stato poco prima dello scontro con Klaus ed ero sicura di averlo rimesso sotto il letto.

Qualcuno lo aveva preso e potevo mettere la mano sul fuoco che era stata la stessa persona che mi aveva preso la verbena.

Klaus.

Diedi un pugno sul pavimento, rischiando di farmi male.

Possibile che quel vampiro fosse sempre cinquanta passi davanti a me? Restai seduta accanto al letto a pensare. Mi sforzai di essere ottimista e credere che fosse stata Katerina a prenderlo.

Lei tornò proprio in quel preciso istante, con due abiti nuovi di zecca tra le braccia. Le loro gonne erano così spesse ed ampie, che le coprivano la visuale.

Era più tranquilla rispetto a tutte le volte che era rientrata in camera dopo i suoi pomeriggi con Klaus, non capivo perché ma nemmeno mi posi il problema.

Ero furiosa, non solo dovevo praticamente combattere una guerra da sola, ma dovevo farlo anche contro un nemico scaltro e intelligente come Niklaus.

Irina? Non startene lì impalata, aiutami!” disse la voce di mia sorella, nascosta tra i tessuti ricamati.

La raggiunsi annoiata, le presi i vestiti dalle mani e li distesi sul letto con poca delicatezza. Katerina mi guardò confusa e si chiuse la porta alle spalle. “Oggi ti sei alzata bene vedo...” ridacchiò.

La ignorai e rimasi in piedi a fissare quei due bellissimi abiti sul letto.

Quello bianco è mio, quello blu è tuo. Klaus dice che sono i colori che risaltano la nostra bellezza...”

Katerina si bloccò e smise di sorridere, quando mi vide prendere il mio abito e buttarlo a terra.

Non volevo nulla da Klaus, ma solo che stesse lontano da me e Katerina il più possibile.

I suoi regali se li poteva pure tenere.

Mi trattenni dal pestare violentemente quella stoffa parecchio pregiata, ma solo per non allarmare mia sorella. Ci mancava solo che pensasse fossi impazzita.

Va bene. Se non ti piace il vestito, ne possiamo chiedere un altro...” disse lei, cercando di risultare tranquilla.

Mi sedetti sul letto, con le ginocchia strette al petto e il viso sopra di esse.

Dovevo riavere quel maledetto libro, era l'unico che potesse rivelarmi quante più cose possibili su Klaus e persino sui suoi nemici. Ma avrei potuto sfidare Klaus e uscirne indenne? Lui credeva non ricordassi nulla e doveva continuare a seguire questa convinzione, se volevo rimanere viva. O almeno sana.

Katerina mi guardò con occhi preoccupati, si sedette accanto a me e mi accarezzò i capelli dolcemente. “Sei ancora spaventata da ciò che abbiamo visto l'altra sera?” mi chiese.

Non risposi, magari fosse stato solo quello il mio problema.

E invece era solo una piccola goccia di paura in un oceano di terrore.

Non è solo questo, vero?” continuò a parlare mia sorella, la sua mano affondò nuovamente tra i miei capelli corvini. “Cos'altro ti preoccupa?”

Deglutii, forse era quello il momento giusto per dirle la verità ma non avevo preparato il mio pseudo discorso per non farla agitare.

E per discorso, intendevo quattro gesti significativi che potessero farle comprendere la situazione.

Sangue. Morte. Vampiri.

Ecco cosa avrei cercato di trasmetterle.

Se avessi potuto parlare, forse a quell'ora mia sorella avrebbe avuto un terribile mal di testa.

Sei sempre persa nei tuoi pensieri, fissi il vuoto continuamente, ti spacci per malata e quando nomino Klaus, sembra quasi che abbia nominato il diavolo in persona...” disse. Trovai la forza di sorridere, avrei voluto vedere Klaus e il diavolo a confronto. Avrei scommesso mille volte sulla vittoria di Klaus. “Perché non mi dici semplicemente cosa sta succedendo?”

Continuai a non rispondere, il mio sorriso si era rapidamente spento e guardai il pavimento sotto di me. Katerina sospirò. “Ah forse ho capito...” disse.

Alzai lo sguardo su di lei, che sapesse la verità riguardo Klaus e la sua famiglia?

Non avevo mai preso in considerazione il fatto che Katerina potesse essere a conoscenza di tutto e che lo avesse accettato, pur di star vicino a Klaus.

Era pazza quanto me sotto certi punti di vista, non mi sarei stupita di una cosa simile.

Sei innamorata di Elijah.”

Quella frase mi lasciò a bocca aperta, guardai le sue labbra allargarsi in un sorrisetto furbo e sentii una terribile sensazione di calore sul volto. Non capivo come fosse arrivata ad una conclusione così banale, dopo che aveva assistito con me ad una cosa strana come quella di poche sere prima.

Distolsi lo sguardo, ma fu un grande errore: Katerina prese quel mio comportamento come una conferma alla sua frase.

Lo sapevo....ma non trovi che sia troppo grande per te?” mi chiese.

Anche Klaus lo era per lei, aveva almeno cinque secoli in più.

Scossi la testa; magari il mio problema fosse stata una cotta per Elijah: un problema normale, che poteva affliggere qualsiasi ragazza dalla mia età e che sarebbe stato risolvibile con semplici azioni e pensieri. E invece, ero costretta ad affrontare problemi innaturali come vampiri, stregoni e strane figure nell'ombra che volevano solo il mio, il nostro male.

No, non lo trovi troppo grande per te o no, non sono innamorata di lui? Guarda, che a me puoi dirlo!” mi chiese Katerina.

Alzai l'indice e il medico insieme, per dirle che il mio no era legato alla seconda delle sue opzioni. Katerina mi guardò allora con attenzione. Si era resa conto che qualcosa mi stava profondamente turbando, ma non sarebbe mai arrivata a capire cosa fosse.

La sua mente viaggiava su onde di pensiero completamente lontane dalla realtà.

Non ti sarai innamorata di Klaus pure tu?” mi chiese.

Sbarrai lo sguardo e per poco scoppiai a ridere, come ci si poteva innamorare di un uomo che godeva così tanto nel spaventare le persone? Lei non conosceva quel suo lato perverso e speravo che mai lo conoscesse. Ma io sì, sapevo chi era e lo avevo visto giocare con la paura degli altri, anche con la mia, con un sorriso sulle labbra. Scossi la testa con convinzione e mi parve che lei tirò un sospiro di sollievo.

Ci mancava solo che ci dividessimo lo stesso vampiro.

Va bene...ma io sento che c'è qualcosa che non va. Qualcosa che non vuoi dirmi...non devi aver segreti con me, Irina!” mi disse lei, facendosi più seria. Il modo in cui mi guardava, il modo in cui muoveva la testa ad ogni singola parola di quella frase e il suo mezzo sorriso che stava per spegnersi...mi facevano solo venir voglia di piangere. Non potevo nemmeno parlarne con lei, la persona di cui più mi fidavo al mondo, di quello che mi stava divorando dentro.

Volsi la testa dall'altra parte. Se fossi scoppiata in lacrime, le avrei dato un ulteriore conferma del fatto che stavo nascondendo qualcosa.

Sentii la sua mano posarsi sulla mia spalla. “Irina?” mi chiamò. Non mi voltai, mi asciugai rapidamente le lacrime, in un gesto nascosto agli occhi di mia sorella, e ripresi lentamente fiato.

Dovevo trovare una via di fuga da quella realtà, non potevo più nascondermi.

Va bene. Se è per quel corvaccio o per lo strano tipo alla finestra, non devi temere.” disse.

Quelle parole mi lasciarono sorpresa; non mi voltai verso di lei solo perché le lacrime erano ancora visibili sulla mia pelle. Alzai la testa verso il cielo scuro e attesi che continuasse il discorso. “Ne ho parlato con Klaus, mi ha tranquillizzata e mi ha detto che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Se ne occuperà lui.”

Mi si bloccò il respiro.

Cosa voleva dire che se ne sarebbe occupato lui? Mi sentii doppiamente stupida a non aver tenuto conto che Katerina avrebbe potuto dirlo a Klaus. Mi voltai lentamente verso di lei, quando un altro dubbio mi sorse velocemente.

Katerina non capì quel mio sguardo e corrugò la fronte. “Ho detto qualcosa di sbagliato?” mi chiese.

Era stata soggiogata? Quella domanda mi sorse spontanea guardando i suoi occhi scuri.

Magari Klaus l'aveva tranquillizzata usando il suo potere. Quello era un altro problema che dovevo risolvere, impedire a Klaus di giocare con la mente di mia sorella.

Con me non poteva farlo, ma con Kat purtroppo sì. E non dovevo permetterglielo.

Qualcuno bussò alla nostra porta, ci voltammo all'unisono verso di essa e Katerina andò ad aprire.

La vidi tentennare, mentre guardava la persona fuori dalla porta.

Buongiorno Katerina, stavo cercando tua sorella.” disse una voce.

Era femminile, ma aveva lo stesso suono e la stessa parvenza di minaccia che percepivo sempre nella voce di Klaus. Rebekah non mi era mancata affatto, ma mi stupiva che fosse venuta a cercarmi apposta.

Katerina si voltò verso di me e alzò gli occhi al cielo. “Se volete darle fastidio, trovatevi un altro passatempo, Rebekah.” disse con durezza.

Mi stupii la sua risposta: Katerina era sempre stata gentile e cortese con Rebekah, perché era nobile ed era la sorella di Niklaus. Ma il bene che provava per me era più forte delle sue buone maniere.

Sorrisi, fortuna che avevo una sorella come lei sempre pronta a starmi accanto.

Come siamo malpensanti....voglio solo parlarle. Sa difendersi da sola, non trovi?” disse la voce profonda di Rebekah.

Mi alzai in piedi.

Uno scontro in più o uno scontro in meno con uno degli Originali, non era un problema per me.

Non avevo nulla da perdere e le offese di Rebekah non mi importavano più di tanto.

Affiancai mia sorella e guardai Rebekah. Quel giorno era più bella del solito: portava i capelli raccolti in una treccia e indossava un abito color perla che metteva in risalto la sua pelle a dir poco perfetta.

Un demonio vestito da angelo.

Mi sorrise, ma il suo era un sorriso finto che non mi ingannava.

Eccoti, Iry. Ti va di fare due passi con me?” mi chiese.

La guardai interrogativa, possibile che fosse venuta di proposito a chiedermi di uscire, per insultarmi? Non la trovavo una persona che amava perdere tempo con qualcuno che considerava un verme.

Doveva esserci dell'altro sotto. Io e mia sorella ci guardammo, lei non si aspettava di vedermi varcare quella soglia con estrema tranquillità.

Irina?” pronunciò solo il mio nome, per sottolineare il fatto che quello che stavo facendo era strano. Rebekah mi prese sotto braccio e lanciò un occhiata furba a mia sorella.

Te la riporto intera. Non preoccuparti.” disse e mi trascinò via.

Speravo davvero di poter tornare intera. Rebekah aveva, purtroppo, davvero il potere di farmi a pezzi. Mi guardai indietro un ultima volta, Kat sospirò e si richiuse in camera.

* * * *

Klaus vuole che te lo renda.”

Guardai la mano di Rebekah che agitava il ciondolo di fronte a sé. Un'altra delle tante menzogne che mi stavano distruggendo la vita, ma che fortunatamente ero riuscita ad allontanare.

Continuai a camminare accanto a lei, lungo i giardini colpiti dal forte vento. Non allungai la mano per riprendere il gioiello, non lo volevo per due motivi: era legato ad un segreto, uno dei tanti che circondavano la vita di quei tre vampiri e inoltre me lo aveva donato Klaus.

Per farmi un torto o meno, sinceramente non lo avevo mai capito e non m'importava.

Rebekah girò la testa verso di me e mi guardò con la sua solita altezzosità. “Oltre che muta, sei pure sorda?” mi chiese. “Riprenditi questo affare e facciamola finita.”

La guardai freddamente e le feci capire che non avevo alcuna intenzione di riprendermi quel ciondolo. Se lo poteva tenere lei, visto che sembrava odiarlo e amarlo allo stesso tempo.

Appena vide che mi stavo allontanando, mi prese per la spalle e mi obbligò a fermarmi. Allungò le mani verso il mio collo e per un attimo pensai che volesse strozzarmi.

Ma non fu così: anche se con estrema rudezza, fece scorrere scorrere il ciondolo dietro il mio collo e lo allacciò.

Io non voglio avere problemi con mio fratello, perciò tienilo al collo e falla finita.” disse, i suoi occhi chiari erano fissi sul pendente che oscillava sul mio petto. C'era qualcosa di strano nei suoi occhi mentre lo fissava, qualcosa di troppo umano che stonava con il resto del suo viso.

Chissà a chi era appartenuto e perché Rebekah sembrava rimpiangere ma allo stesso tempo detestare colei che lo aveva indossato.

Di chi era?

Cercai di chiederle, indicandomi il pendente con il dito. Rebekah alzò lo sguardo su di me, anche se non capiva il mio linguaggio dei segni, arrivò subito a ciò che stavo cercando di dirle.

Prese un lungo respiro e guardò il cielo grigio sopra di noi.

I suoi occhi rifletterono la debole luce che brillava sotto le nuvole.

Apparteneva ad una persona a cui volevamo molto bene.” disse lentamente. Non parlava con la sua solita freddezza o con la sua solita cattiveria, parlava con la voce di una persona che stava rivivendo ricordi troppo lontani. Ma forse felici. “Ma, dopo la sua morte, l'ho odiata. L'ho odiata, perché il dolore era così grande da separare me dai miei fratelli. Li ho persi per troppo tempo, ci siamo ritrovati solo da poco....”

Restai immobile, i suoi occhi erano fissi sui miei, ma erano ancora umani. Avrei voluto chiederle come fosse morta quella ragazza, ma venni investita dalla ritrovata freddezza di Rebekah.

La vidi fare un passo verso di me e guardarmi con sfida.

Tu e Katerina le somigliate molto sai. Chi per un aspetto, chi per un altro. Anche se questo ciondolo spetterebbe più a te che a lei.” disse, quasi in un sussurro. Riassunse di nuovo l'immagine di serpe velenosa che avevo sempre riscontrato in lei. Come potevo essere stata così stupida da credere che ci fosse dell'umanità in lei? “Per questo, non vi permetterò di separarci. È chiaro?”

Ma perché rivedeva in noi la persona che indossava quel ciondolo? Lei sapeva benissimo che Klaus particolarmente non aveva alcun interesse per noi.

Ancora non ne conoscevo lo scopo, ma ero sicura che fosse così.

Aveva detto lei stessa che Klaus non amava. Su Elijah la storia era ben diversa, lui mi era sempre parso sincero nonostante tutto. Sul fratello invece, avevo sempre avuto quella strana sensazione di paura.

Decisi di non sfidare Rebekah, tanto avrebbe vinto lei e io non avevo alcuna voglia di perderci tempo. Volevo solo ritornare nella mia camera e studiare un piano per riprendere il libro di Micah e cercare di capire che altri pericolo si nascondesse dietro quella famiglia di vampiri.

Rebekah mi impedì di proseguire, usando le sue semplici e rudi parole.

A te piace leggere, Irina?” mi chiese.

Mi fermai di colpo; non ci voleva un'intelligenza soprannaturale per capire che quella frase nascondeva un altro significato. Non era una normalissima domanda, proveniente dalla bocca di una persona ordinaria: era un doppio senso, tipico di una persona a cui piace giocare con le sue prede.

E io ero la sua preferita purtroppo.

Mi voltai lentamente verso di lei e la vidi sorridermi, nella sua solita maniera beffarda. “Credo che tu debba un po' rivedere le tue letture.” disse, iniziando a girarsi verso la parte opposta a quella dove mi stavo dirigendo io. “Certe cose non sono adatte per una ragazzina con il collo facilmente spezzabile come il tuo.”

Strinsi i pugni per la rabbia; quindi non era stato Klaus a rubarmi il libro, ma lei.

Avevo qualcun altro da cui guardarmi le spalle. Rebekah l'avevo sempre considerata solo un'oca centenaria ma innocua rispetto a Klaus. E invece poteva essere letale quanto lui.

Fece per allontanarsi, ma ad un certo punto si bloccò. “Ah dimenticavo, cara!” disse e senza darmi nemmeno il tempo di far un singolo movimento, me la ritrovai di fronte.

Mi guardò negli occhi e sorrise. “Dimentica ogni cosa ora.” disse.

Mi vorticò la testa per un solo secondo e chiusi gli occhi. Quando li riaprii, lei non c'era più.

Non sapeva che non avevo dimenticato proprio nulla.

* * * *

Quello era un altro aspetto che mi stava letteralmente terrorizzando, forse più di Klaus e Bell insieme. Da quel che ne sapevo, nessuno poteva sfuggire al controllo mentale di un vampiro, a meno che non si avesse fatto uso di verbena.

E se non ricordavo male, un originale è capace persino di ammaliare quelli della sua stessa specie. Allora, perché la mia mente era rimasta integra dei suoi ricordi, nonostante fossi stata manipolata più volte da Klaus e allora anche da Rebekah?

Cercai di non pensarci più di tanto. Dovevo pormi un problema ben più normale di quello: trovare una scusa per saltare la festa. Non avevo nulla per cui gioire e non volevo trovarmi nella stessa sala con Klaus, Rebekah ed Elijah. Inoltre, avrei potuto avere così l'opportunità di intrufolarmi nella camera della vampira e vedere se aveva nascosto là il libro.

Mi affrettai per tornare in camera: con la sfortuna che avevo, avrei potuto incontrare gli altri due Originali. E la voglia di sfidarli era ben poca.

Ma la sfortuna aveva sempre la meglio su di me. Credendo di prendere una scorciatoia per tornare il prima possibile nelle camere, attraversai un immenso giardino di cui ignoravo l'esistenza.

Dopo mesi e mesi che ero arrivata là, ancora mi capitava di perdermi in essi.

Due figure attirarono la mia attenzione: notai subito Klaus, aveva per le mani un arco e lo puntava verso gli alberi di fronte a sé. Aveva la camicia sbottonata, sembrava una di quelle statue greche troppo perfette per poterle guardare a lungo. Aveva i capelli scompigliati, che gli ricadevano ai lati del viso e i suoi occhi erano socchiusi in un espressione di concentrazione.

I muscoli erano visibilmente tesi, mentre tendeva sempre di più la cordicella dell'arco.

Dietro di lui c'era Philippe, lo sfortunato ragazzo di Rebekah. Se ne stava immobile a guardare Klaus con venerazione e non sembrava intenzionato a prendere parte a quell'allenamento con arco e frecce.

Ricordavo il modo in cui Klaus lo aveva trattato: come per Rebekah, anche lui aveva una gelosia profonda nei confronti di sua sorella. Quei due si somigliavano troppo, nel modo in cui guardavano e sorridevano sopratutto. Specialmente, quando volevano intimidire qualcuno.

Smisi di fissare Klaus, l'immagine delle sue labbra sporche di sangue tornò vivida tra i miei ricordi e mi tirai indietro prima che fosse troppo tardi.

Irina!”

Mi bloccai di colpo.

Il mio cuore iniziò a battere a mille per la paura, quando riconobbi la voce di Niklaus che chiamava il mio nome.

Strinsi i pugni. Non potevo mettermi a correre senza destare sospetti in lui, perciò dovevo per forza affrontare Klaus. Non avevo nulla di cui aver paura, teoricamente avevo dimenticato ogni cosa e quindi dovevo fingere di essere tranquilla e serena come sempre. Per un attimo, pensai che fosse meglio fare finta di non aver sentito, ma Klaus aveva parlato con voce chiara e forte.

Mi voltai verso di loro, Klaus come al solito mi stava sorridendo.

Poi rivolse un occhiata glaciale a Philippe. “Perché non te ne vai?” gli disse freddamente.

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, chinò un attimo il capo e si allontanò.

Quando mi passò accanto, mi rivolse un sorriso gentile a cui risposi con fatica. Anche lui doveva essere solo un passatempo per Rebekah, come lo donne della villa dovevano esserlo per Klaus ed Elijah.

Rimasi immobile quando notai che Klaus si stava avvicinando. Le mie gambe però iniziarono a tremare sotto la gonna e il cuore batteva talmente forte che temetti lui potesse sentirlo.

Pensavo fossi malata. Non sei mai uscita dalla tua stanza...” disse, appena fu abbastanza vicino a me. Non lo avevo mai visto in quelle vesti, non era perfettamente abbigliato e pettinato come al solito. Sembrava una persona normalissima, né un nobile e nemmeno un vampiro.

Sotto quell'aspetto, mi faceva quasi meno paura. Sempre se non pensavo al suo sorriso rosso.

Gli feci capire che stavo meglio e che dovevo andare a prepararmi per la festa a cui non avevo alcuna intenzione di prender parte. Sperai così che mi lasciasse andare, ma mi sbagliavo.

Appena cercai di voltarmi, la sua mano afferrò delicatamente il mio polso e mi tirò a sé.

Per poco mi ritrovai contro il suo petto, troppo perfetto e scoperto per non imbarazzarmi. Mi sentii una stupida, quando pensai che era altro quello a cui dovevo pensare.

Che ne dici di fare due tiri con l'arco insieme a me?” mi chiese.

I suoi occhi si fissarono nei miei.

Il suo potere doveva essere più forte di quello di Rebekah perché, ogni volta che provava a manovrare il mio volere, sentivo un fortissimo mal di testa, seguito poi da una sensazione di stordimento.

Stava di nuovo cercando di manipolarmi e dovevo quindi mantenere la calma necessaria per fingere che seguivo il suo volere come un burattino.

Quanto odiavo quella situazione: fingere ed obbedire al volere altrui, non erano due cose che mi facevano impazzire. Ma, se ci tenevo al mio collo e sopratutto a quello di Katerina, non potevo fare nient'altro. Dovevo controllare per forza la mia paura, anche se avevo il solo desiderio di correre via a gambe levate.

Klaus sorrise e mi fece segno con la testa di seguirlo. Camminammo verso un punto ben preciso del giardino, un punto in cui si riuscivano a vedere gli alberi che segnavano l'inizio della foresta.

Vieni, ti faccio vedere come si fa.” mi disse lui, si chinò sul terreno e prese un altro arco e alcune frecce.

Rimasi immobile, mentre lui si posizionava dietro di me. Non sapendo proprio che movimenti compiere, lo lasciai fare: mi fece vedere come tenere l'arco in mano. Le sue mani presero le mie dolcemente e le posizionò una sulla parte in legno e l'altra sulla cordicella.

Tira così.”

La sua mano seguì il mio braccio, ancora bendato per la caduta da cavallo, e lo tirò lentamente all'indietro, cercando di non farmi male.

Ma non riuscivo a concentrarmi, perché Klaus mi era troppo vicino.

Le sue mani continuavano a toccare le mie, sempre troppo delicatamente, rendendole bollenti quando venivano abbandonate dal suo tocco.

La sua guancia sfiorava la mia nuca e il suo petto era quasi posato sulla mia schiena.

Aveva un ottimo profumo, non ci avevo mai fatto caso per quanto lo avessi temuto. Era molto simile a quello che emanava Elijah, ma il suo aveva un tocco diverso, qualcosa di oscuro in più.

Era difficile da spiegare e sopratutto da comprendere.

Presi un lungo respiro, cercando di mostrarmi calma e impassibile alla sua presenza.

Prendi la mira tra quegli alberi.” Vidi la sua mano allungarsi verso un punto, mi sembrò stesse indicando il cielo. Solo poco dopo mi resi conto che stava indicandomi un punto tra le foglie autunnali degli alberi. Un colpo di vento freddo ci investì e i capelli mi coprirono il viso, impedendomi di vedere di fronte a me. Mi ero dimenticata di quanto facesse freddo ed era tutta colpa della mania di Klaus di far provare sensazioni contrastanti a coloro che li circondava.

A me in particolare, chissà perché la sua mente malata aveva preso proprio me di mira.

Con la mano con cui mi aveva indicato gli alberi, mi liberò gli occhi dall'ostacolo dei miei capelli.

Tieni ancora i muscoli ben tesi...” disse ancora.

La sua mano si allontanò dal mio braccio e mi sembrò di sentirmi un attimo più rilassata.

Quando la sua mano si posò sul mio fianco destro, un lungo brivido mi corse lungo la schiena.

Mi ero dimenticata, oltre il freddo, anche che ero in compagnia di un pericoloso vampiro.

Un vampiro che non si faceva scrupoli nel terrorizzare le persone, anzi che quasi si cibava della loro paura. Non avrei mai dimenticato il modo in cui mi aveva sorriso, mentre io arretravo al suo cospetto, impaurita.

Lasciai andare la freccia e quella si conficcò nel terreno a pochi metri da noi.

Tutto questo, perché provai a liberarmi di quella mano sul fianco.

Klaus sospirò. “Peccato, se non ti fossi deconcentrata, ce l'avresti fatta.” mi disse.

Si allontanò da me e fu come se una fiamma avesse smesso di bruciarmi la schiena. Sentii di nuovo freddo, mentre lui andava a prendere la freccia dal terreno.

Poi tornò da me. “Proviamo di nuovo, sono sicuro che ce la farai.” mi disse.

I nostri occhi si seguirono, fino a quando lui tornò a posizionarsi dietro le mie spalle.

Tornò di nuovo il caldo. Mi sentivo una perfetta idiota quando il mio viso riprese lentamente a bruciare. Klaus si posizionò più vicino di prima, le sue labbra erano quasi vicine al mio collo.

Lascia che ti guidi.” sussurrò, posò le mani sulle mie e puntò la freccia verso gli alberi.

Tre, due, uno...” contò.

E lasciammo andare insieme: la freccia si scagliò verso un punto alto, lontano da noi e dal terreno. Successe tutto così velocemente, che neanche la vidi mentre tagliava velocemente l'aria.

Spaventammo gli uccelli che si erano rintanati tra i rami e notai indistintamente qualcosa cadere a terra. Mi portai le mani sulla bocca; forse avevo ucciso un povero animale.

Klaus non sembrò interessarsi molto a quella cosa nera che avevamo colpito. “Mi sa che ci è scappato il morto...” disse sarcastico.

Lo guardai sbalordita dalle sue parole e lui mi sorrise.

Successivamente corsi verso il punto in cui lo avevo visto cadere e Klaus mi seguì lentamente.

Non riuscivo a capirlo, ma mi sembrava che si aspettasse che succedesse una cosa simile.

Raggiunsi l'inizio della foresta e ciò che vidi a terra mi lasciò senza parole.

Il mio corvo giaceva sul terreno, con le ali completamente spalancate e gli occhi rossi sbarrati. Aveva il becco aperto, come se il suo grido di dolore si fosse unito a quelli di paura degli altri uccelli che erano volati via. La mia freccia era conficcata nel suo corpo, proprio in mezzo al cuore.

Klaus mi affiancò, fissava il corvo con naturalezza. Forse i cadaveri, di animali o uomini che siano, non lo scalfivano più di tanto. “Bel colpo, Iry. Era ora che qualcuno facesse fuori questo maledetto uccellaccio. Ronzava e gracchiava attorno alla villa da mesi.” disse.

Con la coda dell'occhio, mi accorsi che mi stava guardando.

Restai paralizzata dalla paura, quando presi consapevolezza del gioco a cui avevo appena preso parte, senza rendermene conto: Klaus non mi aveva invitato a fare due tiri con l'arco per noia o per risultarmi simpatico. Lo aveva fatto per rendermi responsabile della morte del mio tramite.

Era di nuovo una delle sue trappole, per farmi capire che era davvero cento passi prima di me.

Girai la testa lentamente verso di lui e il suo sorriso mi fu di conferma. Ma una cosa non mi era chiara: quel corvo era morto perché era inevitabilmente legato a Bell o semplicemente perché mi aveva guidato verso la verità, per tutto quel tempo? Non capivo se Klaus lo avesse fatto per proteggermi dopo tutto quello che era successo o per proteggere sé stesso.

Conoscendolo, avrei puntato sulla seconda opzione.

Ma come era arrivato a capire che ero a conoscenza di molte cose grazie al corvo?

Anche se avessi avuto voce, non avrei potuto chiederglielo senza destare sospetto.

Il silenzio era l'unica cosa che potevo fronteggiare.

Tornai a guardare il cadavere del corvo e per poco scoppiai in lacrime. Perché ero stata così stupida da farmi di nuovo prendere in giro?

Klaus si chinò sull'animale ed estrasse la freccia del suo corpo, quasi con ferocia. “Ci devono tutti un favore.” disse, voltandosi verso di me. Mi mostrò la freccia come se fosse un trofeo. “Adesso sì che il nostro sonno non può più essere disturbato la notte.”

Ebbi la conferme che Klaus sapeva di quel corvo.

Da quanto, non lo sapevo, probabilmente da quando Katerina gli aveva rivelato dell'uomo incappucciato sotto la nostra finestra, ma aveva comunque deciso di usare me per sbarazzarsi di quella minaccia. Ripensai al modo in cui aveva guidato i movimenti delle mie braccia, era stato delicato ma deciso al tempo stesso. Se lui non mi avesse guidata, non avrei mai ucciso il mio messaggero.

So quanto ami gli animali. Queste cose possono però succedere, non preoccuparti.” disse, cercando di tranquillizzarmi. Alzai lo sguardo su di lui, era di nuovo vicinissimo a me e stava cercando di posarmi una mano tra i capelli, probabilmente per rasserenarmi.

Mi tirai indietro. Sia lui che Rebekah, mi stavano dando altri mille buoni motivi per farmi sentire una stupida nel non voler scappare da quel posto.

Ci mancava solo Elijah a darmi una buona motivazione per fuggire, era rimasto quello a bloccarmi.

L'espressione di Klaus s'indurì, di fronte al mio rifiuto nei confronti del suo tocco. Doveva aver letto qualcosa nei miei occhi, che lo facevano sembrare diverso dal Klaus che, fino a poco prima, usava doppi sensi per farmi capire come mi avesse manipolata. Senza usare il suo potere poi.

Lasciai l'arco a terra e camminai via verso la villa.

Sentivo gli occhi di Klaus sulla mia schiena e mi sforzai di di ignorarli.

* * * *

Come? Perché non vuoi prendere parte alla festa?”

Katerina continuava a non capire la mia ostinazione nel voler restare in camera.

Mi guardava, mentre fissavo il vuoto e mi stringevo un cuscino al petto. Come sempre, me ne stavo seduta sul letto a gambe incrociate.

Nei corridoi, riuscivamo a sentire le voci degli ospiti di Klaus, che parlottavano e ridevano.

Non sapevano di chi erano ospiti allora.

Irina, vuoi restare chiusa qui dentro a vita per caso?” domandò ancora mia sorella, alzai lo sguardo su di lei. Stava davanti allo specchio a prepararsi, si passava una polvere chiara sulla pelle del viso per farla risultare più liscia. Non sapevo chi glielo avesse consigliato, ma non ne capivo l'utilità: il suo viso era perfetto così com'era. I nostri occhi s'incrociarono e io li distolsi.

Li posai verso la finestra, dove la luna piena brillava in cielo e le stelle l'accompagnavano con le loro bellissime luci. Chissà perché, mi sembrava comunque una notte troppo buia.

Katerina mi si avvicinò, la gonna era così lunga che per poco ci inciampava sopra.

Sorellina, non sopporto di vederti così. Un tempo mi dicevi tutto, ora perché invece ti tieni tutto per te?” mi chiese.

Non ce l'avrei fatta a sopportare la stessa situazione di quella mattina, non dopo uno scontro con Rebekah e con Klaus, che mi avevano ulteriormente destabilizzata.

Ero stanca di tentennare, anche se continuavo ad avere il dubbio che forse Elijah mi avrebbe dato un motivo per restare. Una parte di me però non lo credeva visto il cuore che aveva in mano giorni prima. Dovevo per forza dire quella cosa a mia sorella.

Non le avrei detto dei vampiri, cercavo di salvaguardarla il più possibile da quella realtà mostruosa, ma le avrei detto un altra cosa, che forse l'avrebbe ferita ancora di più.

Dobbiamo tornare in Bulgaria.

Cercai di farle capire.

Katerina mi guardò a lungo, riconobbe subito il mio modo di dire “tornare”: una parola che aveva rimosso dal suo vocabolario, se si trattava di tornare nell'oscurità dove avevamo vissuto per anni.

Ma che non ci avrebbe risucchiato, come stava facendo quella che ci circondava in quel momento.

Se...se è uno scherzo, non è divertente.” disse lei con voce tremante. Le stavo davvero chiedendo troppo e me ne rendevo conto. Ma lo stavo facendo per il suo bene, perciò non m'importava se l'avrei ferita. Quando lesse sul mio viso che ero seria, scattò rapidamente in piedi.

Camminò da un lato e dall'altro, per cercare di trattener la rabbia e il dolore. “Come puoi...chiedermi di tornare da coloro che mi hanno chiamata sgualdrina? Da coloro che mi hanno portato via la mia bambina?!” mi chiese.

I suoi occhi si fecero lucidi Pensavo che non mi avrebbero colpito, viste le mie buone intenzioni, ma non era così. Katerina si sentiva pugnalata alle spalle e non riuscivo a sostenere il mio cuore che iniziava a battere nel vuoto per il dolore.

Chinai il capo e strinsi i pugni sulle mie ginocchia. “E tutto questo a cosa è dovuto?! Cosa non hai qui che ti fa rimpiangere la Bulgaria? Io qui mi sento amata e apprezzata, come puoi chiedermi di tornare da chi mi ha sempre odiata e disprezzata? Proprio tu poi! Che sei stata trattata come un fenomeno da baraccone!”

Non mi offesi perché stava parlando per rabbia.

Alzai la testa e cercai di essere il più controllata possibile, le feci il segno di “bugia”.

Tutto quello che ci circondava era una bugia, una bugia che ci avrebbe forse uccise entrambe.

Katerina mi guardò incredula, iniziò a scuotere la testa e si portò una mano tra i capelli ricci. “Qui l'unica bugia che vedo sei tu.” disse, con tono grave.

Quella volta mi ferì davvero, abbassai di nuovo la testa giocherellando con la punta dei miei capelli e presi un lungo respiro. Non servì però a trattenere le mie lacrime.

Non avrei mai pensato che nel tuo silenzio saresti stata capace di ferirmi in questo modo...” aggiunse ancora Kat, osservandomi e non facendo caso alle lacrime che mi ricadevano sul vestito. “Pensavo che tu prima di tutti volessi la mia felicità...e invece mi sbagliavo.”

Non disse nient'altro.

Seguii con lo sguardo i suoi piedi che si dirigevano velocemente verso la porta, per poi scomparire dietro di essa. Mi portai le mani sul volto disperatamente e mi sentii completamente sola.

Sola, piccola e impotente.

Non avevo più Rose, non avevo più quel dannato corvo e ora non avevo più nemmeno mia sorella.

Mi distesi sul letto e affondai la testa nel cuscino, almeno quello non mi avrebbe abbandonato e avrebbe asciugato le mie lacrime di dolore.

* * * *

Mi ero addormentata.

Le lacrime mi si erano asciugate sulla pelle e avevano bagnato il cuscino su cui dormivo.

Non capivo cosa mi avesse destata dal sonno, poi sentii di nuovo quel rumore, di qualcuno che bussava delicatamente sulla porta della camera.

Mi rizzai a sedere sul letto e guardai il mio riflesso sullo specchio di fronte: avevo un aspetto a dir poco spaventoso, gli occhi erano gonfi per le lacrime e per il sonno e avevo le occhiaie ancora più pronunciate di quando già non lo erano prima.

Andai alla porta. Sentivo ancora gli schiamazzi della festa e delle voci dal suono allegro che risalivano dal salone fino ai corridoi fuori dalla camera.

Aprii solo uno spiraglio della porta e vidi il volto di Elijah, teneva la mano poggiata sul muro e l'altra su un fianco. Mi fece un piccolo sorriso, che servì ad allontanare solo di poco l'immagine di lui che strappava il cuore di Micah. Non lo avevo visto in volto mentre compiva quell'efferato omicidio e sinceramente non riuscivo ad immaginare un espressione adatta a quel momento sul suo viso perfetto.

Buonasera Irina.” mi salutò, con voce flebile. “Ti posso parlare un attimo, se non ti dispiace?”

Restai a fissarlo, non sapevo cosa fare sinceramente.

Una parte di me mi diceva che farlo entrare era una cosa stupida, l'altra, quella fastidiosa vocina che riuscivo proprio a non far tacere, mi diceva che potevo fidarmi di lui.

Anche se era un assassino che avevo visto in azione giorni prima.

Spalancai la porta e gli permisi di entrare, anche se il mio corpo tremava alla sola idea di vederlo varcare quella soglia.

Ma non per lui.

Avevo paura di me, delle sensazioni contrastanti che lottavano dentro il mio cuore mentre lo vedevo camminare.

Chiusi la porta lentamente e mi voltai verso di lui, Elijah restò vicino alla finestra, per poi guardarmi.

I suoi occhi neri si posarono sui miei e restammo così in silenzio per un po'.

Fino a quando, non riuscii più a sorreggerli.

Come stai?” mi chiese.

Mi si bloccò il respiro per un attimo, c'erano moltissimi passi che ci separavano.

Sembrava una distanza troppo grande, affinché uno dei due decidesse di accorciarla.

Feci un cenno con la testa e tirai la bocca in quello che doveva sembrare un sorriso. Elijah mi guardò in silenzio, la sue espressione era tesa e seria. Non mi era mai capitata di vederla, quando eravamo soli.

Ne sei sicura? Perché mi sembra tu mi stia evitando da giorni...” mi disse lui.

Non mi sorprese il fatto che lo dicesse con quella sicurezza, Elijah non era affatto stupido e ormai aveva capito che quando mi davo per malata, era perché non volevo incontrare né lui, né nessuno della sua famiglia. Ero stata sciocca io ad usare sempre e solo la stessa scusa.

Mi trovai in seria difficoltà, non sapevo dove guardare e stringevo nervosamente con le mani i lati della gonna. Elijah allora azzardò a fare un passo verso di me, impulsivamente io ne feci dieci indietro.

Calò di nuovo un profondo silenzio, l'unica cosa che sentivo era il mio cuore che batteva all'impazzata e i respiri che cercavo di trattenere troppo a lungo, come se temessi potessero insospettire ulteriormente Elijah.

Il magnetismo esercitato dai suoi occhi si arrestò per un attimo, quando smise di guardarmi.

Posò lo sguardo verso lo specchio e mi accorsi che stava guardando proprio il mio riflesso.

Irina, lo sai che puoi dirmi tutto, no?” mi domandò, voltando nuovamente la testa verso di me.

Non capivo se le sue parole nascondessero dell'altro, di solito era Klaus quello che parlava per doppi sensi. Non lui.

Mi sentivo in colpa nel desiderare che lasciasse la mia camera il prima possibile. Ogni volta che lo guardavo, mi sembrava di immaginare un espressione terrificante sul suo viso di marmo, mentre strappava il cuore dal petto di Micah.

Annuii, ricordandomi solo successivamente della sua domanda.

Non riuscii a sorridere, non avevo la forza di fingere ulteriormente.

Elijah, però, restò a fissarmi intensamente. I suoi occhi sembravano infinitamente profondi, due cieli notturni in cui ci si poteva perdere per l'eternità.

So che ricordi tutto.”

Quelle furono le sue parole per rompere il silenzio. Alzai lo sguardo su di lui, mentre la paura si faceva largo a tentoni nel mio petto e nella mia mente.

Ebbi l'istinto di fuggire, ma le gambe erano diventate molli, come se fossero fatte di fango.

Come faceva a sapere che non avevo dimenticato nulla?

Non so come sia possibile e, francamente, nemmeno m'importa. Voglio solo spiegarti tutta quanta la verità.” disse ancora Elijah.

Fece diversi passi verso di me e a quel punto mi sentii libera di dare sfogo al mio terrore. Mi voltai di scatto verso la porta e cercai di catapultarmi fuori nei corridoi.

Elijah mi fu davanti in un baleno, si parò di fronte a me restando sulla soglia della porta e rapidamente mi strinse le spalle. Mi spinse sul muro accanto alla porta e chiuse quest'ultima con un calcio, il tutto con estrema gentilezza ed eleganza, nonostante il gesto piuttosto brusco di per sé. Provai a spingerlo via. Pensavo che anche lui avrebbe lottato con me e invece la mia si rivelò una battaglia a senso unico.

Non usai in pieno la mia forza per respingerlo, forse perché sapevo che non gli avrei fatto del male o perché, nel mio subconscio, non volevo nemmeno provare a fargli male.

I miei colpi si rivelarono vento sul suo corpo di pietra.

Irina, guardami negli occhi, per favore.” mi chiese, con un tono di voce leggermente più alto.

Non lo feci. Se ci avessi solo provato, ero certa che avrei represso ogni mio tentativo di ribellione.

Per favore, guardami!” disse di nuovo a denti stretti, le sue mani strinsero un po' di più le mie spalle. Allora obbedii: volsi lo sguardo lentamente verso di lui e i nostri occhi iniziarono ad esplorarsi.

Cercavo di capire che sentimenti li colmassero in quel momento, ma anche Elijah spesso era davvero un mistero da capire.

Lui si prese un paio di secondi, forse per trovare le parole giuste da dire. “Hai visto che cosa sono. E mi dispiace che tu l'abbia scoperto in questo modo.” iniziò a dire. “Se fossi stato solo, se non avessi avuto dei fratelli da proteggere...ti assicuro che te lo avrei detto subito.”

La sua compostezza in viso si era leggermente sciolta, lasciando posto ad un espressione di pura dolcezza e sincerità. Iniziai ad avere meno paura di lui: mi resi conto che non gli avevo mai fatto una colpa per non avermi detto la verità, probabilmente lo avrei fatto anche io a parti inverse, ma gli facevo una colpa per ciò che era.

Mi sentivo un mostro a pensarla così, ma ormai la paura mi era padrona e guidava i miei pensieri e il battito del mio cuore. Elijah distolse gli occhi dai miei per un istante.

Io non farei mai del male né a te, né a tua sorella. E dentro di te lo sai.” disse ancora. “Ti chiedo perdono se l'altra volta ho...perso la testa inanzi ai tuoi occhi. Ma non potevo fargliela passare liscia dopo quello che ti aveva fatto.”

Le sue ultime parole furono macchiate di rabbia, non riuscendo a sostenere la sua espressione che cambiava, distolsi lo sguardo. Intanto continuavo a tremare, mentre le mani di Elijah scesero dalle mie spalle, sui miei gomiti.

Ma io non voglio essere la tua paura, Irina. Voglio solo esserti amico, proprio come lo eravamo quando credevi che ero umano.” continuò lui, appena si destò da quell'attimo di rabbia. Il suo volto venne illuminato da un sorriso debole, che scomparve nel giro di pochissimi istanti. “Non voglio più nasconderti nulla, sono disposto a stare tutta la notte a raccontarti la storia della mia vita, del mio essere. Sono disposto a raccontarti tutto, ma spetta a te scegliere cosa fare.”

Rimasi a guardarlo immobile, attendendo che mi desse le sue opzioni su cosa fare. Avevo già due vocine, mente e cuore, che mi parlavano e mi suggerivano cosa fare.

Ma nessuna delle due opzioni mi faceva star meglio: la mente mi diceva di scappare, il cuore di restare.

Se vuoi, stasera posso dirti tutto ciò che devi sapere su di me vampiro. Oppure , puoi scappare via da me, senza sapere la verità. In questo caso, io non ti fermerò.” mi disse.

Strinsi i pugni, i miei occhi si fecero bagnati e il tremore lasciò posto a lunghi brividi caldi che si rincorrevano sulla mia schiena. Elijah studiò la mia espressione, lasciò cadere le mani lontane dal mio corpo e fece un passo indietro.

Prima che tu scelga la seconda opzione, voglio dimostrarti che puoi fidarti di me.” aggiunse poi.

Ero convinta che avesse finito di parlare e le sue parole mi stupirono.

Fece un passo verso di me, un passò lento ma deciso.

Il suo viso si avvicinò lentamente al mio, sempre con estrema eleganza e delicatezza. Come se fossi un cucciolo pronto a scappare in caso di gesti troppo bruschi.

I miei occhi continuarono a guardare i suoi, leggermente socchiusi. Sentii il suo respiro caldo sulle labbra, sfiorandole come in un delicato bacio. La sua fronte si posò sulla mia e la distanza tra di noi si fece sempre più minima.

Elijah continuava a muoversi lentamente, chissà se sentiva il mio cuore battere all'impazzata.

Ma la sua bocca non si avvicinò alla mia, piegò la testa da un lato e avvertii il suo respiro spostarsi sul mio collo.

Ad un certo punto si fermò.

Tutto si arrestò troppo velocemente per poter capire cosa fosse successo.

Elijah si allontanò da me, facendo un lungo passo indietro e prese un lungo respiro. Feci lo stesso, lo avevo trattenuto per tutto il tempo in cui lui si era lentamente avvicinato a me.

Non capivo se stavamo per baciarci o se stava cercando di mostrarmi dell'altro.

L'espressione di Elijah era abbastanza confusa, più della mia. “Avrei potuto morderti e bere il tuo sangue.” disse, con tono leggermente più freddo. “La tentazione di bere il vostro sangue è molto forte credimi, sopratutto quando...”

Si arrestò di nuovo, i suoi occhi si illuminarono e si spegnevano a seconda delle emozioni che provava in quel momento. Rimasi con la schiena contro la parete e continuai a respirare profondamente, mentre dentro di me era scoppiata una tempesta.

Fuggire o restare? Quello che era successo poco prima, mi confondeva solo di più.

Prendila come una dimostrazione di fiducia.” disse ancora Elijah, cercando di non concludere la frase di prima. “Ma sta a te decidere se vuoi farlo o no.”

Calò di nuovo il silenzio, ascoltai le vocine dentro di me e alla fine presi, troppo rapidamente forse, una decisione. La vocina più insistente, quella che non avrei mai voluto che avesse la meglio, cantò vittoria.

Elijah non mi guardò, mentre mi avvicinavo alla porta quasi correndo. E, con le lacrime agli occhi, decisi di fuggire.

* * * *

Ma dove pensi di andare?

Un insistente e fastidiosa vocina proveniente dal petto, ci tenne a ricordarmi quel piccolo particolare.

Infatti...dove pensavo di andare? Mi fermai di colpo e caddi sulle ginocchia, avevo corso per tutti i corridoi, per poi raggiungere i giardini e infine l'inizio della foresta, dove Klaus mi aveva fatto uccidere il mio messaggero oscuro. Non mi sentivo più il respiro nei polmoni, non mi ero fermata e voltata indietro solo perché la mia volontà d'animo me lo aveva impedito.

Il mio corpo e la mia mente non ce la facevano più, si erano annullati entrambi nelle bugie e nel dolore. Restai inginocchiata sul terreno, con lo sguardo rivolto verso il cielo scuro e privo di stelle.

Anche queste mi avevano abbandonato per farsi scudo delle nuvole, rifiutandosi di illuminarmi con la loro splendida e rassicurante luce.

Non potevo andarmene. Non potevo abbandonare Katerina in quelle realtà e inoltre non volevo fuggire. Dove sarei andata comunque?

A casa non potevo tornare. Mio padre mi avrebbe punita e sarei andata in sposa a Vladimir. Per non parlare di Katerina che, ero sicura, avrebbe vissuto con appellativi spregevoli per tutta la sua esistenza.

E che dire di quel Bell che aveva cercato di farmi rapire? Klaus ed Elijah mi avevano salvato la vita probabilmente, impedendo a Micah di portarmi da lui.

Perciò, era davvero giusto scappare o dovevo accettare quella realtà?

La cosa che mi premeva di più era Elijah. Il momento in cui avevo sentito il suo respiro unirsi al mio, era stato il momento in cui avevo deciso di fuggire lontano. Ma allo stesso tempo, il momento in cui decisi di restare.

Poi la paura aveva preso il controllo di tutto.

Strinsi i pugni sulle ginocchia. Non capivo se ero stupida o semplicemente pazza nel non voler scappare via il più lontano possibile.

Signorina Petrova?”

Mi voltai verso una voce conosciuta, vidi Joshua alle mie spalle.

Riconobbi il suo viso perché erano state affisse delle torce intorno alla villa, per allontanare l'oscurità.

Il ragazzo mi stava sorridendo gentilmente. “Lord Niklaus vorrebbe parlarvi.”

Lo guardai confusa. Che voleva adesso Klaus? Che Elijah gli avesse rivelato che ricordavo tutto?

Joshua intanto mi guardava come se fossi fuori di testa: me ne stavo seduta al buio di fronte ad un albero, probabilmente avrei pensato anche io la stessa cosa.

Annuii e mi alzai in piedi asciugandomi le mani sudate sulla gonna.

Joshua mi fece strada, sempre con un sorriso sulle labbra.

Lo seguii, restando qualche passo dietro di lui.

Il fatto che Klaus mi cercasse mi preoccupava, se aveva scoperto tutta la verità attraverso la bocca di Elijah o di Rebekah, cosa mi avrebbe fatto?

Per colpa dei mille pensieri che affollavano la mia mente, mi accorsi che Joshua mi stava portando per una strada diversa da quella che conoscevo, per arrivare al salone o alla camera di Klaus.

Mi aveva condotto in un corridoio che non avevo mai visto prima, dalle pareti strette al limite della claustrofobia. Mi fermai un attimo e lo guardai titubante.

Sentendo il mio passo arrestarsi, lui si voltò lentamente verso di me.

Va tutto bene?” mi chiese.

No che non andava bene.

Dubitavo che Klaus volesse incontrarmi in un posto del genere per fare una chiacchierata amichevole. Non avevo idea di che intenzioni aveva, ma ero sicura che volesse farmi del male.

Sopratutto se conosceva la verità.

È una scorciatoia per arrivare prima alle camere, non vi preoccupate.” disse Joshua, quando vide l'espressione preoccupata sul mio viso.

Però non riuscì lo stesso a convincermi. C'era qualcosa di maledettamente strano in tutta quella storia. Però annuii, lasciandolo nella convinzione che fossi rilassata.

Lui sorrise di nuovo e riprese a proseguire, seguendo il percorso illuminato dalla torcia che teneva in mano. In quel momento, facendo molta attenzione ai movimenti del ragazzo, iniziai a voltarmi lentamente verso il punto da cui eravamo entrati.

Iniziai a retrocedere lentamente, evitando di compiere qualsiasi rumore sospetto. Quando ormai ero certa di essermi allontanata abbastanza da lui, mi voltai e cercai di raggiungere la porta.

Ma Joshua mi si parò davanti, cogliendomi di sorpresa.

Pochi attimi prima stava camminando tranquillamente davanti a me, allora invece mi era apparso davanti ad una velocità impressionante. Questo faceva di lui solo una cosa.

Prima che potessi compiere qualsiasi movimento, lui mi spinse contro il muro cingendomi il collo.

La sua espressione non rispecchiava più alcuna gentilezza, aveva solo un aspetto mostruoso con gli occhi iniettati di sangue e i canini in bella vista.

Cercai di liberarmi della sua presa, ma come al solito niente mi servì ad allontanare quelle mani dal mio collo.

Mi hanno detto che sei parecchio intuitiva, vorrà dire che farò qui quello che devo fare....” mi disse, quasi divertito.

Lo guardai senza capire, lui mi buttò a terra sopra uno scalino e feci leva sulle mani per non sbattere il viso. Ma lui non era uno dei fedeli di Klaus? Mi alzai in piedi il più velocemente possibile e iniziai ad arretrare. Per quanto ne sapevo la via di fuga era solo alle sue spalle, ma dubitavo che ci sarei arrivata così facilmente.

Lui continuò ad avanzare verso di me, con un sorriso sulle labbra che poteva quasi fare concorrenza con quello di Klaus. “Non capisci cosa sta succedendo, vero?” mi chiese, spalancando le braccia.

Io continuavo ad arretrare, mi guardai attorno alla ricerca di una possibile arma ma vidi solo le pietre delle pareti e le torce che brillavano su di esse.

Deglutii e tornai a guardare Joshua.

Ho ucciso io quelle ragazze, Irina.” disse Joshua.

Sbarrai lo sguardo sorpresa. Mi trovai a rabbrividire per la paura, mentre la sua figura continuava ad avanzare verso di me.

E ora, è il tuo turno. Consideralo come un favore, mi raccomando! Ho saputo che sei stata rapita per chissà quale motivo..almeno con me, saprai subito che fine farai...”

Fece un lungo passo verso di me. Mi ritrassi giusto in tempo prima che mi trovassi a pochi centimetri da lui. Restò così a fissarmi, piegando la testa da un lato come se stesse già pregustando il momento in cui avrebbe affondato i denti nella mia carne.

Scommetto che vuoi sapere perché, vero? Beh, diciamo che Klaus ha più nemici che amici. E io non gli sono amico da troppo tempo. Mi ha donato l'immortalità ma mi ha tolto la possibilità di gestirla a modo mio.”

Non poteva essere solo per quel motivo che Joshua aveva ucciso quelle ragazze, Micah mi aveva detto che Klaus scappava da secoli da qualcuno che voleva ucciderlo e che stava giocando con lui, premendo sul bottone della solitudine.

Guardai Joshua, parlava e si muoveva come un burattino guidato da dei fili invisibili.

Forse era stato manipolato? Purtroppo non avrei potuto capirlo mai, perché mi fu addosso in un secondo. Mi spinse contro la parete alle mie spalle.

Sai, un po' mi dispiace doverti ammazzare....”sussurrò a denti stretti, quasi con rabbia. “Sei così...inutile, che quasi mi fai pena. Ma a Klaus stai simpatica, perché si rivede molto in te e perché ha molte sciocchezze che gli passano per quella mente bacata. Per questo tu morirai, Klaus deve assaporare la solitudine, prima di morire tra atroci dolori.”

Provai a liberarmi di nuovo, ma senza risultato.

Joshua mi tenne più strette le spalle e mi costrinse a guardarlo. “Fine dei convenevoli, addio Iry.” disse, come se volesse dare inizio subito alla mia morte.

Affondò i denti nella mia carne, provocandomi un fortissimo dolore che non avrei potuto fronteggiare. Sentivo il mio sangue scendere lungo la pelle, mentre lui se ne cibava voracemente. Posai le mani sul suo petto per spingerlo via, ma lui continuava a penetrare sempre di più i denti nel mio collo.

Iniziai a sentirmi debole, troppo debole per poter anche solo tenere gli occhi aperti.

Fino a quando, lui non venne strappato via da me.

Sbattei più volte le palpebre e mi poggiai completamente sul muro alle mie spalle, per cercare di riprendere un po' di forza. Di fronte a me era apparso Elijah: teneva Joshua per il colletto della camicia e lo teneva sospeso di fronte a sé.

Vidi i suoi occhi neri, carichi di una rabbia che non aveva nulla di umano.

Tu la parola lealtà non la conosci, vero Joshua?” gli chiese a denti stretti.

Joshua sorrise, ma era un sorriso che voleva inutilmente nascondere il terrore che lo dominava. “Non sarò mai leale a quel mostro di tuo fratello.” disse.

Elijah lo tenne più stretto, mi portai una mano sopra il collo ferito e sentii il sangue che continuava a fuoriuscire.

Prima di staccarti la testa dal collo, voglio sapere perché.” stava dicendo Elijah, lo guardava fisso negli occhi e capii che stava ordinando alla mente di Joshua di seguire i suoi ordini.

Era incredibile come il ragazzo avesse fatto il gradasso con me fino a poco prima e ora sembrava rabbrividire al cospetto di Elijah.

Il suo viso assunse un espressione piatta, proprio come quella di un manichino privo di personalità.

Iniziò a parlare lentamente, con un tono privo di qualsiasi tipo di emozione. “Mi è stato ordinato.” disse solo.

Elijah sospirò, doveva averlo capito da subito, da quando aveva scoperto che era stato Joshua a compiere quegli omicidi.

Ma lo sapeva da prima o lo aveva sentito nel discorsetto di Joshua prima che mi mordesse?

Perché hai avuto questo ordine?” continuò Elijah.

Dovevo far recapitare un messaggio a Niklaus, almeno fino a quando l'arma per ucciderlo non sia pronta...”

Elijah si ammutolì, prese dei lunghi respiri e fissò negli occhi Joshua.

Sembrava che avesse capito qualcosa e che stesse preparandosi e porgli un'altra domanda, la cui risposta non gli sarebbe piaciuta.

Chi ti ha soggiogato?” gli chiese.

Allora Joshua restò un attimo in silenzio, io ed Elijah restammo ad aspettare una risposta che sembrava non sarebbe mai arrivata nell'oscurità.

All'improvviso Joshua sorrise. “Tanto tu mi ucciderai comunque, Elijah.” disse, come se non fosse più sotto il controllo mentale del vampiro. Com'era possibile, non me lo potevo capacitare.

Solo la verbena faceva quell'effetto e un vampiro non poteva tollerarne il sapore o il tocco.

Un urlo di dolore ruppe il silenzio: Elijah aveva abbassato la guardia un solo secondo e Joshua aveva avuto il tempo per afferrare uno strano pugnale e conficcarlo nel ventre del ragazzo.

Allora voglio almeno portare a termine ciò che mi è stato ordinato!” ringhiò Joshua.

Elijah si accasciò a terra, riuscivo a vedere il sangue rosso che bagnava il pavimento sotto il suo corpo. Presa dal panico, cercai di soccorrerlo.

Non poteva averlo ucciso o ferito, non esistevano armi del genere per quanto ne sapevo.

Joshua mi bloccò prima che potessi avvicinarmi, mi strinse la mano al collo e mi spinse contro il muro. Aveva in mano un pugnale macchiato del sangue di Elijah.

Il ragazzo gemeva di dolore dietro di lui, lo vedevo mentre cercava di rimettersi in piedi velocemente.

Avrei tanto voluto aiutarlo, ma la mia debolezza me lo impediva.

Joshua rise di nuovo, aveva ancora le labbra macchiate del mio sangue. “Dov'eravamo rimasti? Ah sì, dovevo finire di dissanguarti....”

Fece di nuovo per affondare i denti nella mia carne, ma Elijah glielo impedì: nonostante continuasse inspiegabilmente a sanguinare, lo separò da me e lo gettò a terra.

Joshua sembrava aver accettato la consapevolezza di dover morire, ma voleva solo terminare la mia morte prima di giungere alla sua. Sembrava davvero un folle.

Nello scontro con Elijah, il pugnale gli era caduto di mano ed era finito lontano da lui.

È ora...che tu muoia, Joshua.” disse debolmente Elijah.

Joshua iniziò a strisciare all'indietro, per arrivare al pugnale.

Guardai Elijah, sembrava davvero indebolito da quell'arma insolita: all'apparenza sembrava un pugnale, ma doveva esserci qualcosa sotto.

Non era possibile che un'arma così semplice, potesse farlo sanguinare in quel modo.

Mi guardai attorno, dovevo trovare qualcosa per poterlo aiutare.

Elijah, il tuo attaccamento a quell'animale di tuo fratello ti costerà caro.” ridacchiò Joshua. “Tu e Rebekah state pagando tutto per colpa sua.”

Klaus è mio fratello. Non è stato lui a rovinare la nostra esistenza...” sussurrò Elijah, si tenne la mano sul ventre e continuò a proseguire.

Voleva uccidere il suo nemico, ma era confuso quanto me di fronte a quella ferita inspiegabile.

Joshua riafferrò il pugnale. “Non posso ucciderti, ma posso indebolirti ulteriormente!” annunciò quasi con entusiasmo. Provò a scattare di nuovo in piedi, ma non gli permisi di avvicinarsi troppo ad Elijah. Non si era accorto del modo in cui ero strisciata lungo il muro per prendere la torcia di fuoco appesa alla parete. Avevo corso più veloce possibile e avevo usato il manico di legno come paletto: era stato così avventato che venne lui incontro al mio paletto, lo sentii infilzargli la carne del petto.

La sua bocca si aprì in un grido e pian piano la pelle del suo volto divenne grigia, spenta come la morte. Alzò un'ultima volta lo sguardo su di me, quando lasciai cadere il paletto lo vidi accasciarsi a terra privo di vita.

Osservai il suo corpo a lungo, mentre i miei pesanti respiri riempivano l'aria attorno a noi, spegnendo il terribile silenzio che si era appena creato dopo quel grido.

Mi voltai verso Elijah, il suo volto racchiudeva tutto il dolore che doveva provare, mentre la sua mano giaceva ancora sulla macchia rossa che gli aveva bagnato il ventre.

Irina..” sussurrò debolmente.

E prima che potessi accorgermene, cadde a terra privo di sensi.




Ciao a tutti! :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, come al solito io non ne sono molto convinta. Negli ultimi tre capitoli ho cercato di introdurre i due nemici principali della storia, senza lasciar trapelare né troppo poco, né molto. Spero di esserci riuscita bene e di non avervi, in realtà, solo confuso.

Quindi, ci sono due personaggi che tramano nell'ombra e che hanno due obiettivi diversi: uno Klaus, l'altro Irina. Nei prossimi capitoli ci saranno altri chiarimenti su entrambe queste figure e pian piano verranno rivelati anche altri elementi riguardanti la protagonista.

A parte tutto, spero che nel complesso la storia stia continuando a piacervi!


Ci tenevo a ringraziare:

Elyforgotten

Missgabriella

Sporpellina

Briony96

Katherine

Esmeralda91

per regalarmi sempre le loro splendide recensioni!

E ringrazio ancora di cuore chi ha inserito la mia storia tra le preferite, le seguite e le ricordate e ai lettori silenziosi! :D

Ciao :)


















  
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