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Autore: midorijpg    17/01/2012    7 recensioni
Eh, già, quelli erano proprio i giorni della nostra vita.
Di questi ultimi tempi, con i Queen stiamo registrando un sacco di cose dal carattere molto malinconico, Freddie è ridotto peggio del solito per via della sua malattia, le canzoni di Innuendo sembrano prendere le nostre sembianze, rappresentandoci a chi le ascolta, e questa malinconia, non so perché, mi fa investire da vagonate di ricordi, così ho deciso di metterli per iscritto, in modo da non potermeli più dimenticare.
Un ricordo in particolare mi è rimasto vivido in testa, quello del mio primo, vero amore.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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7. Never Gonna Find Us

La prima a cui lo dicemmo, naturalmente, fu Claire. Lei rimase contenta da quella notizia ed esclamò:
“Lo sapevo che prima o poi vi sareste messi insieme! Vi si legge in faccia che siete innamorati persi l’uno dell’altra!”
Sapevo di potermi fidare di mia sorella, i nostri rapporti erano migliorati da quando aveva fatto quel discorso a Mel, eravamo diventati più uniti e più complici.
I mesi estivi passarono in un modo più felice del solito.
Io e Mel eravamo ritornati di nuovo amici per l’eternità, solo con qualche bacio sulla bocca e qualche “notte brava” in più.
I genitori di Mel non c’erano quasi mai, per fortuna, per via del lavoro, e noi due passavamo le giornate facendo avanti e indietro tra casa sua e casa mia, a discutere di musica e a guardarci negli occhi, tra un bacio e l’altro. In particolare, a Claire davamo un po’ fastidio quando andavamo a casa mia, perché per andare in camera mia passavamo sempre davanti a camera sua, e lei ci urlava sempre dietro di non disturbarla perché stava leggendo o stava spettegolando con le sue amiche. Mi piaceva da matti irritare mia sorella in quel modo, ma adoravo ancor di più stare con la mia Mel.
Purtroppo i momenti intimi li potevamo passare solo a casa sua, vista la sorellina impicciona-rompiballe e la mamma che ti sorprende indignata con un “Roger, non fare queste cose davanti a tua sorella!”
Una volta, mi ricordo, ero andato a casa di Mel mentre lei si stava facendo la doccia.
“Mel?” chiamai.
“Sono sotto la doccia, arrivo!” mi urlò lei dal bagno.
Io aspettai, ma non resistetti, andai piano piano di sopra e aprii lentamente la porta del bagno.
Attraverso il vetro opaco della doccia riuscivo a scorgere le curve mozzafiato del suo corpo. Restai ad ammirarla mordendomi un labbro e appoggiandomi allo stipite della porta con le braccia conserte.
Poco dopo lei chiuse il getto, prese un asciugamano appeso al vetro, se lo avvolse intorno al corpo e fece scorrere piano il vetro della doccia.
Appena mi vide, sobbalzò.
“Oh, Roger!” esclamò mettendosi una mano al petto. “Cavolo, mi hai fatto spaventare! Ti avevo detto di aspettarmi!”
“E io non ce la facevo. Comunque...teniamo un bel fisico, eh?” chiesi provocante mentre lei andava in camera sua per vestirsi.
“Scemo.” mi schernì lei.
Io ridacchiai e rimasi in camera sua mentre lei cercava qualcosa con cui vestirsi.
“Ti dispiacerebbe uscire, che mi cambio?” chiese ad un certo punto.
“Ma dai, ho visto tante volte il tuo bel corpicino, perché non posso farlo adesso?” dissi abbracciandola da dietro.
“Perché in questo momento il mio “corpicino” non ha voglia di essere osservato, semplice. Poi non mi addolcire la pillola con tutti questi diminutivi, tanto con me non attacca!” disse lei scostandosi da me con un sorriso malizioso.
“Siamo permalosetti, eh?” dissi mentre lei mi spingeva verso la porta della camera. Poi mi chiuse fuori e io aspettai sorridendo.
La adoravo quando si arrabbiava così, mi piaceva da matti stuzzicarla.
Poco dopo lei uscì: indossava una canottiera azzurra con una sola spallina e dei pantaloni di una tuta verde chiaro. Notai che sotto la canottiera non aveva reggiseno e questo fatto mi eccitò da morire.
“Vieni?” mi disse prendendomi per mano e trascinandomi in salotto.
Mentre ci dirigevamo verso la sala, passammo dalla cucina e la prima cosa che mi saltò agli occhi fu una succulenta torta al cioccolato.
“Ehi! E quella?” chiesi indicando il dolce.
“È una torta.” mi rispose lei candida.
“Beh, fin lì c’ero arrivato anch’io.”
“L’abbiamo fatta io e la mamma...”
“Quindi sarà buonissima!” esclamai leccandomi le labbra e allungando un dito verso la torta.
“...E proprio per questo non si può toccare!” mi fermò lei mollandomi uno schiaffetto sulla mano. “La mangerai se ne sarai degno!”
Allora mi imbronciai come un bambino piccolo.
“Se farai il bravo bambino, te ne darò una fetta...” sorrise lei scompigliandomi i capelli.
Poi mi portò in sala. Quando fummo davanti al divano, lei mi tirò a sé per l’allacciatura della camicia, mi baciò con passione e ci lasciammo cadere sul sofà.
“Mmmh, ho voglia di coccole...” mormorò Mel.
“Ti do tutte quelle che vuoi, piccola.” dissi facendola sedere sulle mie gambe.
Lei aggrappò le braccia al mio collo e appoggiò la sua guancia alla mia. Poi infilai la testa nell’incavo tra la sua faccia e la sua spalla e le accarezzai il collo con il naso, affondando il viso in quella cascata di boccoli castano scuro che sapevano di frutti rossi.
“Mmmh, la mia Mel...la mia piccola Mel...” sussurravo.
“Dai, così mi fai il solletico!” rise lei. “Poi lo sai che non mi piace quando mi chiami “piccola”!”
“Ma perché, non sei la mia piccola?”
“No, ho la tua stessa età!”
“Non me ne frega niente, per me sei sempre piccola.”
Lei fece un sorriso imbronciato.
“Come mai tutta questa malinconia improvvisa?” chiesi.
“Mah, non lo so...” sospirò Mel appoggiando la testa sulla mia spalla. “Forse è per l’estate che sta per finire, forse è per l’esito del nostro esame, forse è perché...”
“Perché l’anno prossimo non saremo più in classe insieme?” ipotizzai accarezzandole i capelli.
“Forse.” mi rispose semplicemente lei. “Tu non mi lascerai mai, vero?”
“Ma che domande fai? Certo che non ti lascerò mai, perché dovrei?”
“Mah, non so...magari vedi un’altra più bella, simpatica e intelligente di me,” enfatizzò Mel alzandosi dalle mie gambe, con aria drammatica. “ti innamori e mi abbandoni in stile Casablanca...guarda che può capitare, sai!” disse mettendosi le mani sui fianchi.
Io mi alzai, la abbracciai e le mormorai, con i miei occhi ad un centimetro dai suoi:
“Per quanto mi riguarda adesso, non capiterà mai e poi mai. Perciò non dire cazzate e baciami, bellezza.”
Lei obbedì sorridendo.
Adoravo baciarla, l’avevo desiderato per talmente tanto tempo e adesso ne avevo finalmente l’occasione! Adoravo il sapore delle sue labbra, anche se lei non si metteva niente per addolcirle, lucidalabbra, rossetti e neanche burrocacao di vari gusti; non amava i fronzoli di nessun genere, era naturale e non aveva bisogno di niente per apparire migliore.
“E adesso, tagliami una fetta di quella torta, che ho fame!” le dissi poi, spedendola in cucina con un leggero colpetto sul sedere.
Ecco, questa era, più o meno, una nostra giornata-tipo.
Però i guai non tardarono ad arrivare.
Capitò un giorno sul letto di camera sua, intenti a “studiarci per bene” (si fa per dire). Ad un certo punto sentimmo una voce dall’entrata della stanza.
“Mel? Siamo...”
Io mi girai verso quella voce, realizzando poco dopo che mi trovavo in una situazione estremamente imbarazzante, visto che stavo baciando Mel, la mia mano destra era sul suo seno, la sinistra chissà dove era andata a finire, la mia maglietta era finita in un angolo della stanza e la camicetta di Mel era mezza slacciata.
La madre di Mel non riuscì a finire la frase ed emise un gemito strozzato di puro orrore.
Mel si mise a sedere in fretta ed esclamò:
“Mamma!”
Com’era prevedibile, poco dopo accorse il padre.
“Cara, che è succ...” provò a dire.
Poi ci guardò.
“Papà!” fece Mel.
Ecco, mi dissi. Ero ufficialmente, categoricamente e incontestabilmente fottuto.

“Ma che cavolo ti salta in mente, in questo periodo?!”
“Si dà il caso che io abbia diciassette anni suonati! Mi faccio saltare in mente quello che voglio, capito?”
“Non ti azzardare più a rispondermi così, signorina! Ricordati che sono sempre tuo padre!”
Ormai era quasi un’ora che li sentivo sbraitare senza concludere niente. Non li origliavo, più che altro ero costretto a sentirli. Viva le finestre aperte, mi dicevo.
Ma come potevo essere stato così scemo a farmi sorprendere con lei?, mi chiesi buttandomi sul letto. Proprio ora che stavamo bene insieme, ci eravamo riconciliati...no, venivano anche a mettersi i suoi fottuti genitori!
“Ripeto, ho diciassette anni e faccio quel cazzo che mi pare! Non puoi impedirmi di stare con lui!” urlava Mel.
“Invece posso! Il problema è che tu sei troppo precoce!” ribatteva suo padre.
“Precoce?! Forse lo sarai tu, nella testa! Questo fatto si chiama amore, non essere precoci!”
“E tu lo chiami amore? Quel pervertito che...che...che faceva qualunque cosa stavate facendo, lo chiami amore?!”
No, eh. Mi potevano chiamare come cazzo volevano, ma non “pervertito”! Era semplicemente passione, mi dicevo. Amore, appunto.
“Si dia il caso che “quel pervertito” sia il mio migliore amico!”
“Oh, benissimo! Fai sesso con il tuo migliore amico! E quando avevi intenzione di comunicarlo a me e a tua madre, per sapere?”
“Ho diciassette fottuti anni, papà. Non posso restare vergine per tutta la vita!”
“Sarebbe stato meglio, se fossi restata così!”
A questo punto, silenzio. Silenzio di tomba.
Mi alzai, piuttosto preoccupato per quello che poteva essere successo.
Guardai verso la finestra della camera di Mel e la vidi entrare come una furia, per poi sbattere la porta con rabbia e buttarsi sul letto in un mare di lacrime. Il viso affondato nel cuscino, il suo bel corpo che rimbalzava ad ogni singhiozzo, i suoi boccoli tutti scarmigliati dalla rabbia e dall’agitazione.
A vederla così, non sapevo se avevo voglia di piangere anch’io oppure andare di filata da suo padre, dirgliene quattro e poi mandarlo a fare in culo come si deve. Non sopportavo vederla in lacrime.
Mi ero già tirato su le maniche, pronto alla carica di qualche pugno à la Roger Taylor verso il genitore interessato, quando vidi che dalla porta della camera era spuntata sua madre. Era entrata delicata e silenziosa, senza farsi sentire dalla mia povera e disperata Mel. Si era seduta sul letto, dove ancora lei piangeva, e si era messa ad accarezzarle la schiena.
Restai stupito da quei gesti così confortanti che le stava rivolgendo, pensavo fosse dello stesso parere del padre e che come minimo non le avrebbe rivolto la parola fino al giorno dopo.
Le parlava dolcemente, senza smettere di accarezzarle la schiena. Poi, vidi che la madre abbassò lo sguardo e Mel smise di piangere, all’improvviso. Quest’ultima si era rizzata a sedere con uno scatto felino, a guardarla negli occhi con ancora il viso rigato di lacrime.
A quel punto, non ce la feci più. Non stavano assolutamente concludendo niente, sedute così, a parlare, mentre io me ne stavo come un imbecille ad origliarle dalla mia finestra.
Uscii di casa mia sbattendo con violenza la porta e corsi pieno di rabbia verso la campagna. Una volta arrivato, andai nel mio posto preferito, il nostro albero.
Ma perché cazzo non potevano capire?! Era semplicemente amore, tra me e Mel. Anche loro erano stati giovani, mi dicevo. Anche loro avevano avuto qualche fidanzato, prima di sposarsi ed essere finalmente felici e contenti, no?
Mi sentivo nuovamente solo. Come se Mel non ci fosse stata, quando era via. Solo come una fottuta palla di fieno rotolante nel deserto del Sahara. Mi sentivo isolato al massimo, nessuno riusciva a capirmi, a capirci. A volte mi chiedevo quando mai ci avrebbero lasciato liberi, quando mai saremmo potuti andare per la nostra maledetta strada senza nessuno a metterci i bastoni tra le ruote.
Tirai un calcio ad un ciuffo d’erba, completamente incazzato.
“Tirare calci al nulla non ti servirà molto, sai?”
Mi girai, a sentire quella voce. Mel era seduta dalla parte opposta dell’albero, rispetto a me, con le ginocchia strette al petto e lo sguardo a terra.
Mi avvicinai a lei, senza dire niente. Ero semplicemente felice di vederla. Sapeva sollevarmi anche con un singolo sorriso, sapeva farmi andare in paradiso anche con la sua sola presenza.
“Sapevo che ti avrei trovato qui. Per fortuna mio padre non mi ha vista uscire.” riprese, la voce ridotta ad un soffio percettibile solo alle mie orecchie.
“Com’è la situazione?” chiesi, abbassando lo sguardo.
“Siamo in alto mare, Rog. Non capiscono.”
“Ma perché, cazzo?! Perché?!” urlai quasi, sbattendo i pugni a terra.
Rimanemmo in silenzio un altro po’. Stavo chiedendomi il perché di tutto, in quel momento. Tranne il perché esistiamo, ovvio.
“Mia madre mi ha parlato.” sussurrò.
Voltai gli occhi verso di lei e non replicai.
“Ha detto che mio padre urla così solo per il mio bene.” riprese, sospirando. “Mia madre mi ha raccontato che l’ha fatto per la prima volta anche lei quando aveva la mia età, usando però le giuste precauzioni. Poi una sera, mentre era ad una festa, completamente ubriaca, lo fece di nuovo con uno, ma stavolta senza. Nei giorni successivi si sentiva strana e non stava bene. Provò un test di gravidanza e vide che era positivo. D’improvviso tutto il suo mondo crollò, mi ha detto, il suo fidanzato la lasciò e dovette nascondere tutto ai suoi genitori. Non voleva abortire, non ne aveva il coraggio, e in più avrebbe dovuto dire tutto quel momento fece di tutto pur di far sì che il bambino nascesse e crescesse in una maniera agiata. Poi, un giorno si sentì male. La portarono all’ospedale e, dopo alcuni esami, le dissero che non c’era nessun bambino. Era una gravidanza isterica. Passò un periodo di depressione, fino a quando incontrò mio padre. Gli raccontò tutto e lui l’aiutò ad uscirne fuori. Poi, beh, si sposarono e nacqui io.”
Mel tirò un lungo respiro.
Dovetti ammetterlo tra me e me: quel racconto, quella piccola parte della sua vita a me sconosciuta fino a quel momento, raccontato in modo sincero, crudo e senza interruzioni, mi fece rimanere di stucco.
Non sapevo cosa dire, cosa fare. Neanche Mel pareva saperlo, infatti per qualche secondo rimanemmo a guardarci, come se fossimo stati entrambi privi di qualsiasi emozione, fino a che non ci buttammo l’uno tra le braccia dell’altra.
Quella era l’unica cosa che potevamo fare - restare insieme, quello era importante. Legati per l’eternità. Stavamo crescendo insieme e stavamo incominciando ad affrontare i problemi della vita stando l’uno di fianco all’altra.
Nessuno avrebbe potuto spezzare quel legame magico, non fatto solamente da ricordi d’infanzia, giochi finiti, mai iniziati e interrotti sul più bello e rossori sulle guance tenuti nascosti per troppo tempo. Insieme per sempre, innamorati o no.
E nessuno ci avrebbe potuto separare. Tantomeno il padre di Mel e le sue manie fottutamente pudiche degne di un pastore ottocentesco.
Cercai di non arrabbiarmi di nuovo - in realtà non ci riuscivo quasi, con la mia Mel tra le braccia mi sembrava ogni volta che le sensazioni e le emozioni negative si allontanassero, quasi lei fosse stata una specie di antidoto, uno scaccia-guai.
Ero di nuovo nella merda, lo sapevo. E per spazzare via quel metaforico letame che mi sommergeva fino alla punta dei capelli, non dovevo fare altro che una cosa.
Parlargli. Le parole vincono sul nemico ancor meglio di una lama affilata, mi dissi, anche se mi faceva strano pensare in maniera così filosofica.



Ave, o popolo! (Il latino mi ha influenzato anche troppo LOL)
Ok, tenete pure a portata di mano i pomodori, le uova - e, se volete, pure qualche mezzo di tortura portatile. Come minimo mi dovrei ammazzare.
Ho avuto un blocco terrificante (MA DAI!), durante le vacanze me la sono spassata ho fatto i miei compiti...insomma, non sono riuscita ad andare avanti, causa forze tetre e misteriose che non mi facevano toccare terra e mi facevano stare sospesa a testa in giù (WTF?)
Cooomunque. *si prepara a testa alta per il lancio delle uova* Questo sarebbe una specie di capitolo di transizione (pensieri del pubblico: "EH?! Questa se ne sparisce così e ritorna dopo tre mesi con un solo fottutissimo capitolo di transizione?!"), ma trattenete le fionde caricate a verdure perché l'azione arriva dal prossimo. So che qui Roger è estremamente sdolcinato e decisamente non lui, ma non ci posso fare niente. E, ammettiamolo, un po' di zucchero ci vuole sempre! u__u
Il titolo appartiene ai Bird York, stavolta.
Grazie comunque per tutto, pomodori esclusi. Vado! *sparisce dietro le quinte schivando le verdure*
See you,
Midori

   
 
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