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Autore: kishal    17/01/2012    1 recensioni
E dire che... eravamo nemici.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Eravamo Nemici

 

 

 

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  Tristezza, dolore, pena, disperazione, colpa… questi i sentimenti che in quel periodo gli martoriavano cuore e mente.

Era debole come mai lo era stato, preda di un’emotività così violenta da renderlo immensamente fragile e capace di tramutare qualsiasi cosa, seppur piccola, nella causa di un crollo nervoso disastroso, un biglietto senza ritorno per la depressione più nera.

 

Avere sulle spalle il peso delle orribili azioni che era stato obbligato a compiere e dei disastri familiari che non era stato capace di evitare non aiutava.

 

Draco Malfoy sapeva bene come si sentiva, la causa di tutto il suo malessere non abbandonava la sua mente. Per questo, quell’ultimo anno aveva preferito stare da solo in un proprio vagone, piuttosto che con quei pochi amici che non lo avevano abbandonato nonostante le sciagure capitategli. Voleva evitare di avere crisi di fronte a loro, non era sua abitudine apparire debole, soprattutto quando lo era.

E per ovviare spiacevoli inconvenienti – come casuali e inopportune incursioni - si era sigillato dentro quella cabina, che poi aveva accuratamente insonorizzato per evitare di sentire ciò che accadeva fuori.

Con la testa poggiata nella spalliera del sedile, non guardava neanche fuori dal finestrino, che aveva coperto con le tende scure. I suoi occhi filtravano la semioscurità in cui era immerso, vedendo e non vedendo ciò che avevano di fronte.

 

Quando il treno partì, tuttavia, neanche tutte queste precauzioni riuscirono a impedire al suo cuore di esplodere.

S’immaginò le famiglie che salutavano i loro figli, padri e madri emozionati che alzavano le mani per dare ai loro bambini l’ultimo saluto prima dell’inizio del nuovo anno scolastico; ragazzi che si affacciavano dai finestrini con allegria, felici di ritornare alla magica vita fra le sicure mura di Hogwarts.

E si rese conto che, a contrario di tutti loro, lui non avrebbe mai più avuto qualcuno lì, a salutarlo e ad attenderlo.

 

Un singhiozzo appena trattenuto ruppe il silenzio di quella stanza.

Ne seguì un altro, e poi uno ancora.

 

Draco si coprì la faccia con le mani quando ormai le lacrime non poterono più essere frenate.

Ecco, aveva avuto un altro crollo, il secondo in quello schifoso primo settembre. Il primo lo aveva avuto la mattina presto, mentre finiva di prepararsi per lasciare Malfoy Manor: era stato un momento tragico, non usciva da quella casa dal giorno del funerale della madre, poche settimane prima.

 

Aveva perso tutto, tranne il denaro.

Peccato che neanche tutti i galeoni d’oro del mondo sarebbero stati in grado di ridargli ciò che aveva perso.

Suo padre e sua madre… la sua povera madre.

Era la sua perdita che più di tutto lo distruggeva. Lei era l’unica innocente in quella famiglia di dannati, e nonostante tutto aveva dovuto pagare gli errori di tutti gli altri colpevoli. Una martire fin dalla nascita, una donna sempre vissuta nell’oscurità e nell’odio, un angelo che aveva trovato la capacità di amare il proprio figlio anche nel cuore dell’inferno.

E lui non aveva fatto nulla per meritarsi quell’amore, non era riuscito a ricambiarlo a dovere e tanto meno a difenderlo.

Sarebbe dovuto morire lui, quell’alba di quello sciagurato giorno, non sua madre.

 

I singhiozzi erano ormai migliaia, le lacrime scendevano senza ritegno, il suo volto arrossato dal dolore era irriconoscibile.

Le sue grida di dolore rimbombavano in quella cabina, riempiendo la sua solitudine.

Senza neanche sapere come, si ritrovò per terra, accoccolato in un angolo, la fronte poggiata sul freddo pavimento, le mani a strappare i biondissimi capelli o a battere con violenza qualunque superficie a portata di tiro.

A un certo punto, il suo palmo cozzò con violenza nello spigolo appuntito della grande valigia sistemata lì vicino. Gli spigolosi angoli d’argento con cui l’oggetto era adornato penetrarono in quella parte morbida e delicata della mano, provocandogli un dolore accecante.

Distratto da quella sofferenza fisica Draco alzò il capo, volgendo lentamente lo sguardo verso il suo arto.

Era completamente coperto di sangue.

 

A lui il sangue aveva sempre fatto paura. Fin da piccolo quando si sbucciava e gli usciva a malapena una goccia di quel rosso liquido strillava e si dimenava come un pazzo, e occorreva sempre una buona dose delle carezze e delle rassicurazioni della madre prima che riuscisse a calmarsi.

Quella volta, al contrario, la vista del suo sangue riuscì a quietarlo di botto, a riportarlo a uno stato momentaneamente cosciente e ragionevole.

 

Lui non voleva morire.

Avrebbe anche pur potuto continuare a vivere una vita di sofferenze e rimpianti, ma non voleva morire.

 

Vigliacco…” Sentì la sua bocca sussurrare con voce flebile e rotta.

 

Vigliacco. Era sempre stato vigliacco. Il coraggio non aveva mai fatto parte del suo essere, mai. Si sarebbe potuto frapporre fra quel raggio verde e la madre, il giorno che Voldemort era giunto a ucciderla. Avrebbe potuto salvarla. Non c’era nessuno a frenarlo con la forza. Tutti i mangiamorte lì presenti erano rimasti immobili, ai lati della sala, fissando con occhi impassibili la scena. 

Probabilmente nessuno era andato a trattenerlo perché tutti sapevano che non avrebbe mosso un muscolo per evitare l’accaduto. Tutti sapevano che sarebbe rimasto pietrificato dalla paura di perdere la propria vita.

Vigliacco. Era colpa sua se la madre era morta.

 

E con questo, la stabilità raggiunta poco prima scomparve di nuovo, lasciando il posto a una pazzia ancora più grande.

Sì, perché lui non si meritava la vita che stava vivendo. Non si meritava di vivere neanche come il peggiore dei cani di quel dannatissimo mondo. Era giunto il momento di avere un po’ di coraggio e di compiere ciò che era giusto che fosse fatto.

Quel pensiero gli diede forza.

Con uno scatto isterico si strappò la spilla di Prefetto dalla divisa scolastica, lacerandosi nella foga anche parte della tunica nera.

Guardò con intensità la mano ferita, in cui il sangue continuava a scorrere abbondante, tant’è che cadendo a terra aveva già formato una grande chiazza rossa. Alle fine del suo compito quella banale macchia si sarebbe trasformata in un vero lago.

 

Lo spillone d’oro di cui la spilla era munita era particolarmente appuntito, stranamente grosso e lungo, perfetto per ciò che doveva fare.

Se lo sarebbe conficcato in gola, così da avere un’agonia più lunga e dolorosa. Meritava tutto il male del mondo per la sua vigliaccheria.

Portò la mano davanti a se, preparandosi a sferrare un colpo tanto forte da mandare in profondità il pugnale d’occasione.

Con un gesto secco, poi, diresse l’arma verso la sua giugulare.

 

 

Hermione, furiosa, bussò con ancora più impeto contro quella stramaledetta porta su cui, ormai da cinque minuti, stava consumando il suo pugno destro.

Sarebbe stata ben più felice di adoperarlo con lo stesso vigore sulla testaccia dura dell’occupante di quella cabina, non appena si fosse degnato di accogliere il suo richiamo.

Malfoy. Dannazione a lui. Doveva farla diventare isterica ancor prima di mettere piede a scuola.

“Apri o la butto giù con la magia!” Gridò, mentre i visi curiosi dei compagni di vagone si affacciavano dalle cabine per capire cosa stesse succedendo.

Un attimo dopo, proprio quando aveva deciso che incantesimo usare su quell’inutile battente di legno, questo si aprì.

 

“Sono cinque minuti Malfoy, CINQUE MINUTI CHE…” Iniziò, entrando con due falcate furiose nel piccolo vano e assumendo la sua solita posizione da bacchettona, ossia mano sinistra sul fianco e indice destro puntato minacciosamente contro la sua preda.

Ma qualcosa la costrinse a bloccarsi.

Qualcosa di rosso, denso e scuro che copriva il pavimento della cabina.

Alzò lo sguardo su Malfoy che, algido come sempre, sedeva vicino al finestrino e la fissava con molta nonchalance, come se ai suoi piedi non ci fosse una pozza di sangue e sul suo grembo la sua mano non stesse finendo di dissanguarsi.

 

Cos’è successo?!” Chiese Hermione con un sussurro, chiudendo subito la porta alle sue spalle e sedendosi davanti al ragazzo. Aveva visto così tanto sangue in quell’ultimo anno, così tante ferite e così tanti morti che oramai al minimo taglietto insignificante lo spirito da crocerossina si risvegliava in lei, prendendo il sopravvento.

“Niente che t’interessi, immagino” Rispose lui con placidità, fissandola coi suoi occhi di piombo.

Hermione lo guardò, e per un attimo il pensiero che fosse pazzo – che fosse completamente folle - le attraversò la mente. Poi scosse la testa, cacciandolo via e mettendosi immediatamente all’opera. Con un colpo di bacchetta fece scomparire la macchia sul pavimento, e con un altro avvolse in una stretta fasciatura la mano ferita.

 

“Ti sei tagliato con la valigia” Affermò poi, notando l’angolo argenteo ancora gocciolante di prezioso sangue puro che sporgeva dal bagaglio posto sotto il suo sedile.

“Che mente sopraffina” Commentò mellifluo lui.

 

Lei si voltò di nuovo a studiarlo con fronte aggrottata. No, non le aveva fatto un complimento. Il tono con cui l’aveva detto era alquanto disinteressato, come se casualmente la sua bocca avesse aperto le sue falangi e quelle fossero le parole venutene fuori.

Già, disinteressato era il termine chiave per descrivere Malfoy in quel momento.

Sembrava vuoto, quasi assente, lontano da tutto ciò che lo circondava, immerso in quella che doveva essere una travagliata interiorità, visti i suoi occhi rossi e il colorito cinereo assunto dalla sua pelle. Chissà da quanto non dormiva. E chissà se mangiava.

La guerra lo aveva reso un relitto.

Possibile che si fosse arreso a essa e a tutto quello che gli aveva portato via?

 

Sospirò, lo spirito di crocerossina in tumulto dentro di lei. Era Malfoy, l’odiato Malfoy, eppure bramava aiutarlo, in qualche modo. Sapeva quanto aveva perso… perché era lo stesso che aveva perso lei. Capiva la sua sofferenza, solo che arrendersi non era la risposta giusta.

“Sei sempre stato una testa di cazzo, Malfoy” gli disse, d’impeto, stupendo perfino se stessa “Però sono felice di rivederti”.

 

Non si rese conto di quanto le sue parole fossero state forti per lui fino a che non vide le sue iridi puntarsi sulle sue, stupite, colpite, e assolutamente vive.

Sorrise interiormente, lieta di aver fatto scoccare una scintilla in quel braciere spento che era divenuto l’animo del suo nemico di sempre. “E…” aggiunse, alzandosi e dominandolo con la sua statura. “Sarei ancora più felice di vederti partecipare alla riunione dei prefetti. Ti ricordi di essere un prefetto, vero, furetto?

“Dove?” Chiese la voce di lui, quasi ridotta a sussurro.

“Nella mia cabina, è l’ultima in fondo sulla destra. E non scordarti questa!” Disse la ragazza, cogliendo la spilla di prefetto abbandonata nel sedile al fianco del collega e lanciandogliela.

Poi se ne andò, lasciando la porta aperta come invito a seguirla quanto prima.

 

 

Rimasto solo col cuore in tumulto e la spilla stretta fra le mani, Draco restò immobile per qualche attimo fissando il varco da cui lei era uscita.

Quella piccola strega non lo sapeva, ma l’aveva salvato. E non solo dal gesto folle che stava per compiere, e che i suoi battiti compulsivi sulla porta avevano bloccato.

Gli aveva dato una speranza, e con quella lo aveva salvato dalla morte dell’anima, dalla sua quotidiana disperazione.

Almeno per quel giorno.

 

Qual’era la speranza?

 

Non essere più solo.

 

 

 

Tre mesi dopo…

 

 

 

 

“Sei una schifosa mezzosangue. Guarda cosa hai fatto!”

“Non avrei fatto nulla se tu avessi guardato dove mettevi i tuoi piedi!”

 

Lui le dedicò il suo miglior sguardo omicida mentre lei si chinava per terra e raccoglieva i suoi libri, controllando che il liquido della fialetta rotta del ragazzo non li avesse imbrattati. “Stai dicendo che è colpa mia?!” Le sibilò poi.

 

La Gryffindor nemmeno lo guardò in faccia. ”Oh, pensavo non ci saresti mai arrivato!” Commentò semplicemente, sventolando le pagine di un piccolo libro per assicurarsi che non fosse stato bagnato.

“Stupida Granger, quello era il mio compito per domani!”

Lei alzò lo sguardo e lo fissò arcuando un sopracciglio. “E allora? In fondo tu sei un genio in pozioni, no? Riuscirai a rifarla tranquillamente, o altrimenti sono sicurissima che il tuo caro Piton sarà felice di prestartene una!” E, così dicendo, si voltò avviandosi per il lungo corridoio dell’antico castello. Se avesse fatto in fretta, la scrivania vicino allo scaffale di erbologia sarebbe stata sua: intendeva proprio approfondire una questione importante sui funghi voraci, che la professoressa Sprite avrebbe spiegato nel successivo trimestre…

 

Malfoy studiò per qualche attimo la sua figura disinteressata allontanarsi da lui, incapace di trovare un modo per trattenerla. In quel periodo l’aveva analizzata quasi con fare scientifico, facendola divenire la sua ossessione e, insieme, il motivo per cui ogni giorno valeva la pena alzarsi e vivere. Aveva capito che lei soffriva almeno quanto lui, ma non lo dava mai a vedere. Era pur sempre una leonessa, no? E questo lato di lei gli piaceva da matti. Aveva un modo di affrontare la vita che le invidiava, e che tentava di imitare. Avrebbe voluto passare più tempo in sua compagnia, sapeva che insieme sarebbero stati una bella coppia.

No, non di piccioncini. Non ancora, almeno.

Ciò che sapeva era che, per il momento, voleva la sua amicizia. Peccato che fino allora i loro incontri fortuiti fossero stati assolutamente disastrosi. Forse era il caso di passare a un attacco diretto.

Era stanco di stare solo.

Le crisi erano passate, ma aveva bisogno di un amico.

No, avevo bisogno di lei come amica.

E se c’era qualcosa che quel bastardo di suo padre gli aveva ben inculcato, era che i Malfoy ottenevano sempre ciò che volevano.

 

 

Il giorno dopo…

 

 

La lezione di Piton era finita già da cinque minuti, eppure Hermione era ancora lì, intenta a raccapezzarsi fra il mare di roba che si era portata appresso. Non appena ebbe finito di posizionare in una pila abbastanza salda tutte i miriadi di libri che, non standoci in borsa, era costretta a tenere in braccio, si diresse con passo deciso verso l’uscita di quei sotterranei.

Non appena fuori, tuttavia, il brutto muso di Malferreth quasi non le fece perdere l’equilibrio appena conquistato. Si bloccò un attimo, riprendendo silenziosamente fiato sotto lo sguardo attento di lui, e dopo avergli dedicato un’occhiata di sdegnoso rimprovero, si diresse di nuovo per la sua via.

 

“La pozione era di Piton.”

 

La mora si voltò, inconsciamente sconcertata dal fatto che Malfoy non l’avesse appellata in modo cattivo e, anzi, addirittura ricercasse la sua attenzione.

“Non ne dubitavo.” Commentò, acida.

“Quella della sera prima però era mia. E tu me l’hai rotta.”

“Perché sei qui, Malfoy?” Gli chiese, scocciata. Non aveva voglia di perdersi in chiacchiere inutili quando i suoi preziosi tomi erano lì per schiantarsi al suolo. Doveva tornare in camera sua in fretta, e depositarvi buona parte dell’armamentario.

“Perché ho un conto in sospeso con te, secchiona zannuta.”.

“Sapessi quanti ne ho io in sospeso con te, Malfoy! Non ti basterebbe una via per saldarmeli tutti!

“Sempre sarcastica, eh?”

“Non mi pare che tu abbia mai richiesto la mia amicizia!”

 

“Non l’ho mai fatto finora, infatti.” Disse lui, ponderando la frase con cura.

 

Lei aguzzò lo sguardo, poggiandolo con più attenzione sul suo interlocutore. “Non l’hai mai fatto finora Malfoy, se vuoi arrivare dove penso io, è meglio che ti fermi qui

Sentiamo, dove credi che io voglia arrivare?”

“Dimmelo tu!”

“Cosa? Oh, no! Non sia mai che non offra all’intuitiva Hermione Granger la possibilità di manifestare la sua logica onnicomprensiva!”

Lei alzò gli occhi al cielo e, stanca, poggiò i libri per terra. Erano diventati troppo pesanti almeno quanto quell’assurdo dialogo. “Sai benissimo quello che hai detto, ed io non ho voglia di stare qui e sopportare i tuoi loschi giochetti oratori da serpe. Ti serve qualcosa da me, Malfoy? No? Allora vai via, ho da fare!”

“E allora perché stai ancora qui ad ascoltarmi?”

“Perché, nonostante il mio interlocutore sia uno stronzo serpeverde figlio di uno dei peggiori mangiamorte esistenti sulla faccia di questo povero pianeta macchiato dalle feccia di Voldemort, l’educazione che mi ha impartito mia madre m’impone di stare ad ascoltare le persone che mi si rivolgono… e purtroppo, a causa dell’abitudine, non riesco ancora a farne a meno.

Altrimenti me ne sarei certamente andata”.

 

Le labbra di lui si aprirono in un leggero sorriso – forse più che altro un ghigno – mentre il ragazzo abbassava il capo e si grattava la testa. “Sempre una risposta valida pronta, Granger. Quasi mi verrebbe voglia di complimentarmi con te!

“Non farlo, non è necessario. So benissimo di avere molte più rotelle funzionanti nel cervello di te. Allora, non mi hai ancora detto cosa vuoi. Sei venuto qui, mi hai detto che la pozione che hai presentato oggi era dello stesso Piton… cosa me ne dovrei fare di queste informazioni?!”

“Volevo dirtelo.”

“Ripeto, non era necessario. Non lo era per nulla. Potevi risparmiartelo.”

 

“Perché ce l’hai sempre contro di me?” Chiese a quel punto Draco, fissandola interrogativamente, e anche fin troppo seriamente.

 

Hermione spalancò gli occhi, colta alla sprovvista da quel sincero quesito.

Già, ultimamente era davvero acida con lui.

Perché?

Beh, perché dal giorno in cui aveva fatto irruzione nella sua cabina e l’aveva curato qualcosa di quel nobile figlio di puttana si era insinuato in lui, tormentandola continuamente col suo pensiero. E lo sguardo costante che lui le rivolgeva ovunque s’incontrassero non facilitava le cose.

Non capiva cosa stesse succedendo tra loro, e questo la sconvolgeva. Non era abituata a non avere spiegazioni logiche su quanto la circondava.

Sentiva quel legame che si era creato fra loro due, ma lo temeva e, d’istinto, faceva di tutto per rifiutarlo.

Quella guerra aveva apportato anche fin troppe novità nella sua vita… almeno all’interno delle mura di quella scuola voleva fare finta che, in fondo, qualcosa non era mutato.

 

Senza dire nulla, e con passo scocciato, si avviò verso la torre Gryffindor facendo volare i libri al suo fianco, lasciando il suo interlocutore senza risposta.

 

 

Quella notte…

 

 

Non poteva succedere proprio a lei, no! Perché?! Perché mai?! Poteva essere una cosa naturale per Ron… o per Harry. Molto naturale per i gemelli Weasley, quando al loro tempo erano stati a Hogwarts. Ma non per lei!

Quando mai le era successo di svegliarsi la notte con la pancia che brontolava e richiedeva subito un saldo nutrimento?! NEANCHE NEI SOGNI!

Se l’avessero scoperta lì, a camminare per i corridoi freddi con solo la camicia da notte e la bacchetta addosso, sarebbe stata la sua fine. Letteralmente.

Certo, forse non avrebbe dovuto saltare la cena… e neanche il pranzo. Ma aveva dovuto assolutamente ultimare quella ricerca sui pterodattili. Infatti, aveva scoperto che anticamente quegli uccelli erano usati dai primi maghi come mezzi di trasporto. Interessante, vero? Certo, non era un argomento che avrebbero mai svolto nemmeno ora, all’ultimo anno… ma la sua sete di sapienza non aveva mai fine.

 

Ormai il passaggio che conduceva alle cucine non era distante. Doveva solo fare il solletico a una pera e… fatto!

Sorrise, ponendosi una mano sulla pancia come per rassicurarla che presto avrebbe avuto tutto ciò di cui bisognava. Subito un’elfa domestica le si avvicinò, riconoscendola come una delle amiche del loro caro Harry Potter.

“Signorina vuole mangiare? Io preparare per lei tanti dolcetti?!” Le chiese, guardandola con i grandi occhi sognanti di un forte blu elettrico.

Lei sorrise. “Non è necessario! Ormai è notte, non voglio disturbarti. Sarai stanca, va a dormire! Preparo tutto io!”

La piccoletta sgranò gli occhi, terrorizzata. Mellie no stanca, signorina! Mellie sveglia! Mellie deve preparare per lei dolcetti! Mellie non può non farlo!”

Hermione sospirò duramente: nel corso di quegli ultimi anni aveva tentato in tutti i modi di fare cambiare idea a quei poveri esserini, ma la servilità era così intrisa nelle loro menti da essere ormai diventata un carattere genetico. “Va bene. Ma subito dopo andrai a dormire e ti sveglierai solo quando dovrai preparare la colazione, va bene Mellie?

“Bene signorina!” Disse quella con un forte cenno del capo, mentre tutta allegra si avviava ai fornelli.

 

Fu allora che, mentre si dirigeva al tavolo che corrispondeva a quello dei Grifoni su, nella Sala Grande, si accorse di un altro occupante.

A dirla tutta, le scese quasi un colpo quando lo riconobbe.

Malfoy…” Le uscì di bocca, con un tono che non si capiva fosse spaventato o semplicemente sorpreso.

Lui sorrise. “Buonasera Granger. Quale languorino notturno ti ha spinto qua? Non sai che è vietato passeggiare per la scuola di notte?

“Lo stesso vale per te.” Rispose scocciata, sedendosi al suo posto.

“Io sono un prefetto.”

Anche io.”

“Allora siamo due prefetti.”

“Quanto sei intelligente.”

“Infinitamente.”

“Già. Infinitamente…. Sì. Infinitamente è una parola che ti sta davvero bene. Soprattutto se abbinata ad altre come stupido, idiota, scocciatore, schifoso Slytherin, orribile furetto platinato, mangiamorte, pallone gon….”.

“NON SONO UN MANGIAMORTE.” Scattò in piedi lui, guardandola furioso.

fia… to” Balbettò lei, fissandolo con un bel punto interrogativo che le lampeggiava gigante in fronte.

“NON LO SONO E NON LO SARO’ MAI, FATTELO ENTRARE BENE IN QUEL TUO PREZIOSO CERVELLINO, GRANGER!”

 

“Stai calmo, Malfoy!” Esclamò lei, guardandolo come fosse impazzito. “Pensavo solo di farti un complimento. Non era forse il mestiere più ambito nella tua famiglia?!

“Fatti i cazzi tuoi.” Sbottò lui, voltando la faccia con fastidio e sedendosi di nuovo.

“Lo prendo come un sì.”

“Non vedo perché.”

“Perché non mi hai risposto in altro modo.”.

“Allora non è né un sì né un no.”

“E cosa sarebbe?!

“Sai benissimo come sono andate le cose. Sai che non lo sono, lo sono stato”

“In ogni caso non eri dalla nostra parte”

 

“Da quando sei così acida, Mezzosangue? O, per le orecchie di Salazar, non che sia mai stata un bocconcino dolce, specie con me, ma tutto quest’astio è quasi una novità! Tiro a indovinare? Oh, forse è da quando sono stati tolti di mezzo quelle bestie idiote dei tuoi genitori? O da quando hai scoperto che Lenticchia se la faceva con un’insignificante Tassorosso del quarto anno?!” Chiese cattivo lui, fissandola marmoreo. Era furioso.

 

Lei rimase un attimo in silenzio, mentre il dolore che quelle parole, come una bomba, le avevano causato al cuore, lentamente era assopito dal suo orgoglio. Non avrebbe mai pianto davanti al Re delle Serpi. “Esattamente, Malfoy. Esattamente. Ma, fortunatamente, non solo la mia famiglia è stata distrutta. Sono stata molto felice quando ho scoperto che tuo padre era stato baciato dai Dissennatori, e quando ho saputo che poco tempo dopo tua madre è morta uccisa da un Avada Kedavra che si sospetta fosse dello stesso Voldemort. Come ti trovi da solo, serpe?!”

 

Fu il turno di lui di rimanere a fissarla in silenzio, lo spirito abbattuto da quelle terribili frasi. “Penso di stare nello stesso modo in cui stai tu, mezzosangue.”.

 

Si fissarono in silenzio, mentre l’elfetta arrivava e poggiava piatti pieni di ogni sorta di dolce pietanza che esistesse al mondo. Vedendoli però ‘impegnati’, non si permise di disturbarli e andò subito a obbedire al secondo ordine della padroncina: riposare fino all’alba!

 

“Stai male, non è vero? Così male che alle volte vorresti buttarti nel lago e sperare che almeno la Piovra ti accetti come cibo, togliendoti finalmente il pesante fardello che questo infelice mondo ti ha poggiato addosso. La confusione che hai dentro t’impedisce perfino di capire quali siano davvero gli amici su cui ti puoi affidare ora che sei rimasta definitivamente sola. Perché coloro che ti stavano prima intorno, diventano improvvisamente troppo sciocchi, troppo superficiali, troppo fastidiosi per stare al tuo fianco.

Loro non sono in grado di capirti.”

 

Hermione sospirò, respingendo a stento l’istinto di piangere, e si poggiò una mano in testa. Per Merlino, stava davvero facendo quei discorsi con lui? E com’era che le sue parole sembravano adattarsi così perfettamente al suo stato d’animo, quasi fossero state pronunciate dalla sua stessa bocca? Cosa vuoi da me, Malfoy?” Gli chiese, con voce flebile.

“Ciò che tu vuoi da me.”

“Io non capisco più niente ormai… lasciami in pace.”

“E’ solo una fase momentanea. Poi passerà, e quando aprirai veramente gli occhi sarai felice.”

“Per cosa?”

“Per avermi al tuo fianco.”

“Non voglio averti al mio fianco. Tu sei tu. Non puoi stare al mio fianco.”

“Le cose cambiano.”

Sono già cambiate anche fin troppo. Lascia che almeno questo rimanga uguale

Non posso.”

 

“Perché mi sei venuto a cercare, Malfoy?” Chiese di nuovo lei.

“Perché ho capito ciò che hai dentro.”

“Harry ha passato le mie stesse sofferenze, però non mi ha detto nulla di tutto questo. Perché tu sì?”

Il destino di Potter è sempre stato segnato: lui ha sempre saputo come sarebbe andata la sua vita. Noi no. Noi abbiamo dovuto crearci passo dopo passo il nostro percorso… e se sono qui, a parlare con te, ora, in questo momento, non posso dire che sia grazie alle mie scelte. Perché se sono ancora vivo oggi è grazie a Silente, che mi ha protetto fino al suo ultimo battito di vita; grazie a mia madre, che ha fatto lo stesso; e grazie a te, che quel giorno in treno mi hai strappato da un gesto folle e una fine misera” Lo sguardo colpito e quasi spaventato con cui lei accolse la sua rivelazione lo fece sorridere. “Ciò che voglio dirti è che, dopo aver fatto tanti errori, tanti passi falsi, credo di aver capito finalmente quale sia la giusta direzione da percorrere.”

 “Hai già deciso quale sarà il tuo nuovo futuro?” Disse lei in un sussurro, ben sapendo cosa lui stava per dire.

“Ho già deciso che lo sceglierò insieme con te.”.

“Presuntuoso. Cosa ti fa pensare che io sia disponibile?

“Il fatto che tu stia ancora a parlare qui con me. E non mi dire che è una questione di educazione, non attacca più.”.

 

La ragazza sorrise lievemente, avvicinandosi un biscottino di cioccolato a forma di omino e ricoperto di un grosso strato di glassa rosa: sperava solamente che quel nodo alla gola le consentisse di mangiarlo, prima o poi. Forse arrendersi a quella voglia matta che aveva di dirgli di sì avrebbe aiutato il suo appetito. “Sei con me, Draco?” Gli chiese con voce flebile, senza guardarlo in faccia.

“Sì.

Un… amico?”

“Lo spero”

“E se mi venisse voglia di picchiarti? Sai, di solito quando ti ho davanti accade spesso”

“Fallo. Sai, di solito anche tu mi fai venire la stessa voglia

“Non è molto da signore quello che stai dicendo

“Vero.”

“E neanche molto da amico”

“Non del tutto.”

“Perché mai?”

“Perché anche tutte le volte che avrai bisogno di un abbraccio, io ci sarò

 

Lei assentì, un sorriso stupito a tirarle il viso commosso. Per poco non si mise a piangere. “Già… questo fa la differenza. E dire che eravamo nemici.”

   
 
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